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Incendio all’ArclorMittal di Taranto, nessun ferito e nessuno stop alla produzione

AGI – Un incendio si è verificato alle prime ore del giorno di lunedì in Albis (alle 7.30) nello stabilimento ArcelorMittal di Taranto.

Il rogo, scoppiato circa mezz’ora dopo l’avvio del primo turno, ha riguardato una colata continua dell’acciaieria 2.

“In totale sicurezza è stato gestito e controllato quanto è avvenuto”, hanno assicurato all’AGI fonti vicine all’ArcelorMittal, secondo le quali “non c’è stata alcuna conseguenza per le persone e alcun danno all’impianto”. In una nota ufficiale, l’azienda ha poi garantito che non c’è stata alcuna “interruzione del ciclo produttivo”,  con “gli addetti e il sistema che hanno gestito in sicurezza, secondo le procedure, un evento a reazione in paniera durante la fase di colaggio nell’acciaieria”.

Gennaro Oliva, coordinatore di fabbrica della Uilm, fornisce all’AGI una prima ricostruzione di quanto avvenuto: la deflagrazione, seguita poi dall’incendio, dovrebbe essere stata provocata “dall’esplosione del ‘tampone’ che si trova sotto la siviera”, ovvero un grosso contenitore pieno di acciaio liquido, ad elevata temperatura, che proviene dai convertitori dove avviene la trasformazione della ghisa in acciaio.

“Il ‘tampone’ – prosegue ancora Oliva – è simile a un tubo” ed è “un dispositivo che serve a far defluire l’acciaio dalla siviera verso la paniera. Da qui, poi, l’acciaio va alla lingottiera per creare la bramma, che è il semilavorato di acciaio”. “Se salta il ‘tampone’ – prosegue ancora Oliva -, non controlli più l’acciaio che sta nella siviera, soprattutto se non riesci a chiudere in tempo altri dispositivi, e difficilmente riesci a farlo, perchè la situazione va subito fuori controllo”.

Oliva conclude dicendo che su questa linea della colata continua “ci sono sei operatori al lavoro, tutti all’interno dei ‘pulpiti’, che sono le postazioni di controllo. E per fortuna che erano nei ‘pulpiti’, perchè caso mai si fosse trovato un lavoratore all’esterno, magari per il controllo della temperatura, a quest’ora non staremmo certo parlando di un incidente senza feriti ma di ben altro”.

“Il boato e l’incendio di oggi alla colata continua dell’acciaieria 2 del siderurgico ArcelorMittal di Taranto, sono la conseguenza di una situazione già nota da molto tempo, cioè quella di una fabbrica che ormai non fa più manutenzioni agli impianti”, denuncia sempre all’AGI il coordinatore di fabbrica Fim Cisl, Vincenzo La Neve, per il quale “solo per un fortuito caso non ci sono stati feriti perchè l’esplosione è stata forte”.

“Ma non è solo l’acciaieria 2 a versare in questa condizione precaria, è tutto lo stabilimento di Taranto che sta messo male. Se l’azienda mette in cassa integrazione manutentori e ispezionatori, se non mette risorse adeguate sugli interventi da fare, è chiaro che si va incontro a situazioni come quella di questa mattina”, prosegue La Neve, per il quale “questa è l’ennesima prova che quello stabilimento necessita di grandissime attività di manutenzione ordinaria e straordinaria; siamo stanchi di assistere a eventi del genere, il governo deve intervenire immediatamente affinchè la multinazionale effettui tutti i lavori di manutenzione e di ambientalizzazione.Stop alle promesse e ai proclami, è ora di passare ai fatti”, conclude.

Non a caso, subito dopo l’incidente, i sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Usb hanno chiesto un “incontro urgente” all’azienda: “L’evento fortunatamente non ha causato conseguenze per il personale ma mette in evidenza la necessità impellente di verifiche più accurate e manutenzioni più stringenti”, sostengono i sindacati che chiedono ad ArcelorMittal di “verificare e analizzare le dinamiche che hanno generato l’evento e individuare le necessarie contromisure”. (AGI)


Incendio all’ArclorMittal di Taranto, nessun ferito e nessuno stop alla produzione

