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Sacchetti riutilizzabili al posto dei biocompostabili. La proposta di Legambiente

Dare ai consumatori un'alternativa pienamente rispettosa dell'ambiente ai bioshopper​ utilizzati per i prodotti ortofrutticoli. È questa la proposta di Legambiente e NaturaSì, insieme per una nuova iniziativa che si è svolta questa mattina a Roma con lo scopo di ribadire l'importanza della riduzione della plastica usa e getta. Un modo, inoltre, per aumentare, alla vigilia della Giornata mondiale dell'Ambiente dedicata quest'anno alla lotta contro la plastica monouso, la responsabilità e la consapevolezza dei cittadini. L'iniziativa, la prima in assoluto sul territorio nazionale, prevede la distribuzione di 100 mila sacchetti riutilizzabili per l'ortofrutta nei negozi del gruppo EcorNaturaSì. I sacchetti riutilizzabili, adatti al contatto con gli alimenti, pesano 8 grammi, quanti quelli monouso biocompostabili; sono di poliestere, lavabili, traspiranti e costano 1,85 euro l'uno. Si tratta di un progetto ambizioso che parte nei negozi specializzati del biologico NaturaSì e Cuorebio, ma che vuole diventare esempio per tutta la grande distribuzione italiana. 

La possibilità di riciclo non basta

"Il biologico e il biodinamico hanno da sempre nella loro missione la cura della salute della Terra e delle persone. Per far questo non è sufficiente produrre un prodotto sano, ma è necessario intraprendere tutte quelle pratiche che hanno il minor impatto ambientale possibile", ha detto Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì, nel corso dell'evento. "Il tema imballaggi a questo proposito diventa cruciale. Nei nostri negozi – ha precisato – abbiamo iniziato con i sacchetti riciclabili e compostabili molti anni fa ma reputiamo che, se la possibilità di riciclo è un buon punto, ancora migliore e a minor impatto ambientale è il riutilizzo dell'imballaggio. Perciò introduciamo questi sacchetti che sono un minimo, ma a nostro avviso significativo, contributo, anche culturale, per ridurre il pesantissimo impatto ambientale. E in futuro abbiamo in programma di affiancare a questi sacchetti anche quelli in cotone riutilizzabili".

In vista della nuova direttiva europea contro l'inquinamento da plastica, l'iniziativa ha lo scopo di andare oltre le polemiche legate ai sacchetti biocompostabili a pagamento per contenere ortofrutta, polemiche che hanno finito con il generare – non si sa quanto indirettamente – una caduta del volume di vendite dello sfuso e un'impennata, per contro, degli acquisti di ortofrutta fresca confezionata. L'Italia è il settimo Paese produttore di rifiuti plastici in Europa, secondo gli ultimi dati Eurostat, e negli ultimi sedici anni la produzione pro capite è aumentata leggermente passando da 34.19 chili a 35,05 all'anno. Secondo l'ultimo rapporto Beach Litter di Legambiente, solo sulle spiagge italiane il 31% dei rifiuti censiti riguarda materiale gettato immediatamente o poco dopo il suo utilizzo. Si tratta di imballaggi di alimenti, carte dei dolciumi, bastoncini per la pulizia delle orecchie, assorbenti igienici, barattoli, mozziconi di sigaretta. I rifiuti plastici usa e getta sono stati rinvenuti sul 95% delle spiagge monitorate, a conferma della gravità del problema.

I sacchetti usa e getta calati del 55% in 5 anni

"Grazie all'uso delle sportine riutilizzabili, i sacchetti per la spesa usa e getta in Italia si sono ridotti del 55% negli ultimi cinque anni – ha sottolineato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -, lo stesso lo dobbiamo fare per i sacchetti per l'ortofrutta nei supermercati, grazie alla diffusione delle retine riutilizzabili". L'iniziativa di oggi "va proprio in questa direzione, nonostante l'incomprensibile latitanza del ministero della Salute al quale da sei mesi chiediamo di prendere una posizione ufficiale, sollecitando tutta la grande distribuzione a garantire ai cittadini un'alternativa riutilizzabile alle buste compostabili monouso. Grazie alle retine riutilizzabili per l'ortofrutta, e dopo le norme che hanno bandito le buste usa e getta di plastica tradizionale, i cotton fioc non compostabili e le microplastiche nei prodotti cosmetici, oggi l'Italia fa un nuovo passo in avanti – ha concluso il presidente Legambiente – per praticare concretamente la strategia europea per la lotta all'inquinamento da plastica".

