Tag Archive: sempre

 La guerra in Ucraina potrebbe cambiare per sempre l’agricoltura italiana

AGI – La guerra in corso in Ucraina potrebbe provocare conseguenze a lungo termine per l’agricoltura italiana. A spiegarlo all’AGI è il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, intervenuto a LetExpo, la fiera del trasporto e della logistica sostenibile a Verona.

“Per anni – sottolinea Prandini – abbiamo avuto un sistema europeo spinto dalla logica della globalizzazione accelerata, che ci ha fatto puntare spesso sulla delocalizzazione di produzioni e aziende. Una logica sbagliata e fallimentare. In Europa abbiamo avuto dei sostegni contributivi erogati quando le imprese non producevano”.

Adesso, con la guerra scatenata dalla Russia, “capiamo l’importanza di essere aperti ma senza delocalizzare risorse e settori strategici”. Insomma, secondo Prandini, “l’Italia deve puntare ad aumentare la sua autosufficienza produttiva”.

La guerra tra Mosca e Kiev penalizza le filiere di grano e mais, ma non per quello che si pensa. “Da questi due Paesi – sottolinea il presidente della Coldiretti – importiamo il 5% di grano tenero e il 18-20% di mais. Sugli aumenti di pasta e pane il vero problema non è il grano, ma il boom del costo energetico, che impatta anche sul settore dei fertilizzanti, dove Russia e Ucraina sono tra i maggiori produttori al mondo”.

In questo campo “gli aumenti dei concimi chimici sono già superiori al 180%. E c’è un rischio approvvigionamento“. E poi “è vero che importiamo poco in termini percentuali sul grano tenero da Russia e Ucraina, ma sono il terzo produttore mondiale quindi la situazione va a incidere su altri mercati e, di riflesso, sul nostro”.

Dallo sblocco dei terreni agricoli ‘a riposo’, decisa dall’Ue, Coldiretti ha “stimato che si può recuperare un milione di ettari di superficie, su 12 milioni totali di terre coltivabili”. Poi creando “dei bacini di accumulo dell’acqua, nell’arco di 6-7 anni possiamo pensare di arrivare a una buona autosufficienza dall’estero”. Ora, conclude Prandini, “bisogna sfruttare il Pnrr” e “incentivare la capacità produttiva, investendo su temi come digitalizzazione, agricoltura di precisione, cisgenetica e Nbt”. 


 La guerra in Ucraina potrebbe cambiare per sempre l’agricoltura italiana

La fiducia delle imprese ai massimi di sempre, dice l’Istat

AGI – La fiducia delle imprese a luglio sale a livelli record, ai massimi di sempre. Avanza anche quella dei consumatori, al top da settembre del 2018. Lo rende noto l’Istat.

A luglio 2021 – spiega l’Istat – si stima un aumento sia dell’indice del clima di fiducia dei consumatori (da 115,1 a 116,6) sia dell’indice composito del clima di fiducia delle imprese (da 112,8 a 116,3).

Indici in crescita

Tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori sono in crescita a eccezione di quella futura: il clima economico passa da 126,9 a 129,6, quello personale sale da 111,1 a 112,2, quello corrente aumenta da 108,1 a 111,9; invece il clima futuro scende da 125,5 a 123,5.

“A luglio – commenta l’istituto di statistica – l’indice del clima di fiducia delle imprese migliora raggiungendo il valore più elevato di tutta la serie storica (l’indice è calcolato da marzo 2005). I servizi registrano un aumento marcato della fiducia superando decisamente i livelli precedenti la crisi; nella manifattura, si attenua il ritmo di crescita in seguito ad un lieve calo delle aspettative sul livello della produzione, ma l’indice raggiunge un nuovo massimo”.

“L’indice di fiducia dei consumatori continua la risalita registrando un massimo da settembre 2018. La crescita è trainata soprattutto dal deciso miglioramento dei giudizi sia sulla situazione economica generale sia su quella personale. In lieve calo le attese”, aggiunge.

Bene costruzioni e servizi

Per quel che riguarda le imprese, si stima un miglioramento della fiducia in tutti i comparti oggetto di rilevazione. Nelle costruzioni, nei servizi e nel commercio al dettaglio l’indice aumenta decisamente (rispettivamente da 153,6 a 158,6, da 107,0 a 112,3 e da 107,2 a 111,0) mentre l’incremento è più contenuto nel comparto manifatturiero (da 114,8 a 115,7).

