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Stretto di Messina, il Mit conferma: in corso analisi tecnica sul progetto di un tunnel

AGI – E’ in corso l’analisi tecnica di una proposta progettuale ricevuta dal Mit sul tunnel fra la Calabria e la Sicilia. E’ quanto si apprende da fonti del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, che fanno sapere come su tale progetto sia impegnata la struttura tecnica di missione del dicastero. L’idea di un tunnel sullo Stretto, al posto di un ponte, era stata ipotizzata ieri dal premier, Giuseppe Conte, che aveva parlato della necessità di realizzare “un miracolo di ingegneria, una struttura leggera ed ecosostenibile e nel caso anche sottomarina”.

Parla l’ingegnere che ha presentato il progetto del tunnel

Il progetto del tunnel sotto lo Stretto di Messina, all’esame dei tecnici del Mit è quello presentato da presentato a metà giugno 2017 dall’ingegnere Giovanni Saccà, quando a guidare il ministero c’era Graziano Del Rio, che indicò come l’ipotesi del ponte non fosse la “principale” tra quelle da considerare per l’attraversamento dello Stretto di Messina. “E’ rimasto agli atti – spiega Saccà all’AGI – ma guardi che, semplicemente, noi abbiamo oggi la possibilità e gli strumenti per mettere in atto ciò che scrisse nel 1870 l’ingegnere Albero Carlo Navone”, quando ipotizzò “un tunnel sottomarino da realizzarsi tra Villa San Giovanni e Ganzirri, con una visione che, 150 anni dopo, consideriamo ancora moderna”.  L’ipotesi si fonda, dal punto di vista geormorfologico, sull’esistenza, nello Stretto, della Sella tra Villa San Giovanni e la Contrada Arcieri di Messina. “E’ una zona poco profonda – prosegue Saccà – che indica una continuità montuosa tra l’Aspromonte in Calabria e i Peloritani in Sicilia”. Alla profondità di soli 170 metri questa fascia continua di terreno è larga più di 2 km e può consentire, con copertura maggiore di 50 metri, la costruzione di tunnel subalvei (Tunnel Boring Machine), come aveva anche evidenziato la Società Stretto di Messina nel libro “The Messina Strait Bridge” Ed. Crc Press 2010.  Il tunnel costituirebbe un prolungamento del contratto di programma che riguarda la galleria Gioia Tauro-Villa San Giovanni. “Si tratta di allungarla per 4 km – spiega ancora all’AGI Saccà, dirigente a.r. del gruppo Fs e presidente della commissione Infrastrutture dell’ordine degli ingegneri della Lombardia – e farla risalire in Sicilia per altri 17, fino a farla collegare con i binari ferroviari per Catania e Palermo, con due stazioni sotterranee nel comune di Messina”. Quanto all’attraversamento per i veicoli, Saccà ipotizza “un secondo tunnel, ma più corto”, da realizzare dopo quello ferroviario.

Quanto ai tempi di realizzazione e ai costi, il tunnel verrebbe realizzato in circa 5 anni, con un esborso di 1,5 miliardi di euro, a cui “bisognerà aggiungere il costo di tutte le opere accessorie che dovranno essere realizzate sia in Calabria sia in Sicilia (nuove stazioni eccetera) e ovviamente le opere compensative che per queste verranno richieste”.     Il progetto solo tunnel, rispetto al ponte a campata unica di 3.300 metri, prevede “una riduzione consistente degli espropri, un minore impatto ambientale” rispetto al ponte a campata unica di 3.300 metri, non approvato dal Cipe, minori costi di gestione e manutenzione e di manutenzione ordinaria e straordinaria; minore dipendenza da condizioni meteorologiche”.    

Ma perchè, se è così conveniente, è stato finora scartato? “Mussolini voleva il ponte – risponde Saccà – Berlusconi voleva il ponte, il ponte è un simbolo. Il tunnel non lo vede nessuno”. 