Taranto, 233 milioni per la ripresa produttiva della città

AGI – Con i decreti legge “Rilancio” ( già convertito) e “Agosto” (appena varato “salvo intese”), nonché con la seduta del Cipe del 28 luglio e il Consiglio dei ministri di ieri sera, taranto ha portato a casa, nel giro di un mese, un pacchetto di provvedimenti importanti per il rilancio della città e per cominciare a costruire una prospettiva di sviluppo diversa, meno condizionata dal siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva, che resta comunque il problema numero 1. Sbloccati fondi per 233 milioni tra mobilità sostenibile, trasporti, mitigazione del rischio idraulico e base navale della Marina Militare, l’avvio del Tecnopolo per la ricerca, più 315 assunzioni per l’Arsenale Militare di Taranto. Intanto, nel decreto legge “Agosto” si mette un tassello anche per favorire la soluzione della vicenda ArcelorMittal prevedendo il coinvestimento dello Stato, attraverso Invitalia, accanto all’investitore privato. Vengono infatti liberate pro Invitalia risorse pari a 470 milioni di euro per entrare nella società siderurgica che non sarà più solo in capo al privato. Resta da vedere – ma questo lo si stabilirà prossimamente, dopo la ‘due diligence’ in corso sullo stato dei conti della società – se ArcelorMittal sarà in maggioranza o se invece questa apparterrà a Invitalia. I 470 milioni che Invitalia impiegherà nell’ex Ilva fanno parte del plafond di 900 milioni che tempo fa fu dato per intervenire nella crisi della Banca Popolare di Bari attraverso il Mediocredito centrale. Ma ne sono stati usati per l’operazione PopBari solo 430, quindi ne residuano 470 che ora Invitalia metterà nel capitale di ArcelorMittal dando così via al riassetto del gruppo, da perfezionarsi, in base all’accordo di marzo, entro novembre prossimo.  

La crisi del centro siderurgico resta grave 

    La crisi dell’azienda siderurgica resta intanto acuta e a soffrire molto è l’indotto-appalto che non viene pagato rispetto alle fatture scadute, tant’e che da ieri sera alle 23 una delle aziende di pulizia industriale, Alliance Green Service, ha sospeso le attività, tranne le urgenti, e lunedì mattina ci sarà, con la modalità call conference, un vertice tra ArcelorMittal, Confindustria Taranto, Camera di Commercio Taranto e i sottosegretari Mario Turco (presidenza del Consiglio) e Alessandra Todde (Mise). Le 315 assunzioni per l’Arsenale della Marina – che avverranno in un triennio – permettono invece di rafforzare la più antica industria della città, che, tra quota 100 e pensionamenti ordinari, stava ormai perdendo quote importanti di personale, soprattutto tecnico,  mettendo così a rischio la sua capacità di intervenire, per manutenzioni  e lavori, sulle navi della Marina. 

    Nei mesi scorsi, proprio in Arsenale, con l’apporto di personale diretto e delle aziende private, tra cui Fincantieri, è stato portato a termine l’ammodernamento della portaerei Cavour, nave ammiraglia, destinata ad ospitare sul ponte di volo gli F35. Un intervento da circa 70 milioni di euro. E Taranto, per la sua collocazione nel Mediterraneo, è la più importante base navale della Marina. Ruolo ora rafforzato con l’ok del Cipe, lo scorso 28 luglio, ai primi 79 milioni, su 200, per il potenziamento infrastrutturale della base di Mar Grande anche nella prospettiva dell’arrivo delle nuove unità.
   

Si consolida il polo della Marina Militare

   Tra Arsenale e base, si può dire che il polo di Taranto della Marina si consolida molto. Guarda invece alla ricerca scientifica, alla prospettiva di un’industria green e al coinvolgimento di ricercatori e Università, il Tecnopolo del Mediterraneo, per il quale ieri sera il Governo ha approvato lo statuto. Il Tecnopolo dovrà ora avere una sede e strutturarsi come attività, personale e iniziative da svolgere. Intanto, con la legge di bilancio 2020-2022 ha avuto una dote di 9 milioni. Nell’ottica della sostenibilità, infine, ma relativamente ai trasporti, i 150 milioni che Taranto ha avuto, divisi in più anni, col recente decreto “Rilancio”. Con l’intervento del ministero Infrastrutture e trasporti, 130 serviranno per la costruzione della prima delle due linee di Bus rapid transit (linee elettriche veloci che uniranno la città da un capo all’altro) e 20 infine per il potenziamento del parco bus tra elettrici e ibridi.  