Con riferimento alle componenti degli indici di fiducia, nell’industria manifatturiera migliorano i giudizi sugli ordini e le scorte sono giudicate in diminuzione; le attese sulla produzione sono in lieve calo. Per quanto attiene alle costruzioni, tutte le componenti dell’indice sono in miglioramento.

In relazione ai servizi di mercato, i giudizi sugli ordini e quelli sull’andamento degli affari segnalano un netto recupero; le attese sugli ordini sono in lieve diminuzione.  Nel commercio al dettaglio, i giudizi e le attese sulle vendite sono in miglioramento; il saldo dei giudizi sulle scorte diminuisce.

Bene la distribuzione

La fiducia è in aumento in entrambi i circuiti distributivi analizzati: nella distribuzione tradizionale l’indice passa da 101,7 a 104,6 e nella grande distribuzione sale da 109,0 a 112,8.

Sulla base delle domande trimestrali presenti nel questionario dell’indagine manifatturiera, a luglio cresce marcatamente la quota di imprese manifatturiere che lamenta insufficienza degli impianti o mancanza di materiali quali ostacoli alla produzione.


La fiducia delle imprese ai massimi di sempre, dice l’Istat

Sempre più digitali i clienti delle banche italiane

AGI – Digitalizzazione dei servizi e sicurezza dei clienti per le banche operanti in Italia vanno di pari passo: aumenta, infatti, l’utilizzo dei canali digitali e parallelamente si rafforza l’impegno del Mondo Bancario contro i crimini informatici grazie alle iniziative perseguite, in risposta alle restrizioni derivanti dal Covid-19, anche in collaborazione con le associazioni dei consumatori.

L’UTILIZZO DEI CANALI DIGITALI NEL 2020
Dall’indagine contenuta nel decimo Rapporto annuale realizzato da Abi Lab, il Consorzio per la ricerca e l’innovazione per la banca promosso dall’Abi, che fa il punto sullo sviluppo e sulle potenzialità del Digital Banking emerge che per le banche intervistate i clienti attivi su Mobile sono cresciuti del 15% nel 2020. A trainare la tendenza i clienti che accedono al Mobile Banking da app (applicazioni) per smartphone. In crescita del 56% anche il volume totale delle operazioni dispositive su Mobile Banking: tra queste, bonifici e giroconti +72%. Complessivamente nel campione oggetto di analisi il PC è ancora il canale che registra più volumi (173 milioni di operazioni dispositive nel 2020) sebbene il Mobile (con 171 milioni) si stia avvicinando sempre più al sorpasso.

Inoltre, l’impatto della pandemia si è tradotto in un aumento degli accessi medi mensili per il cliente, rispettivamente +31% per il Mobile e +14% per l’Internet Banking. Tutti gli istituti del campione offrono servizi tramite Internet Banking e app per smartphone, il 40% offre app anche sui tablet e il 16% sui dispositivi indossabili (wearable).

DA OGNI BANCA IN MEDIA 2,6 APP
Mediamente ogni banca offre 2,6 app (a campione costante il 76% ha mantenuto invariato il numero, il 12% lo ha aumentato e il 12% lo ha diminuito). Infatti, oltre che con app “classiche”, le diverse funzionalità possono essere offerte anche con app ad hoc focalizzate su determinate funzionalità e segmenti di clientela. Relativamente ai sistemi operativi, la totalità delle app censite è fruibile sia da IoS che Android. Sia per le app di Mobile Banking che per i portali di Internet Banking lo studio sottolinea una forte attenzione per le funzionalità legate ai Pagamenti, in particolare i bonifici istantanei, già offerti dal 52% delle banche e gli strumenti di gestione finanza personale (57% già disponibili da app, 52% da Internet Banking). L’area del comparto del credito si conferma l’ambito in cui l’offerta via Internet Banking è più sviluppata rispetto a quella tramite app, basti pensare che le funzionalità collegate alla gestione dei prestiti e dei mutui sono proposte rispettivamente dal 43% e dal 33% del campione.

