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Dieci previsioni tecnologiche per il 2019 (tra cui il ritorno delle stampanti 3D)

Intelligenza artificiale più democratica, Cina più forte, maggiordomi digitali in piena espansione, così come 5G e eSport. Sono alcune delle dieci previsioni tecnologiche di Deloitte per il 2019.

Intelligenza artificiale più democratica

L'Intelligenza artificiale uscirà dalla nicchia degli esperti per arrivare – prevede Deloitte – “ovunque”. Le aziende accelereranno ulteriormente l'adozione di soluzioni che incrociano AI e cloud. Il 70% delle società sfrutterà applicazioni di questo tipo. Una percentuale che arriverà all'87% nel 2020. “Fino a ora – afferma il rapporto – i vantaggi dell'intelligenza artificiale si sono concentrati nelle mani dei giganti della tecnologia, con grandi risorse finanziarie, solida infrastruttura IT e capitale umano altamente specializzato. Grazie al cloud, “aumenterà l'efficienza e ci saranno migliori ritorni sugli investimenti”. In altre parole: l'AI sarà più sostenibile dal punto di vista economico, favorendo così un'espansione che va oltre il perimetro dei pionieri.

Smart speaker poliglotti

Gli smart speaker, gli altoparlanti intelligenti integrati con gli assistenti digitali, hanno avuto una crescita enorme nel 2018 (+187%). Si è trattato però di vendite ottenute quasi esclusivamente nei Paesi di lingua inglese. Il 2019 sarà l'anno della consacrazione globale. Nel 2019 il mercato degli smart speaker varrà 7 miliardi di dollari, con 164 milioni di unità vendute a un prezzo medio di 43 dollari. Un salto del 63% rispetto a quest'anno, quando le unità dovrebbero essere 98 milioni e l'incasso di 4,3 miliardi. Se queste previsioni saranno confermate, i maggiordomi digitali saranno i dispositivi connessi con il più rapido tasso di crescita al mondo: tra 12 mesi ce se saranno 250 milioni in circolazione. Per Deloitte, gli smart speaker, nel lungo termine saranno il principale punto di contatto tra uomo e digitale.

L'esordio del 5G

Arrivano le reti di nuova generazione. Se nel 2018 ci sono stati i primi test, il 2019 sarà l'anno dei primi contatti con il pubblico. Le potenzialità di crescita sono enormi, come dimostrano i milioni investiti dagli operatori di tutto il mondo. Secondo Deloitte, in 25 (circa un terzo di chi sta sperimentando la tecnologia) riusciranno a lanciare servizi 5G. Un numero che dovrebbe raddoppiare nel 2020. Nel 2019 sarà venduto un milione di smartphone 5G. È solo l'antipasto del 2020, quando diventeranno 15-20 milioni. “Non accadrà da un giorno all'altro – afferma il rapporto – ma il 5G cambierà profondamente le nostre interazioni ed esperienze. Una buona notizia per gli utenti, che richiedono prestazioni migliori e un maggiore accesso ai contenuti”. Il 5G offrirà “velocità più elevate e bassa latenza”, consentendo nuove applicazioni in diversi settori, “dalla realtà aumentata all'intrattenimento, dalla medicina alle smart city”.

Cina leader della connettività

Lo stiamo vedendo in questi giorni con il caso Huawei. La connettività del futuro è un affare non solo industriale ma anche geopolitico. Secondo Deloitte, la Cina non avrà rivali nel medio termine. Sarà il leader mondiale nelle reti di telecomunicazione già nel 2019. Ed è probabile che il divario con gli altri Paesi si amplierà nel medio termine. Merito della combinazione tra leadership tecnologica e presenza della base utenti più ampi al mondo. Due fattori che rivoluzioneranno i modelli di business tradizionali, dal retail al settore bancario fino all'intelligenza artificiale.

Esport, si fa sul serio

Leghe professionistiche, diritti di trasmissione, biglietti, merchandising: gli eSport (le competizioni di videogiochi) si stanno consolidando. E continueranno a crescere nel 2019. Nel Nord America l'espansione dovrebbe essere del 35%. I videogiochi sono un'attività di massa, capace di attrarre un pubblico molto giovane e appassionato. Riusciranno i media tradizionali – si chiede Deloitte – ad attrarli? Alcuni, come Espn e Abc, si stanno provando. Ma non basta una trasmissione classica: serve garantire un'esperienza immersiva.

Sport in tv, “un'isola felice”

Lo streaming e sta erodendo il tempo passato davanti all tv, soprattutto tra i più giovani. Tuttavia, c'è un prodotto che regge meglio degli altri: lo sport. Deloitte lo definisce “un'isola relativamente felice” in un contesto che soffre la concorrenza di altri canali. Perché? La passione dei tifosi, certo. Ma secondo il rapporto c'è di più: sport in tv e scommesse si spingono l'un l'altro. Circa il 40% degli americani tra i 25 e i 34 anni scommettono sugli sport. Tra quelli che guardano le partite in televisione, la quota sale attorno al 75%.

