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Le ragioni di chi sostiene che vendere libri scontati uccide la lettura

“Gli sconti sui libri vanno bene ma devono essere praticati solo qualche volta: pagare un testo a prezzo ridotto è un beneficio solo apparente e alla fine si traduce in un problema”.

Lo sostiene Marco Zapparoli, presidente dell’Associazione degli editori indipendenti (Adei), che ha incontrato il ministro della Cultura Alberto Bonisoli insieme all’Associazione librari italiani (Ali) e al Sindacato italiano librai (Sil) per individuare le soluzioni agli squilibri economici che colpiscono il mercato dei libri.

Sul tavolo c’è la proposta di abbassare al 5% il tetto massimo di sconti applicabili ai libri, oggi al 15%, e ridefinire la questione delle promozioni che, sempre secondo la legge Levi del 2011, consentono di ridurre il prezzo di copertina del 25%.

Zapparoli, perché sostiene che gli sconti siano un problema?

Per due motivi: solo gli operatori più grandi possono permettersi di fare sconti con continuità, e facendolo sfavoriscono i più piccoli. E poi perché per compensare gli sconti i prezzi di copertina dei libri aumentano. Così facendo, però, i librai che hanno meno potere contrattuale godono di condizioni meno favorevoli – ossia forniture con sconti più bassi dagli editori – e a volte non arrivano neppure a coprire i costi.

Ci spieghi meglio il ragionamento

Per potersi permettere sconti elevati le librerie devono avere grandi volumi di vendita e ottenere dagli editori grandi sconti in fornitura. Lo possono fare soltanto le attività che vendono molto: ad esempio le rivendite online (store come Mondadori e Feltrinelli, ad esempio) che non hanno costi di magazzini e di affitto di spazi.

Quindi che cosa propongono Adei, Ali e Sil?

Tutti e tre crediamo che limitare al 5% lo sconto applicabile sui libri permetta di evitare che i librai abbiano margini di guadagno troppo bassi. Inoltre pensiamo che vada rivista la legge attualmente in vigore che consente campagne temporanee con sconti che arrivano al 25% del prezzo di copertina.

In che senso rivista?

La legge di oggi non rende chiara la frequenza con cui si possono fare queste promozioni al 25% che spesso finiscono per diventare campagne continue. Ripeto, un eccesso di sconti penalizza gli operatori più fragili del mercato. Ma a tutti gli editori, sia grandi che piccoli, conviene che i librai tornino a avere margini accettabili. Proponiamo quindi un tetto del 20% di sconto nelle campagne, delimitandone la durata e la ripetitività: ad esempio una sola volta all’anno, e soltanto per un tot di settimane.

Quindi volete una legge che metta tutti sullo stesso piano, grandi editori e piccoli librai. E Amazon?

Amazon è uguale ai negozi e deve rispettare le stesse leggi. Sia chiaro, attualmente non infrange alcuna norma: approfitta semplicemente di una legge poco chiara sul significato delle campagne promozionali offrendo un servizio imbattibile potendo contare su forniture più scontate dagli editori. Con le modifiche che proponiamo noi rimarrebbe molto forte ma i librai recupererebbero molta competitività.

Alberto Bonisoli vi ha anche chiesto di proporre progetti concreti e iniziative che il ministero possa poi accogliere. Cosa avete in mente come Adei?

Nell’incontro dell’11 febbraio proporremo attività che coinvolgono contemporaneamente sia gli editori che i librai. Credo che gli editori indipendenti debbano avvicinarsi al processo di formazione dei librai. Mi immagino ad esempio una scuola di alta formazione e meccanismi di check-up costanti per verificare come funzionano le librerie.

Ci sono esempi virtuosi all’estero a cui guardate?

In Germania c’è la Borsa del commercio librario, un organismo che si occupa di formazione di editori, librai e bibliotecari. Da noi è tutto più frammentato, per questo desidero che almeno editori e librai lavorino a più stretto contatto.

Qual è la differenza tra grandi editori e editoria indipendente, secondo lei?

La differenza sta nella energia che l’editoria indipendente dedica all’innovazione e alla proposta di nuovi autori. Quella grande, invece, si concentra di più sui libri che vendono tanto. Non è una questione di qualità quanto piuttosto di modi di investire le risorse. Gli indipendenti hanno costi di struttura inferiore, una caratteristica che consente loro di scoprire più talenti nascosti.

L’editore di Scampia Rosario Esposito La Rossa ha scritto sul Fatto Quotidiano che “i piccoli editori sono ignoranti editorialmente e tipograficamente parlando”.

La cosa sorprendente dell’editoria italiana è la sua vivacità: ci saranno sicuramente persone che curano meno la qualità, ma ve ne sono anche molte che esprimono eccellenza. Forse però si pubblica troppo in rapporto al fatturato delle librerie: abbiamo 60 mila novità all’anno e 1 miliardo e 200 milioni di euro di fatturato, mentre la Germania propone 90 mila titoli fatturando 6 miliardi.  La differenza sta nell’investimento fatto sulla formazione di editori e librai.

Agi