Sempre più banche offrono servizi basati su piattaforme API (Application Programming Interface), in particolare finalizzate all’aggregazione di informazioni: il servizio di aggregazione conti (Account Aggregation) è offerto dal 19% delle realtà sul Mobile e un altro 33% si aggiungerà entro la fine dell’anno; da PC è attivo il 14% a cui si aggiungerà un 24%.

CRESCONO GLI INVESTIMENTI DIGITALI DELLE BANCHE
La forte attenzione del mondo bancario per Internet e Mobile Banking trova conferma anche nelle previsioni di investimento per il 2021: il 75% delle banche intervistate ha segnalato un aumento per il Mobile (nel 21% dei casi un forte aumento) e il 41% per l’Internet Banking (8% in forte aumento). Le aree su cui vengono canalizzati maggiormente gli sforzi sono il miglioramento dell’esperienza utente, l’efficientamento dei sistemi e la sicurezza informatica. Nell’ambito delle strategie di sviluppo dell’offerta digitale assume un ruolo rilevante la collaborazione con le Fintech, già attiva per il 58% del campione (con un ulteriore 13% entro il 2021).

L’IMPEGNO DELLE BANCHE CONTRO I CRIMINI INFORMATICI
Si rafforza ulteriormente l’impegno del mondo bancario nella lotta ai crimini informatici, attraverso presidi tecnologici, iniziative di formazione del personale e campagne di sensibilizzazione della clientela. In quest’ottica, a supporto ulteriore di questo impegno, l’Abi e 17 Associazioni dei consumatori hanno inviato una lettera all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni  per sollecitare un maggiore coordinamento nel contrasto alle frodi informatiche. In questi mesi di emergenza Covid sono state portate avanti una serie di iniziative volte a supportare gli operatori del settore finanziario e a rilevare nuove possibili minacce. Tali attività si affiancano alle iniziative delle banche, che numerose hanno attivato campagne di sensibilizzazione rivolte ai dipendenti proprio per sollecitare l’attenzione sulle misure da adottare nel lavoro tra le mura domestiche.

Dall’ultimo studio di Abi Lab sulla sicurezza emerge che la maggior parte delle banche intervistate ha indicato un aumento della spesa per il 2021 destinata sia alla sicurezza dei canali remoti, sia al rafforzamento dei sistemi di monitoraggio e protezione interni alla banca.

I CONSIGLI AGLI UTENTI
La sicurezza informatica, tuttavia, passa anche attraverso la collaborazione dei clienti delle banche. Per operare online in modo comodo e sicuro, infatti, è importante seguire alcune semplici regole: cambiare periodicamente la password dell’email, dei social network, dell’internet banking e dei siti per gli acquisti online; aprire solo le email provenienti da indirizzi noti; accedere a Internet solo dal proprio computer; installare o aggiornare l’antivirus; contenere la diffusione delle informazioni personali online; usare password diverse per siti diversi. 


Sempre più digitali i clienti delle banche italiane

La partita del Recovery Fund si fa sempre più complicata

AGI – Le tensioni politiche italiane e i timori per la tenuta del governo rischiano di complicare la partita europea sul Recovery Fund e mettono in allarme i partner europei. A pochi giorni dal voto parlamentare sulla riforma del Mes e dal vertice dei capi di Stato e di governo Ue, l’Europa guarda con attenzione a quello che succederà a Roma.

La stampa tedesca manda un segnale chiaro al nostro Paese e fa trasparire la preoccupazione di Berlino per il braccio di ferro interno alla maggioranza, che potrebbe rallentare ulteriormente la partita del Recovery Fund, già frenata dal veto ungherese e polacco sullo stato di diritto.

“L’Italia gioca col fuoco”, scrive la Welt. Anzi, “è il paziente a rischio dell’Europa”, incalza lo Spiegel. Al momento, in vista del vertice dei leader di giovedì e venerdì, Bruxelles si limita a osservare quello che accade a Roma. I circa 209 miliardi tra sussidi e prestiti del Recovery che spettano all’Italia sono solo virtualmente assegnati al nostro Paese (così come agli altri Stati membri Ue), che per ottenerli avrà bisogno di convincere le istituzioni europee con un dettagliato piano di riforme e investimenti da collegare a un calendario di obiettivi da raggiungere.

