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“Abbiamo dettato le linea in Europa e accompagniamo il cambiamento”

AGI – Il rinvio del regolamento europeo che prevede lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 è “merito del governo che ha assunto una posizione ferma”. Lo afferma il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in un’intervista a ‘La Stampa’, avvertendo però che “è fondamentale che il settore non resti indietro“. L’Italia ha fatto da battistrada del ripensamento in corso a Bruxelles e “finalmente – sottolinea Pichetto Fratin – la Germania si è posta il problema, ma se il nostro Paese non avesse aperto questo fronte, diventandone il capofila europeo, forse non saremmo arrivati a un rinvio”.

Secondo il ministro, l’Italia deve difendersi perché “sono a rischio almeno 70 mila posti di lavoro. Adesso bisogna cambiare tempistiche e obiettivi. È inaccettabile una data che blocchi i motori benzina e diesel. I tempi li vogliamo stabilire noi dialogando con i produttori”.

Alla domanda se il cambiamento di rotta è merito della Lega come dice Matteo Salvini, Pichetto Fratin risponde: “Io sto portando avanti questa battaglia da tempo, prima come viceministro allo Sviluppo economico e ancor di più oggi come titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

La perseveranza del governo ha portato a un’importante vittoria politica dell’Italia. Un successo che naturalmente ogni partito della maggioranza può legittimamente rivendicare”. Ora, per Pichetto Fratin “la questione non è quanti anni chiediamo, ma di accompagnare il cambiamento con gradualità. Non è accettabile una data con il blocco ai motori endotermici, anche perché siamo convinti che oltre all’elettrico ci siano altrettante opportunità con tutta una serie di carburanti come i sintetici, l’idrogeno, specie per i mezzi pesanti, il biometano“.

“La questione in campo – spiega – non è il rischio di rimanere indietro ma piuttosto quella di tutelare il nostro sistema produttivo”. Quanto alle infrastrutture e alle colonnine di ricarico, Pichetto Fratin sottolinea di aver firmato il decreto in ambito Pnrr per la realizzazione di 21 mila colonnine di ricarica distribuite sulla rete stradale italiana. Terna sta lavorando alla rete di alimentazione: “Non c’è ritardo – conclude – piuttosto stiamo accompagnando il cambiamento”.


“Abbiamo dettato le linea in Europa e accompagniamo il cambiamento”

Il gas in Europa non è mai stato così caro

AGI – I prezzi del gas in Europa hanno toccato un nuovo massimo storico a causa del fatto che le spedizioni russe verso la Germania attraverso il gasdotto Yamal-Europe sono diminuite. 

Il benchmark Ttf dopo aver toccato oggi il record assoluto superando i 162 euro/MwH ha ora incrementato il rialzo toccando un nuovo massimo a 180,5 euro/Mwh in rialzo del 22%. Impennata anche anche per il benchmark britannico (+21,2%) a 4,5 sterline per therm

Secondo i dati dell’operatore di rete tedesco Gascade, i flussi dalla Russia verso il Vecchio Continente sono in calo da sabato e, dopo essersi fermati, oggi hanno invertito direzione.

Alcuni parlamentari europei ed analisti hanno accusato la Russia di aver trattenuto le consegne di gas all’Europa a causa delle tensioni politiche sull’Ucraina e per i ritardi nella certificazione del gasdotto, Nord Stream 2, pipeline da 10 miliardi di mc.

La Russia nega qualsiasi connessione. “Non c’è assolutamente alcun collegamento, questa è una situazione puramente commerciale”, ha chiarito oggi in una teleconferenza il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

L’Europa importa dalla Russia circa un terzo del proprio fabbisogno di metano. I tarder hanno affermato che i flussi inversi si aggiungono a una serie di fattori rialzisti come la forte domanda delle centrali elettriche, diverse centrali nucleari francesi chiuse, e le temperature piuù fredde che aumentano la domanda di gas per il riscaldamento.

Il prezzo del gas all’hub olandese ha raggiunto i 162,775 euro per megawattora in aumento di oltre il 10% rispetto a ieri. Anche il benchmark britannico ha toccato il nuovo record di 4 sterline per therm.

