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Ultimo giorno utile per i saldi di Imu e Tasi. Cosa c’è da sapere

Lunedì 17 dicembre è l'ultimo giorno nel quale si potrà effettuare il versamento del saldo 2018 per l'imposta municipale (Imu) e per la tassa sui servizi indivisibili (Tasi). Quest'anno la scadenza del versamento slitta di un giorno rispetto alla data ufficiale del 16 dicembre in quanto la stessa cade di domenica. Sono escluse da Imu e Tasi le abitazioni principali ad eccezione di quelle che rientrano nelle categorie catastali A/1, A/8, A/9 che invece rimangono assoggettate alle aliquote vigenti per l'acconto di Giugno.

Dopo l'acconto versato il 16 giugno ora è la volta del saldo a conguaglio con le nuove aliquote stabilite dai comuni e pubblicate in un'apposita sezione del sito del Dipartimento delle Finanze. I contribuenti sono tenuti, entro lunedì 17 dicembre, a versare il saldo sia per l'imposta municipale propria sugli immobile che per il tributo locale sui servizi indivisibili quali la manutenzione stradale, la pubblica illuminazione ecc. Sia Imu che Tasi non sono dovute sull'abitazione principale che non sia di lusso o di pregio, quindi che non debba rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

Gli sconti

Esistono degli sconti come ad esempio per gli immobili dati in locazione a canone concordato, per gli studenti e per uso transitorio nei comuni nei quali ci sono accordi territoriali, c'è lo sconto del 25% sia sull'Imu che sulla Tasi, del 50% invece lo sconto per gli immobili dati in comodato a genitori o figli. La Tasi e l'Imu si pagano sulle seconde case sempre a prescindere dalla categoria catastale. Come si paga? Il contribuente puo' scegliere con il modello F24 o il bollettino di conto corrente postale precompilato.

"Entro domani vanno versate Imu e Tasi. Dal 2012, questa mega-patrimoniale ha pesato per 150 miliardi, facendo crollare il valore degli immobili e deprimendo l'immensa economia collegata. Bisognerebbe ridurre questo carico. Invece si consente ai Comuni di aumentare le aliquote". È il commento del presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa in vista del saldo Imu-Tasi.

Conto complessivo superiore ai 10 miliardi

Con il saldo del 17 dicembre, secondo uno studio della Uil, il conto complessivo dell'Imu/Tasi sarà di 10,2 miliardi di euro (20,4 miliardi di euro il conto totale). Oltre 25 milioni di proprietari di immobili diversi dall'abitazione principale (il 41% sono lavoratori dipendenti e pensionati), dovranno presentarsi domani alla "cassa". Cifre alla mano, il costo medio complessivo su una "seconda casa" ubicata in un capoluogo di provincia sarà di 1.070 euro medi (535 euro da versare con la rata di dicembre) con punte di oltre 2 mila euro nelle grandi città: il costo maggiore in valore assoluto per una seconda casa a disposizione si registra a Roma con 2.064 euro medi; a Milano, invece, si pagheranno 2.040 euro medi; a Bologna 2.038 euro; a Genova 1.775 euro; a Torino 1.745 euro.

Valori più "contenuti", invece, ad Asti con un costo medio di 580 euro; a Gorizia con 582 euro; a Catanzaro con 659 euro; a Crotone con 672 euro; a Sondrio con 674 euro. Insomma, una stangata per i contribuenti visto che come rilevato da un'indagine di Coldiretti, già quattro italiani su dieci (40%) che ricevono la tredicesima (importo complessivo è di 43 miliardi) devono destinarla prioritariamente al pagamento di tasse, mutui, rate e bollette tra cui appunto Imu e Tasi. Per Confcommercio, sul totale delle tredicesime 7,1 miliardi se ne andranno per le tasse (compreso appunto Imu e Tasi) mentre Confedilizia stima che dal 2012 ad oggi, sono stati spesi 150 miliardi complessivi solo per l'Imu e Tasi e per questo la definisce una "mega patrimoniale". Intanto, in sede di sessione di bilancio, si discute sulla deducibilità ai fini Irpef e Ires dell'Imu sugli immobili strumentali (si ipotizza fino al 40%).