“Non siamo in ritardo, l’importante è avere un buon piano”, ribadisce il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Tuttavia l’ipotesi che l’Italia possa arrivare senza un governo a febbraio, quando presumibilmente i piani nazionali di riforme saranno inviati alla Commissione, rischia di rendere più difficile la partita europea.

La procedura di approvazione dei “piani per la ripresa e la resilienza” dopo la prima valutazione della Commissione, che può prendere fino a due mesi di tempo, prevede infatti l’assegnazione di un punteggio da parte dell’esecutivo Ue. Il ‘voto’ verrà assegnato in funzione “della coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese, nonché del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro”.

L’eventuale valutazione positiva “deve essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata su proposta della Commissione”, e per questo secondo passaggio Bruxelles assegna altre quattro settimane di tempo. Solo il semaforo verde delle due istituzioni Ue farà partire il prefinanziamento del 10% dei fondi, ma darà anche il via al tempo assegnato ai Paesi beneficiari dal crono-programma di “target intermedi e finali” compresi nei piani nazionali.

A vigilare sull’effettiva attuazione degli obiettivi previsti sarà il comitato economico e finanziario, composto da alti funzionari delle amministrazioni nazionali e delle banche centrali nazionali, della Banca centrale europea e della Commissione. La governance del Recovery Fund non contempla dunque alcuna prospettiva di cambio di Governo che possa portare a una revisione parziale o generale dei piani di ripresa e resilienza. Viene invece espressamente disciplinata, questa sì, l’eventualità di “gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali”, cioè il ritardo del Paese nel raggiungere gli obiettivi promessi. In questo caso la questione può essere trattata dai leader in persona durante il primo vertice europeo previsto. Ma fino ad allora “la Commissione non prenderà alcuna decisione relativa al soddisfacente conseguimento dei target e all’approvazione dei pagamenti”.

In altre parole, da un eventuale stallo durante il piano di ripresa potrebbe arrivare uno stop ai fondi da Bruxelles, che tornerebbero virtuali come al punto di partenza. L’unica finestra di revisione del Recovery si apre nel 2022 quando “i piani saranno riesaminati e adattati” al fine di “tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023”. I soldi che non verranno spesi, anche se assegnati all’Italia, resteranno nelle casse Ue.

Agi

Sempre più italiani si rivolgono a credito su pegno e compro oro

AGI – Complice la crisi legata alla pandemia da Coronavirus sono molti gli italiani che stanno cercando forme di credito alternative ai classici prestiti bancari o alla cessione del quinto. Negli ultimi mesi, a partire dal lockdown, è cresciuto dunque nettamente il numero di persone che si rivolgono al credito su pegno o che cercano di ottenere liquidità vendendo i propri oggetti preziosi ai compro oro.

Banca Sistema, tramite la propria controllata Pronto Pegno, è fra i principali operatori italiani su questo fronte e, recentemente, ha perfezionato anche l’acquisizione delle attività di pegno di Intesa Sanpaolo. “C’è sicuramente una netta accelerazione dei volumi se andiamo a fare un confronto con lo scorso anno”, spiega all’AGI il direttore di ProntoPegno, Giuseppe Gentile, partendo dai dati semestrali del gruppo.

I dati dei primi sei mesi

“Sul fronte dei volumi, al 30 giugno, la crescita è aumentata del 39% sull’anno precedente, con oltre 10,6 milioni erogati nel periodo e un totale di pegni che ammonta a 13,3 milioni”, dice Gentile, che osserva come a crescere siano sia “i pegni emessi che quelli rinnovati”. “Se a marzo e ad aprile, con il lockdown, vedevamo solo un forte impulso sui nuovi pegni, perché siamo stati i primi a spostare scadenze e gli interessi, a maggio e giugno abbiamo visto anche un’accelerazione dei rinnovi e dei riscatti”, racconta il direttore di ProntoPegno. 

Il mercato, nel 2019, valeva fra i 900 milioni e il miliardo di euro e solamente il 5% degli articoli finisce poi all’asta, mentre il 95% (ma oltre il 99% per la società del gruppo Banca Sistema) viene riscattato. “Dobbiamo vedere cosa succederà a ottobre”, continua Gentile. Se gli effetti negativi della pandemia sull’economia dovessero prolungarsi, potremmo assistere a un’ulteriore crescita, dopo un luglio (che storicamente è un buon mese per l’attività) a +15%. Affide, fra i principali operatori italiani ed europei, non fornisce numeri aggiornati: nel solo mese di maggio, tuttavia, è cresciuto del 18% il numero di operazioni registrate dal gruppo rispetto a febbraio.