Entrambi gli indici hanno battuto i record di ottobre. Attualmente sono circa sette volte maggiori rispetto all’inizio del 2021. I prezzi del gas, insieme ad altre materie prime tra cui il petrolio greggio, stanno alimentando la preoccupazione per l’aumento dell’inflazione in tutto il mondo e hanno determinato l’intervento della Fed e della BoE.

Di solito Gazprom prenota capacità extra alle aste per la consegna via Ucraina in Germania attraverso la rotta Yamal quando ci sono richieste. Oggi non ha prenotato nuova capacità attraverso Yamal.

Il portavoce di Rwe, che insieme a Uniper è tra i principali acquirenti di gas di Gazprom in Germania, ha affermato che la compagnia statale russa sta rispettando i propri obblighi mentre Gascade ha spiegato che trasporta il metano in base alle richieste che arrivano. 


Il gas in Europa non è mai stato così caro

In Italia i costi per avviare una startup sono tra i più cari in Europa

AGI – Mettere in piedi una startup in Italia costa quasi 10 volte di più rispetto alla Germania, oltre 15 volte di più rispetto a quanto si spende in Francia, quasi 7 volte in più che in Spagna e ben 188 volte in più della Croazia.

È quanto mette in evidenza uno studio del Centro studi di Unimpresa sui costi delle startup nell’Unione europea, secondo il quale in Slovenia l’avvio di un’attività imprenditoriale è addirittura a “costo zero”.

Secondo il documento, che ha preso in considerazione una serie di studi suii costi imprenditoriali nell’Unione europea, per avviare un attività d’impresa occorrono, tra spese legali, adempimenti amministrativi e oneri fiscali, 4.155 euro in Italia, 2.207 euro nei Paesi Bassi, 2.109 euro in Austria, 2.046 in Belgio, 1.886 euro a Cipro, 679 euro in Finlandia, 627 euro in Spagna, 528 euro a Malta, 446 euro in Germania, 328 euro in Polonia, 312 in Ungheria, 270 euro in Francia, 244 euro in Lettonia, 227 euro in Portogallo, 219 euro in Svezia, 177 euro in Slovacchia, 174 euro in Grecia, 149 euro in Estonia, 134 euro nella Repubblica Ceca, 93 euro in Danimarca, 76 euro in Lituania, 72 euro in Irlanda, 63 euro in Bulgaria, 32 euro in Romania, 22 euro in Croazia e 0 euro in Slovenia. L’Italia è dunque il paese più caro nell’Ue per avviare una startup, con costi pari al doppio di quelli necessari nei Paesi Bassi (seconda posizione dello speciale ranking), in Austria (terza) e Belgio (quarto). 

“Quella dell’abbattimento delle spese per le start up è una delle maggiori sfide che il governo guidato da Mario Draghi deve realizzare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza: non intendo alzare troppo l’asticella e sostenere che dobbiamo arrivare al ‘costo zero’ della Slovenia, ma certamente sono necessari interventi per liberare e incentivare lo spirito imprenditoriale del Paese, per far emergere il valore straordinario del made in Italy”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

“È un record di cui non possiamo vantarci, è uno dei tanti spread che rendono l’Italia assai meno competitiva nel contesto dell’Unione europea: si tratta di un divario da ridurre quanto prima e il Recovery Fund, con i suoi 191 miliardi di euro, va impiegato con lungimiranza anche in questa direzione”, aggiunge.

Secondo Spadafora, “di divari ne abbiamo tanti: sul fronte fiscale, sui tempi della giustizia civile, sulle infrastrutture fisiche e pure su quelle tecnologiche, ma anche sul versante dell’efficienza della pubblica amministrazione. Una lunga lista di fattori che hanno zavorrato la nostra economia per decenni, tenendo la crescita sempre a livelli da prefisso telefonico”. 


In Italia i costi per avviare una startup sono tra i più cari in Europa

Brexit e petrolio mettono le ali alle Borse, Milano la migliore in Europa

AGI – L’accordo imminente sulla Brexit e il forte rialzo del prezzo del petrolio dopo il dato sulle scorte settimanali Usa, mettono le ali ai mercati. Le Borse europee hanno chiuso in deciso rialzo: Milano la migliore con un +1,31%.

