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Per la Bce Covid e lockdown minano la ripresa, subito il Recovery Fund

AGI – L’aumento dei contagi e i nuovi lockdown “minano” la ripresa dell’economia” mentre resta “elevata” l’incertezza sull’evoluzione della pandemia e la velocità della campagna vaccinale. Per questo è necessario usare rapidamente le risorse del Recovery fund, essenziali per rilanciare la crescita con riforme e investimenti.

A mettere in guardia è la Bce che considera cruciale continuare con un “ampio” stimolo monetario e si dice pronta “ad adeguare tutti gli strumenti”. Nel bollettino mensile l’istituto di Francoforte sottolinea come l’inizio delle campagne di vaccinazione rappresenti “un traguardo importante nel processo di risoluzione della crisi sanitaria in atto” ma la pandemia continua “a porre seri rischi per la salute pubblica e per le economie dell’area dell’euro e del resto del mondo”.

Covid e lockdown minano l’economia 

“Il nuovo aumento dei contagi da coronavirus e le rigide misure di contenimento imposte per un prolungato periodo di tempo in molti paesi dell’area stanno minando l’attività economica”, avverte la banca centrale europea. Nel settore manifatturiero l’attivita’ “continua a evidenziare una buona capacita’ di tenuta, mentre e’ soggetta a una forte contrazione nel comparto dei servizi, ancorche’ di minori proporzioni rispetto alla prima ondata della pandemia agli inizi del 2020”.

Secondo le previsioni degli esperti dell’Eurosistema, che hanno rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil per il 2021 e al rialzo quelle per il 2022, il Pil dell’area euro dovrebbe registrare una contrazione del 2,5% nell’ultimo trimestre del 2020 a cui seguirà una fase di “stagnazione” dell’economia nel primo trimestre 2021.

“Questo quadro – si legge nel bollettino della Bce – è lievemente più pessimistico rispetto alle prospettive a breve termine derivanti dalle proiezioni macroeconomiche formulate a dicembre 2020 dagli esperti dell’Eurosistema, che prevedevano un calo del 2,2 per cento nel quarto trimestre, seguito da un aumento dello 0,6 per cento nel primo trimestre del 2021. Tale revisione e’ coerente con un maggiore pessimismo sulle prospettive a breve termine causato dall’intensificarsi delle misure di contenimento, unitamente ad attese piu’ ottimistiche nel medio termine, sostenute da un avvio sicuro e riuscito del processo di vaccinazione”.

Inflazione in territorio positivo nei primi mensi del 2021

Mentre per l’inflazione si prospetta un ritorno in territorio positivo nei primi mesi del 2021 e le aspettative di inflazione a piu’ lungo termine restano invariate a 1,7 per cento.

“Per continuare a garantire a tutti i settori economici condizioni di finanziamento favorevoli nel periodo della pandemia, – spiega la Bce – continua a essere fondamentale un ampio grado di stimolo monetario. Contribuendo a ridurre l’incertezza e a rafforzare la fiducia, ciò incoraggerà la spesa per consumi e gli investimenti delle imprese, sostenendo l’attivita’ economica e salvaguardando la stabilità dei prezzi nel medio termine”.

“L’incertezza resta elevata”

L’incertezza resta elevata, per questo la Bce “continuerà a seguire l’andamento del tasso di cambio con riferimento alle sue possibili implicazioni per le prospettive di inflazione a medio termine. Il Consiglio direttivo resta pronto ad adeguare tutti gli strumenti a sua disposizione”.

L’istituto di Francoforte “resta pronto ad adeguare tutti i propri strumenti, ove opportuno, per assicurare che l’inflazione continui a convergere stabilmente verso il proprio obiettivo, in linea con il suo impegno alla simmetria”.

“Subito l’utilizzo del Recovery Fund”

Per la Bce, è “essenziale” che le risorse rese disponibili attraverso lo strumento Next Generation Eu “siano utilizzate rapidamente e convogliate in progetti di investimento che rafforzino la crescita. La spesa pubblica supplementare – osserva – dovrebbe essere rivolta a incrementare la crescita potenziale e, in particolare, a sostenere gli obiettivi a lungo termine dell’Ue in materia di gestione dei cambiamenti climatici e di promozione della digitalizzazione”.

“Gli investimenti aggiuntivi nell’ambito di tale programma – si legge ancora nel bollettino – svolgeranno un ruolo di primo piano nel sostenere la ripresa, una volta terminata la pandemia. Tale strumento produrrebbe un’espansione di bilancio incentrata sul debito pari, in media, a circa l’1 per cento del Pil nell’area dell’euro, nel periodo 2021-2024. La maggior parte degli interventi finanziati da Nngeu dovrebbe essere destinata agli investimenti e alle riforme strutturali volte a favorire la crescita”.

