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L’estate senza turisti stranieri costa all’Italia 11,2 miliardi

AGI – “L’estate senza stranieri in vacanza in Italia costa 11,2 miliardi al sistema turistico nazionale per le mancate spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir”. Lo denuncia la Coldiretti in base ai dati Bankitalia in riferimento all’importanza del via libera al certificato vaccinale europeo per l’estate annunciato dal presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.

“L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è fortemente dipendente dall’estero per il flusso turistico con ben 23,3 milioni di viaggiatori stranieri che la scorsa estate hanno dovuto rinunciare a venire in Italia per effetto delle limitazioni e alle preoccupazioni per la diffusione del contagio. Si tratta un vuoto pesante che è costato al sistema turistico nazionale ben 11,2 miliardi di euro per le mancate spese degli stranieri nel periodo da giugno a settembre che purtroppo non vengono compensate dalla svolta vacanziera patriottica degli italiani”.

“I turisti dall’estero da Paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna o la Cina hanno tradizionalmente una elevata capacità di spesa ma che adesso sono anche quelli che stanno procedendo velocemente nella campagna di vaccinazione – prosegue Coldiretti – ad essere colpite sono state soprattutto le città d’arte che sono le storiche mete del turismo dall’estero ma in difficoltà anche gli oltre 24mila agriturismi nazionali dove gli stranieri in alcune regioni secondo Campagna Amica rappresentano tradizionalmente oltre la metà degli ospiti nelle campagne. Si tratta di un costo che grava sul sistema turistico nazionale per le mancate spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir”. 


L’estate senza turisti stranieri costa all’Italia 11,2 miliardi

società quotate investitori stranieri

Non si ferma l'avanzata degli investitori esteri in Italia: più della metà delle aziende quotate è stabilmente in mano agli stranieri. Lo sottolinea un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo cui oltre il 41% delle quote delle società per azioni made in Italy è posseduto da famiglie, mentre sui listini della borsa finanziaria dominano gli azionisti internazionali, titolari di oltre il 51% delle spa quotate. In mano alle banche, l'8% delle società per azioni, quota che si avvicina al 10% se si limita l'analisi alle sole aziende quotate. Allo Stato, il 5,13% delle imprese e il 3,65% delle quotate.

"L'impoverimento dei nostri capitali favorisce l'ingresso degli stranieri"

"È uno degli effetti della crisi: l'impoverimento dei nostri capitali ha favorito l'acquisto delle aziende da parte di colossi esteri – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara – L'ingresso degli stranieri nel mercato finanziario italiano, che nonostante tutto ha valori importanti e in crescita, non è necessariamente un fattore negativo. Dipende, però, dalle intenzioni: se si tratta di investimenti di lungo periodo va bene, mentre se le operazioni sono dettate dalla speculazione, allora c'è da preoccuparsi".

Lo studio dell'associazione, basato su dati della Banca d'Italia aggiornati al primo semestre 2017, rivela che è in mano alle famiglie il 41,68% delle società per azioni rispetto al 43,13% del 2016. Gli stranieri sono passati dal 23,73% al 24,38%, le imprese dal 14,20% al 16,55%, le banche dall'11,14% all'8,34%, lo Stato da 5,23% al 5,13%, le assicurazioni e i fondi pensione dal 2,03% al 2,83%; quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (stabili allo 0,66%) e agli enti di previdenza (dallo 0,26% allo 0,44%).