A spingere i listini anche l’andamento positivo di Wall Street dopo i dati sui sussidi settimanali di disoccupazione, scesi oltre le attese. A Londra l’indice Ftse 100 sale dello 0,60% a 6.491,60 punti, a Francoforte il Dax avanza dell’1,29% a 13.591,55 punti e a Parigi il Cac 40 guadagna l’1,1% a 5.527,59 punti.

I mercati sono stimolati positivamente anche dal lancio delle campagne di vaccinazione contro il Covid in Europa, che fa ben sperare in un’imminente ripresa economica, dopo l’autorizzazione di lunedì all’immissione in commercio del vaccino Pfizer/BioNTech nell’Ue.

Sullo sfondo restano comunque le incertezze, soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione della nuova variante del virus nel Regno Unito, che ha portato alla sospensione dei legami tra il Paese e i suoi vicini europei. 

Sul fronte Brexit, a dieci giorni dalla rottura finale tra Europa e Regno Unito, tutte le opzioni sono ancora sul tavolo anche se diverse fonti parlano di un accordo “possibile” e persino “imminente”. In questo contesto, Piazza Affari è stata la migliore, chiudendo sui massimi di giornata una seduta che ha confermato il recupero iniziato alla vigilia dopo il tonfo di lunedì. 

Quanto al petrolio, il prezzo si è giovato del dato Usa sulle scorte settimnanali che sono calate meno del previsto. Il Wti guadagna il 2,32% a 48,11 mentre il Brent sfonda quota 51 dollari e sale del 2,28% a 51,22. Le scorte settimanali di petrolio negli Stati Uniti sono diminuite per la seconda settimana consecutiva, ma, appunto, meno del previsto. Secondo l’Eia, l’Energy Information Agency, le scorte di greggio sono scese di 600.000 barili a 499,5 milioni di barili a fronte di un calo medio stimato di 3 milioni di barili.  

Il calo è principalmente spiegato dall’aumento delle esportazioni di greggio Usa, che si sono attestate a 3,1 milioni di barili al giorno contro i 2,6 milioni della settimana precedente. Le importazioni sono aumentate leggermente, attestandosi a 5,6 milioni di barili al giorno contro i 5,4 milioni di barili al giorno della settimana precedente.

Anche le riserve di benzina Usa sono diminuite di 1,1 milioni di barili a fronte di aumento previsto di 800.000 barili. Si tratta del primo calo dall’inizio di novembre. Le scorte di distillati (olio combustibile e gas da riscaldamento) sono diminuite di 2,3 milioni di barili, più dei 1,5 milioni di barili che il mercato aveva previsto.


Brexit e petrolio mettono le ali alle Borse, Milano la migliore in Europa

Alleggerite o differite ecco le tasse in Europa al tempo del coronavirus

AGI.- Imposte sospese, differite o alleggerite: così nei principali Paesi Ue i governi sono venuti incontro a famiglie, imprese e lavoratori per attutire il colpo economico-finanziario della pandemia di Covid-19, riprogrammando anche il calendario dei pagamenti fiscali.

Francia

Parigi ha disposto un differimento di 3 mesi dei versamenti delle imposte dirette, dietro la compilazione di un semplice modulo da presentare in formato cartaceo all’Amministrazione fiscale, direttamente o per il tramite del proprio commercialista. Artigiani, liberi professionisti, micro imprenditori, dirigenti di piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti hanno fino al 31 dicembre per pagare le tasse – quelle dovute tra il 1 marzo e lo scorso 31 maggio, già rinviate una prima volta al 30 giugno – oltre alla possibilità di scaglionare i pagamenti sui prossimi tre anni. Per l’imposta sul reddito dei lavoratori, se il saldo dovuto è inferiore ai 300 euro, l’amministrazione fiscale lo preleverà dal conto bancario il 25 settembre. Se l’importo è superiore a 300 euro, procederà a quattro prelievi uguali tra il 25 settembre e il 25 dicembre.