Agi News

Eni: Descalzi, da green sempre più utile operativo

 "L'impianto di Porto Marghera è stato il primo esempio di economia circolare sulla parte della raffinazione ed è stata la prima raffineria nel mondo trasformata da raffineria tradizionale a raffineria green". Così l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi a margine della visita della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati alla Bioraffineria di Porto Marghera (Venezia).

"Venezia è stata la prima ma adesso c'è Gela – ha continuato – e poi si continua a lavorare sulla parte della chimica, rinnovabili e trattamento di tutto quello che è il rifiuto organico urbano arrivando alla sua trasformazione in combustibile compresa la lavorazione delle plastiche".

"Marghera deve poter diventare ancora più efficiente – ha continuato – e quindi terremo sia l'impianto che abbiamo ora che un nuovo impianto completamente verde". Poi l'ad Descalzi ha aggiunto che il segmento green "darà sempre più utile operativo ad Eni". "Lo stiamo facendo in Italia – ha continuato -Italia su Italia, senza materia prime che provengono da fuori".

Agi News

Elon Musk ce l’ha fatta. Tesla chiude il bilancio in utile

Elon Musk, questa volta, ha rispettato le promesse. Quando, ad agosto, aveva confermato che il terzo trimestre di Tesla sarebbe stato in utile, in pochi gli avevano creduto. Invece ce l'ha fatta. La borsa lo premia, con un rialzo a doppia cifra. Molte le buone notizie: vendite della Model 3, prospettive per il quarto trimestre, casse più piene. Resta però l'incognita debito.

Terzo utile della storia

Tesla ha chiuso il terzo trimestre con un utile netto di 311,5 milioni di dollari, contro il rosso di 619,38 milioni dello scorso anno. È la terza volta nella storia che la casa automobilistica chiude in positivo. L'ultima volta era stato nel settembre 2016, anche se con numeri dieci volte più piccoli. Dopo due anni “sotto zero”, Tesla riemerge con quello che è di gran lunga il miglior trimestre della sua storia e sorprende i mercati, che non credevano a una rimonta così repentina: alla fine di giugno il passivo era ancora di 717 milioni. Meglio del previsto anche il fatturato: 6,82 miliardi di dollari, più che raddoppiato rispetto a un anno fa e oltre i 6,1 miliardi previsti dagli analisti. Il comparto automotive (Tesla vende anche sistemi elettrici di ricarica) ha incassato poco più di 6 miliardi, l'82% in più dello scorso trimestre e il 158% in più rispetto a un anno fa. Adesso Tesla è attesa alla conferma. Secondo gli osservatori più critici, Musk avrebbe accelerato per rispettare le sue promesse, senza però avere la capacità di mantenere lo stesso ritmo nei prossimi trimestri. Il ceo ha però confermato che Tesla chiuderà in utile anche il periodo che va da ottobre a dicembre.

Aggiornamenti su cassa e debito

Balza in avanti anche il flusso di cassa: è positivo, per la prima volta dal 2016, per 881 milioni di dollari. In pratica Tesla ha intascato più liquidità di quanto non ne abbia sborsata. Ed è un segnale positivo per gli investitori. Il maggiore timore non era tanto il rosso nell'ultima riga di bilancio quanto l'emorragia di capitale (-740 milioni lo scorso trimestre). La cassa era (e in parte è) ritenuta insufficiente da diversi analisti se confrontata con i progetti di espansione del gruppo (dalla fabbrica in Cina all'impennata della produzione della Model 3). Questi 881 milioni sono (a seconda delle visioni più o meno ottimistiche) una svolta o un tampone. Tra luglio e settembre, comunque, la compagnia ha smesso di bruciare cassa e si ritrova con circa 3 miliardi di dollari liquidi. Sicuramente un passo avanti.