Chi vince e chi perde

Complessivamente, il valore delle società per azioni è cresciuto, dal primo semestre del 2016 al primo semestre del 2017, dell'1,65%, con una impennata di 32,8 miliardi, salendo dai 1.985,4 miliardi dello scorso anno ai 2.018,2 miliardi di quest'anno. Bilancio negativo per le famiglie, che hanno perso valore per 15.07 miliardi (-1,76%) da 856,2 miliardi a 841,1 miliardi, per le banche, che hanno perso valore per 52,7 miliardi (-23,87%) da 221,08 miliardi a 168,3 miliardi, per lo Stato centrale, che ha perso valore per 217 milioni (-0,21%) da 103,7 miliardi a 103,5 miliardi. Sorridono, invece, gli investitori stranieri, le cui quote sono salite di 28,08 miliardi (+6,05%) da 463,9 miliardi a 492,03 miliardi, le imprese, che hanno 51,9 miliardi in più (+18,43%) da 281 miliardi a 333,9 miliardi, le assicurazioni e i fondi pensione che registrano "plusvalenze" per 16,9 miliardi (+42,06%) da 40,7 miliardi a 57,1 miliardi. Variazione positiva anche per le quote delle amministrazioni locali, salite di 296 milioni (+2,27%) da 13,01 miliardi a 13,3 miliardi, e per quelle degli enti di previdenza, cresciute di 3,6 miliardi (+70,29%) da 5,1 miliardi a 8,7 miliardi. 

Per quanto riguarda le società per azioni presenti a Piazza Affari, il valore complessivo è cresciuto di 45,6 miliardi (+9,70%), dai 470,02 miliardi del 2016 ai 515,6 miliardi del 2017. Il primato nell'azionariato spetta agli investitori esteri detentori del 51,27% delle quote, in aumento rispetto al 50,60% del 2016. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 22,77% (era il 18,98%), le famiglie col 10,77% (era il 12,27%), le banche col 9,76% (era il 10,21%), lo Stato col 3,65% (era il 4,05%), le assicurazioni e i fondi pensione con l'1,03% (era il 3,21%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (dallo 0,59% allo 9,64%) e agli enti di previdenza (dallo 0,09% allo 0,11%).

Gli azionisti esteri hanno "guadagnato" 26,5 miliardi (+11,15%) da 237,8 miliardi a 264,3 miliardi, le imprese hanno 28,2 miliardi in piu' (+31,62%) da 89,2 miliardi a 117,4 miliardi, mentre le famiglie hanno perso 2,1 miliardi (-3,67%) da 57,6 miliardi a 55,5 miliardi. Bilancio positivo, poi, per le banche con un aumento delle quote di spa quotate pari a 2,3 miliardi (+4,79%) da 48,01 miliardi a 50,3 miliardi; giù le quote di assicurazioni e fondi pensione di 9,7 miliardi (-64,89%) da 15,07 miliardi a 5,2 miliardi. Le quote in mano allo Stato centrale sono calate di 216 milioni (-1,14%); variazione positiva per quelle delle amministrazioni locali, salite di 508 milioni (+18,30%) da 2,7 miliardi a 3,2 miliardi, e per quelle degli enti di previdenza, salite di 180 milioni (+44,33%) da 406 milioni a 586 milioni. 

Agi News

In Italia una impresa su 10 è gestita da stranieri, soprattutto cinesi e marocchini

Continuano ad aumentare le imprese straniere nate e cresciute in Italia. Pur mostrando ritmi di crescita inferiori rispetto al passato, nel secondo trimestre 2017 il saldo tra aperture e chiusure di aziende guidate da persone non nate in Italia che hanno aperto un'attività nel nostro Paese fa segnare ancora un bilancio positivo che ha sfiorato le 7mila unità. Il sistema delle imprese straniere in Italia supera così quota 580mila e se nel 2011 pesava per il 7,2% sull’universo delle imprese totali, nel 2017 la loro incidenza è salita al 9,5%, indice di una popolazione immigrata sempre più attiva.

Questi i dati più rilevanti dell’indagine condotta da Unioncamere-InfoCamere a partire dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, sulla presenza in Italia di imprese guidate da persone nate all’estero, con riferimento al secondo trimestre del 2017.

 

Il settore più sviluppato resta il commercio

Il settore in cui le imprese di stranieri sono maggiormente presenti è quello del commercio (circa 208mila imprese, il 36% di tutte le aziende a guida straniera), seguito dalle costruzioni (132mila, il 23% delle straniere) e da alloggio e ristorazione e manifattura (entrambe prossime alle 45mila unità). Quasi un’impresa di stranieri su tre (il 31,8%) è artigiana. La regione più attrattiva per l’insediamento di imprenditori non italiani è la Lombardia con 113mila realtà, seguita dal Lazio (76mila) e dalla Toscana (54mila).

