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Ttu coin, moneta virtuale e social spendibile anche al ristorante

AGI – L’idea è semplice e si può riassumere con questa formula: “Un click per poter mangiare”. Ovvero, ottenere un compenso “per il tempo trascorso sulla piattaforma TaTaTu sotto forma di moneta virtuale”.

Cioè, denaro elettronico “spendibile per acquistare prodotti legati al mondo dell’intrattenimento”, come lo possono essere film, serie tv ma oggi anche ristoranti, scrive il Gambero Rosso che spiega trattarsi di un’idea sviluppata in partnership “con la catena di locali giapponesi Basara” e spendibile nelle sedi di Milano, Bologna e Venezia.

La piattaforma social TaTaTu è stata lanciata nel 2020 dall’imprenditore Andrea Iervolino ed è un’applicazione social media e di intrattenimento (una SuperApp) basata sulla “sharing economy del data” che premia gli utenti “per il valore e i contenuti che contribuiscono a generare mentre trascorrono del tempo sulla piattaforma, monetizzando dunque la propria presenza virtuale”.

Insomma, gli utenti “ricevono una piccola ricompensa in TTU Coin per qualsiasi azione sul social” essi compiano, dalla visualizzazione di contenuti alla loro creazione, passando per interazioni, ma anche commenti, like visualizzazioni o condivisioni ricevuti ai propri post, “o ancora invitando amici a iscriversi”, si legge sulla newsletter della rivista gourmet.

E i premi possono essere riscattati sul sito di e-commerce di TaTaTu, facendo offerte alle aste per vincere prodotti ed esperienze esclusive. I contenuti culturali sono originali, in quanto Iervolino è al tempo stesso produttore cinematografico e televisivo.

Tuttavia, secondo il Gambero, “la vera novità è il passaggio dall’online all’offline con la possibilità di usare il proprio credito anche in store fisici per ottenere servizi o prodotti attraverso commercianti affiliati, semplicemente presentando un QR Code alla cassa al momento del conto, che usa i crediti del ‘portafogli’ virtuale dell’utente, come già accade a Londra presso Mercato Metropolitano, dove è già possibile pagare in TTU Coin”.

Da qui, appunto, nasce la partnership tra la piattaforma social e la catena di ristorazione giapponese Basara che consente pertanto “di pagare la propria cena a base di sushi anche con Coin virtuali”.

 


Ttu coin, moneta virtuale e social spendibile anche al ristorante

Così le nuove regole Ue cambiano i social e le piattaforme di ecommerce

AGI – Saranno vietati gli annunci mirati ai minori, così come quelli indirizzati agli utenti in base al loro sesso, all’etnia di appartenenza o all’orientamento sessuale. Saranno messe al bando le tecniche ingannevoli che le aziende usano per spingere le persone a fare cose che non avevano intenzione di fare, come la sottoscrizione facilitata di servizi difficili da rifiutare. Non solo. Per dimostrare che stanno facendo progressi nel limitare queste pratiche, le aziende tecnologiche dovranno effettuare valutazioni annuali del rischio delle loro piattaforme.

Le Big Tech dovranno anche disporre di personale adeguato per gestire la moderazione dei contenuti perché gli utenti avranno il diritto di presentare reclami nella propria lingua. Per contenuti si intende inserzioni commerciali ma anche post dei singoli utenti. E chi non rispetta le regole rischia sanzioni fino al 6% del fatturato globale o addirittura il divieto di operare nel mercato unico dell’UE in caso di ripetute gravi violazioni. 

Sono solo alcune delle conseguenze del Digital Services Act (o DSA), il disegno di legge dell’UE che impone alle Big Tech (molte delle sue disposizioni si applicano alle piattaforme che hanno più di 45 milioni di utenti nell’Unione Europea, piattaforme come Facebook, la controllata di Google YouTube, Twitter e TikTok raggiungerebbero tale soglia e sarebbero soggette ai nuovi obblighi) una maggiore responsabilità sui contenuti illegali o nocivi che circolano sulle loro piattaforme e include misure contro la disinformazione online: questo regolamento è stato pensato per combattere le fake news.

Prima mondiale in termini di regolamentazione digitale

“Questo regolamento – fa sapere la Commissione UE – unico nel suo genere, costringerà piattaforme come Facebook, YouTube o Twitter a moderare i contenuti che ospitano. La DSA è una prima mondiale in termini di regolamentazione digitale. Il testo consacra il principio che ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online. Mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di contenuti illegali e a garantire la tutela dei diritti fondamentali degli utenti”.