La resilienza della Radio

Molte volte la radio è stata data per morta. Ma né la tv né il web sono riusciti a ucciderla. Deloitte sottolinea, al contrario, il suo buono stato di salute. Nel 2019 produrrà un giro d'affari di 40 miliardi di dollari, in crescita dell'1% rispetto al 2018. L'85% della popolazione nei Paesi sviluppati ascolta la radio almeno una volta alla settimana. E sono 3 miliardi le persone le che lo fanno in tutto il mondo, per una media di 90 minuti al giorno. La nota più interessante riguarda però la capacità di raggiungere un pubblico giovane: ascolta la radio il 90% della popolazione tra i 18 e i 34 anni.

La stampa 3D accelera

Qualche anno fa sembrava a crescere in maniera istantanea. Non è stato così. Ma adesso la stampa 3D sarebbe pronta per una nuova accelerazione. Le vendite di stampanti, materiali e servizi dovrebbero raggiungere i 2,7 miliardi di dollari nel 2019 e toccare i 3 miliardi nel 2020. A supportare il settore ci sono i perfezionamenti tecnologici e la disponibilità di nuovi materiali “stampabili”, soprattutto metalli (anche se la plastica resta predominante). La maturazione, spiega Deloitte, non passerebbe da una sostituzione dei metodi di produzione tradizionali con la stampa in 3D. È più probabile un sistema misto, forse meno rivoluzionario ma più efficiente.

Alla scoperta del quantum computing

Il 2019 sarà un anno di “valutazione”. Deloitte smorza gli entusiasmi sull'applicazione della meccanica quantistica ai computer. È probabile che si arrivi a un super-calcolatore, ma il quantum computing non è fatto per entrare nei nostri portatili. E, anche nel caso in cui venissero sciolti gli attuali nodi teorici, non ci saranno applicazioni pragmatiche immediate. I computer quantistici non sostituiranno quindi quelli dedicati agli utenti. È possibile che il loro giro d'affari arrivi sarà paragonabile a quello dei supercomputer attuali: circa 50 miliardi di dollari. I prossimi dieci anni saranno l'epoca dei pionieri. Le prime applicazioni commerciali potrebbero arrivare negli anni '30. Con dispositivi molto voluminosi e costosi.

L'indipendenza tecnologica cinese

La Cina espanderà le sue capacità tecnologica, soprattutto nel settore dei semiconduttori. Il comparto crescerà del 25% e toccherà i 120 miliardi di dollari. Si specializzerà in chip per l'intelligenza artificiale. E qui torna la geopolitica. Secondo Deloitte la Cina viaggia verso “l'indipendenza dei semiconduttori”. In altre parole: il Paese sarà l'unico in grado di produrre le componenti di un dispositivo in casa. E di reggere, in alcuni settori, solo grazie alla forte domande del mercato interno. Leva enormi su cui gli Stati Uniti non possono contare.

Agi News

La nuova giornata nera delle criptovalute

Non sembra conoscere freni la crisi delle criptovalute. Nel corso dell'ultima giornata, il settore è stato interessato da un'improvvisa ondata di vendite che ha portato il prezzo del Bitcoin a un minimo di seduta di 3.750 dollari, la quotazione più bassa dal settembre 2017. Si tratta di una flessione giornaliera pari al 15%.

La criptovaluta più scambiata al mondo ha poi recuperato riportandosi poco sotto quota 4.000 dollari. In deciso arretramento anche Ethereum, sceso del 20% poco sopra i 100 dollari, e Litecoin, calato sotto i 30 dollari.
Delle 100 principali criptovalute, solo 8 hanno segnato un rialzo, spiega TechCrunch, mentre tutte le altre accumulavano perdite medie tra il 13% e il 14%.

Quali sono le ragioni del crollo?

Il nuovo tonfo arriva al termine di un mese di forti perdite. Solo tre settimane fa il valore del Bitcoin si era stabilizzato intorno ai 6.000 dollari. All'inizio dell'anno valeva 20.000 dollari. Si è trattato di una vera doccia fredda per gli operatori, i quali avevano sperato che la tendenza al ribasso delle ultime settimane si sarebbe fermata prima di infrangere la barriera psicologica dei 4.000 dollari e ora temono un crollo sotto quota 3.000.