Infine la Bce ribadisce che gli strumenti di sostegno al lavoro “hanno svolto un ruolo particolarmente importante” ma raccomanda l’introduzione di limiti temporali finalizzati a ridurre il rischio di favorire il mantenimento di posti di lavoro non più sostenibili nel lungo periodo, nonché l’erogazione di formazione e assistenza nella ricerca di un impiego ai lavoratori che percepiscono sussidi, al fine di agevolare la mobilità professionale”.


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La partita del Recovery Fund si fa sempre più complicata

AGI – Le tensioni politiche italiane e i timori per la tenuta del governo rischiano di complicare la partita europea sul Recovery Fund e mettono in allarme i partner europei. A pochi giorni dal voto parlamentare sulla riforma del Mes e dal vertice dei capi di Stato e di governo Ue, l’Europa guarda con attenzione a quello che succederà a Roma.

La stampa tedesca manda un segnale chiaro al nostro Paese e fa trasparire la preoccupazione di Berlino per il braccio di ferro interno alla maggioranza, che potrebbe rallentare ulteriormente la partita del Recovery Fund, già frenata dal veto ungherese e polacco sullo stato di diritto.

“L’Italia gioca col fuoco”, scrive la Welt. Anzi, “è il paziente a rischio dell’Europa”, incalza lo Spiegel. Al momento, in vista del vertice dei leader di giovedì e venerdì, Bruxelles si limita a osservare quello che accade a Roma. I circa 209 miliardi tra sussidi e prestiti del Recovery che spettano all’Italia sono solo virtualmente assegnati al nostro Paese (così come agli altri Stati membri Ue), che per ottenerli avrà bisogno di convincere le istituzioni europee con un dettagliato piano di riforme e investimenti da collegare a un calendario di obiettivi da raggiungere.

“Non siamo in ritardo, l’importante è avere un buon piano”, ribadisce il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Tuttavia l’ipotesi che l’Italia possa arrivare senza un governo a febbraio, quando presumibilmente i piani nazionali di riforme saranno inviati alla Commissione, rischia di rendere più difficile la partita europea.

La procedura di approvazione dei “piani per la ripresa e la resilienza” dopo la prima valutazione della Commissione, che può prendere fino a due mesi di tempo, prevede infatti l’assegnazione di un punteggio da parte dell’esecutivo Ue. Il ‘voto’ verrà assegnato in funzione “della coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese, nonché del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro”.

L’eventuale valutazione positiva “deve essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata su proposta della Commissione”, e per questo secondo passaggio Bruxelles assegna altre quattro settimane di tempo. Solo il semaforo verde delle due istituzioni Ue farà partire il prefinanziamento del 10% dei fondi, ma darà anche il via al tempo assegnato ai Paesi beneficiari dal crono-programma di “target intermedi e finali” compresi nei piani nazionali.

A vigilare sull’effettiva attuazione degli obiettivi previsti sarà il comitato economico e finanziario, composto da alti funzionari delle amministrazioni nazionali e delle banche centrali nazionali, della Banca centrale europea e della Commissione. La governance del Recovery Fund non contempla dunque alcuna prospettiva di cambio di Governo che possa portare a una revisione parziale o generale dei piani di ripresa e resilienza. Viene invece espressamente disciplinata, questa sì, l’eventualità di “gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali”, cioè il ritardo del Paese nel raggiungere gli obiettivi promessi. In questo caso la questione può essere trattata dai leader in persona durante il primo vertice europeo previsto. Ma fino ad allora “la Commissione non prenderà alcuna decisione relativa al soddisfacente conseguimento dei target e all’approvazione dei pagamenti”.

In altre parole, da un eventuale stallo durante il piano di ripresa potrebbe arrivare uno stop ai fondi da Bruxelles, che tornerebbero virtuali come al punto di partenza. L’unica finestra di revisione del Recovery si apre nel 2022 quando “i piani saranno riesaminati e adattati” al fine di “tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023”. I soldi che non verranno spesi, anche se assegnati all’Italia, resteranno nelle casse Ue.