I sacchetti oggi e domani sono distribuiti gratuitamente nei negozi NaturaSì a fronte di una spesa di 50 euro. Naturalmente, chi sceglierà i sacchetti riutilizzabili non sarà costretto a pagare i pochi centesimi previsti dalla legge a carico dei consumatori per i sacchetti di plastica compostabili. A realizzarli è una cooperativa sociale di Verona, la 'Quid Onlus'. 

Agi News

Sacchetti biodegradabili per la spesa: 8 punti fermi 

Il primo gennaio del 2018 è entrato in vigore l’obbligo per gli italiani di usare esclusivamente sacchetti biodegradabili per pesare le merci sfuse nei supermercati, e questa mossa non è piaciuta molti. Alcuni accusano il governo di aver inventato una tassa nascosta a danno delle famiglie, altri di aver fatto un regalo ad aziende che producono buste di plastica e che sarebbero vicine al Pd. Per fare chiarezza, ecco alcune cose che è bene sapere:

1) Approvata ad agosto, la legge dispone il bando dei sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri utilizzati per imbustare frutta, verdura, carne, pesce e affettati, che sono così sostituiti da buste monouso biodegradabili e compostabili. Si tratta dei cosiddetti ‘sacchetti ortofrutta’ che usiamo per la pesatura delle merci nei supermercati.

2) Verdure sì, mozzarelle no. Come riporta il Sole 24 Ore, la norma si applica esclusivamente alle borse di plastica a parete sottilissima usate per fini di igiene. Questo esclude tutti gli altri tipi di sacchetto di plastica più spessa, come quelli in cui si mettono le mozzarelle o il pane, che possono essere omaggio e non devono essere biodegradabili.

3) Dal primo gennaio quindi “Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati”. L’obbligo nasce dall’esigenza di rendere il consumatore consapevole del costo e delle conseguenze nell’abuso degli imballaggi.

4) Secondo le prime rilevazioni compiute dall’Osservatorio di categoria, il prezzo dei sacchetti oscilla tra 1 e 3 centesimi di euro, e in Italia se ne consumano ogni anno tra i nove e i dieci miliardi. Se si considera che le famiglie italiane effettuano in media 139 spese l’anno (dall'analisi GFK-Eurisko presentati a Marca 2017), il costo complessivo per ciascuna famiglia sarà compreso tra i 4,17 euro e i 12,51 euro l’anno.

5) La legge, a differenza di quanto è stato detto, non è stata imposta dall’Europa. La direttiva comunitaria prescrive esclusivamente che le buste della spesa siano a pagamento. Più precisamente, la direttiva 2015/720 stabilisce che “Gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron (i sacchetti ortofrutta, ndr) fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi”. Quindi l’Italia ha deciso autonomamente di imporre l’obbligo.

6) Portare le buste da casa è possibile, come ha spiegato Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della salute: “Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti. Il riutilizzo dei sacchetti determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche”. Naturalmente spetta al titolare dell’esercizio commerciale “la facoltà di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti”.

7) I negozianti non possono continuare a fornire sacchetti del vecchio tipo, utilizzando la scusa che “si devono finire le scorte”. Come ha spiegato a Eco delle Città Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, “La questione delle scorte non esiste. Questa legge è stata notificata a Bruxelles a novembre dell’anno scorso. Ed è stata discussa in Parlamento nella primavera 2016. È un anno e mezzo che si conoscono perfettamente le tempistiche dell’entrata in vigore della legge”.

8) All’indomani dell’entrata in vigore della legge è diventata virale l’ipotesi secondo la quale la norma fosse stata creata per fare un regalino alla Novamont, azienda leader nella produzione del materiale utilizzato per la produzione dei sacchetti e ritenuta ‘in area’ Pd e vicina al segretario del partito Matteo Renzi. Al centro del fuoco di fila di alcuni quotidiani e di una ‘catena di Sant’Antonio’ girata sui social network, la figura dell’amministratore delegato di Novamont, Catia Bastioli, che sei anni fa è stata invitata a parlare alla Leopolda. In realtà la Novamont non produce sacchetti, ma solo la materia prima. L’intera filiera conta centocinquanta aziende, che sicuramente trarranno vantaggio dalla legge, ma non è una ragione sufficiente per parlare di ‘regalie’.

Un fact checking: “Ma alla fine, l'azienda Novamont produce sacchetti bio o no?”

Agi News