Le ragioni dell'ondata di vendite appaiono in parte legate alle continue indiscrezioni, non confermate, su un imminente stretta della Cina sulle piattaforme di scambio cinesi. A rendere instabile il comparto è inoltre lo scontro in corso tra il gruppo leader del mercato, Btc.com, e Bitcoin Cash, che sta sottraendo al primo 'minatori', ovvero parte della potenza di calcolo necessaria a 'estrarre' la criptovaluta. 

Agi News

La grande crisi delle caramelle 

Sono tempi amari per i dolci. Le caramelle sono le vittime di un consumo più attento alla salute e agli zuccheri. Tra diete e sostenibilità, neppure Halloween sembra poterle salvare. Ci riusciranno le startup? È quello che si è chiesto un'analisi di CBInsights.

Lo scorso gennaio un gigante come Nestle ha venduto la sua divisione “caramelle” all'italiana Ferrero. E sempre più di rado i gruppi alimentari nominano la parola “candy” nelle conferenze con cui presentano agli investitori le proprie trimestrali. Le menzioni erano circa 60 alla fine del 2014 e sono calate a 30 nel secondo trimestre 2018.

Non sembra essere una coincidenza ma una tendenza: parlare di caramelle non sta bene perché hanno una cattiva reputazione. Anche nel mondo delle giovani imprese innovative, chi produce dolci fa più facica: dal 2015 a oggi, le startup del settore hanno raccolto 479 milioni di dollari, meno della metà di quanto non abbiano ottenuto le colleghe che si occupano di caffè nel solo 2018. Eppure, proprio queste imprese stanno provando a ridare slancio, con ingredienti più salutari, filiere più sostenibili e nuove tecnologie e strategie di marketing.

La sostenibilità vende bene

Si punta sulla fantasia: meno sullo zucchero, più ingredienti esotici e abbinamenti inconsueti per creare dolci “premium”. È il caso, ad esempio, di Tcho: ha sede a Berkeley, California. Produce (tra le altre) barrette al te matcha, peperoncino e cannella e persino alla pretzel. E distingue il cioccolato come in una degustazione di vini, con note “fruttate”, “agrumate” o “floreali”. Conta anche raccontare in modo diverso e garantire una produzione non solo più sana ma anche più equilibrata. Secondo Nielsen, le vendite di cioccolato sono aumentate del 3%. Ma il fatturato dei prodotti che si propongono come più attenti all'ambiente hanno fatto un balzo del 22%, quelli che usano solo ingredienti naturali del 16% e quelli da commercio equo del 10%. Theo è nata a Seattle e, oltre a cercare nuovi gusti (quinoa e riso nero, sidro) garantisce che i produttori abbiano la loro parte. Anche Alter Eco ha una filosofia simile: compra solo da produttori medio-piccoli e lavora la materia prima il meno possibile.

Dolce senza sensi di colpa

CBInsights individua anche un'altra possibile strategia: puntare su dolci “guilt-free”, cioè non tanto “senza zucchero” ma “senza sensi di colpa”. Sono caramelle e snack che usano altro per addolcire i prodotti e si rivolgono a chi ha particolari esigenze alimentari. La statunitense Unreal, ad esempio, certifica tutta la propria filiera come vegana, senza glutine, priva di prodotti artificiali e di ogm. Anche Smart Sweets esclude gli organismi geneticamente modificati, usa poco zucchero solo coloranti naturali. Non produce cioccolato ma caramelle gommose. Rau Chocolate propone invece bevande senza latte e con pochi grassi. Una sorta di spremuta di cacao, con un nuovo metodo di produzione che riduce o esclude gli zuccheri e punta su altri elementi nutritivi, come minerali e antiossidanti.

La lingua è un laboratorio

Si va a caccia di nuovi ingredienti che possano sostituire lo zucchero. Rau Chocolate è una delle società che ha iniziato a utilizzare il “monk fruit”, un frutto di origine asiatico con un grande potere dolcificante ma senza lo stesso apporto di calorie. La stevia è ormai sempre più diffusa, tanto da essere adottata anche da Coca-Cola. MycoTechnology, startup sostenuta dagli investimenti di Kellogg, ha scoperto dei funghi capaci di inibire alcuni sapori, come l'amaro. In questo modo esaltano la dolcezza, correggendo il gusto senza aggiungere calorie. A marzo Nestle ha lanciato i primi prodotti che adottano“una nuova struttura dello zucchero”. È fatto con cristalli “vuoti”, che lasciano sulla lingua un sapore simile ma sono più leggeri. Dietro il tentativo di salvare le caramelle, quindi, non c'è solo una differente lista della spesa. Ci sono diverse prospettive commerciali, nuove esigenze dei consumatori, ricerca e metodi produttivi innovativi.  

