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Agli statali lo smart working piace così tanto che nessuno vuole tornare in ufficio

Oltre 9 dipendenti pubblici si 10 (il 93,6%) vorrebbe proseguire con lo smart working anche una volta finita l’emergenza coronavirus. Divenuto obbligatorio a partire da febbraio 2020 con le direttive per il contenimento dell’emergenza sanitaria, lo smart working è stato una novità assoluta per oltre 1/3 delle amministrazioni pubbliche italiane. E ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, come emerge da un’indagine di Fpa (società del gruppo Digital360) a cui hanno risposto oltre 4.000 dipendenti pubblici.

Se – come ha sottolineato la ministra della Pa, Fabiana Dadone – una volta tornati alla normalità almeno il 40% dei dipendenti pubblici dovrà adottare una modalità di lavoro agile, questi si dicono pronti: il 93,6% vorrebbe continuare a lavorare in smart working. Ma per la maggior parte (il 66%) il lavoro da casa deve essere integrato con dei rientri in ufficio organizzati e funzionali.

Che ne pensa il lavoratore dello smart working

Oggi, rileva l’indagine, il 92,3% di questi dipendenti della Pa sta lavorando in modalità ‘smart’ e per l’87,7% di loro si tratta di un’esperienza completamente nuova, per cui hanno dovuto utilizzare in maggioranza pc, cellulari e connessioni internet personali, spesso condividendo lo spazio in cui lavorano con altri membri della famiglia, e senza ricevere una formazione specifica sul lavoro da remoto. Eppure, il bilancio dello smart working ‘forzato’ nella Pa è assolutamente positivo: l’88% dei dipendenti giudica l’esperienza di successo e il 61,1% ritiene che questa nuova cultura, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione all’interno degli enti, fra gli enti e nei rapporti con i cittadini e le imprese, prevarrà anche una volta finita la fase di emergenza.

Perché piace lo smart working

Lo smart working ha permesso inoltre al 69,5% del personale della Pa di “organizzare e programmare meglio il proprio lavoro”, al 45,7% di “avere più tempo per sé e per la propria famiglia”, al 34,9% di “lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione”. In 7 casi su 10 è stata assicurata totale continuità al lavoro, per il 41,3% dei lavoratori l’efficacia è persino migliorata (per un altro 40,9% è rimasta analoga). Per oltre il 50% la relazione con i colleghi è invariata, per il 20% addirittura migliorata. 

“L’emergenza Covid19 ha portato un’adozione massiva e rapida dello smart working nella Pa, che può essere il punto di partenza per ridisegnare il futuro del lavoro pubblico – commenta Gianni Dominici, direttore generale di Fpa – le amministrazioni che già stavano sperimentando il lavoro agile hanno saputo reagire meglio all’emergenza, riuscendo a mettere in poco tempo in smart working tutti i dipendenti e superando le difficoltà, tecnologiche e organizzative, causate inevitabilmente da questa introduzione forzata. Questa esperienza, tuttavia, sta dimostrando che anche nella Pa è possibile lavorare in modo flessibile e per obiettivi invece che guardando solo agli orari e al cartellino, con effetti positivi sia per l’attività che per la vita personale”.

“Infranti stereotipi e pregiudizi”

“Perchè lo smart working diventi effettivamente una nuova modalità di organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione – conclude Dominici – ora è necessario ripensare i processi di lavoro, definire puntualmente obiettivi e risultati individuali e fare formazione specifica sull’uso delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione, come consigliano gli stessi dipendenti pubblici. A questo scopo, approfondiremo e commenteremo i risultati della ricerca durante FORUM PA 2020, che vuole contribuire a una diversa visione di sviluppo anche sul tema del lavoro pubblico”.

“Pur se avvenuta in modo spesso improvvisato, l’applicazione dello Smart Working per la Pa nella prima fase dell’emergenza ha dimostrato un’efficacia da molti inaspettata, infrangendo stereotipi e pregiudizi e dimostrando che un diverso modo di lavorare nella PA non solo è possibile, ma può portare grandi benefici per le amministrazioni, i lavoratori e la società nel suo insieme – afferma Mariano Corso, presidente di P4I, la società di Advisory del gruppo Digital360 e responsabile dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano – la gestione della fase 2 può oggi rappresentare l’occasione per rendere più efficaci le nuove modalità di lavoro, dimostrandone i benefici. In questo modo la fine dell’emergenza non sarà per la Pa un ritorno al passato, ma piuttosto un nuovo inizio da affrontare con modelli di lavoro più flessibili, efficienti e sostenibili”. 

Agi

Il Washington Post ha aperto un ufficio di corrispondenza a Roma

Apre due nuovi uffici di corrispondenza, a Roma e Hong Kong, il Washington Post, blasonato quotidiano americano tornato a scintillare sotto la guida del proprietario di Amazon, Jeff Bezos. "Con un crescente numero di lettori d'oltreoceano che leggono il Washington Post, vediamo il potenziale per raggiungere una audience ancora più ampia interessata ad un'informazione internazionale profonda e dalle diverse sfumature", ha dichiarato Martin Baron, editore esecutivo di 'The Post' che nell'ultimo anno ha assunto oltre 100 giornalisti, esteso le operazioni digitali e vinto il Pulitzer con David Fahrenthold per i suoi scoop sulle fondazione del presidente Donald Trump.

'The Post', celebrato nell'ultimo film di Steven Spielberg per la pubblicazione dei 'Pentagon Papers' in sfida alla Casa Bianca, con Trump come convitato di pietra, ha recentemente aperto nuovi uffici anche a Parigi, Istanbul e Bruxelles, arrivando a 27 giornalisti in 19 sedi estere a inizio 2018. Il corrispondente da Roma "accentuerà la nostra copertura dell'Europa in un momento in cui la migrazione, l'estremismo e il nazionalismo stanno ridefinendo la politica della regione", ha spiegato responsabile dell'informazione estera del Washington Post, Douglas Jehl.

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