I compro oro

Un netto aumento delle attività, secondo il presidente di Antico (l’Associazione Nazionale Tutela Comparto dell’Oro, ndr), Nunzio Ragno, si registra anche presso i ‘compro oro’. “Tengo a precisare che è un’attività molto diversa dal credito su pegno – premette – In ogni caso c’è un aumento delle richieste rispetto al periodo pre-Covid del 30-40%, con un’impennata dovuta a una fase di ristrettezze economico finanziarie”. A spingere al ricorso ai compro oro anche le quotazioni ai massimi storici del metallo prezioso, che porta “anche persone che non hanno bisogno di venderlo, ma che sono consapevoli di avere degli oggetti in disuso, a proporlo ai negozi o anche ai gioiellieri, magari sotto forma di permuta”, conclude Ragno. 

Agi

Per il lavoro sarà l’autunno peggiore di sempre?

AGI – L’Inps ha calcolato che nel primo trimestre 2020 l’input di lavoro misurato in termini di Ula ha subito una eccezionale diminuzione sia sotto il profilo congiunturale (-6,9%) sia su base annua (-6,4%), come conseguenza della riduzione delle ore lavorate a seguito del sopraggiungere dell’emergenza sanitaria a partire dall’ultima settimana di febbraio.

Dopo una sostanziale tenuta nei mesi di gennaio e febbraio 2020, ha evidenziato a marzo una progressiva perdita di circa 220 mila posizioni lavorative a marzo, un andamento negativo dovuto essenzialmente alla contrazione delle assunzioni, misurabile in 239 mila attivazioni di rapporto di lavoro dipendente in meno (-44 mila a tempo indeterminato e -195 mila a termine).

Le rilevazioni dell’Anpal dicono che dall’inizio dell’anno fino al 3 maggio c’è stata una riduzione di 882 mila contratti avviati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con l’avvio della cosiddetta fase 2 si è registrata una progressiva ripresa dei flussi contrattuali, per quanto su dinamiche comunque molto distanti da quelle del 2019 e dell’inizio del 2020, ma l’inversione non consente, ovviamente, di recuperare il gap precedentemente accumulato: al 31 maggio, il 2020 sconta, in termini di posizioni lavorative nette, un differenziale di oltre 583 mila posizioni rispetto al 2019.

“Abbiamo davanti un autunno molto impegnativo dal punto di vista occupazionale. La scommessa di dire blocchiamo i licenziamenti perché poi il mercato riprenderà, più passano i giorni più si dimostra lontana dalla realtà. Giochiamo nel campionato dell’incertezza ma dai numeri degli ordinativi estivi e dalle difficoltà che ancora attraversano mercati importanti come quelli di Usa e Cina, non torneremo alla normalità dopo l’estate. Non possiamo continuare a pensare che dopo il blocco tutto tornerà come prima: a un certo punto ci sveglieremo e sarà dura. Sicuramente i giovani e le donne pagheranno di più ma è necessario averne consapevolezza e ripartire”.

Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt

L’autunno peggiore di sempre

L’autunno peggiore di sempre. Così si prospetta il mercato del lavoro a settembre, quando finirà il blocco dei licenziamenti stabilito per decreto. Le stime circolate sono da far tremare i polsi ma nessuno sa esattamente cosa ci aspetti.

Secondo Confindustria, l’occupazione in termini di Ula seguirà il Pil, con un -7,6%. Confcommercio, basandosi su una previsione di crollo del Pil dell’8%, calcola che andrà perso almeno un un milione di posti di lavoro. Federmeccanica parla di scenario “drammatico”. L’Istat, nelle Prospettive per l’economia italiana, nota che l’evoluzione dell’occupazione, misurata in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno), è prevista evolversi in linea con il Pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%) e una ripresa nel 2021 (+4,1%).

Leggi anche: La sorpresa che attende i manager a ottobre

Diversa appare la lettura della crisi del mercato del lavoro attraverso il tasso di disoccupazione, il cui andamento rifletterebbe anche la decisa ricomposizione tra disoccupati e inattivi e la riduzione del numero di ore lavorate.

