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La pubblicità non è più occulta ma niente è cambiato per Chiara Ferragni e gli altri influencer

Il giro di vite contro gli influencer su Instagram, e contro la pubblicità occulta nei loro post, non ha cambiato numeri e performance. Almeno secondo quanto emerge dall'analisi di Blogmeter che mostra come le nuove regole non abbiano penalizzato star come Chiara Ferragni e le sorelle Jenner. Negli Usa l'istituto a tutela dei consumatori (Federal Trade Commission) e l’antitrust hanno stabilito una regola semplice e precisa: vanno segnalati chiaramente i post che vengono realizzati attraverso collaborazioni commerciali. L’azienda sponsor deve essere taggata nel post e gli hashtag come #ad, #adv o #sponsored devono essere facilmente leggibili e riconoscibili dall’utente. Anche in Italia lo Iap (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) si è mosso seguendo la stessa strada richiedendo una maggiore trasparenza agli influencer rispetto ai contenuti da loro pubblicati.  

Chiara Ferragni e gli altri influencer su Instagram. Quali effetti?  

Per capire se gli influencer hanno risentito, nei numeri, di queste nuove direttive Blogmeter ha analizzato i post contenenti gli hashtag #ad, #adv e #sponsored degli ultimi otto mesi (da marzo a ottobre 2017) pubblicati da oltre 6.600 influencer (di cui 3.000 italiani). Il primo dato che salta agli occhi è l’aumento, a livello globale, dei post accompagnati dagli hashtag prima citati: da marzo a giugno 2017, su un totale di 770mila post pubblicati dagli Influencer, i post sponsored sono stati circa 11.500, nei quattro mesi successivi si sale a 16.500, con un incremento percentuale di circa il 44%. La situazione è ancora più sorprendente considerando i soli influencer italiani: da marzo a giugno i post con espliciti fini pubblicitari sono stati circa 1.800 su 274.500 totali, ma da luglio ad ottobre la cifra è salita vertiginosamente arrivando quasi a 7.000 post sponsorizzati su 245.000. L'aumento è del 285%. 

L'esempio di Chiara Ferragni (e delle sorelle Jenner) 

Questo picco tra luglio e ottobre è stato generato principalmente dall’influencer italiana più discussa del web, Chiara Ferragni, compagna del cantante Fedez. La nota fashion blogger ha raddoppiato il numero di post con gli hashtag della sponsorizzazione, passando dai 39 post pubblicati tra marzo e giugno agli 85 pubblicati nei quattro mesi successivi. Il suo profilo, tra marzo e ottobre, ha registrato una media di 238mila interazioni per i post non sponsorizzati e 221,7mila per quelli contenenti gli hashtag di sponsorizzazione. La fondatrice del blog The Blonde Salad  ha registrato un importante crescita di engagement (+137,6%), passando da 8,1 milioni di interazioni tra marzo e giugno a 19,4 milioni tra luglio e ottobre, un dato che la posiziona in cima alla classifica di engagement, prima anche di altri influencer internazionali come le sorelle Jenner che dominano però la top 5 dei contenuti più engaging. Il post con hashtag #ad più cliccato è proprio di Kylie, sponsorizzato dal sito d’abbigliamento fashionnova.com, che raggiunge i tre milioni di interazioni. Segue a brevissima distanza un post di Kendall sponsorizzato dal brand di orologi Daniel Wellington che ottiene 2,9 milioni di interazioni. Numeri però che non hanno determinato un cambiamento. Secondo Paola Nannelli, Head of Influencer Marketing di Blogmeter, “Non abbiamo assistito a cali di engagement perché le influencer in questione sono riuscite a mantenere un equilibrio nel loro piano editoriale social: in altre parole i contenuti sponsorizzati si alternano a contenuti legati alla loro vita personale mantenendo così alto l’interesse della propria community”. 