Germania

In Germania, due leggi sull’assistenza fiscale hanno introdotto una serie di misure ad hoc. Con formale richiesta ogni contribuente può richiedere, entro il 31 dicembre, uno o più rinvii delle scadenze fiscali. Tra i principali punti delle leggi, c’è la possibilità per le aziende di richiedere una detrazione forfettaria del 30% dell’importo totale del reddito su cui è stata calcolata la base imponibile per i pagamenti anticipati 2019, quale riporto delle perdite registrate. È prevista una riduzione dell’imposta sul reddito in relazione al reddito da negoziazione a quattro volte la base imponibile commerciale, disponibile per il periodo di valutazione 2020. L’aliquota IVA è stata ridotta dal 19% al 16% e dal 7% al 5% per un periodo limitato dal 1 luglio al 31 dicembre 2020, oltre al posticipo della scadenza dell’IVA all’importazione, al 26 del mese successivo. è stato aumentato l’importo esentasse delle maggiorazioni fiscali commerciali a 200 mila euro.

Gran Bretagna

 A favore di tutte le imprese, in Gran Bretagna è stata predisposta una sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto in scadenza fino al 30 giugno, con possibilità di “recuperarli” entro la fine del 2020. A favore di tutti i lavoratori autonomi, il governo ha optato per lo slittamento di sei mesi della scadenza di versamento delle imposte sui redditi, dal 31 luglio 2020 al 31 gennaio 2021.

Spagna

In Spagna è stata disposta una sospensione dei versamenti in scadenza nel periodo compreso tra il 13 marzo e il 30 maggio 2020, a favore delle imprese e dei lavoratori autonomi con volume di affari fino a 6 milioni. Il provvedimento è stato applicato a tutti i versamenti – imposte sul reddito, Iva, ritenute – ma nel limite massimo di 30 mila euro.

La procedura di dichiarazione dei redditi, per quanti hanno entrate superiori a 22 mila euro, si è conclusa il 30 giugno. Nel contesto di una riforma fiscale “inevitabile” per ridurre debito e deficit pubblici e incrementare il gettito fiscale, come annunciato dal premier Pedro Sanchez, multinazionali e aziende più grandi vedranno le loro imposte aumentare. Il governo ha già dato il via libera a due nuove tasse, sui servizi digitali (Impuesto sobre Determinados Servicios Digitales – IDSD), ovvero una ‘tassa Google’, e sulle transazioni finanziarie che riguardano società quotate in borsa.

Agi

Fca potrebbe chiudere un impianto in Europa a causa del coronavirus

Uno degli impianti di Fca in Europa rischia di chiudere entro 2-4 settimane per la mancanza di rifornimenti dalla Cina dovuti all’impatto del Coronavirus: lo ha detto il Ceo di Fca Mike Manley. “Le interruzioni dei fornitori cinesi potrebbero compromettere la produzione in uno stabilimento in Ue in 2-4 settimane”, ha detto. 

Manley ha paventato questo rischio parlando con il Financial Times e con Reuters. Il direttore finanziario di Fca, Richard Palmer, durante la presentazione dei conti 2019 ha sottolineato che l’impatto del coronavirus “al momento non è calcolabile, monitoriamo la situazione”. 

Sono “quattro” aziende fornitrici di Fca Chrysler colpite in Cina dal coronavirus, di cui una in situazione “critica” e che potrebbe mettere a rischio una fornitura, e quindi conseguentemente la produzione europea. Lo ha detto al Financial Times l’amministratore delegato del gruppo italo-americano Mike Manley. “Abbiamo individuato un fornitore che potrebbe mettere ad alto rischio la produzione”, ha detto il manager.

Entro due o quattro settimane, cioè tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, l’azienda saprà “se la fornitura sarà interrotta per uno dei nostri stabilimenti” europei, ha aggiunto senza specificare quale.

Gli altri tre produttori di componenti potranno causare ulteriori rischi qualora se le chiusure degli stabilimenti cinesi rimarranno in vigore per tutto il mese di febbraio Manley ha spiegato che un team dedicato all’interno di FCA è stato incaricato di monitorare i componenti dell’azienda e qualsiasi potenziale impatto produttivo, compresa la ricerca di fonti alternative, cosa che richiede tempo perché i nuovi componenti devono essere certificati e registrati.