In sintesi il testo vuole consacrare il principio che ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online e mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di contenuti illegali e a garantire la tutela dei diritti fondamentali degli utenti. 

Che cosa succederà sui social

Stop ai dark patterns. In particolare, la proposta di legge sancisce che la pubblicità mirata basata sulla religione, l’orientamento sessuale o l’etnia di un individuo è vietata.

Anche i minori non possono essere oggetto di pubblicità mirata. Le interfacce utente confuse o ingannevoli (i cosiddetti dark patterns) progettate per guidare gli utenti a fare determinate scelte saranno vietate. L’Ue ha stabilito che annullare gli abbonamenti deve essere facile come registrarli.

Le grandi piattaforme online come Facebook dovranno poi rendere trasparente agli utenti il funzionamento dei loro algoritmi di raccomandazione (ad esempio utilizzati per ordinare i contenuti nel feed di notizie o suggerire programmi su Netflix).

Cambia la profilazione e il feed. Agli utenti deve anche essere offerto un sistema di raccomandazione “non basato sulla profilazione”. Nel caso di Instagram, ad esempio, ciò significherebbe un feed cronologico (come introdotto di recente). I servizi di hosting e le piattaforme online dovranno spiegare chiaramente perché hanno rimosso i contenuti illegali, oltre a dare agli utenti la possibilità di presentare ricorso contro tali rimozioni.

Contenuti illegali. Il nuovo regolamento prevede l’obbligo di rimuovere “prontamente” eventuali contenuti illegali o nocivi o che circolano sulle loro piattaforme (secondo le leggi nazionali ed europee) non appena una piattaforma ne viene a conoscenza. Costringe poi i social network a sospendere gli utenti che “spesso” violano la legge. 

Fornire i dati. Le grandi piattaforme online dovranno fornire dati chiave ai ricercatori per “fornire maggiori informazioni su come si evolvono i rischi online”. I mercati online devono conservare le informazioni di base sui commercianti sulla loro piattaforma per rintracciare le persone che vendono beni o servizi illegali. Le grandi piattaforme dovranno anche introdurre nuove strategie per affrontare la disinformazione durante le crisi.

Cosa cambia per l’ecommerce

Nel DSA è contenuto anche un importante aggiornamento sulla direttiva delle piattaforme di ecommerce, nata 20 anni fa quando le piattaforme giganti erano ancora allo stato embrionale. I siti di vendita online saranno obbligati a verificare l’identità dei loro fornitori prima di offrire i loro prodotti. I prodotti saranno verificati una volta all’anno da organismi indipendenti e posti sotto la supervisione della Commissione Europea. 

L’iter legislativo del Dsa

L’accordo politico sul Digital Services Act apre la strada alla sua adozione formale nelle prossime settimane e alla legge vera e propria che entrerà in vigore probabilmente entro la fine dell’anno. Anche se le regole non inizieranno ad applicarsi fino a 15 mesi dopo, quindi c’è un periodo di tempo abbastanza lungo per consentire alle aziende di adattarsi.

Perché il DSA cambia tutto

Finora i regolatori non avevano accesso ai meccanismi interni di Google, Facebook e di altre piattaforme, ma con la nuova legge le aziende dovranno essere trasparenti e fornire informazioni ai regolatori e ai ricercatori indipendenti sugli sforzi di moderazione dei contenuti.

Un esempio? Conoscere i dati di YouTube per sapere se il suo algoritmo ha indirizzato gli utenti verso la propaganda russa più del normale. Per far rispettare le nuove regole, la Commissione europea dovrebbe assumere circa 200 nuovi dipendenti, che saranno pagati dalle aziende tecnologiche attraverso una “tassa di vigilanza”, che potrebbe arrivare fino allo 0,1% del loro reddito netto globale annuale.

Le reazioni delle Big Tech

I giganti tech hanno fatto pressioni a Bruxelles per rendere innocue le nuove regole della Ue. Al momento Facebook e Twitter non hanno commentato. Google, invece, venerdì scorso ha dichiarato di non vedere l’ora di “lavorare con i politici per ottenere i dettagli tecnici rimanenti per garantire che la legge funzioni per tutti”. 