Agi

Dal Milleproroghe al Cantiere Taranto, i dossier economici ancora aperti

Archiviato il capitolo legge di Bilancio, sul tavolo del governo restano ancora diversi dossier economici da chiudere: dal decreto Milleproroghe al ‘Cantiere Taranto’, dalle misure per salvare la Banca popolare di Bari al dl Alitalia. Il più spinoso da ‘smaltire’ è il decreto Milleproroghe. L’approvazione è arrivata ‘salvo intese’, dopo un Consiglio dei ministri fiume e non senza tensioni, il che lascia aperta la possibilità di ulteriori modifiche.

Tra i nodi che vanno sciolti c’è il tema concessioni autostradali. L’inserimento della norma che prevede, in caso di revoca, la gestione temporanea ad Anas di strade e autostrade ha aperto un fronte caldo sia all’interno della stessa maggioranza, sia con società Autostrade, per non parlare delle pressioni delle opposizioni. Il premier Giuseppe Conte ha chiarito che le nuove norme sulle concessioni autostradali non vogliono essere punitive o penalizzanti per i concessionari, ma introdurre un regime più trasparente.

Subito dopo l’Epifania, cominceranno i lavori sul dl Alitalia. La commissione Trasporti della Camera avvierà una serie di audizioni: il 7 gennaio verranno ascoltati, alle 13,45, i rappresentanti di Lufthansa e alle 14,30 il commissario straordinario Giuseppe Leogrande. Alle 16 della stessa giornata sarà la volta del ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Ed entro le 19 è fissato il termine per la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi. Il decreto è atteso nell’Aula di Montecitorio il 13 gennaio per la discussione generale, che andrà avanti il giorno successivo. 

Partirà invece dall’8 gennaio l’esame del decreto legge “per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento”, che ha come obiettivo il salvataggio della Banca Popolare di Bari. Quel giorno saranno auditi i sindacati, Federcasse, Invitalia, Mediocredito centrale e i rappresentanti del Fitd, il Fondo interbancario di tutela dei depositi. Il 9 gennaio sarà la volta di Consob, dei sindaci di Bari e Teramo (Antonio Decaro e Gianguido D’Alberto) e della Banca d’Italia. Il ciclo di audizioni si chiuderà il 10 gennaio con l’intervento del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

La commissione Finanze della Camera ha fissato la scadenza per gli emendamenti a lunedì 13 gennaio alle 11. Gennaio dovrebbe essere anche il mese dell’approvazione del decreto che riguarda il ‘Cantiere Taranto’. A volerlo fortemente è il premier Giuseppe Conte secondo cui Taranto versa in “una più generale situazione emergenziale”, di fronte a cui “reputo necessario aprire un ‘Cantiere Taranto’, all’interno del quale definire un piano strategico, che offra ristoro alla comunità ferita e che, per il rilancio del territorio, ponga in essere tutti gli strumenti utili per attrarre investimenti, favorire l’occupazione e avviare la riconversione ambientale”.

Non solo Ilva, quindi, ma un vero e proprio mix di interventi: si va dalla tutela del lavoro alle misure in favore dell’università e della ricerca, dalla tutela di salute e ambiente al completamento delle infrastrutture, dal rifinanziamento della cassa integrazione alla demolizione delle case abusive nel centro storico di Taranto. 

Agi

A Taranto il governo tenta il rilancio del Contratto di Sviluppo. La città prepara la protesta  

Cinque ministri (Di Maio, Lezzi, Grillo, Costa e Bonisoli) attesi oggi a Taranto mercoledì 24 per riavviare l’operazione rilancio della città, ancora stretta dalla questione Ilva. Ma dal 24 aprile al 4 maggio la protesta contro quella che è stata l’Ilva ed ora si chiama ArcelorMittal, avrà un’impennata attraverso tre distinti momenti.

Tre momenti caldi

Il primo: l’arrivo del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, oggi sarà in Prefettura per presiedere il riavvio del tavolo del Contratto istituzionale di sviluppo ed incontrare le associazioni ambientaliste.

Il secondo: il concerto del 1° Maggio, promosso dal movimento “Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti”, che da anni rivendica la chiusura dell’acciaieria e delle fonti inquinanti.

