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Caro bollette: gli italiani prelevano dai conti 50 miliardi dopo tre anni di risparmi

AGI – L’onda lunga della crisi economica causata dalla pandemia e, soprattutto, l’aumento delle bollette energetiche si fanno sentire sui risparmi di aziende e cittadini: i ‘salvadanai’ degli italiani, dopo quasi tre anni di crescita costante, invertono la tendenza alla crescita e fanno segnare una riduzione di oltre 50 miliardi di euro. Si tratta di una diminuzione del 2,4% in appena tre mesi: a luglio, infatti, l’ammontare delle riserve delle famiglie e delle imprese depositate nelle banche del Paese era a quota 2.097 miliardi, mentre a ottobre è calato a 2.047 miliardi.

È quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale il deflusso improvviso potrebbe avere qualche ripercussione sulla raccolta degli istituti di credito, perché potrebbe diventare più costosa, e, quindi, in prospettiva, taluni effetti negativi sugli impieghi, in particolare sui tassi di interesse praticati sui prestiti concessi alla clientela.

“Quella che abbiamo sotto gli occhi – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara – è la fotografia di una situazione drammatica, che noi, purtroppo, avevamo prospettato da tempo. Stanno venendo meno le forze e la liquidità, sia per le famiglie sia per le imprese, specie quelle più piccole. I costi sono insostenibili, le bollette energetiche non più gestibili. Ecco perché, chi ha la possibilità attinge alle proprie riserve. Al governo riconosciamo l’impresa di aver confezionato una legge di bilancio comunque positiva e in tempi brevissimi, tuttavia segnaliamo l’urgenza di avviare un piano straordinario di interventi pubblici e di sostegni a partire da gennaio”.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato i dati della Banca d’Italia relativi, il totale delle riserve delle famiglie e delle imprese, si è attestato a 2.047 miliardi di euro a ottobre scorso, in calo di 50 miliardi (-2,4%) rispetto ai 2.097 miliardi di luglio.

Fino a quel momento, da oltre due anni si era registrata una crescita costante: 1.823 miliardi a dicembre 2019, 1.956 miliardi a dicembre 2020, 2.050 miliardi a ottobre 2021, 2.075 miliardi a dicembre 2021. Una tendenza all’accumulo che è proseguita per tutto l’anno in corso, salvo invertire la rotta da agosto in poi per calare fino ai 2047 miliardi di ottobre. Su base annua, da ottobre 2021 a ottobre 2022, la diminuzione è di 3 miliardi (-0,1%), mentre la variazione complessiva del periodo osservato, da dicembre 2019 a oggi, rivela una crescita di 252 miliardi (+13,8%).

Sono soprattutto i conti correnti, la forma di accumulo più utilizzata da aziende e cittadini, sia durante la fase di accumulo sia come fonte a cui attingere in caso di liquidità necessaria in tempi rapidi: il saldo totale era pari a 1.182 miliardi a fine 2019, a 1.349 miliardi a fine 2020, a 1.449 miliardi a ottobre 2021 e a 1.480 miliardi a dicembre 2021; e ancora in aumento fino a 1.497 miliardi fino a luglio 2022, poi la discesa di 45 miliardi (-3,0%) a 1.452 miliardi toccati a ottobre scorso; la variazione annuale, da ottobre 2021 a ottobre 2022, fa emergere un aumento lieve di 3 miliardi (+0,2%), quella complessiva del periodo osservato porta alla luce una crescita rilevante di 298 miliardi (+25,2%).

Più lineare l’andamento dei saldi totali delle altre forme di deposito e accumulo di liquidità: per quanto riguarda i depositi con durata prestabilita, il saldo era 216 miliardi a dicembre 2019, a 207 miliardi a dicembre 2020, a 186 miliardi a ottobre 2021, a 188 miliardi a dicembre 2021, a 175 miliardi a luglio 2022 e a ottobre scorso; se non si registra alcuna variazione tra luglio e ottobre, su base annuale, la diminuzione è di 11 miliardi (-5,9%) e quella complessiva del periodo osservato è di 28 miliardi (-13,0%). Per quanto riguarda i depositi rimborsabili con preavviso, il saldo era 306 miliardi a dicembre 2019, a 313 miliardi a dicembre 2020, a 316 miliardi a ottobre 2021, a 315 miliardi a dicembre 2021, a 319 miliardi a luglio 2022 e a ottobre scorso; se non si registra alcuna variazione tra luglio e ottobre, su base annuale, la crescita è di 3 miliardi (+0,9%) e quella complessiva del periodo osservato è di 9 miliardi (+2,9%). Per quanto riguarda i pronti contro termine, il saldo era 119 miliardi a dicembre 2019, a 87 miliardi a dicembre 2020, a 99 miliardi a ottobre 2021, a 92 miliardi a dicembre 2021, a 106 miliardi a luglio 2022 e a 101 miliardi a ottobre scorso; è un calo di 5 miliardi (-4,7%) la variazione tra luglio e ottobre, su base annuale, invece, c’è una la crescita è di 2 miliardi (+2,0%); complessivamente, nel periodo osservato si è registrato un calo di 27 miliardi (-22,7%).