Va detto che, sempre venerdì, Twitter ha dichiarato che vieterà dal suo sito gli inserzionisti che negano il consenso scientifico sul cambiamento climatico. A novembre scorso Frances Haugen, la whistleblower di Facebook, sempre a proposito del DSA aveva detto che si trattava “di un’occasione storica che non poteva essere mancata”.

Il Digital Services Act (DSA) ha il potenziale per essere uno ‘standard globale’ e ispirare altri paesi a “perseguire nuove regole che salvaguardino le nostre democrazie” aveva sottolineato Haugen. Di “un grande momento per la politica tecnologica in tutto il mondo” ha parlato Jim Steyer, CEO di Common Sense Media con sede a San Francisco, un gruppo di difesa senza scopo di lucro per bambini e famiglie. 

Steyer ha detto che il DSA è “una pietra miliare nella lotta globale per proteggere i bambini e le famiglie dai danni di Internet da parte di queste piattaforme non regolamentate. I legislatori europei hanno fatto un grande passo avanti per rendere Internet più sicuro per bambini e adolescenti. I legislatori qui devono guardarsi allo specchio e agire rapidamente per proteggere i nostri figli e il nostro futuro democratico. Ora è il momento del Congresso e dell’amministrazione Biden”. 

L’ex presidente Barack Obama ha invitato le piattaforme tecnologiche a intensificare il freno alla disinformazione sulle loro piattaforme, criticando gli algoritmi opachi delle società e quelli che ha descritto come incentivi finanziari che incoraggiano la raccomandazione di contenuti estremi o provocatori sulle piattaforme.


Così le nuove regole Ue cambiano i social e le piattaforme di ecommerce

Sui social lo sciopero è più forte della paura del Covid

AGI –  Lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil, con l’assenza della Cisl, ha portato 10mila persone in Piazza del Popolo a Roma, secondo i dati di fonti vicine alla Questura. “Insieme per la giustizia” è lo slogan scelto dalle due sigle sindacali. Lavoratori pubblici e privati di diversi settori, dal trasporto ferroviario e aereo, a quello cittadino, personale delle autostrade, i corrieri, i lavoratori della logistica, i portuali e gli autotrasportatori, tutti a manifestare e protestare contro la legge di bilancio presentata dal Governo.

Assenti, invece, i lavoratori della sanità, della scuola e delle poste. Oltre alla manifestazione nazionale svoltasi a Roma, ci sono state altre iniziative analoghe a Bari, Cagliari, Milano e Palermo.

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#Bombardieri: Abbiate rispetto delle persone che sono scese in piazza: non volevano bloccare il Paese ma ottenere risposte dal Governo.⁰@PpBombardieri #TagadaLa7

— Uil Nazionale (@UILofficial) December 16, 2021

 

La comunicazione e la condivisione online non sostituiscono l’implementazione delle reti solidali, ma certamente le piattaforme digitali possono essere molto utili a costruire mobilitazioni reali nelle piazze. Con gli algoritmi di intelligenza artificiale di Kpi6* abbiamo analizzato le migliaia di conversazioni sul web, e il sentiment ossia l’andamento delle emozioni, ricavabili all’interno dei contenuti pubblicati sullo #sciopero.
Di #ScioperoGenerale si è iniziato a parlare in modo consistente già alcuni giorni prima della manifestazione nelle piazze, sin dall’inizio del mese di dicembre quando la mobilitazione è stata annunciata.

Discussioni sia sull’opportunità di scioperare, ma anche sulle varie tematiche di tipo economico, inerenti la manovra di bilancio, il lavoro e la ripresa economica. Una discussione ampia, articolata sull’effettivo valore e robustezza della crescita del prodotto interno lordo, sugli effetti del covid sull’economia e gli obiettivi concreti che lo sciopero può ottenere. Infatti le conversazioni spesso non includono menzioni alle sigle sindacali. Come se lo sciopero fosse sganciato dai promotori e in realtà sia stato il pretesto per aprire una discussione allargata, sulle azioni del Governo e le prospettive economiche.

Tra le sigle sindacali la Cgil è la più menzionata, con valori pressoché identici a quelli che caratterizzano la Uil, mentre la Cisl ha ottenuto un basso volume di visibilità all’interno delle conversazioni, nonostante il clamore provocato dalla mancata adesione allo sciopero.