Infine il terzo: la manifestazione del 4 maggio all’esterno della fabbrica, con arrivo a Taranto di movimenti e associazioni da tutta Italia, dal titolo “Ancora Vivi”.

Anche se la sua posizione non è da mettere in relazione con chi contesta Di Maio e l’M5s, è molto critico verso ArcelorMittal anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci.

“ArcelorMittal Italia – rileva il sindaco – ha fatto fin qui per Taranto troppo poco e lo ha fatto molto male”. Melucci sostiene: dall’azienda “mi aspettavo davvero di più”. E sottolinea che “il credito é esaurito” a cinque mesi dal loro ingresso in fabbrica al posto dei commissari dell’amministrazione straordinaria Ilva.

La presenza di Di Maio era attesa già da fine settembre scorso, quando al Mise venne firmato l’accordo per Il passaggio dell’Ilva ad ArcelorMittal.  Sebbene il vice premier sia responsabile dello Sviluppo economico e venga a Taranto per rifare il punto sul Contratto di sviluppo (lo strumento messo in pista dal precedente Governo per investire in infrastrutture, bonifiche ambientali, porto, sanità, recupero della città vecchia e riqualificazione urbana), il tema del siderurgico, con tutte le sue implicazioni, è comunque all’ordine del giorno.

Anzitutto perché l’arrivo di Di Maio a Taranto avviene dopo il Consiglio dei ministri di ieri,  quello che è stato convocato con all’ordine del giorno il decreto “Crescita”.  

Un provvedimento considerato delicato a Taranto per via della progressiva abolizione dell’immunità penale che una legge del 2015 ha concesso ai commissari Ilva, loro delegati e agli acquirenti della fabbrica (in quest’ultimo caso ArcelorMittal) solo relativamente alle condotte per l’attuazione del piano di risanamento ambientale.

Da tempo l’area ambientalista, ma anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, rivendicano l’abolizione dell’immunità penale, e il fatto che sia stata mantenuta col passaggio dell’Ilva ad Arcelor Mittal ha acceso le proteste.

Delusione

Proteste che si sono concentrate proprio sul Movimento 5 Stelle che, secondo l’accusa, nella campagna elettorale di un anno fa aveva promesso non la soppressione dell’immunità, ma addirittura la chiusura dell’Ilva per far spazio alla riconversione economica.

Il 24 aprile, a partire dalle 10, i movimenti Giustizia per Taranto, Taranto Respira, Tamburi Combattenti, Flm Cub e Tutta mia la Città, manifesteranno davanti alla Prefettura, “contro le politiche di Di Maio e di tutto il governo giallo-verde”.

“Dopo quasi un anno di ipocrisia, tradimenti, bugie e latitanza, il 24 aprile – sostengono i movimenti – il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, sarà finalmente a Taranto. Ci preme sottolineare che, come associazioni, movimenti e comitati ascoltati a Roma durante le audizioni al Mise lo scorso giugno per la questione Ilva, abbiamo fornito a Di Maio, ed al Governo tutto, dati, valutazioni e possibili soluzioni per una riconversione ecologica della nostra economia che passi necessariamente dalla chiusura delle fonti inquinanti, con la riqualificazione ed il reimpiego delle maestranze in opere di risanamento del territorio”.

E “oggi – si prosegue -, in piena campagna elettorale per le europee, Di Maio pensa di venire a Taranto a raccontare nuove bugie”.

Questi movimenti, un anno fa, hanno votato Cinque Stelle proprio per gli impegni sull’ex Ilva e poi hanno accusato l’M5s di “tradimento”.

Non meno forte la critica all’M5s rinnovata dai “Liberi e Pensanti” in occasione del prossimo concerto del 1° Maggio (sul palco, tra gli altri, Max Gazzè, Elio e Malika Ayane).

Anche in questo caso si tratta di un movimento che un anno fa era molto vicino ai pentastellati. Due loro esponenti sono stati eletti in Consiglio comunale a Taranto ma per la vicenda ArcelorMittal hanno poi abbandonato l’M5s dichiarandosi indipendenti, mentre l’ex candidato sindaco Francesco Nevoli si è dimesso da consigliere comunale.