Ma i dati più allarmanti sono quelli dell’Istat che indicano la diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-467 mila) e la crescita degli inattivi (+290 mila). Ad aprile la tendenza è proseguita e, fa notare Confindustria, gli occupati sono calati (-274 mila), gli inattivi sono saliti molto (+746 mila).

Nella Congiuntura flash di maggio la confederazione osserva che “l’estensione eccezionale della Cig quest’anno permetterà un forte aggiustamento al ribasso delle ore lavorate e la salvaguardia di posti di lavoro. L’occupazione in termini di Ula seguirà il Pil, con un -7,6% nel 2020 (e +3,5% nel 2021), ma terrà in termini di teste. Il tasso di disoccupazione crescerà meno che altrove, anche per l’aumento degli inattivi ma faticherà a scendere nel 2021 (11,3%), quando la creazione di posti di lavoro sarà spiazzata dal riallungamento degli orari e più persone cercheranno un impiego.

“In tutti i paesi i provvedimenti dei governi riguardanti il mercato del lavoro, come quelli per evitare licenziamenti (blocchi, salari pagati dallo stato, prestiti legati alla mantenimento dell’occupazione) sono stati varati con una scadenza  e ovunque ci si chiede cosa accadrà dopo. Penso che si andrà ovunque verso un rinnovo di tali misure, magari seguendo un processo di graduale riduzione. Teniamo presente che si sta navigando a vista perché in nessuna carta nautica dell’economia c’è scritta la rotta da tenere in una situazione che è senza precedenti. E ovunque le misure sono state aggiustate nella qualità e nella quantità in base all’evoluzione dell’epidemia e delle restrizioni per contrastarla”.

Luca Paolazzi, economista e partner Ref ricerche

Federmeccanica ha già avvertito che le prospettive per l’autunno saranno drammatiche: la fase recessiva del comparto “dovrebbe protrarsi anche nel corso del secondo trimestre” e il “34% delle imprese ritiene di dover ridimensionare, nel corso dei prossimi sei mesi, gli attuali livelli occupazionali”.

Ma la situazione potrebbe essere peggiore in altri settori, come il turismo, il commercio, i servizi. Secondo un sondaggio di Confesercenti il 59% degli albergatori ridurrà il personale. Resta quindi da capire cosa succederà con gli ammortizzatori sociali: i dati di maggio sulla cassa integrazione mostrano numeri mai visti in precedenza. 

Le ore autorizzate con causale “emergenza sanitaria Covid19” sono state ad aprile-maggio 2020 pari a circa 1,7 miliardi. Ciò significa aver salvaguardato 5 milioni di posti di lavoro. I sindacati chiedono proroghe e non vogliono sentir parlare di licenziamenti: i metalmeccanici sono già scesi in piazza e annunciano scioperi. Potrebbe essere solo l’inizio. 

Agi

Fca: Manley, sempre pronti a discutere di nozze con Renault

Dopo il ‘naufragio’ delle nozze di due mesi fa, il capo di Fca Mike Manley lascia la porta aperta ad ulteriori discussioni con Renault per un possibile matrimonio tra le due case automobilistiche. Lo rivela in un’intervista pubblicata lunedì sul Financial Times. “La logica industriale che prevaleva prima esiste ancora”, ha assicurato il manager britannico della Fiat Chrysler Automobile (FCA). “Se le circostanze dovessero cambiare, allora forse i sogni potrebbero unirsi e le cose potrebbero accadere”, e in quel caso, “saremmo interessati ad avere novità loro (di Renault, ndr)”, ha aggiunto.

Dopo diversi mesi di discussioni tra i due gruppi, all’inizio di giugno è fallito un progetto di fusione per formare la terza azienda automobilistica più grande del mondo. I leader della Fiat incolpano il governo francese per questo fallimento, il cui ‘placet’ è essenziale. Secondo il Wall Street Journal, tuttavia, il produttore francese sta negoziando una revisione completa della sua alleanza con Nissan, con al centro delle discussioni il riequilibrio delle partecipazioni incrociate delle due società attualmente a favore del marchio del diamante.