Il 2019 di Fca

“Il 2019 è stato un anno storico per Fca. Abbiamo continuato a creare valore per i nostri azionisti e intrapreso iniziative mirate alla crescita futura rafforzando in modo sostanziale la nostra posizione finanziaria, impegnandoci a investire in prodotti chiave e perfezionando un Combination Agreement con Psa”, ha sottolineato Manley, commentando i risultati di bilancio.

Fca ha chiuso il 2019 con un utile netto delle Continuing Operation a 2,7 miliardi (il 19% in meno rispetto all’anno precedente) e con ricavi pari a 108,187 miliardi (-2% sul 2018). Si tratta di “risultati robusti”, sottolinea in una nota. L’utile netto adjusted è stato pari a 4,3 miliardi di euro, l’Ebit adjusted a 6,7 miliardi di euro e margine al 6,2%. Risultato e margine record in Nord America.

Nel corso del 2019 – si legge – Fca ha tenuto fede all’impegno di continuare a generare valore per i propri azionisti. I risultati record raggiunti in Nord America e il miglioramento registrato in America Latina hanno permesso al Gruppo di realizzare una forte performance con il margine Ebit adjusted al 6,2%.

Le consegne globali complessive, (4.418.000 veicoli, in calo del 9%) diminuiscono principalmente per la riduzione degli stock presso la rete di vendita in Nord America, le minori consegne della JV cinese e, in Emea, per le iniziative sui canali di vendita e l’uscita di produzione di alcuni modelli.

 

Agi

Il tira e molla tra Governo ed Europa sulla manovra non è finito

Alla fine Palazzo Chigi sparge serenità. "L’incontro con il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, si è svolto in un clima di sereno e costruttivo dialogo” sottolinea il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. "Abbiamo affrontato i temi attualmente in agenda dell’Unione economica e monetaria e ci siamo soffermati sugli aspetti della nostra manovra economica che più direttamente riguardano il piano degli investimenti e le riforme strutturali”.

Segue una frase che vorrebbe essere altrettanto distensiva verso l’Europa: “Il Governo italiano sta predisponendo interventi legislativi e avviando progetti di investimento volti a rilanciare la crescita economica e lo sviluppo sociale”. Se sortirà l’effetto desiderato lo si vedrà nei prossimi giorni.

“Noi non siamo la Grecia”

Per il momento il governo si prepara a rispondere alla Commissione europea ma non è disposto a mettere in campo una manovra di restrizione fiscale “suicida”, perché l’Italia – si dice a Roma – non è la Grecia. All’indomani della nuova doccia fredda sui conti italiani, con la revisione al ribasso delle stime di crescita da parte di Bruxelles, è il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, a difendere di nuovo la “bontà” della manovra: in Parlamento e in un nuovo faccia a faccia con lo stesso presidente dell’Eurogruppo.

“Non c’è nulla da temere”

“Abbiamo avuto un confronto sulle rispettive opinioni sulla manovra di bilancio italiana che come voi sapete preoccupa gli stati membri. Noi abbiamo spiegato che queste preoccupazioni non sono fondate sul contenuto reale della nostra manovra di bilancio”, sottolinea alla fine Tria.

L’esecutivo, ha assicurato il ministro, "intende confermare" la manovra "nei suoi pilastri fondamentali" ma nel predisporre la risposta alla Ue, che sarà inviata entro martedì insieme al nuovo Documento programmatico di bilancio, ha bisogno ancora di tempo per valutare se confermare o modificare le stime.

“I termini sono stati posti sempre in modo molto ristretto – ha spiegato Tria – e ci si deve consentire di rispondere in modo documentato ristimando tutte le nostre previsioni e vedere se è necessario cambiarle o confermarle. Se riusciremo manderemo la risposta prima, altrimenti rispetteremo i tempi”. Di certo, però, ha detto chiaramente il titolare dell’Economia, l’esecutivo non rinuncerà a un piano di bilancio espansivo per evitare la procedura di infrazione, perché “vorrebbe dire fare una manovra di restrizione fiscale violentissima, cioè andare a un deficit dello 0,8% che per un'economia in forte rallentamento sarebbe un suicidio. Non credo che la commissione si aspetti una reazione di questo tipo anche se formalmente rispettosa delle regole di bilancio”.