Il no del presidente dell’Ordine degli Ingegneri

 Non è il caso di buttare all’aria “venti anni di studi di fattibilità” sul Ponte sullo Stretto: “dal punto di vista ingegneristico non ci sono stati progressi esterni tali” da cambiare la situazione. E’ l’opinione di Bruno Finzi, presidente dell’ordine ingegneri di Milano in merito all’idea di un tunnel sullo Stretto di Messina ipotizzata dal premier Giuseppe Conte. “Mio papà si rivolterebbe nella tomba perchè ha fatto più di venti anni di lavoro sulle varie analisi di fattibilità dell’attraversamento dello Stretto di Messina – afferma Finzi in un’intervista all’Agi – Si è parlato di ponte a più campate, ponte a campata unica, tunnel sotterraneo e tunnel sommerso, cosiddetto di Archimede”.

Ci sono stati, aggiunge, “venti anni di studio molto accurato che sono poi finiti nel determinare che la soluzione migliore era quella del ponte a campata unica, anche perchè non dimentichiamo che la Sicilia e la Calabria si staccano di staccano di tre centimetri all’anno. C’è una faglia sismica importante che li separa”. 

Gli architetti: “Ponte o tunnel, purché si faccia”

Un ponte o un tunnel purché si faccia. Lo afferma all’AGI Rino La Mendola, vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori in merito alla proposta lanciata ieri dal premier Giuseppe Conte di realizzare un tunnel sottomarino tra Sicilia e Calabria. “Al momento una posizione ufficiale degli architetti non c’è perché l’idea è stata lanciata ieri e non c’è stato il tempo di un confronto. Posso dire che riteniamo assolutamente necessaria una infrastruttura di collegamento con la Sicilia, che sia un ponte o un tunnel sottomarino. Sarebbe di grandissima importanza per lo sviluppo del Sud, per far arrivare l’Alta velocità ferroviaria sull’isola”.     

Tuttavia, evidenzia La Mendola, “non posso non manifestare la mia perplessità che se ne parli ora dopo aver speso 320 milioni di euro di soldi dei contribuenti” per gli studi di fattibilità sul ponte, “dopo una discussione che dura da decine di anni e più di 30 governi”.  Si tratta, evidenzia, “di un collegamento importante, imprescindibile perché la Sicilia possa esercitare il ruolo di cerniera mediterranea, di porto d’Europa. Oggi le imbarcazioni che arrivano dall’Asia attraversano il canale di Suez, ignorano la Sicilia e l’Italia, oltrepassano Gibilterra e raggiungono i paesi del Nord Europa. Questo significa ignorare e mortificare la posizione strategica dell’Italia come cerniera del Mediterraneo. Tutto questo perché mancano le infrastrutture, non ci sono collegamenti, mancano i porti. I mercantili fanno prima ad andare per mare piuttosto che scaricare la merce in Sicilia sapendo che ci vorrà un secolo per raggiungere il Nord Europa”.

Per Legambiente anche il tunnel sarebbe l’ennesima cattedrale nel deserto

“Il governo Conte punta sul tunnel mentre i governi Berlusconi puntavano sul ponte ma” per quanto riguarda lo Stretto di Messina “nulla cambia: il problema è sempre uguale. Una volta che arrivi a Messina o a Reggio Calabria ti muovi nello stesso paese che c’era tra gli anni ’60 e ’70. Questo Paese, più che di parole e di annunci, ha bisogno di grande concretezza. È un Paese che non vuole più essere preso per i fondelli”. Così Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente nazionale di Legambiente, commenta con AGI la proposta del Premier di realizzare “un miracolo di ingegneria, una struttura leggera ed eco-sostenibile e nel caso anche sottomarina”. 

Agi

L’Italia è in recessione tecnica. Ma cosa significa recessione tecnica?

Si parla di recessione tecnica quando il Prodotto interno lordo fa segnare una variazione congiunturale negativa per due trimestri consecutivi.

La variazione congiunturale prende a raffronto il trimestre precedente, mentre quella tendenziale, che pure ha un rilievo statisticamente importante per valutare l’andamento economico di un Paese, fa riferimento allo stesso trimestre dell’anno precedente.

La recessione tecnica segnala che il Paese si trova senz’altro in difficoltà economiche, in quanto i livelli dell’attività produttiva risultano inferiori rispetto a quelli che potrebbero essere raggiunti utilizzando completamente e in maniera efficiente tutti i fattori produttivi a disposizione.

