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Gualtieri assicura che per il taglio dell’Irpef non faremo cassa con l’Iva

Per il taglio dell’Irpef il Governo non farà cassa con l’Iva. Parola del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che dallo studio di Omnibus rassicura sullo stato di salute dell’economia italiana dopo i dati sconfortanti sulla produzione industriale nell’ultimo trimestre del 2019 e nel bel mezzo dell’epidemia di coronavirus che preoccupa Governi e mercati di tutto il mondo.

“Vogliamo eliminare del tutto le clausole di salvaguardia e stiamo lavorando a una riforma complessiva dell’Irpef” ha sottolineato il ministro “ma per farlo non intendiamo fare cassa con l’Iva”, anche se non ha escluso “qualche lieve rimodulazione” dell’aliquota. Con la riforma dell’Irpef, ha spiegato  ancora Gualtieri, “vogliamo ridurre la pressione fiscale. Quanto la ridurremo e le aree dei beneficiari però è prematuro dirlo. Dipenderà anche dal quadro economico”. 

Per titolare del Tesoro, “la cosa fondamentale per fare ripartire il Paese è sbloccare gli investimenti. Stiamo lavorando pancia a terra per farlo e soprattutto per dare a questi investimenti una direzione, un indirizzo: sostenibilità e innovazione”, ha assicurato andando quindi a parlare di crescita: “I dati ci dicono che a gennaio la produzione industriale e il Pil dovrebbero salire. Noi parliamo di un rimbalzo a gennaio e siamo fiduciosi che l’economia possa ripartire. Con la manovra abbiamo predisposto delle misure per affrontare questa situazione”. Il Governo, ha osservato ancora il ministro, “sta facendo qualcosa: siamo di fronte a un fenomeno globale, il 2019 è stato un anno difficile, con un impatto sulla produzione industriale di vari Paesi. Le misure del Governo non sono retroattive, ma il tema ci preoccupa”.

Riguardo alle politiche economiche del Governo, Gualteiri ha quindi dato la sua ricetta: “Lo Stato quando è necessario, il mercato quanto più possibile”. E ha chiarito: occorre “dismettere l’ideologia” perché “per affrontare sfide come quella sul clima, sulla riduzione delle emissioni, quella sull’innovazione ma salvando il lavoro” e “per ricucire le fratture serve una grande alleanza per il lavoro e per il futuro tra tutte le forze produttive. E anche le politiche pubbliche devono essere impegnate in questo sforzo”.

Quindi il ministro è tornato a parlare di Alitalia ed ex Ilva.”Non facciamo un nuovo prestito ponte” per la compagnia aerea in crisi – ha subito puntualizzato – c’è stato ma ora c’è un lavoro per sanare l’azienda, per rilanciarla e trovare dei partner internazionali”. Sull’Ilva “si era detto che sarebbe stato impossibile scegliere fra ambiente e lavoro – ha osservato – invece abbiamo lavorato intensamente e sotto traccia, e siamo vicini a un accordo e a un nuovo piano industriale che punterà a fare dell’Ilva la prima azienda siderurgica ‘verde’, a basse emissioni”. 

Sul fronte della situazione politica, Gualtieri ha parole di stima per il premier Giuseppe Conte: “Con Salvini ha garantito la tenuta” del Governo – dice – ed “è un bravissimo presidente del Consiglio”. E alla domanda “Ha ragione Zingaretti a considerarlo un punto di riferimento per i progressisti?” risponde: “Sì, Zingaretti ha ragione sul ruolo di Conte”.  Renzi? “Non strappa”, si tratta di “litigi un po’ inutili e dannosi, ma non sono strutturali e sostanziali”. Anche i mercati, conclude, “hanno capito benissimo che questo governo sarà stabile”.

Agi

Insomma, l’Iva aumenterà o no? Cosa c’è scritto nel Def

Stop all'aumento dell'Iva e rispetto degli impegni europei tenendo fede al programma di governo. Con un periodo di programmazione che dovrebbe essere esteso al 2020, anno in cui il quadro tendenziale prevede il pareggio di bilancio. Sarà questo l'impianto della risoluzione di maggioranza sul Def che, dopo un periodo di stand-by, approderà martedì nelle Aule di Camera e Senato.