Agi News

Ecco la mappa delle 12 aziende italiane del commercio e del turismo in crisi 

Tante crisi di piccole e medie aziende diffuse sull'intero territorio nazionale, che non sempre conquistano la ribalta della cronaca ma impattano comunque fortemente sul territorio. I settori del commercio e del turismo stanno pagando le conseguenze di gestioni poco oculate, della concorrenza spietata dei giganti dell'e-commerce, dell'indifferenza della politica.

Alcune vertenze sono giunte ai tavoli del ministero dello Sviluppo economico, ma nessuna ha trovato finora una vera e propria soluzione. Dalla chiusura di una serie di negozi a marchio Trony a quelli Auchan; dalla crisi di Tuodì a quella di Mercatone Uno; dai licenziamenti di Mediamarket ai contratti di solidarietà di Conforama; dalle cessioni di Dico alla ristrutturazione di Limoni-Douglas. Fino alla cessione del marchio Valtur in ambito turistico. Sono migliaia i lavoratori a rischio, di cui dovrà occuparsi il nuovo governo.

Ecco la mappa sintetica delle situazioni più critiche 

1. Trony

Saracinesche abbassate per 35 negozi di Dps Group in fallimento in Puglia, Basilicata, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto; 466 lavoratori prima sospesi senza retribuzione (avvertiti con un messaggio telefonico che il punto vendita aveva chiuso) poi coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo. Al momento è stata presentata un'offerta di acquisto per 8 negozi. Prossimo incontro entro fine mese al Mise ma non è stato ancora programmato.

2. Mediamarket (Mediaworld e Saturn):

Chiusura dei punti vendita di Grosseto e Milano stazione Centrale; trasferimento della sede di Curno (Bg) a Verano Brianza; soppressione del bonus presenza e della maggiorazione economica del 90% per il lavoro domenicale (riconoscendo solo il 30% previsto dal contratto nazionale); interruzione del contratto di solidarietà in 17 punti vendita (in Liguria, Piemonte, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna) per 115 'full time equivalent' corrispondenti a circa 200 dipendenti. Dopo l'incontro al Mise del 12 aprile, non è stata fissata una nuova data.

3. Todì 

Presentata richiesta di concordato preventivo in continuità e avviata procedura di trasferimento di 61 punti vendita in Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia e Piemonte dove sono occupati 324 addetti. Ipotesi cessione di complessivi 99 punti vendita. Per i sindacati vi è il rischio di dumping contrattuale nei passaggi del personale a nuove proprietà. Prossimo incontro al Mise entro il mese di giugno.

4. Auchan 

Chiusura degli ipermercati di Napoli Argine e Catania La Rena, dove sono occupati complessivamente circa 260 addetti. I lavoratori sono in agitazione. Contratti di solidarietà sono in corso nel gruppo che nel 2015 aveva avviato la procedura di licenziamento collettivo per 1.400 dipendenti. Prossimo incontro l'8 maggio.

5. Dico Discount

Cede parte della rete e attende l'ok sul piano concordatario; l'acquirente sarà reso noto entro il prossimo 19 aprile (fatto salvo proposte più vantaggiose). Sindacati preoccupati per il possibile peggioramento delle condizioni salariali e per la salvaguardia dei livelli occupazionali. Prossimo incontro a fine maggio. 

6. Limoni Douglas

Tra giugno e luglio 2018 è prevista la fusione per incorporazione delle società La Gardenia e LLG in Limoni e a gennaio-febbraio 2019 la fusione di Limoni in Douglas. Le società hanno previsto la chiusura di 26 negozi e la vendita di una ventina di punti vendita (per prescrizione dell'Antitrust). Prossimo incontro il 30 aprile.

7. Conbipel 

Avviata procedura di licenziamento collettivo, seconda crisi nel giro di 5 anni: previsto contratto di solidarietà per i punti vendita di Novara. Alle lavoratrici del negozio Castelvetro Piacentino, che è stato chiuso, è offerta la ricollocazione a Cesano Boscone (Mi). Possibile ricollocazione anche da Palladio e Montecchio a Bassano.

8. Mercatone Uno 

Il gruppo è in amministrazione straordinaria dal 7 aprile 2015; i commissari straordinari hanno individuato un aggiudicatario che garantirebbe la continuità aziendale dei 74 negozi (59 attivi) con 3.000 dipendenti circa. Prossimo incontro entro il mese. 

9. Conforama

Annunciati 77 esuberi in Sardegna e Sicilia evitati con il ricorso ai contratti di solidarietà: la riduzione dell'orario di lavoro fino a marzo 2019 coinvolgerà 446 lavoratori.

10. Md e Maury's

Contratti trasformati da tempo indeterminato a tempo determinato a Latina, Fondi e Terracina e stipendi dati a singhiozzo.