Lo scopo di questi negoziati è proprio quello di allentare alcune tensioni e quindi eliminare la riluttanza di Nissan a fondersi con FCA in un momento in cui il partenariato franco-giapponese è già stato messo alla prova dallo sfratto del suo costruttore Carlos Ghosn arrestato alla fine del 2018 per presunta cattiva condotta finanziaria. Tuttavia, una fonte vicina al file assicurava all’AFP che “queste sono solo ipotesi. “Per il momento non ci sono contatti, non ci sono negoziati.” In un’altra intervista pubblicata lunedì scorso, concessa all’agenzia Bloomberg, Manley aveva fatto sapere che Renault non è l’unico attore con il quale le discussioni possono essere impegnate: “Rappresentano l’unica opportunità? La risposta a questa domanda è sicuramente no”, aveva risposto.

Agi

Eni: Descalzi, da green sempre più utile operativo

 "L'impianto di Porto Marghera è stato il primo esempio di economia circolare sulla parte della raffinazione ed è stata la prima raffineria nel mondo trasformata da raffineria tradizionale a raffineria green". Così l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi a margine della visita della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati alla Bioraffineria di Porto Marghera (Venezia).

"Venezia è stata la prima ma adesso c'è Gela – ha continuato – e poi si continua a lavorare sulla parte della chimica, rinnovabili e trattamento di tutto quello che è il rifiuto organico urbano arrivando alla sua trasformazione in combustibile compresa la lavorazione delle plastiche".

"Marghera deve poter diventare ancora più efficiente – ha continuato – e quindi terremo sia l'impianto che abbiamo ora che un nuovo impianto completamente verde". Poi l'ad Descalzi ha aggiunto che il segmento green "darà sempre più utile operativo ad Eni". "Lo stiamo facendo in Italia – ha continuato -Italia su Italia, senza materia prime che provengono da fuori".

Agi News

“Le Ico delle startup sono la più grossa truffa finanziaria di sempre”

"Le Ico sono la più grande truffa di sempre". Parola di Jordan Belfort. L'uomo che ha ispirato The Wolf of Wall Street, film di Martin Scorsese con Leonardo Di Caprio, punta il dito contro le "Initial coin offering". Si tratta di un metodo di finanziamento che le startup stanno usando sempre di più: raccolgono moneta virtuale (come bitcoin) e in cambio offrono dei "gettoni digitali" (detti token) che si apprezzano o perdono valore in base al successo della società.

Su BlogItalia: "I venditori di sogni, e di bolle. Occhio alle ICO"

Il mercato delle Ico cresce. In pochi giorni, alcuni progetti hanno raccolto milioni, ingolosendo nuove imprese a fare lo stesso. Dall'inizio dell'anno, scrive il Financial Times, 202 operazioni hanno ottenuto 3 miliardi di dollari. Con o senza un progetto compiuto. Sì, perché le Ico non hanno una regolamentazione e, di conseguenza, permettono alle società di incassare anche in assenza di un prodotto concreto (e talvolta anche senza un'idea precisa). Dall'altra parte, gli investitori sono privi di tutele. Se la startup fallisce, non produce nulla o perde valore, l'investimento va perduto senza possibilità di rivalsa. Per questo Belfort parla di una bolla che prima o poi "scoppierà in faccia alle persone".

Per approfondire: Le Ico come strumento per finanziare una startup

Non tutte le startup usano le Ico solo per spillare soldi. Anzi, sottolinea, "probabilmente l'85% non ha cattive intenzione. Ma basta un 5-10% di persone che provi a farlo perchè tutto diventi un disastro".

Belfort, condannato a 22 mesi di carcere per frode e riciclaggio a causa delle sue disinibite condotte finanziarie, di "cattive intenzioni" se ne intende. Ma dice che le Ico "sono peggio di qualsiasi cosa abbia mai fatto". E non è il solo a criticarle. La Cina le ha vietate, mentre le autorità britanniche, per ora, si sono limitate a mettere in guardia gli investitori. Ad avallare le convinzioni dei critici c'è, in questi giorni, il caso Tezos. La startup, nata per costruire "una nuova blockchain" (la tecnologia su cui viaggiano le monete digitali), ha raccolto 232 milioni in bitcoin (una cifra cresciuta fino a 400 milioni grazie all'apprezzamento della criptovaluta).