Un testo snello, ancora soggetto a modifiche, che impegna il governo ad "assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia", ovvero per trovare i 12,4 miliardi necessari per evitare l'aumento dell'Iva e delle accise che scatterebbe dall'anno prossimo. Nel documento si sollecita anche l'esecutivo a "riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei sui saldi di bilancio".

 

Gli ultimi ritocchi dovrebbero estendere l'arco temporale di programmazione oltre il 2018-2019 previsto in una prima versione, comprendendo il 2020, anno in cui è previsto il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale, ovvero l'obiettivo di medio termine per l'Italia. Nessun accenno, invece, al mix di misure che tra deficit, tagli di spesa e aumenti di entrata, dovrà garantire le coperture "per gli interventi prioritari necessari" per attuare il contratto di governo, richiamati nel testo della risoluzione.

 

Il Def sarà un banco di prova per l'esecutivo e la nuova maggioranza. Ovviamente Lega e M5s hanno i numeri per approvare da soli la risoluzione ma in una fase delicata, in cui il percorso di politica economica muove i suoi primi passi, incassare il sostegno delle altre forze parlamentari potrebbe essere decisivo anche nel negoziato che si intende aprire con l'Europa. Tuttavia, difficilmente la risoluzione potrà essere condivisa se, come previsto nella bozza circolata, resterà il riferimento "alle linee programmatiche" indicate dal premier Conte "nelle sue comunicazioni alle Camere e su cui ha ottenuto la fiducia".

Il Pd ha già fatto sapere che è pronto a votare la risoluzione solo nel caso in cui ci si limiti a disinnescare le clausole di salvaguardia e a negoziare con Bruxelles margini sul deficit per il 2019 garantendo comunque una graduale riduzione. La risoluzione si muove su un filo sottile cercando di conciliare la linea prudente sui conti, di cui il ministro dell'Economia, Giovanni Tria si fa garante, con le posizioni più dure presenti all'interno dell'esecutivo.

La sostenibilità dei conti pubblici, ha fatto capire chiaramente il responsabile del Tesoro, non è in discussione, soprattutto alla luce dei segnali di rallentamento dell'economia che potrebbero imporre di rivedere al ribasso le stime di crescita a settembre in occasione della Nota di aggiornamento al Def (la cornice su cui costruire la manovra del 2019). Sarà quella la sede in cui il governo conta di aggiornare il quadro programmatico di finanza pubblica. Per preparare il terreno per la pace fiscale, il reddito di cittadinanza e le modifiche alla riforma Fornero, misure che difficilmente potranno essere messe in campo prima della legge di bilancio l'esecutivo M5s-Lega punta a ridiscutere alcuni parametri economici europei e ottenere nuovi margini di flessibilità, ovvero più spazi di manovra.

Il primo provvedimento del governo arriverà a breve, probabilmente entro giugno, e dovrebbe essere sostanzialmente a costo zero. Sarà il decreto 'dignità' annunciato dal ministro al Lavoro e allo Sviluppo, Luigi Di Maio. Conterrà misure per i lavoratori e per le imprese. Quattro i punti cardine. Lo stop a spesometro, redditometro e studi di settore, già destinati in realtà ad andare in soffitta dal 2019. In arrivo anche misure per disincentivare le delocalizzazioni: chi prende fondi pubblici non potrà andare all'estero. Revisione del Jobs Act e lotta alla precarietà. Una delle prime categorie di lavoratori a cui il decreto si rivolgerà sarà quella dei rider, i ciclo- fattorini non protetti da alcun contratto ne' assicurazione, ai quali verrà garantito il salario minimo orario e saranno estese le tutele Inps e Inail. Previsto, infine, lo stop alla pubblicità del gioco d'azzardo per contrastare la piaga della ludopatia. Il governo studia inoltre un rinvio di sei mesi per l'obbligo di emissione dell'e-fattura che dovrebbe scattare da luglio. Ed entro agosto si punta ad avviare la mini flat tax per le partite Iva e un anticipo del meccanismo di pace fiscale.

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