Abbastanza per stare tranquilli? No. Prima di tutto perché in parte sono soldi dei clienti: Tesla ha 906 milioni di depositi. Sono quelli che gli automobilisti hanno sborsato per prenotare le vetture e che la compagnia potrebbe dover restituire in caso di cancellazione. Per questo motivo, la società ha voluto sottolineare che “delle 455.000 prenotazioni registrate nell'agosto 2017, meno del 20% è stata cancellata”. Come a dire: ci stanno aspettando nonostante i ritardi e ci sono poche probabilità che quei soldi debbano spostarsi (se non in parte) da dove sono. Escludendo i depositi, i liquidi cui il gruppo può attingere liberamente arrivano quindi a circa 2 miliardi. Non ancora un livello di sicurezza, visto che Tesla deve ancora fare i conti con una montagna di debito. Tracciarlo, tra bond e prestiti di vari enti, non è semplice. Ci ha provato Reuters. Nel brevissimo termine, Tesla non preoccupa. Ma da qui a un anno deve rimborsare circa 2,2 miliardi. Che diventano 8,2 miliardi entro l'agosto 2025. Cifre sopportabili solo se Tesla manterrà tassi di crescita elevati come quelli di questo trimestre.

Le vendite della Model 3

Tesla ha definito il trimestre “storico”. E non solo per l'utile. Tra giugno e settembre, la Model 3 è stata la quinta auto più venduta negli Stati Uniti ma la prima per fatturato generato. È stata, in altre parole, quella che ha incassato di più. Merito anche di un passaggio molto rapida dalla fabbrica al garage dei clienti: un paio di settimane, contro i quasi 50 giorni di Mercedes e Lexus. “La Model 3 – si legge in una nota – sta attraendo clienti sia dei brand premium che non-premium”. Che poi è l'obiettivo del modello: trasformare Tesla in un marchio (anche) di massa. Nell'ultima settimana del trimestre, le Model 3 prodotte sono state 5300. La media dell'intero periodo è di 4300 ogni sette giorni, per un totale di 56.065 unità consegnate (oltre due terzi del totale). Ridotti anche i costi, soprattutto grazie a un calo del 30% delle ore di lavoro necessarie per completare una Model 3. Il risultato è un incremento dei margini, con quello operativo al 20%.

L'importanza di quota 35.000

La sfida della Model 3 continua. La battaglia principale riguarda la capacità di produrne e venderne a 35.000 dollari (il prezzo annunciato in fase di lancio). Oggi Tesla è riuscita a scendere a 46.000 dollari. L'ulteriore ribasso è già stato promesso nel 2019, ma non ci sono ancora tempi certi. Sarà un elemento deciso per diverse ragioni. Prima di tutto perché 35.000 dollari aprono a un mercato di fascia media che Tesla non ha ancora esplorato. Secondo: le vendite delle versioni più costose sono sostenute anche dagli incentivi per le vetture elettriche. Arrivare a 35.000 significherebbe reggere anche senza questo “doping” finanziario (che dipende dalle scelte degli Stati). Terzo: il prezzo sarà importante per sfondare in Europa, dove il mercato delle “premium di media taglia” (il segmento della Model 3) è il doppio di quello americano.Quota 35.000 ha quindi diversi vantaggi, ma un grosso difetto: a oggi non garantisce gli stessi margini. Serve quindi venderne tante (perché da ogni unità si ricava meno) e ridurre i costi di produzione senza incidere sulla qualità.

Oltre gli Stati Uniti

Tesla ha affermato che inizierà a raccogliere le prenotazioni in Europa alla fine di quest'anno per portare la Model 3 su strada all'inizio del prossimo anno. Un calendario che vale anche per la Cina, dove la casa di Elon Musk ha deciso di “accelerare” la costruzione della sua fabbrica cinese. L'obiettivo è portare in Asia “parte della produzione durante il 2019” per poi costruire una rete sempre più stretta e ampia con fornitori cinesi. Non si tratta di una delocalizzazione, spiega Tesla, perché l'impianto produttivo servirà “solo clienti locali”. Oltre gli Stati Uniti c'è quindi una nuova partita, con le case automobilistiche tradizionali sempre più attrezzata anche sull'elettrico. Senza dimenticare le giuste proporzioni. Negli ultimi 12 mesi Tesla ha venduto 154.200 vetture. Eppure la società di Elon Musk ha una capitalizzazione superiore a quella di Ford e poco sotto quella di GM, che nello stesso periodo hanno venduto rispettivamente 1,89 milioni e 2,17 milioni vetture solo negli Usa. È chiaro quindi che il valore delle azioni dipende dalle aspettative future. Deluderle sarebbe molto rischioso.

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