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Part time e lavoro a tempo minano il sistema pensionistico

In Italia il part time e il lavoro a tempo mettono a rischio la tenuta del sistema pensionistico. È quanto emerge dal rapporto ‘Pension at Glance‘ dell’Ocse, secondo cui queste due forme di lavoro sono cresciuti di oltre il 10% nel 2017, contro il 5% della media Ocse.Nel rapporto si evidenzia come il part time e il lavoro a tempo, che di “solito implicano bassi guadagni” e che in Italia sono più diffuse che nel resto dei paesi Ocse,rappresentino un pericolo per il sistema previdenziale italiano, poiché rischiano di produrre entrate pensionistiche “più basse”.

E questo soprattutto per il fatto che in Italia c’è una “stretta relazione tra i contributi individuali e i benefici del sistema previdenziale”. L’Ocse rileva anche che, proprio per questa stretta relazione tra contributi e benefici pensionistici, in Italia “le interruzioni di carriera” riducono significativamente l’importo medio delle pensioni. Più nel dettaglio l’Ocse evidenzia che un’interruzione di carriera di 5 anni di un salariato medio in Italia “ridurrà le pensioni del 10% contro il 6% della media Ocse”.  L’Ocse sostiene inoltre che in Italia “una carriera lavorativa senza interruzioni di contributi non è frequente e potrebbe esserlo ancora meno in futuro”. 

Si andrà in pensione a 71 anni

L’Italia, insieme a Danimarca, Estonia e Olanda, è uno dei 4 Paesi Ocse in cui chi entra oggi nel mondo del lavoro andrà in pensione di anzianità a 71 anni di età. Per l’Ocse chi ha iniziato a lavorare in Italia a 22 anni nel 2018 andrà in pensione di anzianità a 71 anni, contro i 74 anni della Danimarca e i 71 dell’Olanda e dell’Estonia. Nei Paesi Ocse in media si andrà in pensione a 66,1 anni.

L’Ocse rileva inoltre che, anche per i nuovi arrivati nel mondo del lavoro, qualora restassero in vigore le norme attuali, sarà possibile chiedere di andare in pensione a 68 anni con 20 anni di contributi. L’Ocse evidenzia anche che il tasso di sostituzione, cioè la percentuale di stipendio medio accumulato nel corso della vita lavorativa che va a formare la pensione, nei Paesi Ocse è attualmente del 59%, mentre in Italia sale al 92% per chi va in pensione a 71 anni, mentre per chi chiederà la pensione a 68 anni con 20 anni di contributi scenderà al 79%.​

Oggi gli italiani vanno in pensione prima degli altri Paesi Ocse

In media gli italiani vanno in pensione a 62 anni e cioè 2 anni prima della media Ocse, che è di 64 anni, e 5 anni prima di quanto preveda la pensione di anzianità. Inoltre, i tassi medi di occupazione giovanile e quello relativo ai lavoratori anziani in Italia sono bassi: il 31% per gli addetti tra 20-24 anni e il 54% per quelli di 55-64 anni, contro una media Ocse rispettivamente del 59% e del 61%.

Allo stesso modo, secondo l’Ocse, in Italia i lavoratori autonomi, pur avendo una copertura previdenziale, sono sottoposti ad aliquote più basse, che si traducono in “diritti pensionistici più bassi”. In Italia i lavoratori autonomi sono il 20% del totale degli addetti, contro una media Opec del 15%. Inoltre in 15 dei 35 Paesi Opec i lavoratori autonomi percepiscono una pensione che in media è del 22% più bassa rispetto a quella degli altri pensionati, mentre in Italia è più bassa del 30%. Secondo l’Ocse la sfida che attende l’Italia sul fronte previdenziale è quella di “mantenere adeguati benefici dalle pensioni di anzianità, limitando la pressione fiscale a breve, medio e lungo termine”.

Inoltre, la priorità per il nostro Paese dovrebbe essere quella di “innalzare l’età pensionabile effettiva” attraverso una “limitazione dei pensionamenti agevolati” e “applicando correttamente i collegamenti con l’aspettativa di vita”. E ancora: aumentare i tassi di occupazione, specie tra i gruppi più vulnerabili e “far convergere” le aliquote dei contributi pensionistici di tutti i settori lavorativi, “aumentando le pensioni di chi ha bassi tassi di contribuzione”.

La spesa previdenziale è tra le più alte

Quanto alla spesa previdenziale, è la seconda più alta tra i Paesi Ocse, dietro soltanto a quella della Grecia. Nel 2015 si è attestata al 16,2% del Pil, contro il 16,9% della Grecia e fronte di una media Ocse dell’8,5%. Al terzo posto, subito dopo l’Italia è l’Austria con una spesa previdenziale al 13,9% del Pil, mentre il Paese con la media piu’ bassa e’ e’ il Messico con il 2,2%. il reddito medio delle persone sopra i 65 anni e’ in linea con quello del resto della popolazione, mentre nei Paesi Ocse in media è il 13% più basso.​

Agi