11. Unieuro

Apertura di nuovi negozi e chiusura di altri; contratti di solidarietà in numerosi punti vendita. Prossimo incontro l'8 maggio.

12. Valtur 

Avviata liquidazione e procedura di licenziamento collettivo per 108 dipendenti a tempo indeterminato,a cui si aggiungono 123 lavoratori a tempo determinato; cessazione delle attività in 11 villaggi e ricerca di acquirenti. Al ministero sono pervenute notizie di interesse per l'acquisizione che mantenga l'integrità del marchio ma Investindustrial di Andrea Bonomi è interessata alla cessione anche 'a spezzatino'. La prossima settimana il ministro Carlo Calenda ha annunciato "un ultimo tentativo" anche se la situazione appare "compromessa" e le possibilità di intervento limitate vista la procedura. 

Agi News

Nel 2017 la spesa delle famiglie italiane è aumentata più del loro reddito 

Gli italiani nel 2017 hanno speso più di quanto hanno guadagnato, invertendo la rotta e dimostrandosi meno 'formiche' del passato. La spesa delle famiglie è cresciuta più del reddito: è scesa la propensione al risparmio ed è aumentato il potere d'acquisto (+0,6%) seppure "in rallentamento rispetto alle tendenze registrate nel biennio precedente".

È il quadro di sostanziali luci tratteggiato dall'Istat per il 2017. Notizie positive anche sul fronte del debito pubblico. Bankitalia ha registrato a febbraio un lieve calo: è diminuito di 0,1 miliardi, risultando pari a 2.286,5 miliardi.

Nel 2017, ha rilevato l'Istat nei Conti economici nazionali per settore istituzionale, le famiglie hanno aumentato la spesa per consumi finali (+2,5% in termini nominali) in misura superiore rispetto all'incremento del reddito disponibile (+1,7%); di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie scende al 7,8% (-0,7 punti percentuali rispetto al 2016).

Per effetto dell'aumento dell'1,2% del deflatore dei consumi privati, la crescita del reddito disponibile corrisponde a un incremento del potere di acquisto delle famiglie dello 0,6%.

Il prelievo fiscale dovuto alle imposte sulla produzione e a quelle correnti e in conto capitale ha inciso sul reddito disponibile delle famiglie per il 16,2%, su quello delle società non finanziarie per il 23,8% e su quello delle società finanziarie per il 18,6%.

Le società finanziarie hanno registrato un miglioramento dell'accreditamento di 14 miliardi di euro rispetto al 2016, mentre per le società non finanziarie e per le famiglie c'è stato un peggioramento pari a, rispettivamente, 3 e 4 miliardi di euro.

L'indebitamento delle amministrazioni pubbliche si è ridotto di 1,9 miliardi di euro, con un saldo pari a -39,7 miliardi di euro. Il tasso di profitto delle società non finanziarie nel 2017 è sceso al 41,7% (-0,7 punti percentuali rispetto al 2016) e il tasso di investimento cresce al 21,1% (+0,9 punti percentuali).

Le società finanziarie hanno registrato una riduzione del valore aggiunto ai prezzi base (-1,4%).

Bankitalia ha rivisto al rialzo il dato sul debito pubblico italiano del 2017. Rispetto ai dati diffusi lo scorso 15 marzo, ha spiegato nel fascicolo 'Finanza pubblica, fabbisogno e debitò, il dato relativo al debito del 2017 è stato rivisto al rialzo di circa 7 miliardi, "principalmente a seguito dell'advice dell'Eurostat in merito al trattamento statistico dell'operazione di liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca".

A febbraio infine sono aumentate le entrate tributarie: sono state pari a 29,4 miliardi, in aumento di 1,5 miliardi rispetto a quelle rilevate nello stesso mese del 2017.

Agi News

Google ha comprato una delle più grandi piattaforme di immagini Gif

E’ la più grande piattaforma di GIF, le immagini animate che spopolano ovunque su Web, in particolare su Messenger, Twitter e WhatsApp. Si chiama Tenor, è una startup fondata nel 2014 basata a San Francisco, ed è l’ultima acquisizione di Google.

Un affare, di cui non sono stati resi noti i termini finanziari, da 12 miliardi di ricerche e 300 milioni di utenti al mese, secondo quanto dichiarato da Tenor, che permetterà alla società di Mountain View di inserirsi nei servizi di messaggistica istantanea e in tutte le piattaforme collegate alla compagnia, tra cui proprio Messenger.

Le GIF offrono l'opportunità di comprimere molte informazioni in file facilmente condivisibili e Tenor è una delle piattaforme considerate più attive e in più rapida crescita. Le due società già collaboravano e offrivano lo stesso servizio attraverso la tastiera personalizzata Gboard per smartphone e Tenor continuerà a operare come marchio separato all'interno di Big G.