Cosa non ci dice la recessione tecnica

Tale indicatore non dà però risposta su durata, gravita’ e implicazioni del rallentamento economico. Per certificare che si tratta di una recessione conclamata e non transitoria, occorre prendere in considerazione l’andamento di tutta una serie di altri indicatori: quindi, oltre al Pil, l’occupazione, il reddito di famiglie e imprese, la produzione industriale, i consumi, ma anche fattori come l’andamento demografico della popolazione. La crescita o la recessione hanno un impatto determinante sulla politica economica di uno Stato e di conseguenza sui suoi cittadini.

Basti pensare che nella manovra economica approvata a fine anno il governo ha previsto per il 2019 una crescita del Pil pari all’1,0%. Nel momento della presentazione alle Camere, in ottobre, la stima era addirittura dell’1,5% poi ridotta dopo le ‘contrattazioni’ dell’esecutivo con la Commissione europea. Certificare che un Paese cresce economicamente oppure no è fondamentale, perché sui livelli di Pil si basano altri fattori, dal debito al deficit. Il Patto di stabilità e crescita dell’Ue, ad esempio, prende in considerazione il rapporto tra debito (o deficit) e il Pil.

Di conseguenza uno Stato può avere un debito pubblico elevato, ma anche un Pil elevato (ad esempio, gli Stati Uniti) senza incorrere in situazioni di pericolo finanziario che porti al rischio di insolvenza: quello che importa è il rapporto e l’andamento reciproco delle due grandezze. Altro effetto di una recessione e’ che puo’ mettere in moto le agenzie di rating che possono tagliare il rating sul debito del Paese con conseguenze negative a cascata sul valore dei titoli di Stato.

Le quattro fasi del ciclo economico

La recessione si inquadra all’interno di quello che e’ definito ‘ciclo economico’, che comprende quattro fasi: prosperità (in cui gli investimenti iniziano ad aumentare), recessione (in cui la crescita economica rallenta), depressione (in cui la crescita dell’economia ristagna), ripresa (in cui investimenti e consumi crescono rapidamente).

Recessione tecnica

L’Italia si trova attualmente in recessione tecnica dopo che oggi l’Istat ha certificato per il quarto trimestre del 2018 una variazione negativa dello 0,2% che va ad aggiungersi al -0,1% del terzo trimestre dello stesso anno. Da tener conto che questi due trimestri negativi fanno seguito a una lunga striscia positiva protrattasi per 14 trimestri consecutivi, vale a dire tre anni e mezzo. –

Recessione economica

Si parla di recessione economica quando si e’ in presenza di una variazione negativa del Pil ‘tendenziale’, vale a dire rispetto all’anno precedente. Se tale variazione  negativa ma di entità non inferiore al -1% si parla di ‘crisi economica’. In questo momento l’Italia quindi non si trova in recessione economica, in quanto la variazione tendenziale del quarto trimestre 2018 (rispetto al quarto trimestre 2017) è risultata pari a +1,0%.

Stagflazione

 Nei periodi di recessione si assiste spesso a una parallela marcata diminuzione della domanda di beni e servizi da parte dei consumatori che a sua volta favorisce un rallentamento del tasso di inflazione. In questo caso si parla di stagflazione. Talvolta, tuttavia, alla recessione può corrispondere un aumento dei prezzi e quindi dell’inflazione.

Perché si va in recessione

Alcune teorie del ciclo economico considerano la recessione un fenomeno ‘endogeno’, non determinato cioè da particolari choc esterni: a ogni fase espansiva segue un periodo recessivo che preluderà a sua volta a una nuova fase di ripresa della crescita economica e coì via. Le fasi di recessione possono tuttavia essere causate anche da choc ‘esogeni’, vale a dire da fattori esterni al sistema economico.

Ne sono un esempio anomali incrementi dei prezzi di una materia prima (come avvenne durante la crisi petrolifera del 1972-73 per quello del petrolio) o la marcata diminuzione dei prezzi di beni dai quali dipende l’economia di un Paese di piccole dimensioni.

Anche alcune decisioni di politica economica tese a evitare il surriscaldamento dell’economia di un Paese possono tuttavia creare le basi per la manifestazione di una recessione.

Che effetti ha la recessione

Nelle fasi recessive si riscontra spesso una contrazione del tasso di crescita della produzione, un aumento della disoccupazione e una diminuzione dei tassi di interesse. Quest’ultima è di solito determinata dalle politiche monetarie espansive usualmente adottate dalle Banche centrali per favorire la ripresa economica, e dalla riduzione della domanda di credito da parte delle imprese.

Agi