Nessun intervento per le banche

 Il ministro ha anche escluso un intervento sul settore bancario perché al momento “non ci sono le condizioni” e ha annunciato che nelle prossime settimane sarà predisposto il provvedimento per l'attuazione del reddito di cittadinanza, la misura bandiera del Movimento 5 Stelle per cui sono state previste solo le coperture in manovra. così come per la revisione del sistema pensionistico. Per entrambi gli interventi, ha detto Tria, "è previsto un collegato ma anche che si possano utilizzare dei decreti legge per partire”. Il governo resta quindi convinto che sia “necessario attuare una manovra anticiclica” per “uscire dalla trappola della bassa crescita”.

Dialogo costruttivo e polemiche tecniche

Il dialogo “costruttivo” con la Commissione europea va avanti e la dialettica in corso con Bruxelles, ha assicurato, è solo “tecnica”. Il titolare del Tesoro ha definito infatti "non giustificata la stima di deficit al 2,9% nel 2019 anche ammettendo un rallentamento”. “Come in Italia anche in Europa le stime vengono fatte da organismi tecnici che devono essere indipendenti dall'intervento politico dei commissari. Se la polemica c'è – ha osservato Tria – è prettamente tecnica non politica tanto che io ho affermato che questo non mette in discussione il dialogo che stiamo portando avanti con la Commissione Ue. E' inutile alzare i toni”.

Dal canto suo il presidente dell’Eurogruppo ha ricordato che “è interesse di tutti che il dialogo in corso produca risultati positivi. Ci sono dubbi che aleggiano sul mercato sulla strategia finanziaria dell'Italia, portata avanti con una serie di costi per lo stato, le aziende e i cittadini”, ha osservato ancora Centeno sottolineando che la risposta dell’Italia è “una nuova opportunità per togliere tutti i dubbi e riaffermare la fiducia di imprenditori, investitori e partner europei, elemento chiave per la crescita”. “Non ho dubbi dell'impegno dell'Italia per l'euro e per creare una crescita sostenibile ed è essenziale che la legge di bilancio dimostri questo impegno”, ha aggiunto.

Cosa vuol dire lo spread alto

Ad auspicare una soluzione “conciliante” nel dialogo con Ue anche la Banca d’Italia che ha messo in guardia sul rischio spread che può “vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio”. “I segnali che gli investitori percepiscono sono importanti", ha sottolineato il vicedirettore generale dell’istituto di Via Nazionale, Luigi Federico Signorini, nel corso dell'audizione sulla manovra di fronte alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato. L'aumento dello spread, ha osservato Signorini, "è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di interessi in più negli ultimi sei mesi, rispetto a quanto si sarebbe maturato con i tassi che i mercati si aspettavano ad aprile: costerebbe oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020, se i tassi dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati".

Secondo Bankitalia, gli obiettivi di crescita fissati dal governo sono "ambiziosi" mentre, ha messo in guardia l’istituto centrale, "una politica di bilancio espansiva, pur utile in fasi cicliche avverse, non garantisce la crescita nel medio termine e può metterla in pericolo a lungo andare”. Signorini si è soffermato anche sulle misure in materia pensionistica previste in manovra. "L'importo di una pensione eventualmente anticipata dovrebbe essere aggiustato per tener conto del minore montante acquisito e del più lungo periodo atteso di erogazione della pensione. Non rispettando questo criterio, si rischierebbe di compromettere l'equilibrio di lungo periodo del sistema, aggravando l'onere a carico delle generazioni future”.

Critiche anche al condono fiscale contenuto nel dl fiscale collegato alla manovra. "Potrebbero determinare disincentivi all'adempimento regolare degli obblighi tributari”, ha detto Signorini sottolineando che "andrebbero quindi considerate con molta attenzione".

