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Quanto pesano i colossi di Internet sull’economia globale? Un report

Le aziende tecnologiche stanno diventando una parte sempre più rilevante dell’economia statunitense. Ad aprile raccoglievano il 25 per cento della capitalizzazione di mercato. E sono responsabili anche di una fetta crescente della spesa in ricerca e sviluppo. Tutto ciò in un quadro in cui la velocità con cui le nuove tecnologie soppiantano sistemi precedenti è sempre più alta. In cui più della metà della popolazione mondiale ha un accesso a internet.

E in cui è attesa una rivoluzione nel mercato del lavoro, con molte aziende che si butteranno su soluzioni basate su intelligenza artificiale, agganciandosi ai servizi offerti da colossi come Amazon​ e Google. E con i lavoratori che dovranno potersi aggiornare in continuazione. A guidare, anzi, a dominare, il settore della AI (Artificial Intelligence) sono Stati Uniti e Cina; con la Repubblica popolare che negli ultimi anni ha scalato posizioni per la quantità di aziende tech.  

È questo lo scenario delineato dal rapporto Internet Trends, redatto come ogni anno dall’autorevole analista finanziaria e venture capitalist Mary Meeker, e considerato un punto di riferimento da investitori e dirigenti della SIlicon Valley. Una relazione ricca di dati che vanno ovviamente contestualizzati. In cui si respira anche una preoccupazione per l’altolà alla corsa dei giganti tech sulla privacy arrivato da consumatori e regolatori, in primis l’Europa.

Calano le vendite di smartphone, aumenta il tempo online 

Colpisce poi il calo nella corsa degli smartphone. Il 2017 è stato il primo anno in cui le vendite di telefoni intelligenti non sono cresciute. Anche il prezzo medio dei dispositivi è in diminuzione, grazie alla spinta dei mercati emergenti, e malgrado il rilascio delle costose corazzate targate iPhone e Samsung Galaxy Notes. Cala anche la crescita degli utenti internet globali, che è stata del 7 per cento contro il 12 dell’anno precedente.

E tuttavia, aumenta il tempo delle persone passato online. Negli Stati Uniti gli adulti hanno passato 5,9 ore al giorno su media digitali, contro le 5,6 del 2016. Di queste, 3,3 ore sono trascorse su dispositivi mobili, responsabili della crescita complessiva del consumo di media digitali. 

La gente sta tanto online, ci sta su smartphone e tablet, e compra sempre di più online, facendo pagamenti da mobile. Infatti un’altra tendenza, che emerge dalle molte slide dell’analista, è la crescita dei pagamenti mobili. Che stanno diventando sempre più semplici. Qui a guidare l’avanzata è la Cina, con oltre 500 milioni di utenti di mobile payment nel 2017.

Cresce anche l’ecommerce a discapito delle vendite in negozi fisici. Il 13 per cento delle vendite al dettaglio viene dall’ecommerce contro il 5 per cento di dieci anni fa. Amazon si prende la fetta più grande della torta con il 28 per cento. Il colosso di Seattle va forte anche con i suoi dispositivi Echo, malgrado le recenti preoccupazioni per la privacy: ha piazzato 30 milioni di altoparlanti intelligenti nelle case, contro i 10 milioni della fine del 2016. 

E ancora. Più del 50 per cento della popolazione mondiale, 3,6 miliardi, ha un qualche accesso a internet. Il Wifi è cresciuto parecchio, ci sono 450 milioni di reti Wifi nel mondo, contro i 100 milioni di cinque anni fa. E gli utenti passano il tempo da mobile a vedere video e chattare. Le tre maggiori piattaforme di messaggistica – Whatsapp, Facebook Messenger e WeChat – raccolgono ognuna più di 1 miliardo di utenti attivi al mese

Agi News

Di quanto sono più bassi gli stipendi delle donne rispetto a quelli degli uomini

Nel mondo le donne guadagnano in media il 23% in meno degli uomini. Lo affermano le Nazioni Unite, secondo cui si è difronte al "più grande furto della storia". Per ogni dollaro guadagnato da un uomo, una donna guadagna in media 77 centesimi e – sottolinea la consigliera delle Nazioni Unite Anuradha Seth – non vi è "un solo Paese né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini".