In Google Immagini

Per Cathy Edwards, Director of Engineering di Google Images, “Tenor fa emergere le GIF giuste al momento giusto in modo da trovare quella che corrisponde al tuo umore. Ci aiuterà a farlo in modo più efficace in Google Immagini così come in altri prodotti che utilizzano GIF, come Gboard. Non vediamo l'ora di investire nella loro tecnologia”. 

Così miglioreremo il servizio

“L’acquisizione da parte di Google – ha dichiarato il co-founder David McIntosh – ci consentirà di proseguire la nostra missione, aiutando i tre miliardi di utenti Mobile a trovare il modo perfetto per esprimere se stessi in maniera visuale. Ci permetterà inoltre di accelerare i miglioramenti del servizio offerto ai nostri utenti, ai partner API e agli advertiser. Tenor – ha aggiunto – continuerà a operare come un marchio separato e continuerò a gestire il team di Tenor con i miei co-fondatori Erick Hachenburg e Frank Nawabi”. 

Le altre piattaforme

Tenor non è l’unica piattaforma a offrire GIF. Anche Giphy ha una tastiera dedicata, un database piuttosto grande di GIF e dichiara 300 milioni di utenti attivi al giorno. C’è anche Gfycat che si accredita di 130 milioni di utenti attivi al mese.

Agi News

Perchè l’Antitrust ha bloccato gli aumenti delle bollette telefoniche

L'Antitrust dà ragione, almeno "in prima lettura", alle associazioni dei consumatori, che avevano denunciato a fine gennaio un aumento delle bollette telefoniche pari all'8,6%, in coincidenza con il ritorno dell'obbligo della fatturazione mensile in luogo di quella a 28 giorni. Un aumento generalizzato che aveva fatto sospettare un accordo in questo senso tra Tim, Vodafone, Fastweb e Wind Tre. E sembrerebbe sia avvenuto esattamente questo, a quanto risulta dall'istruttoria avviata a febbraio dall'Autorità, che ha intimato una "sospensione cautelare" dei rialzi e ordinato alle aziende di "definire la propria offerta in modo autonomo rispetto ai propri concorrenti". Un pronunciamento accolto con soddisfazione dall'Unione Nazionale Consumatori, che parla di "vittoria".

"Un danno grave e irreparabile per i consumatori"

Il Garante ha ritenuto che la documentazione acquisita durante le ispezioni "confermi prima facie l'ipotesi istruttoria secondo cui le parti avrebbero comunicato, quasi contestualmente, ai propri clienti che la fatturazione delle offerte e dei servizi sarebbe stata effettuata su base mensile anziché su quattro settimane, prevedendo, al contempo, una variazione in aumento del canone mensile per distribuire la spesa annuale complessiva su 12 mesi, invece che 13". Pertanto, "al fine di evitare il prodursi, nelle more della conclusione del procedimento, di un danno grave e irreparabile per la concorrenza e, in ultima istanza, per i consumatori, l'Autorità ha adottato misure cautelari urgenti intimando agli operatori di sospendere l'attuazione dell'intesa oggetto di indagine e di definire la propria offerta di servizi in modo autonomo rispetto ai propri concorrenti". 

"Continua, dunque, il pressing dei Garanti sulle società della telefonia e di Internet", sottolinea Repubblica, "solo pochi giorni fa, l'Autorità per le Comunicazioni ha ordinato che queste società restituiscano quanto hanno sottratto ai clienti attraverso la fatturazione illegittima, anticipata ogni 28 giorni. La restituzione dovrà avvenire sotto forma di sconto sul canone delle connessioni fisse".

La replica di Fastweb: "Sempre agito correttamente"

La prima azienda a replicare è Fastweb, che rivendica di aver "sempre agito correttamente" e di aver "costantemente perseguito politiche commerciali assolutamente indipendenti rispetto a quelle dei propri concorrenti"."Anche in relazione al tema della tempistica di fatturazione, rispetto alla quale l'Agcm ravvisa l'ipotesi di intese", si legge in un comunicato, "Fastweb sottolinea come la posizione dell'azienda sia sempre stata nettamente distinta da quella degli altri operatori sul mercato. Fastweb, infatti, è passata alla fatturazione a quattro settimane più di due anni dopo i propri concorrenti, quando tale approccio commerciale si era ormai affermato come prassi nel mercato ed al quale ha dovuto necessariamente adeguarsi. Rispetto, invece, al ritorno alla fatturazione mensile, Fastweb si è attenuta rigorosamente alla tempistica dettata dalla normativa rilevante ed alle indicazioni fornite da AgCom in merito alle modalità di comunicazione. Soprattutto Fastweb – a differenza dei propri concorrenti – in concomitanza con il ritorno alla fatturazione mensile, ha avviato una serie di elementi migliorativi dell'offerta, quali ad esempio l'abolizione di tutti i costi addizionali solitamente applicati dagli operatori sia per componenti fisiologiche – quali ad esempio il costo di attivazione o il costo per il piano tariffario – che per servizi ancillari pre-attivati – quali la segreteria telefonica o il servizio richiamami".