Caro bollette: gli italiani prelevano dai conti 50 miliardi dopo tre anni di risparmi

Il piano Cingolani contro il caro bollette

AGI – Il ministero della Transizione ecologica ha presentato il piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale.

Le stime dell’impatto di tutte le misure prese portano ad un potenziale di circa 5,3 miliardi di smc di gas, considerando la massimizzazione della produzione di energia elettrica da combustibili diversi dal gas (circa 2,1 miliardi di Smc di gas) e i risparmi connessi al contenimento del riscaldamento (circa 3,2 miliardi di Smc di gas), cui si aggiungono le misure comportamentali da promuovere attraverso campagne di sensibilizzazione degli utenti ai fini di un comportamento più virtuoso nei consumi. 

Obiettivo riempimento stoccaggi in linea con target

L’insieme degli interventi, normativi e regolatori, e la risposta degli operatori coinvolti hanno consentito di raggiungere al primo settembre 2022 un livello di riempimento degli stoccaggi di circa 83%. Tale valore, in linea con l’obiettivo di riempimento del 90% e anche superiore, è fondamentale per disporre di margini di sicurezza del sistema gas e affrontare il prossimo inverno.

Diversificazione fonti approvvigionamento

Per quanto riguarda le misure per diversificare la provenienza del gas importato, ricorda il Mite, è stato siglato un accordo per il graduale aumento delle forniture di gas dall’Algeria, che consentirà di sfruttare al massimo le attuali capacità disponibili di trasporto del gasdotto che approda in Sicilia, fornendo volumi crescenti di gas già a partire dal 2022.

Sono state anche incrementate nel breve termine le importazioni dal gasdotto Tap, la cui società ha inoltre avviato le interlocuzioni per realizzare il raddoppio della capacità di trasporto, che non necessita di interventi tecnici sul tratto italiano del gasdotto. Inoltre il Governo, in coordinamento con Eni e con Snam, si è attivato per garantire approvvigionamenti di Gnl da nuove rotte, in particolare: sino a 3,5 miliardi di Smc dall’Egitto, sino a 1,4 miliardi di Smc dal Qatar, sino a 4,6 miliardi di Smc progressivamente dal Congo, e circa 3,0-3,5 miliardi di Smc da forniture in fase di negoziazione da atri Paesi quali Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia.

Entro primi mesi del 2023 primo rigassificatore in esercizio

L’obiettivo del Governo è quello di arrivare ad avere in esercizio al più presto, entro i primi mesi del 2023, il primo rigassificatore galleggiante e, successivamente e comunque entro il 2024, anche il secondo impianto. Ciò, sottolinea il Mite, è fondamentale soprattutto per poter affrontare l’inverno 2023 – 2024, considerato che con molta probabilità gli stoccaggi saranno pienamente utilizzati nella stagione invernale 2022-2023 e dunque occorrerà ricostituire adeguatamente le riserve. 

L’insieme delle iniziative messe in campo consente di sostituire entro il 2025 circa 30 miliardi di Smc di gas russo con circa 25 miliardi di Smc di gas di diversa provenienza, colmando la differenza con fonti rinnovabili e con politiche di efficienza energetica.

Sviluppo fonti rinnovabili fattore strategico

Nei piani del Governo lo sviluppo delle fonti rinnovabili rimane infatti un fattore strategico, in quanto consente di ridurre in modo strutturale la domanda di gas (nella misura di circa 2 miliardi di Smc ogni 10 TWh circa installati) oltre che le emissioni di CO2. Pertanto, il Governo continua a confermare gli impegni di decarbonizzazione per il 2030, che anzi assumono in questa fase un’ulteriore rilevanza ai fini strategici dell’aumento della indipendenza energetica.
Si prevede pertanto lo sviluppo di impianti per la produzione di energia elettrica rinnovabile offshore e onshore, per circa 8 GW l’anno a regime dal 2023.