“Un anno dopo la proposta avanzata dal comitato – sostengono i “Liberi e Pensanti” alla vigilia dell’evento del 1° Maggio – di creare un Accordo di Programma, che così come accaduto a Genova avrebbe potuto cambiare le sorti di Taranto e di tutta la Puglia, non è possibile non registrare le promesse disattese di chi sposò quel progetto ma che oggi, pur essendo al governo del Paese, persegue progetti industriali opposti per la città e il suo siderurgico. Quell’insieme di azioni economiche e legislative nate dal lavoro coordinato di associazioni e cittadini è stato dimenticato il giorno dopo le elezioni politiche. Una consuetudine a cui i tarantini sono stati abituati”.

Infine, il 4 maggio sono attesi a Taranto tutti i movimenti e le realtà che dalla Tav al Tap al Muos in Sicilia hanno fatto della protesta il loro punto forte. “Noi vogliamo vivere” si legge sul volantino che alle 14 del 4 maggio partirà da piazza Gesù Divin Lavoratore, nel rione Tamburi – il quartiere vicino all’acciaieria -, per portarsi davanti ad ArcelorMittal.

Un contratto da rilanciare

Per “l’Ilva di Taranto, ora ArcelorMittal – si legge nell’appello nazionale -, vecchie e nuove forze politiche si sono costruite una falsa identità, tradendo le promesse fatte nelle solite campagne elettorali e riciclandosi a nuovi tutori ambientali”.

Ora l’obiettivo del presidio del 4 maggio è rendere “la questione Ilva molto di più di una battaglia ambientalista”. I promotori del 4 maggio, infine, nelle notti del Giovedi e Venerdi Santo, ma anche la mattina del Sabato Santo, hanno issato striscioni di protesta (restando però in silenzio) in occasione del passaggio delle processioni dell’Addolorata e dei Misteri. “Traditi con la nostra croce a carico – si leggeva su uno di essi -: anche Taranto vuole risorgere”.

I cinque ministri saranno oggi a Taranto, in Prefettura, a partire dalle 10.30. SI tratterà di procedere al riavvio del tavolo del Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) previsto da una legge del 2015 con l’obiettivo di aiutare l’area a superare la crisi Ilva.

Oltre al vice premier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, sono annunciate a Taranto anche le presenze dei ministri Barbara Lezzi (Sud), Giulia Grillo (Salute), Sergio Costa (Ambiente) e Alberto Bonisoli (Beni culturali).

Il Contratto di sviluppo, infatti, si muove su un’ampia gamma di interventi che vanno dal potenziamento delle apparecchiature diagnostiche e sanitarie alla riqualificazione urbana, dalle bonifiche ambientali al recupero della città vecchia. Il che implica le competenze di più ministeri. Si parlerà anche di Ilva, ora ArcelorMittal, con Di Maio che incontrerà le associazioni ambientaliste. Alle 17.30 in Prefettura conferenza stampa conclusiva.

Negli incontri preliminari a Roma, avvenuti nei giorni scorsi a Roma, il Comune di Taranto ha già portato le sue proposte per il Contratto istituzionale.

Nella riformulazione del Contratto, il Comune chiede l’inserimento di Taranto nella “Via della Seta”, l’autonomia piena del polo universitario decentrato dall’Università di Bari, l’utilizzo turistico e culturale dell’isola di San Pa­olo in Mar Grande, che appartiene alla Marina Militare, la trasformazione in museo della Garibaldi quando sarà dismessa dal ruolo operativo nella squadra navale della Marina. Queste proposte sono contenute negli indirizzi che il sindaco Melucci ha presentato al ministero dello Sviluppo economico nella riunione a Roma dell’8 aprile.

Si tratta, spiega il sindaco nel documento, di un aggiornamento della visione disegnata dall’amministrazione comunale rispetto a quanto già previsto dal Cis.

Un aggiornamento per il triennio 2019-22 rispetto a quanto stabilito nel 2015. Nel documento presentato al ministero, il sindaco fa riferimento anche “alle tecnologie applicate alla conservazione ed al ripristino am­bientale” nonché “alla filiera marittima, turistica e dell’aerospazio”.

Il sindaco chiede anche di “dare impulso alle bonifiche straordinarie e, soprattutto, a dare soluzione, una volta per tutte, alle pendenze giudiziarie, alle compensazioni ai residenti dei quartieri più esposti, alla valutazione preventiva di impatto sulla salute dei cittadini, al riposizionamento dell’immagine stessa di Taranto secondo i principi del moderno marketing territo­riale”.