 

Agi News

Perché la strada per un’intesa sulla web tax in Europa resta tutta in salita

Il vertice europeo sull'innovazione e il digitale di Tallin si avvicina e le grandi aziende del web attendono di vedere quale decisione verrà presa sul loro regime fiscale. Dall’incontro dei ventotto che si terra il prossimo 29 settembre infatti dovrebbe uscire una parola definitiva sulla realizzazione di una web tax volta a erodere i guadagni faraonici delle digital ventures che, grazie a stratagemmi fiscali legati alla natura aleatoria della loro merce – i dati – riescono a eludere le tassazioni dei Paesi europei, che sono stanchi di rimanere a bocca asciutta.

Nella sua relazione la Commissione Europea mette nero su bianco che “la digitalizzazione dell’economia cancella la differenza tra beni e servizi, rivoluzionando completamente i modelli di business”. Riassumendo, a essere messo in discussione è il principio della tassazione legata al luogo fisico della società, come spiega il Sole 24 Ore.

Appuntamento per l'Ecofin di dicembre

L’Unione continua a chiedere una revisione completa delle regole fiscali a livello mondiale per adattarsi alle nuove realtà, ma come spiega Il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis: “In assenza di progressi appropriati a livello mondiale, l’Unione dovrebbe mettere a punto le proprie soluzioni per tassare i profitti delle imprese nell’economia digitale”. L’obiettivo della Commissione è di avere una linea comune per la riunione dell’Ecofin che si terrà a dicembre, così da portarla compatti davanti all’Ocse.

Leggi anche: Web tax, cosa chiede l'europa ai giganti americani

Una proposta a lungo termine per la Commissione Europea sarebbe quella di estendere alle aziende digitali la base imponibile unica (Ccctb), inizialmente proposta per le società che hanno sedi in più Paesi, spiega Repubblica. Ma una proposta di questo tipo richiederebbe troppo tempo, per questa ragione vengono valutate delle soluzioni temporanee e di più veloce applicazione. Tra queste una tassa sul fatturato da applicare nel paese in cui viene registrato il profitto, la ritenuta alla fonte sulle transazioni digitali e una imposta da applicare ai servizi offerti e alle pubblicità.

Leggi anche: Sulla web tax il freno sono gli Stati Uniti

Sarà difficile trovare un accordo in Europa

Ma trovare un accordo tra i ventotto sarà difficile, soprattutto visto che, in materia fiscale vige il principio dell’unanimità. Paesi come l’Irlanda per esempio, che da sempre hanno favorito le multinazionali digitali applicando aliquote preferenziali pur di essere eletti a sede europea dei loro commerci, sono contrari all’applicazione a livello comunitario di norme che per loro sarebbero dannose. “Ogni misura di tassazione digitale”, osserva il Business Europe citato dal Sole 24 Ore, “deve essere sviluppata in modo da proteggere la competitività delle imprese europee e garantire parità di condizioni sul piano globale”.

Per approfondire, leggi anche sulla Stampa: L'Europa tra la web tax e il rischio di una guerra commerciale con gli Stati Uniti

Padoan: "in gioco c'è l'efficienza economica e la sovranità fiscale"

Scrive Repubblica: "L'Europa si ritrova divisa di fronte a una questione fiscale, come già accaduto in passato (basti pensare alla tassa sulle transazioni finanziarie). La proposta di una "Web tax", una forma di imposizione che metta fine alle scappatoie legalmente possibili dei giganti di Internet dagli impegni col Fisco dei Paesi in cui operano, era uno degli argomenti caldi sul tavolo dell'Ecofin di Tallinn e alla fine dieci ministri hanno firmato la proposta, inizialmente lanciata da Francia, Italia, Germania e Spagna, perchè la "web tax" allo studio a livello di Ue e anche di Ocse preveda che i giganti di internet siano tassati sulla base del fatturato anzichè dei profitti. I paesi che hanno sottoscritto l'iniziativa oltre ai quattro iniziali sono Austria, Bulgaria, Grecia, Portogallo, Slovenia, Romania. "Non possiamo accettare più a lungo che queste società facciano business in Europa pagando tasse minime ai nostri Tesori – si legge nella dichiarazione politica firmata dai 10 ministri – In gioco c'è l'efficienza economica, così come l'equità e la sovranità fiscale". Il ministro italiano Pier Carlo Padoan ha spiegato a fine riunione che "parecchi hanno detto di condividere lo spirito" della tassazione ed è "importante che la presidenza estone abbia confermato l'idea di produrre risultati entro fine mandato, cioè entro pochi mesi".