L’andamento risulta in linea con le previsioni, comunque nettamente in crescita rispetto agli ultimi anni. In particolare, secondo gli ultimi dati relativi alla potenza rinnovabile neo autorizzata e/o vincitrice di asta con il Gse, sono attesi in esercizio + 9,3 GW tra 2022 e 2023 di cui 7 GW tra gennaio 2022 e marzo 2023, a fronte di meno di 1 GW/anno degli anni precedenti. E nel frattempo si continueranno ad autorizzare nuovi impianti, per l’autoproduzione o per la vendita dell’energia sul mercato. 

Riduzione orario e temperatura riscaldamento

La riduzione dei consumi promossa regolamentando il funzionamento degli impianti di riscaldamento sarà attuata entro il mese di settembre modificando la vigente regolamentazione della temperatura e dell’orario di accensione invernale attraverso un decreto del Ministro della Transizione Ecologica. 

In particolare, è prevista la riduzione di un grado del riscaldamento degli edifici, da 17 con più o meno 2 gradi di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, da 19 con più o meno 2 gradi di tolleranza per tutti gli altri edifici. L’accensione del riscaldamento viene ridotta di 15 giorni (posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 giorni la data di fine esercizio) e di 1 ora per quanto attiene la durata giornaliera di accensione. Sono fatte salve le utenze sensibili ovvero ospedali, case diricovero ecc.


Il piano Cingolani contro il caro bollette

Il gas in Europa non è mai stato così caro

AGI – I prezzi del gas in Europa hanno toccato un nuovo massimo storico a causa del fatto che le spedizioni russe verso la Germania attraverso il gasdotto Yamal-Europe sono diminuite. 

Il benchmark Ttf dopo aver toccato oggi il record assoluto superando i 162 euro/MwH ha ora incrementato il rialzo toccando un nuovo massimo a 180,5 euro/Mwh in rialzo del 22%. Impennata anche anche per il benchmark britannico (+21,2%) a 4,5 sterline per therm

Secondo i dati dell’operatore di rete tedesco Gascade, i flussi dalla Russia verso il Vecchio Continente sono in calo da sabato e, dopo essersi fermati, oggi hanno invertito direzione.

Alcuni parlamentari europei ed analisti hanno accusato la Russia di aver trattenuto le consegne di gas all’Europa a causa delle tensioni politiche sull’Ucraina e per i ritardi nella certificazione del gasdotto, Nord Stream 2, pipeline da 10 miliardi di mc.

La Russia nega qualsiasi connessione. “Non c’è assolutamente alcun collegamento, questa è una situazione puramente commerciale”, ha chiarito oggi in una teleconferenza il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

L’Europa importa dalla Russia circa un terzo del proprio fabbisogno di metano. I tarder hanno affermato che i flussi inversi si aggiungono a una serie di fattori rialzisti come la forte domanda delle centrali elettriche, diverse centrali nucleari francesi chiuse, e le temperature piuù fredde che aumentano la domanda di gas per il riscaldamento.

Il prezzo del gas all’hub olandese ha raggiunto i 162,775 euro per megawattora in aumento di oltre il 10% rispetto a ieri. Anche il benchmark britannico ha toccato il nuovo record di 4 sterline per therm.

Entrambi gli indici hanno battuto i record di ottobre. Attualmente sono circa sette volte maggiori rispetto all’inizio del 2021. I prezzi del gas, insieme ad altre materie prime tra cui il petrolio greggio, stanno alimentando la preoccupazione per l’aumento dell’inflazione in tutto il mondo e hanno determinato l’intervento della Fed e della BoE.

Di solito Gazprom prenota capacità extra alle aste per la consegna via Ucraina in Germania attraverso la rotta Yamal quando ci sono richieste. Oggi non ha prenotato nuova capacità attraverso Yamal.

Il portavoce di Rwe, che insieme a Uniper è tra i principali acquirenti di gas di Gazprom in Germania, ha affermato che la compagnia statale russa sta rispettando i propri obblighi mentre Gascade ha spiegato che trasporta il metano in base alle richieste che arrivano. 