Agi

Dalla Pa al fisco e al lavoro. Come il governo vuole usare il Recovery Fund

AGI – I regolamenti di Next Generation EU non entreranno in vigore prima del 2021, ma il Governo, allo scopo di avviare un dialogo informale con la Commissione Ue, ha già approntato delle linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ieri sera l’esecutivo le ha condivise con la Camera per avviare una collaborazione fra le istituzioni in una fase programmatica che rappresenta uno “snodo strategico”. Di seguito le linee guida principali di intervento delineate nelle 73 pagine che compongono il documento, fra la lettera del premier Giuseppe Conte, il testo e le 32 slide. 

Più investimenti pubblici

L’esecutivo evidenzia la “necessità di politiche che consentano di ampliare gli incentivi e le risorse, al fine di ripristinare un livello adeguato di investimenti e di infrastrutture”. Per questo “importanti misure di sostegno agli investimenti saranno introdotte nel breve periodo per accelerare l’uscita del Paese” dalla crisi. A queste saranno affiancate “tutte le azioni necessarie per garantire appalti pubblici efficienti, trasparenti e con tempi certi”.

Per coinvolgere risorse private, “laddove ne sussistano i presupposti, nel settore della realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità”, si ricorrerà anche a “schemi di partenariato pubblico-privato”. Sulle concessioni autostradali, poi, “si darà ulteriore impulso al processo di revisione” e la rete “dovrà essere adeguata alla progressiva diffusione dei veicoli elettrici”. Fra le infrastrutture su cui il Governo intende puntare ci sono “in primo luogo la rete ferroviaria ad alta velocità per passeggeri e merci”, oltre a interventi sulla rete stradale e autostradale con una particolare attenzione per ponti e viadotti. 

Pubblica amministrazione, ricerca e sviluppo

L’efficienza della Pa è “un indicatore fondamentale per valutare le potenzialità di crescita di un Paese”; su questo fronte il processo di innovazione verrà accompagnato “da ulteriori azioni di riforma” che costituiscono “un programma strategico di rafforzamento delle competenze e della capacità amministrativa”. 

Saranno aumentate le risorse pubbliche dedicate alla ricerca di base e applicata: il governo si ripropone di “accompagnare il Pnrr per incrementare complessivamente la spesa per R&S e ricerca universitaria di almeno 0,2 punti percentuali di Pil nel prossimo quinquennio”. Fra gli altri punti cardine anche “favorire l’accesso degli studenti diplomati a corsi di laurea in discipline Stem, inclusa l’informatica” e l’istituzione di “crediti d’imposta per gli investimenti innovativi e verdi”. 

Fisco e lavoro

Il governo metterà in campo anche una riforma del sistema fiscale e delle regole del lavoro. Con l’obiettivo di un fisco “equo, semplice e trasparente” il primo passo sarà una “riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta”. Altro punto qualificante il sostegno alle famiglie e alla genitorialità. Il governo inoltre intende “disattivare anche tutti gli aumenti di Iva e accise previsti dalle clausole di salvaguardia”.

Sul fronte del lavoro, invece, oltre alla riduzione del costo “attraverso la riduzione del cuneo fiscale”, l’esecutivo punta su un “rafforzamento della contrattazione collettiva nazionale” e anche sull’introduzione “del salario minimo legale”, che garantirà nei settori a basso tasso di sindacalizzazione “un livello di reddito collegato ad uno standard minimo. 

Una giustizia più svelta e il capitolo sanità

Il Pnrr ha l’obiettivo di dare all’Italia un ordinamento giuridico più moderno e attraente attraverso tre cardini: la riduzione della durata dei processi civili e penali, la revisione del codice civile e la riforma del diritto societario. Su quest’ultimo tema gli intenti sono “uniformare la governance societaria agli standard Ue” e “la riforma della disciplina della crisi d’impresa”. 

Le risorse saranno usate anche “per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario”, anche attraverso “lo sviluppo della sanità di prossimità”. Gli investimenti saranno diretti anche verso “la digitalizzazione dell’assistenza medica ai cittadini”. 

I criteri per i progetti e le risorse

L’esecutivo ha indicato anche i criteri – positivi e negativi. Fra quest’ultimi spiccano “i progetti ‘storici’ che hanno noti problemi di attuazione di difficile soluzione”, mentre è un fattore ben visto “la rapida attuabilità/cantierabilità” e la monitorabilità di progetti con effetti positivi rapidi su numerosi beneficiari. 