Agi News

Istat: in calo a gennaio la fiducia dei consumatori e delle imprese

Calano a gennaio la fiducia dei consumatori e delle imprese. Lo rileva l'Istat.  L’indice del clima di fiducia dei consumatori diminuisce, passando da 116,5 a 115,5  rimanendo in linea con il livello mediamente registrato da settembre 2017. L’indice composito del clima di fiducia delle imprese mostra un calo più marcato (da 108,7 a 105,6) in larga misura determinato dalla flessione nei servizi, mentre si rileva una sostanziale tenuta per la manifattura. La contrazione nei servizi è condizionata dal netto ridimensionamento della fiducia nel turismo che segue la forte accelerazione del secondo semestre 2017. La flessione del clima di fiducia dei consumatori, spiega l'Istat, è essenzialmente dovuta alla diminuzione della componente economica (da 142,9 a 141,1)  e di quella futura  (da 121,3 a 120,9); invece, la componente personale e quella corrente aumentano (da 106,9 a 107,6 e da 112,0 a 112,8, rispettivamente). Più in dettaglio, si evidenzia un peggioramento delle aspettative sulla situazione economica del paese nonché un aumento delle aspettative sulla disoccupazione; a livello personale, i giudizi sulla situazione economica della famiglia peggiorano mentre le aspettative sono in lieve recupero. Con riferimento alle imprese, nel mese di gennaio il clima di fiducia cala in misura contenuta nel settore manifatturiero (da 110,3 a 109,9), mentre più marcata è la flessione nei servizi (da 108,7 a 105,7) e nel commercio al dettaglio (da 112,0 a 108,6). Invece, segnali positivi provengono dal settore delle costruzioni dove il clima aumenta da 127,1 a 129,2.

Agi News

Di quanto sono più bassi gli stipendi delle donne rispetto a quelli degli uomini

Nel mondo le donne guadagnano in media il 23% in meno degli uomini. Lo affermano le Nazioni Unite, secondo cui si è difronte al "più grande furto della storia". Per ogni dollaro guadagnato da un uomo, una donna guadagna in media 77 centesimi e – sottolinea la consigliera delle Nazioni Unite Anuradha Seth – non vi è "un solo Paese né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini".

Notevoli comunque, le differenze tra paesi: tra i membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), vi sono paesi con una differenza del 5% come Italia e Lussemburgo e altri con un gap del 36% come la Corea del Sud. Secondo l'Eurostat (che calcola il divario retributivo di genere sulla base della differenza del salario medio lordo), nell'Unione europea le donne in media guadagnano circa il 16% in meno degli uomini. Il "gender pay gap" era nel 2015 del 16,3% nella Ue a 28 stati e del 5,5% in Italia, in riduzione dal 7% del 2013 e dal 6,1% del 2014.

Leggi anche: "La parità salariale fra uomini e donne imposta per legge funziona". In Islanda

Nel nostro Paese si rileva la percentuale più bassa d'Europa insieme a quella del Lussemburgo. Ma gli aspetti da considerare nel divario salariale sono molti: dalla mancata remunerazione del lavoro domestico, alla minore partecipazione al mercato del lavoro, al livello delle qualifiche. Le lavoratrici hanno meno ore retribuite, operano in settori a basso reddito, sono meno rappresentate nei livelli apicali delle aziende. E ricevono in media salari più bassi rispetto ai colleghi maschi per fare esattamente lo stesso lavoro. La differenza salariale si amplia generalmente in relazione all'età e alla presenza di figli: con ogni nascita le donne perdono in media il 4% del loro stipendio rispetto a un uomo; per il padre il reddito aumenta invece di circa il 6%. Ciò dimostra, secondo Seth, che buona parte del problema è il lavoro familiare non retribuito che le donne continuano a svolgere in modo sproporzionato.

Secondo i dati dell'Organizzazione internazionale del lavoro riferiti al 2015, il 76,1% degli uomini in età lavorativa fa parte della popolazione attiva, contro il 49,6% delle donne. Al ritmo attuale, avverte l'Onu, ci vorranno più di 70 anni per porre fine al divario salariale tra uomini e donne.