Marocco, Cina, Romania e Albania sono i Paesi con le comunità di imprenditori immigrati più numerose, facendo riferimento alle sole imprese individuali (le uniche per cui è possibile associare la nazionalità al titolare. Il Marocco, con 68.482 imprese individuali esistenti alla fine del giugno scorso, è la nazionalità più rappresentata; sugli altri gradini del podio la Cina (51.546 imprese) e la Romania (con 49.020).

Un trend costante negli ultimi 6 anni

Il dato di Unioncamere ricalca quello fornito a giugno da Confesercenti, che analizzava anche il tren degli ultimi anni. "Negli ultimi sei anni in Italia le imprese gestite da stranierisono cresciute del 25,8%, a quota 571.255 unità – leggiamo da Wired – mentre quelle in mano a imprenditori italiani sono diminuite del 2,7%. A decretarlo è Confesercenti, il sindacato che rappresenta 350mila piccole e medie imprese dell’artigianato, del turismo e dei servizi. Secondo l’associazione, “mentre gli imprenditori italiani continuano ancora a scontare gli effetti della crisi, le attività condotte da persone nate fuori dall’Italia non smettono di aumentare”. E le stime del sindacato prevedono che, di questo passo, nel 2021 gli stranieri gestiranno 711.898 imprese in Italia. Roma è la “capitale indiscussa dell’imprenditoria straniera, con oltre 48.413 attività non italiane, cresciute di un impressionante 165% negli ultimi sei anni”, recita la nota ufficiale di Confesercenti. Milano è seconda con 33.496 attività, Torino terza a 16.660 mentre a Firenze l’incidenza delle 7.684 imprese straniere sul totale è del 17,3%, la più alta d’Italia".


Agi News

Olio: Dop Umbria, successo a presentazione ad operatori stranieri

(AGI) – Roma, 1 lug. – Una dozzina di operatori stranieri hanno voluto conoscere l’esperienza di promozione turistica del territorio portata avanti dall’Associazione Strada dell’olio extra vergine d’oliva Dop Umbria, come esempio di eccellenza di valorizzazione di piccoli borghi ad alta vocazione olivicola e di valorizzazione di un prodotto identitario dell’Umbria: l’olio extra vergine di oliva Dop Umbria.
Durante l’educational organizzato dall’Universita’ dei Sapori di Perugia, infatti, gli operatori partecipanti dopo aver visitato la citta’ di Scheggino, hanno visitato un uliveto di ulivi moraiolo dove sono stati accolti da una merenda a base di olio evo dop Umbria, prodotto dalle olive di quelle stesse piante, successivamente hanno visitato presso Campello sul Clitunno, uno dei frantoi aderenti all’Associazione, hanno assistito poi ad una lezione di marketing sull’esperienza della Strada dell’olio e hanno partecipato ad una lezione di assaggio di olio.
L’Associazione Strada dell’olio extra vergine d’oliva Dop Umbria, ormai da 13 anni, si occupa di promuovere l’Umbria un po’ nascosta e un po’ segreta, quella dei borghi medievali, una regione che ha tanto da donare a chi la sa scoprire, osservare e gustare, e allo stesso tempo, ha lavorato per legare l’olio al prodotto turistico Umbria. Un mondo in cui e’ possibile trovare quella parte di societa’ e quella frazione di terra dove non si posa quasi mai l’occhio del grande tour operator, ma proprio per questo particolarmente emozionante per chi, attento al richiamo dell’olivo e dell’alta qualita’ dell’olio umbro, cerca percorsi diversi e non affollati, alla scoperta dei veri “borghi del gusto” e quindi di eccezionali tipicita’ gastronomiche, artistiche, culturali e paesaggistiche.
Questo il modello di valorizzazione turistica legata all’olio che e’ stato presentato agli operatori stranieri. (AGI)
Bru

Agi News