Soggetto attuatore del Cis Taranto è Invitalia, che fa capo al Mef. Invitalia si è occupata in particolare del concorso internazionale di idee per il recupero e la valorizzazione della citta vecchia di Taranto, dell’analisi di fattibilità per la valorizzazione turistica e culturale dell’Arsenale militare, realizzato in collaborazione con i ministeri della Difesa e dei Beni culturali, delle azioni di accelerazione per alcuni interventi, tra cui la realizzazione del nuovo ospedale “San Cataldo” di Taranto, per la quale Invitalia è stata attivata dalla Regione Puglia-Asl Taranto come Centrale di Committenza.

Il Contratto di sviluppo per l’area di Taranto (compresi anche i Comuni di Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola), inizialmente stipulato per 33 interventi, ne comprende oggi 39 per un valore di 1.007 milioni di euro (+16,5% rispetto alla dotazione finanziaria iniziale). Invitalia ha fornito anche un quadro riassuntivo ad oggi del Cis.

Che comprende: 10 interventi conclusi per un valore di 92,3 milioni di euro; 9 interventi in realizzazione per un valore di 452 milioni di euro; 10 interventi in progettazione per un valore di 357 milioni di euro e 10 interventi in riprogrammazione per un valore di 105 milioni di euro.

Agi

Come sta andando a finire la vertenza dell’Ilva di Taranto

Il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, teme che l'Ilva​ possa trasformarsi in una "Bagnoli 2" ma tre volte più grande come impatto a partire dal numero dei disoccupati: 20.000. I sindacati hanno paura che le indecisioni si prolunghino con effetti dannosi per la principale industria italiana dell'acciaio. Dopo la riunione del 29, al Mise si torna a trattare il 4 aprile ma a quasi un anno dalla conclusione della gara di aggiudicazione vinta da Am Investco (Arcelor Mittal-Marcegaglia), che ha battuto l'offerta della concorrenza di Acciaitalia (Jindal, Cassa Depositi e Prestiti, Arvedi e Del Vecchio), e dopo circa sette mesi di trattativa sia pure non continua, le preoccupazioni prevalgono su fiducia e futuro.

Ieri il problema principale dell'azienda – che occupa 14.000 persone di cui circa 11.000 a Taranto – era il rischio di protrarre la gestione commissariale dell'amministrazione straordinaria, insediata ai primi del 2015 a fronte di una elevata insolvenza economica certificata dal Tribunale di Milano. Oggi, invece, il problema principale sembrano essere i tempi lunghi che stanno avendo la meglio su rilancio avviato e piani in attuazione.

L'attesa per il verdetto di Bruxelles

All'inizio sembrava che il nodo prevalente dovesse essere il via libera dell'Antitrust europeo senza il quale non ci può essere il "closing" all'operazione. In altri termini, Bruxelles deve dire se la cordata e l'offerta di Am Investco, vanno bene così come sono state presentate oppure no. È già noto che così non è. E che Arcelor Mittal e Marcegaglia devono mettere sul piatto più di una rinuncia prima di ottenere il semaforo verde dall'Antitrust europeo. Ma questo non sembra più costituire un ostacolo rilevante.

Mesi fa in diversi, tra cui il governatore della Puglia, Michele Emiliano, avevano detto che Bruxelles avrebbe bocciato l'acquisto di Ilva da parte di Mittal perché la multinazionale è già un big mondiale dell'acciaio e dargli anche l'Ilva, avrebbe significato creare un monopolio. Ora, non è che la questione non esista, ma è anche vero che il negoziato tra Am Investco e autorità europee sta andando avanti in modo serrato, che l'approccio di entrambi è positivo, e che se Marcegaglia si è detto pronto ad uscire da Am Investco così come chiesto da Bruxelles, così Mittal ha offerto la disponibilità a dismettere produzioni ed impianti al di fuori del perimetro Ilva per avere l'ok europeo (i tagli nel perimetro Ilva non sono possibili per l'impegno contrattuale che Am Investco ha con Governo e commissari). Entro il 23 maggio, quindi, dopo una serie di rinvii (inizialmente si aspettava il verdetto a fine marzo), l'Antitrust europeo farà conoscere la decisione in merito ad Ilva sotto le insegne di Am Investco. Ma su questo non si nutrono grandi preoccupazioni. Allo stesso modo, sindacalisti, lavoratori e dipendenti Ilva dicono che la "presenza" di Mittal in fabbrica si vede già, che tale presenza crescerà nelle prossime settimane e che Mittal non ha intenzione di rinunciare all'azienda a cui fa capo il più' grande polo siderurgico d'Europa.