 

 

Agi News

Draghi, Europa si deve impegnare contro insicurezza

Bruxelles – Le istituzioni europee non possono "semplicemente aspettare tempi migliori: dobbiamo rinnovare i nostri sforzi per assicurare che l'Unione economica e monetaria offra protezione e prosperita': la Bce fara' la sua parte". Lo ha detto a Bruxelles il presidente della Bce, Mario Draghi, durante il "dialogo monetario" al Parlamento europeo. Citando un intervento dell'"amico e collega" scomparso, Carlo Azeglio Ciampi, Draghi ha ricordato che "l'impegno politico a sostegno della nostra moneta unica e' stato fortemente ribadito durante la crisi", ma ha sottolineato che "i diffusi sentimenti di insicurezza, compresa l'insicurezza economica, restano una preoccupazione importante".

La ripresa nell'EUrozona continua "a un ritmo moderato e costante" ma con "uno slancio inferiore rispetto alle previsioni dello scorso giugno". Lo ha detto nel suo intervento al Parlamento europeo a Bruxelles il presidente della Bce Mario Draghi. L'impatto iniziale sui mercati finanziari del referendum che ha sancito la Brexit, ha aggiunto, e in particolare l'iniziale flessione dei prezzi delle azioni, e' stato "ampiamente invertito"; piu' in generale i mercati dell'Eurozona si sono dimostrati "resilienti rispetto all'incertezza globale e politica". Secondo Draghi, ancora, la domanda estera registrera' un indebolimento rispetto alla precedente stima di giugno, e questo "dovrebbe ridurre la crescita delle esportazioni"; secondo le previsioni della Bce, la crescita reale del Pil nell'Eurozona su base annua dovrebbe essere pari quest'anno all'1,7% quest'anno, e dell'1,6% nei due successivi. L'inflazione, ha aggiunto, resta bassa, e sara' pari quest'anno allo 0,2% per aumentare l'anno prossimo all'1,2% ma solo a causa dell'attenuarsi dell'effetto dei passati ribassi del prezzo del petrolio. Quanto agli spread, "la frammentazione si e' ridotta in modo sostanziale e le condizioni dei finanziamenti per imprese e famiglie sono migliorate in tutta l'Eurozona", riducendo le differenze delle condizioni fra i diversi paesi.

I paesi che si trovano ad avere un limitato spazio di manovra per una politica espansiva dovrebbero fare attenzione "alla composizione piu' che alla dimensione" dei loro conti pubblici. In particolare, ha detto il presidente della Bce Mario Draghi rispondendo a una domanda dell'eurodeputato 5 Stelle Marco Valli durante il dialogo monetario al Parlamento europeo e riferendosi alla flessibilita' delle regole del Patto di Stabilita' e crescita, "anche se alcuni di questi paesi hanno aumentato la spesa, la crescita non ne ha beneficiato: non e' necessariamente assumendo gente perche' non faccia nulla che si aumenta la crescita di un paese".

Le borse europee chiudono in rosso, sulla scia delle forti perdite di Deutsche Bank e dopo che Mario Draghi a Bruxelles fa sapere che la ripresa europea ha "meno slancio". Il titolo di Deutsche Bank crolla al minimo storico e perde oltre il 6%, per il timore che le riserve della banca non siano sufficienti a coprire la stangata Usa da 14 miliardi e per la contrarieta' del governo di Berlino ad aiutarla. Intanto c'e' incertezza sugli esiti del vertice informale dell'Opec ad Algeri e cresce la tensione per il primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Hillary Clinton. A Milano l'indice Ftse Mib arretra dell'1,58% a 16.192,48 punti. L'Ftse 100 di Londra scende dell'1,32% a 6.818 punti, il Cac 40 di Parigi cede l'1,8% a 4.407 punti, il Dax di Francoforte perde il 2,19% a 10.393 punti. (AGI) 

Agi News