 

Agi News

Precario il lavoro, precari i margini delle aziende. Un’analisi sulla crisi dei call center

In Italia circa 80mila persone lavorano nei call center. Di queste, la metà risponde alle chiamate dei clienti (inbound) e l’altra metà si occupa di outbound (ovvero propone agli utenti nuovi piani tariffari o prodotti da acquistare). Ma per molti di loro il posto di lavoro – che da anni rappresenta l’emblema della precarizzazione – è più a rischio che mai. E non è solo un problema dei lavoratori di Almaviva che, come ordinato dal giudice con una sentenza di pochi giorni, dovrà riassorbire (a Catania) i 153 licenziati del call center Almaviva Contact di Roma, che oggi non esiste più. La questione è ben più ampia, assorbe tutto il comparto e non solo Almaviva – che nel settore fa la parte del leone, anche perché impiega lavoratori italiani e non delocalizza all'estero – e affonda le radici nell’aumento dei costi e nei bassissimi stipendi.

I campanelli d’allarme

Secondo quanto riporta il Sole24Ore, il settore, “a sentire sia i sindacati sia le imprese, sembra avvertire un crescendo di campanelli di allarme. Nel Rapporto Asstel, che sarà presentato il 28 novembre, si quantificano in 2 miliardi – e in salita fra il 2 e il 4% – i ricavi del settore nel 2016. Dall’altra parte anche i costi sono in aumento con marginalità crollata ed Ebitda al 4,6% dei ricavi: in calo dell’11% fra 2015 e 2016 e del 6% fra 2014 e 2015. Pur trattandosi di un mercato altamente frammentato, i primi 12 player generano oltre il 60% del fatturato totale che per il 90% viene da 50 aziende”.

Ma non solo: “L’attività nel nostro settore – spiega Paolo Sarzana, presidente di Assocontact – presenta livelli di remunerazione talmente bassi che per molte realtà non ne garantiscono la sopravvivenza. E se è vero che in questo momento non ci sono crisi attive, è altrettanto vero che ci sono tantissime imprese in sofferenza, che perdono soldi, con un rischio di default in aumento”.

L’autoregolamentazione imposta dal Mise

Parlando di remunerazione – continua il Sole – il discorso finisce inevitabilmente sulla committenza. Qui il Mise ha portato 13 grandi società committenti a firmare a maggio un “Protocollo di autoregolamentazione sulle attività di call center in outsourcing”. Tra i punti qualificanti figura l’impegno a svolgere almeno l’80% delle attività in Italia. A breve ci sarà una verifica. “Vedremo i risultati. Certo è – aggiunge Sarzana – che è in arrivo anche il rinnovo contrattuale, con un inevitabile aumento dei costi. È chiaro che i futuri livelli di remunerazione dovranno tenerne conto e questi 13 grandi committenti dovranno dare l’esempio”.

Le aggregazioni nate per abbattere i costi

Nel frattempo, le tensioni sui costi stanno spingendo sempre di più alle aggregazioni. Nel settore si attendono, quindi, altri piccoli e grandi consolidamenti nei prossimi mesi sulla scia di quanto successo l’anno scorso con la fusione tra Visiant e Contacta, aziende italiane quinta e nona sul mercato, che ha dato vita a Covisian. Lo stesso Gruppo Covisian ha qualche giorno fa annunciato di aver acquisito l’88% del capitale di Vivocha, azienda italiana specializzata in sistemi digitali per il Crm.

Quella dei call center è stata per anni una giungla. La circolare Damiano – sostiene il quotidiano in un altro articolo – ha portato all'assunzione di 26mila lavoratori, con la distinzione fra inbound e outbound. “Nel settore però si è nel frattempo insinuato un tarlo che ha lavorato in profondità, intrecciandosi a una crisi economica che ha di fatto sublimato una situazione esplosiva. La globalizzazione (e le delocalizzazioni) esistono anche per i call center. Altrove ci sono costi minori, ma questo si chiama dumping se poi si va a gareggiare su commesse in Italia. Si è intervenuti nel 2012 con l'articolo 24-bis del Dl sviluppo in cui è stato previsto che chiunque si rivolga o sia contattato da call center debba sapere se sta parlando con qualcuno all'estero”.

A questo si unisce “l'obbligo di comunicazioni al ministero del Lavoro, di cui sia i sindacati sia le aziende lamentano una diffusa inottemperanza. Intanto arrivano crisi e un periodo di gare su gare, con i committenti interessati a spuntare il miglior prezzo possibile. In questo quadro disattendere le norme sulle delocalizzazioni ad alcuni ha fatto gioco, e ad altri no. Ecco che spuntano le crisi, con sindacati e istituzioni impegnati a salvare posti di lavoro. Ma la salvaguardia ha comportato spesso facilitazioni per le realtà salvate, in grado così di fare offerte competitive con l'effetto, velenoso, di abbassare il mercato”.

 

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