Parlare tanto di un fenomeno sociale o di un protagonista politico, non necessariamente porta visibilità positiva, infatti il sentiment associato a Cgil e Uil è nettamente negativo, al 90%. In molti contestano l’opportunità di scioperare in una fase ritenuta delicata come quella attuale, anche in relazione alla possibile diffusione dei contagi e di nuovi focolai. 

Gli hashtag maggiormente associati allo sciopero, sono #CGIL e #UIL, mentre le frasi e le parole più presenti all’interno dei contenuti sono orientate alla protezione dei diritti e allo sviluppo dell’occupazione: “disaccordo Governo”, “manovra bocciata”, “chiediamo insieme giustizia” e “sciopero sacrosanto”. Ma c’è anche chi fa sentire una voce favorevole all’esecutivo, infatti tra le conversazioni emerge “manovra combatte il precariato”.

Le conversazioni sono di altro tipo quando si associano alla Cisl: “Responsabilità” e “dialogo”, sono le parole più rappresentate. Ma una parte dell’audience definisce la scelta di non partecipare allo sciopero una “scelta incomprensibile”, a conferma di come l’idea di vedere il fronte sindacale non compatto, provochi comunque disappunto.

Gli argomenti collegati allo sciopero, dei quali si parla sul web, sono raggruppabili in cinque categorie:
·         Lavoratori
·         Draghi e Governo
·         Legge di bilancio
·         Pensioni e pensionati
·         Covid e probabilità di contagi

Le categorie del rischio sanitario e di nuovo focolai è quella che ha provocato meno conversazioni, mentre il tema del lavoro e del precariato, oltre alle discussioni sul Governo, sono quelle più popolate con i contenuti degli utenti.

La prevalenza delle forze politiche, in generale, non ha sostenuto  lo sciopero, sebbene rispettandone la piena legittimità, e raccogliendo i vari spunti di riflessioni portati avanti nelle piazze.

Ancora livore da #Salvini contro i lavoratori di questo Paese e contro i sindacati.
Nessun stupore per la sua reazione: d’altronde sono i suoi consulenti ad essere orgogliosi quando riescono a licenziare gli operai e a chiudere delle fabbriche in Italia#SCIOPEROgenerale pic.twitter.com/1iOJBZMyLP

— nicola fratoianni (@NFratoianni) December 16, 2021

Uno sciopero si rispetta, sempre. Tuttavia, è meglio che i lavoratori – nel decidere se aderire o no – si basino sulle informazioni corrette, e non sulla propaganda. Ne va della qualità del nostro spazio pubblico. pic.twitter.com/zepW30icUg

— Luigi Marattin (@marattin) December 15, 2021

La politica non può ignorare lo #scioperogenerale, serve un segnale concreto per la dignità dei lavoratori. Sul #salarioMinimo chiediamo a tutti i partiti, a partire dal Pd, di rompere gli indugi. Basta perdere tempo: in Parlamento c’è la proposta del @Mov5Stelle.

— Carlo Sibilia (@carlosibilia) December 16, 2021

Osservando la geo distribuzione delle conversazioni sull’intero territorio nazionale, notiamo che in Lombardia e Lazio si è parlato molto dello sciopero; molto meno nel resto d’Italia, anche in quelle regioni dove i lavoratori hanno manifestato, a Bari, Cagliari, Palermo.

* Analisti: Gaetano Masi, Marco Mazza, Giuseppe Lo Forte, Pietro La Torre; Design: Cristina, Addonizio; Giornalista, content editor: Massimo Fellini


Sui social lo sciopero è più forte della paura del Covid

Dazi, clima e Soros. Il forum di Davos visto dai social 

Dalle Alpi svizzere, a Davos, dove si è appena conclusa la cinquantesima edizione del World Economic Forum 2020, le visioni contrapposte sul problema del cambiamento climatico non hanno trovato alcuna sintesi che possa assomigliare a un buon compromesso: gli attivisti che mettono in guardia dal climate change e dal riscaldamento globale sono stati bollati come “profeti di sventura” da Donald Trump.

 

Nelle stesse ore la giovanissima attivista per l’ambiente Greta Thunberg apriva i lavori del Forum puntando il dito contro l’inefficacia delle politiche per la lotta ai problemi ambientali, al punto da archiviare l’evento con disappunto categorico: “Questione clima completamente ignorata a Davos. Ma ce lo aspettavamo”. E sui social ritroviamo esattamente le stesse posizioni, amplificate e cristallizzate nell’audience, senza tuttavia diventare un trending topic.