Agi News

Trump lo vuole disdire ma Cop21 ci ha già cambiato la vita

Nessuno potrà dire "non mi riguarda". Una decisione degli Usa sulla partecipazione al Cop 21 avrà riflessi fino nel più remoto villaggio africano. L'annuncio di Trump su Cop21 è atteso per le 15 ora americana, l'intesa di Parigi di fine 2015 è già in vigore nei Paesi europei e ha già inciso su importanti scelte economiche. La Cina sta creando 13 milioni di posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili. Le grandi aziende energetiche hanno preparato e sviluppato piani di ricerca e sviluppo in questa direzione. La Green Economy è già una realtà tangibile anche per molte famiglie, a cominciare da quelle che hanno adeguato le proprie abitazioni.

L'esperto: un no cambierebbe lo scenario politico

  • L’Accordo di Parigi (o Cop21), oltre a spostare il monitoraggio sulle emissioni di gas serra al 2020, "creava la premessa del Club del 55%: ovvero i Paesi, ricchi, che emettono il 55% dei gas serra prodotti sul pianeta, diventano donatori di 180 miliardi di dollari da destinare ai Paesi più poveri perché aggiornino le proprie industrie e riducano le emissioni. Gli Usa da soli – spiega il professor Carlo Bollino – producono qualcosa come il 20% delle emissioni. Più o meno altrettante ne produce la Cina. Senza gli Stati Uniti nell'accordo cambia completamente la prospettiva del Club del 55%. Per rimpiazzare una nazione che da sola ‘vale’ il 20%, devo trovare altri 20 Paesi che producono l’1% a testa. Si ridisegna la mappa e si sposta la leadership politica, con la Cina che diventa il membro più importante del Club”.
  • La componente costi

Un altro effetto, è l’aumento dei costi marginali. “Se si sfilano gli Usa, viene a mancare una componente importante sul piano tecnologico. In questo caso, non è che aumentino del 20% i costi sostenuti dagli altri Paesi: l’incremento si aggirerebbe sul 35%. Perché diventano necessari maggiori investimenti in tecnologia”.

  • Alla ricerca di un vantaggio

Il terzo aspetto è quello che probabilmente costituisce il ‘movente’ di Trump: “Se non deve più preoccuparsi di contenere le emissioni, l’industria Usa  ha costi di produzione ridotti. Insomma, un tentativo di ridare competitività nell’ottica di “America First”, in casa mia comando io e mi faccio le mie regole”.

  •  Il 'rischio emulazione'

C’è infine l’aspetto politico: “Se non ci credono gli Usa, può darsi che qualcun altro si sfili. Se le rinnovabili diventano meno interessanti, anche altri Paesi possono decidere di lasciare”.

Effetti sull’Italia

Non sono facilmente quantificabili nell’immediato. Il nostro Paese ha ratificato l'accordo: lo ha firmato nell'aprile 2016 all'Onu. In ottobre Camera e Senato hanno approvato la legge di ratifica e l'11 dicembre 2016 è entrato definitivamente in vigore.

I riflessi sull'economia

L'applicazione dell'accordo Cop21 del 2015 ha comportato il rinnovo degli sconti fiscali (65%) sugli interventi di ristrutturazione edilizia per l'efficienza energetica. Quindi, gli effetti concreti e positivi sulla economia reale sono stati, in estrema sintesi:

  • Riqualificazione del patrimonio edilizio
  • Diffusione del fotovoltaico per le abitazioni
  • Sviluppo delle fonti alternative
  • Ricerca, occupazione e indotto nel settore delle rinnovabili
  • Ecobonus, sconto fiscale pari al 65% dei costi delle ristrutturazioni per la riqualificazione energetica delle abitazioni private
  • Sconto fiscale del 65% per l'installazione di pannelli fotovoltaici
  • Sviluppo dell'alta velocità ferroviaria
  • Sviluppo della mobilità metropolitana su ferro
  • Fondi statali per l'efficienza energetica degli edifici scolastici
  • Fondi statali per aggiornare gli edifici pubblici
  • Attivazione di un protocollo di ricerca sulla produzione di biocarburanti per aerei

Il governo, Renzi prima e Gentiloni poi, riserva un allegato del Def all'applicazione dell'accordo e il ministero dell'Ambiente prepara ogni anno una relazione al Parlamento.

Leggi anche:

Una scheda sintetica sulla Stampa di Torino.

Le sette ipotesi dal Corriere della Sera.

Gli scenari tratteggiati da Repubblica.

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