Le priorità dei sindacati

I nodi, quindi, sono nelle indecisioni, nello scenario politico nazionale e in una trattativa – sindacati e Am Investco – che non riceve ancora la spinta per planare verso l'accordo. "Siamo al punto in cui bisogna provare a fare sintesi e capire se ci sono gli spazi per arrivare ad una conclusione", chiede la Fim Cisl. L'azienda, rileva la Uilm, "continua a degradarsi, non ci sono investimenti sugli impianti, sulle tecnologie e soprattutto sull'ambiente". Mentre la Fiom Cgil si dice d'accordo sulla necessità di stringere, ma rileva pure che il negoziato deve avere come priorità i contenuti. E le priorità, per i sindacati, sono la necessità di evitare l'aggravarsi delle perdite (la Fim Cisl, citando dati Mittal, parla di oltre 300 milioni l'anno) e 4mila esuberi. Allo stato, infatti, Am Investco resta ferma sull'offerta iniziale: 10.000 addetti alla nuova gestione e il resto all'amministrazione straordinaria tra cassa integrazione e bonifica.

Il vero nodo è l'incertezza politica

Nessuno si aspetta già il 4 aprile l'intesa ma almeno uno scenario diverso rispetto agli altri incontri. Considerato che non si scorgono grosse nubi sul versante europeo e che anche sul fronte del ricorso al Tar di Regione Puglia e Comune di Taranto contro il Dpcm sul piano ambientale, si lavora a un accordo. Quantomeno col Comune, visto che il sindaco di Taranto, Melucci, ha dichiarato che non ritiene più il ricorso – nel frattempo trasferito da Tar Lecce a Tar Lazio – come l'opzione più produttiva. In questa fase, però, potrebbero pesare il successo dei Cinque Stelle alle politiche e la mancanza del nuovo Governo. Nel primo caso, i Cinque Stelle – che a Taranto hanno eletto 5 parlamentari – dicono di voler spegnere l'Ilva per avviare una grande riconversione basata su bonifiche, nuove attività e tutela dell'occupazione. Nel secondo caso, invece, l'assenza del Governo vuol dire assenza di chi deve garantire interventi pubblici di accompagnamento perché l'operazione Ilva si concluda: da misure sociali a incentivi per gli esodi agevolati. Anche se i lavoratori Ilva, che pure hanno votato in massa i pentastellati, dicono di non credere che Di Maio spegnerà l'Ilva. E pure l'arcivescovo di Taranto, Santoro, non sembra drammatizzare le conseguenze del voto. È emersa una grande sfida di cambiamento, dice, "non possiamo perdere quest'occasione. Sfruttiamola bene insieme". 

Agi News

ilva taranto ricorso

I prossimi giorni si annunciano decisivi per una svolta nella vicenda dell'Ilva di Taranto. Programmata, a partire dal 10 gennaio prossimo, una serie di incontri al Mise tra Am Investco (il nuovo investitore dell'Ilva) e i sindacati per continuare l'approfondimento sul piano industriale e su quello ambientale, adesso il vero nodo da sciogliere riguarda il conflitto aperto da Regione Puglia e Comune di Taranto proprio sul piano ambientale, presentato da Am Investco e approvato con decreto ministeriale (Dpcm) a fine settembre. 

I due enti locali, nelle scorse settimane, hanno impugnato con un ricorso al Tar di Lecce proprio il decreto in questione. Non hanno sortito effetto alcuno gli appelli giunti dai sindacati, a partire dai leader confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, e anche e soprattutto dal premier Paolo Gentiloni, dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e dal segretario del Pd, Matteo Renzi, affinché il ricorso sia ritirato.