Il gas in Europa non è mai stato così caro

Inflazione e caro bollette frenano gli acquisti di Natale, per i regali si spenderà l’8% in meno 

AGI – Dicembre si conferma il mese più importante dell’anno per i consumi. Quest’anno, stima l’Ufficio studi Confcommercio, si attesteranno a circa 110 miliardi di euro, in leggera crescita rispetto al 2020 caratterizzato dal lockdown ma ancora sotto di 10 miliardi rispetto al 2019 pre-Covid.

A preoccupare tuttavia è il calo del clima di fiducia delle famiglie: la forte ripresa dell’inflazione e i rincari delle bollette, avverte lo studio, rischiano di ridurre la quota di tredicesima tradizionalmente destinata alla spesa per i regali di Natale che quest’anno si confermerà intorno ai 160 euro pro capite sostanzialmente in linea con l’anno scorso. Considerando anche i consumi di chi non incasserà la tredicesima, cioè l’area del lavoro autonomo, complessivamente la spesa media per famiglia a dicembre – inclusi affitti, bollette e utenze – si posiziona a 1.645 euro, lo 0,5% in più rispetto all’anno scorso, ma ancora molto al di sotto rispetto al 2019 (-7,5%). 

Per le sole spese commercializzabili (beni e servizi) cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sé, alberghi, bar e ristoranti, la stima è di 76 miliardi. Nel 2020, questa spesa, fortemente correlata al benessere economico delle famiglie, era scesa a circa 66 miliardi di euro correnti. Al di là della situazione sanitaria, avverte Confcommercio, qualche spunto di preoccupazione emerge tuttavia dal versante economico. A novembre, il clima di fiducia delle famiglie, pur attestandosi a livelli storicamente elevati, ha ripiegato per il secondo mese consecutivo.

A rischio le spese di Natale

Questa situazione, se confermata nei prossimi mesi, sottolinea il rapporto, rischia di avere ripercussioni nella parte iniziale del 2022 oltre che comprimere, seppure marginalmente, le spese di dicembre e per i regali di Natale.

Il deterioramento, spiega l’ufficio studi, è correlato in buona parte al riemergere dell’inflazione la quale, per la parte inattesa, cioè quella eccedente l’1,5%-2%, potrebbe comprimere il potere d’acquisto delle famiglie, riverberandosi principalmente in una contrazione degli acquisti di beni e servizi commercializzabili. Infatti, la ripresa dell’inflazione sta colpendo in prevalenza e almeno per adesso, quei beni e servizi a cui le famiglie non possono rinunciare, cioè i cosiddetti consumi obbligati.

Nell’arco di dodici mesi si è passati da un contesto di deflazione a una variazione dei prezzi al consumo superiore al 3% (3,8% a novembre 2021). Il nuovo scenario non ha intaccato orientamenti e propensioni delle famiglie fino a modificarne i comportamenti, ma il suo protrarsi non potrà non incidere sulle scelte di consumo. 


Inflazione e caro bollette frenano gli acquisti di Natale, per i regali si spenderà l’8% in meno 

È l’Italia l’economia che pagherà più caro per il virus: “Pil giù del 12,8%”

Sarà l’Italia a pagare lo scotto maggiore alla pandemia di coronavirus, con un crollo del Pil del 12,8% nel 2020, pari soltanto a quello dell’economia spagnola. È la stima contenuta nell’aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, che taglia del 3,7% la previsione pubblicata nel Rapporto di aprile. Nel 2021, l’attività economica italiana rimbalzerà invece del 6,3%, l’1,5% in più rispetto a quanto l’istituto di Washington si attendesse in primavera.

A preoccupare è anche l’andamento dei conti pubblici. Secondo l’Fmi il rapporto tra deficit e Pil nel nostro Paese risulterà pari al 12,7% quest’anno e al 7% il prossimo. Il rapporto tra debito e Pil salirà invece sino al 166,1% nel 2020 per poi calare al 161,9% nel 2021.

L’impatto dell’epidemia di coronavirus sull’economia ha avuto effetti “catastrofici” sul mercato del lavoro, si legge nell’aggiornamento, secondo cui la perdita di ore lavorate nel secondo trimestre dell’anno equivale alla cancellazione di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno nel Mondo rispetto all’ultimo trimestre del 2019.

Agi