La ‘Recovery and resilience facility’ metterà a disposizione dell’Italia 191,4 miliardi, che saliranno a 208,6 miliardi grazie ad altri fondi europei. Per quanto riguarda la Rff “il 70% dell’importo totale dovrà consistere in progetti da presentare al più tardi nel 2022” con le risorse relative che “dovranno essere impegnate entro quell’anno”. Il Governo intende utilizzare la parte di sovvenzioni “per conseguire un incremento netto di pari entità degli investimenti pubblici nel periodo 2021-2026”. Al piano Pnrr si affiancherà “una programmazione di bilancio volta a riequilibrare la finanza pubblica nel medio termine” dopo la forte espansioni del deficit prevista per quest’anno in conseguenza della pandemia. 

Agi

Con il Recovery l’euro è più forte

AGI – I mercati all’accordo europeo sul Recovery Fund avevano cominciato a crederci e quindi l’avevano già anticipato, da quasi una settimana e cioè da martedì 14 luglio, quando hanno iniziato a far salire l’euro al top da marzo, sopra quota 1,14 dollari. Oggi, alla fine di una maratona di 90 ore, all’annuncio del “deal”, l’euro è schizzato a 1,1470, il nuovo top da 4 mesi, un livello che secondo gli analisti è abbastanza alto, anche se in un range di medio livello, cioè l’euro è un po’ più forte, ma niente a che vedere con i movimenti tra 1,20 e 1,50 dollari di qualche anno fa. Adesso il movimento oscilla tra 1,08 e 1,14 dollari, la situazione è molto più stabile, anche perchè tutte banche centrali stanno stampando moneta, un po’ di più la Fed, ma tutte, inclusa la Bce, hanno scelto la strada del quantitative easing, che di fatto tende a mantenere i cambi valutari abbastanza equilibrati.

L’Eurozona in questa fase è più stabile degli Usa 

Al di là di chi stampa più moneta, comunque, in questa fase, come dimostrano anche i movimenti anticipatori dei mercati, che premiano l’euro c’è, come spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim, “il discorso della percezione del vantaggio relativo dell’Europa. In questo momento, specie ora dopo l’accordo sul Recovery Fund, l’area euro è considerata più sicura degli Stati Uniti. Questo accordo consente di mettere una buona base per supportare l’area euro con piano articolato e di lungo periodo”.

Tutto cio’ va ad aggiungersi ad un’emergenza sanitaria ed economica che in questo momento sfavorisce gli Usa, con la seconda ondata di coronavirus in corso e i nuovi lockdown che li penalizzano, mentre l’Europa sembra procedere molto più spedita verso la fine del tunnel. “Inoltre – nota Cesarano – gli Usa hanno anche le elezioni presidenziali, che rappresentano un altro fattore di incertezza. L’Eurozona offre dunque meno incertezze, più garanzie e per questo gli investitori la premiano”.

Euro forte va bene a usa ma c’è incognita nuovi stimoli 

“Per ora – spiega ancora Cesarano – l’euro forte va bene agli Stati Uniti che hanno bisogno di un po’ di dollaro debole, ma molto dipenderà da come procederà la contrattazione al Congresso per il nuovo round di aiuti Usa, che in questo momento appare un negoziato molto difficile, pieno di incognite e di incertezze.

Se la trattativa procederà spedita e si arriverà a un accordo veloce, Wall Street si rafforzerà e il dollaro s’indebolirà, ma se invece lo scontro al Congresso dovesse prolungarsi per tutto agosto e si lasceranno decadere, senza prolungarli, i sussidi ai senza lavoro, che scadono a fine luglio, allora succederà il contrario: le Borse si innervosiranno e il biglietto verde finirà per apprezzarsi”. In ogni modo, come pronostica Cesarano, “difficilmente si andrà molto oltre quota 1,15. A 1,1470 siamo già nella parte altissima del range”.

Soldi del Recovery fund arriveranno solo nel ii trim. 2021

Dopo il via libera al Recovery Fund da parte dei leader europei l’Europa si è portata avanti col lavoro, ma c’è ancora molto da fare. I Parlamenti dei 27 Paesi dovranno pronunciarsi e poi ogni Stato dovrà, tra settembre e ottobre, presentare il suo Recovery Fund, con le richieste per accedere ai fondi di spesa. Questi piani dovranno poi essere vagliati entro due mesi dalla commissione Ue che dovrà approvarli, ma che non ha l’ultima parola.

I piani dovranno infatti passare all’esame dell’Ecofin, il quale ha un potenziale diritto di veto, cioè puo’ dire no ma solo se ha dietro di sè Paesi che rappresentano il 35% della popolazione europea. In pratica, tutta questa trafila assorbirà per intero il primo trimestre del 2021 e, se tutto filerà liscio, i soldi cominceranno ad arrivare e potranno essere spesi solo a partire dal secondo trimestre dell’anno prossimo. 

Agi