“I wonder, what will you tell your children was the reason to fail and leave them facing the climate chaos you knowingly brought upon them?”
Here’s a clip from my speech addressing the #WorldEconomicForum in Davos today. Full speech here: https://t.co/qAJIqYXxhd#WEF2020 pic.twitter.com/8Ev3HqRY7d

— Greta Thunberg (@GretaThunberg) January 21, 2020

Le parole di Greta sembrano trovare conferma anche sulle piattaforme web, almeno in Italia dove l’attenzione ai fatti di Davos è stata bassa (probabilmente anche a causa del forte interesse sulle elezioni in Emilia-Romagna), a giudicare dalle conversazioni e dai thread pubblicati: appena 7 mila conversazioni con circa 20 mila condivisioni, e scarsissima voglia di interagire: appena lo 0,391% di engagement rate. Volumi di conversazioni costanti per tutta la settimana, ma da parte di poche persone.

Evidentemente una soglia di attenzione è garantita da attivisti, persone interessate al tema, ma certamente la discussione sul climate change non è diventata mainstream, nonostante il coinvolgimento di personalità di grande rilievo mediatico come Greta e Trump.

Heading back to Washington from @Davos , Switzerland. Very successful (for USA) trip!

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 22, 2020

Tuttavia il Forum #WEF può vantare un grosso seguito sui social: 7,8 milioni di follower su Facebook, 704 mila follower su Twitter, 2,7 milioni su Instagram, confermandosi un evento mondiale di grande interesse. Numeri però che non hanno scaldato le conversazioni “online”. Si seguono i temi, certo, ma senza interagire troppo. 

Il sentiment presente nei contenuti inerenti Greta conferma una contrapposizione senza vinti né vincitori, e restituisce l’immagine di un mondo diviso in due nelle sue opinioni principali: 55% negativo, 45% positivo. Percentuali di gradimento e affinità pressoché identiche per il presidente Trump.

 

Greta e Trump sono entrambe personalità che fanno discutere, dividono, ma nessuno dei due persuade l’audience attirando una netta prevalenza di gradimento; semmai osserviamo una visione che è nettamente contrapposta e statica tra opinioni. Un campo di discussione ormai definito dove nulla sembra cambiare.

Non sono mancati toni forti. Il Segretario al tesoro USA, Steven Mnuchin, ha invitato Greta a “studiare prima di dirci cosa fare” innescando, in thread, conversazioni su Twitter a cui hanno partecipato specialmente attivisti per il clima pronti a sostenere le posizioni della giovane attivista, alle quali si è aggiunta Angela Merkel: “La riduzione delle emissioni è una questione di sopravvivenza”.

Ma proprio Mnuchin trova spazio su Twitter anche grazie ad alcuni suoi annunci. La frase più usata nei tweet è “metteremo nuovi dazi”, in proposito all’avvertimento del Segretario all’Italia sul tema Web tax. La piazza social sembra attenta e preoccupata pensando al rischio di nuovi dazi; Donald Trump è molto sensibile al tema riaffermando il concetto “America first”.

Ripetete : #Trump è amico dell’ #Italia, Trump è nostro amico… #dazi https://t.co/mLBlPAyRnb

— Il Gufo (@IlGufo19) January 21, 2020

“L’America è tornata a vincere”, ha affermato Trump, elencando i risultati economici favorevoli degli USA degli ultimi anni. Quello di Davos è stato un Forum che secondo il Presidente è stato un successo per gli USA, come ha scritto su Twitter. Purtroppo Greta e gli attivisti non possono dire la stessa cosa… Visioni contrastanti non solo tra Trump e Greta ma anche tra il Presidente USA e Christine Lagarde. 

La prossima presidente della Bce ha parlato del tema dei cambiamenti climatici dopo il Consiglio direttivo: “Il cambiamento climatico è una minaccia per la stabilità. Sono felice che il tema dell’ambiente trovi il suo spazio nella revisione sulla strategia che effettueremo”. E infatti proprio Lagarde rientra nel panel degli speaker più menzionati sui social in concomitanza del Forum.

Nella contesa per la visibilità social e Soros a vincere, ben di più dei protagonisti attesi come Greta e Trump. E lo fa agganciandosi alla discussione tutta Italiana sul movimento di piazza delle Sardine: “C’è speranza nei movimenti spontanei giovanili, come la rivolta di Hong Kong, o come in Italia le Sardine, che hanno trovato il modo di affrontare i dittatori nazionalisti, o un aspirante dittatore come Salvini. Ci sono più sardine che squali come Salvini e dunque le Sardine avranno la meglio”.