Ma i suoi fondatori stanno già bisticciando sulla spartizione dei fondi e al momento il progetto si è arenato. Risultato: il valore dei titoli che scommettono sul futuro della compagnia è crollato del 75% e due studi statunitensi stanno raccogliendo adesioni per avviare un'azione legale collettiva. "Adesso tutti vogliono entrare in questo mercato", spiega The Wolf of Wall Street, oggi autore e conferenziere di successo. "Non dico che le criptovalute siano una cattiva idea. Il problema sono le persone che la 'bastardizzanò". 

Agi News

Bill Gates è sempre il più ricco, Trump perde 220 posizioni

Bill Gates si conferma anche nel 2017 l'uomo più ricco del mondo, mantenendo il primato per il quarto anno consecutivo. La tradizionale classifica stilata da Forbes attribuisce al cofondatore di Microsoft un patrimonio pari a 86 miliardi di dollari, con il quale sopravanza il finanziere Warren Buffet a 76,5 miliardi e il fondatore di Amazon Jeff Bezos a 72,8 miliardi. Subito sotto il podio figurano il fondatore di Zara Amancio Ortega con 71,3 miliardi e quello di Facebook Mark Zuckerberg con 56 miliardi. Nella top ten mondiale entrano anche il magnate delle tlc messicano Carlos Slim con 54,5 miliardi, il fondatore di Oracle Larry Ellison con 56,4 miliardi, l'ad di Koch Industries Charle Koch con 48,3 miliardi, il fratello David Koch con la stessa cifra e l'ex sindaco di New York Michael Bloomberg con 47,5 miliardi. La donna più ricca del mondo è la francese Liliane Bettencourt: l'ereditiera e proprietaria del gruppo L'Oreal è quattordicesima assoluta con 40,3 miliardi. Le miliardarie più giovani sono le sorelle norvegesi Alexandra e Katharina Andersen, appaiate al 1.678esimo posto con 1,2 miliardi: 20 e 21 anni rispettivamente, a loro il padre ha trasferito il 42% (21% a testa) della compagnia di investimento di famiglia Ferd. Il più anziano risultava David Rockfeller, 581esimo con 3,3 miliardi, ma il centenario è morto proprio nel giorno della pubblicazione della classifica.

La vedova Ferrero guida la classifica italiana

La classifica italiana è guidata da Maria Franca Fissolo, che con 25,2 miliardi è ventinovesima a livello mondiale. La vedova Ferrero è seguita dal patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, con 17,9 miliardi (cinquantesimo nel mondo) e dall'imprenditore Stefano Pessina con 13,9 miliardi (ottantesimo al mondo). I tre sono anche gli unici connazionali nella top 100 mondiale e tengono alle loro spalle Massimiliana Landini Aleotti, 133esima al mondo con 9,5 miliardi, e Silvio Berlusconi, 199esimo con 7 miliardi. 

Completano i primi dieci posti della classifica nazionale Giorgio Armani con 6,6 miliardi, Augusto e Giorgio Perfetti con 5,8 miliardi, Paolo e Gianfelice Mario Rocca con 4,4 miliardi, Giuseppe De'Longhi con 3,8 miliardi e Patrizio Bertelli con 3,2 miliardi. 

Trump ha perso 200 milioni di dollari

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è invece scivolato di 220 posizioni, piazzandosi solo al 544esimo posto nella classifica, alla pari con altri 19 miliardari. Forbes stima la ricchezza del presidente americano in 3,5 miliardi di dollari, 200 milioni di dollari in meno rispetto a prima di diventare presidente, complice la frenata del mercato immobiliare a Manhattan, nella zona 'midtown'. "Il 40% della fortuna di Trump è legato alla Trump Tower e ad altri 8 edifici a circa un chilometro e mezzo di distanza. Ciò che accade in quel micro mercato impatta la ricchezza netta di Trump più di ogni altra parte del mondo", osserva Forbes. Il magazine segnala inoltre come Trump abbia donato 66 milioni di dollari alla sua campagna presidenziale e 25 milioni per patteggiare l'azione legale della Trump University. Per contro, "dall'elezione, l'iscrizione al suo resort di Palm Beach è raddoppiata a 200.000 dollari e gli attici nelle sua proprietà a Las Vegas sono schizzati a prezzi record mentre gli ospiti hanno pagato fino a 18.000 dollari a notte per stare nel suo hotel di Washington Dc durante l'inaugurazione". 

Agi News