Sebbene Regione Puglia e Comune di Taranto abbiano ritirato la richiesta di sospensiva relativa al ricorso – in vista della prima udienza al Tar prevista il 9 gennaio – la situazione non si è rasserenata affatto. Anche se il giudizio di merito arriverà nell'arco di alcuni mesi e quindi ci sarebbe il tempo per discutere e trovare un'intesa, il fatto che il ricorso al Tar rimanga comunque in piedi viene visto come un grande ostacolo ai fini della cessione dell'Ilva ad Am Investco, la società formata da Arcelor Mittal, primo produttore mondiale di acciaio, e dal gruppo Marcegaglia. 

La situazione si è poi ulteriormente aggrovigliata dopo che Arcelor Mittal ha scritto al governo e ai commissari dell'Ilva annunciando l'intenzione di rivedere il contratto firmato a giugno perché la situazione nel frattempo è cambiata. Il big della siderurgia si riferisce proprio al ricorso sollevato da Regione Puglia e Comune di Taranto che costituisce una nube sul prosieguo della cessione. Il gigante franco-indiano nel contratto aveva proposto 1,8 miliardi come prezzo di acquisto, 1,1 miliardi di investimenti ambientali e 1,2 miliardi di investimenti industriali.

Braccio di ferro tra governo e Regione

Insieme ai commissari, il Mise sta monitorando la situazione alla luce delle nuove richieste di Arcelor Mittal e ha già fatto sapere al governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, che il Dpcm impugnato non si può cambiare. Il governatore pugliese conferma il ricorso al Tar e dice che per farlo decadere basta cambiare il Dpcm e l'oggetto del contendere verrà meno automaticamente. Il Mise risponde evidenziando come serva un iter lungo e complesso per arrivare a un nuovo decreto. E questo, comportando tempi non brevi, farebbe saltare anche tutta la procedura di cessione avviata e in questi mesi al vaglio della Commissione Europea.

L'Antitrust di Bruxelles deve infatti validare la cessione dell'Ilva perché l'aggiudicazione ad Am Investco sia effettiva. In alternativa ad un nuovo Dpcm, ci sarebbe la strada di un protocollo aggiuntivo al decreto del presidente del Consiglio. Ed è quello che propone il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che ha scritto in tal senso al Mise evidenziando i punti che sono ritenuti prioritari dal Comune di Taranto per togliere anche il ricorso al Tar. Tra queste priorità, ci sono l'introduzione della Valutazione integrata del danno sanitario e ambientale e la salvaguardia dell'indotto siderurgico locale. Ma oltre al protocollo aggiuntivo, ci potrebbe anche essere un "addendum": una sorta di appendice, al Dpcm stesso come giorni fa ha proposto la Fiom Cgil.
Si vedrà in questi giorni, trascorso il Natale, quale possa essere la strada migliore per sbloccare lo stallo, superare la strettoria del ricorso, rasserenare il clima ed evitare che Arcelor Mittal vada verso il disimpegno o ponga condizioni che portano ad una revisione del contratto.

La preoccupazione dei sindacati

I sindacati, confederali e metalmeccanici, sono allarmati per la situazione. Continuano a chiedere al governatore di Puglia e al sindaco di Taranto di revocare il ricorso ai giudici amministrativi. Marco Bentivogli, leader Fim Cisl, annuncia una mobilitazione dei lavoratori sotto le sedi della Regione Puglia e del Comune di Taranto. Bentivogli e gli altri esponenti sindacali non hanno per niente accettato le affermazioni di Emiliano secondo il quale i sindacati "sono soli in questa battaglia" e che dalla parte degli enti locali pugliesi "c'è un grande sindacato dell'Ilva come l'Usb". Per smentire sul punto Emiliano, i sindacati hanno infatti tirato fuori i dati di novembre scorso degli iscritti ai sindacati tra i lavoratori dell'Ilva di Taranto ed emerge che la Uilm è prima con oltre 3500 iscritti, la Fim seconda con circa 1900, terza la Fiom con un migliaio e ultimo proprio l'Usb con 900 circa.

Vigile sulla situazione della città di Taranto in questo momento particolare è anche la Chiesa di Taranto. Per la messa della Natività e per quella del Natale appena trascorso, l'arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, aveva disposto che in tutte le chiese dell'Arcidiocesi, nella parte della messa riservata alle intenzioni dei fedeli, ci sia una specifica preghiera dove si chiede che prevalga il bene comune, che le autorità ritrovino la concordia e che si data soluzione ai problemi della salute, dell'ambiente e del lavoro.

Agi News