Per il finanziere paladino della società aperta (spesso bersaglio proprio del leader leghista) il sentiment delle conversazioni è nettamente negativo al 72% e l’account più menzionato in sua concomitanza è proprio quello di @matteosalvini, a conferma del fatto che l’audience li percepisce in forte antagonismo. 

Da #Davos Trump avverte la #UE: “misure dolorose” (alias nuovi dazi) senza nuovi accordi commerciali in tempi brevi. I Pil di UE e USA sono quasi pari. Grazie Trump per averci ricordato che solo un’Europa unita può contare in un mondo globalizzato e resistere alle minacce.

— Carlo Cottarelli (@CottarelliCPI) January 23, 2020

Agi

Bizzarri: “Occhio ai social e un outsider direttore creativo, così è rinata Gucci”

Quando a gennaio 2015 Marco Bizzarri fu chiamato a rimpiazzare Patrizio di Marco come Ceo di Gucci, il brand era in pieno declino. Datato. Poco affascinante. La maison aveva bisogno di una svolta e per François-Henri Pinault, rampollo del gruppo francese Kering cui fa capo Gucci, l’uomo della rinascita sarebbe stato il 54enne emiliano allora a capo del segmento pelletteria e lusso di Kering.  

Da Mandarina Duck a Gucci, Bizzarri dietro le quinte della moda da oltre 20 anni

  • 2015 – Ceo di Gucci da gennaio 2015
  • 2014-2015 Ceo della divisione Kering’s Luxury – Couture & Leather Goods
  • 2009 – amministratore delegato di Bottega Veneta
  • 2005 – presidente e Ceo di Stella McCartney 
  • 1993-2004 – general manager del gruppo Mandarina Duck 

 

Una rivoluzione in stile Tom Ford

L’intuizione fu giusta. Nato a Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, ex compagno di scuola dello chef stellato Massimo Bottura, Bizzarri investirà miliardi di euro in comunicazione e nel rinnovo dei 500 negozi monomarca. A febbraio del 2017 il brand ha fatto sapere di aver chiuso il 2016 con un fatturato del +12%. Le vendite hanno toccato i 4.378 miliardi di euro, con un incremento di 500 milioni di valore. Una resurrezione di questo tipo nel mondo del fashion si era vista una sola volta, negli anni ’90, e anche quella volta a cambiare pelle fu Gucci grazie al tocco creativo di Tom Ford. Ma se tutto ciò è stato possibile, racconta il Financial Times, Bizzarri lo deve soprattutto a un compagno di lavoro sul cui talento il ceo di Gucci si è giocato l’intera partita.

La rinascita di Gucci in numeri

  • +12%, il fatturato relativo al 2016
  • 4.838, i miliardi di euro di vendite
  • 500, milioni l'incremento di valore

Alessandro Michele, il direttore creativo sconosciuto voluto dal ceo

Quando due anni fa fu scelto da Bizzarri per prendere il posto di Frida Giannini come direttore creativo, Alessandro Michele era uno sconosciuto. Capelli lunghi, abiti color confetto, Michele lavorava nel dipartimento borse. Nessuno lo avrebbe considerato un papabile successore della Giannini. Nove giorni dopo la dipartita di Di Marco, la prima collezione di Michele era già pronta. La sua nomina “è stato qualcosa di magico”, ha dichiarato al Financial Times Bizzarri. Lo stile di Michele è piaciuto anche a Vogue che ha descritto così la nuova donna Gucci: “sceglie i capi da indossare nei negozi vintage, li abbina a mocassini foderati di pelliccia e ai gioielli di famiglia”.

Social network e millennial, la sfida di Bizzarri passa per i selfie

Ma per Bizzarri non è ancora arrivato il momento per rilassarsi. La nuova missione è quella di difendere la nuova reputazione del brand Gucci in un momento in cui i social network non solo dettano i trend ma influenzano anche le millennial, decise a spendere meno per un capo ma ad acquistare più pezzi, in modo da essere sempre pronte per un selfie. Intanto Bizzarri è focalizzato su un obiettivo: rendere il gruppo ‘elastico’ e veloce a carpire le nuove tendenze e incontrare la domanda di nuovi look.

 

Agi News