Notevoli comunque, le differenze tra paesi: tra i membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), vi sono paesi con una differenza del 5% come Italia e Lussemburgo e altri con un gap del 36% come la Corea del Sud. Secondo l'Eurostat (che calcola il divario retributivo di genere sulla base della differenza del salario medio lordo), nell'Unione europea le donne in media guadagnano circa il 16% in meno degli uomini. Il "gender pay gap" era nel 2015 del 16,3% nella Ue a 28 stati e del 5,5% in Italia, in riduzione dal 7% del 2013 e dal 6,1% del 2014.

Leggi anche: "La parità salariale fra uomini e donne imposta per legge funziona". In Islanda

Nel nostro Paese si rileva la percentuale più bassa d'Europa insieme a quella del Lussemburgo. Ma gli aspetti da considerare nel divario salariale sono molti: dalla mancata remunerazione del lavoro domestico, alla minore partecipazione al mercato del lavoro, al livello delle qualifiche. Le lavoratrici hanno meno ore retribuite, operano in settori a basso reddito, sono meno rappresentate nei livelli apicali delle aziende. E ricevono in media salari più bassi rispetto ai colleghi maschi per fare esattamente lo stesso lavoro. La differenza salariale si amplia generalmente in relazione all'età e alla presenza di figli: con ogni nascita le donne perdono in media il 4% del loro stipendio rispetto a un uomo; per il padre il reddito aumenta invece di circa il 6%. Ciò dimostra, secondo Seth, che buona parte del problema è il lavoro familiare non retribuito che le donne continuano a svolgere in modo sproporzionato.

Secondo i dati dell'Organizzazione internazionale del lavoro riferiti al 2015, il 76,1% degli uomini in età lavorativa fa parte della popolazione attiva, contro il 49,6% delle donne. Al ritmo attuale, avverte l'Onu, ci vorranno più di 70 anni per porre fine al divario salariale tra uomini e donne.

 

Agi News

Quanto (e per cosa) spenderanno gli italiani per il cenone?

Per il cenone di fine anno saranno destinati alla tavola 88 euro in media a famiglia, con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno. È quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè in vista del Capodanno, per il quale si prevede che quasi due italiani su tre (64%) consumeranno nelle case, proprie o di parenti e amici, il cenone di fine anno mentre gli altri si divideranno tra ristoranti, trattorie, pizzerie, pub e agriturismi. Lo spumante si conferma come il prodotto immancabile per nove italiani su dieci (90%), ma è sorprendentemente seguito a ruota dalle lenticchie, presenti nell'86% dei menu che beneficiano delle tendenze salutistiche, della solidarietà con le aree terremotate dove vengono coltivate e forse anche perché sono chiamate a portar fortuna secondo antiche credenze.

La novità di quest'anno è l'arrivo in tavola dei cosiddetti 'superfood' ai quali sono associate specifiche proprietà salutistiche. Più di un italiano su quattro (il 26%) li porterà in tavola con un positiva tendenza a riscoprire quelli della "nonna", dalle noci al farro, dalle visciole alla roveja rispetto a cibi di diventati di gran moda in Italia, dallo zenzero alle bacche di goji, che provengono in gran parte dalla Cina, che è ai vertici per gli allarmi sanitari.

Ostriche e caviale? Meglio il cotechino

Il 62% degli italiani – continua la Coldiretti – assaggerà il salmone arrivato dall'estero, appena l'11% si permetterà le ostriche e la stessa percentuale il caviale, spesso di produzione nazionale, ma predominante è la presenza del pesce locale a partire da vongole e alici per le quali si assiste ad una vera riscossa sulle tavole. Tiene il cotechino nel 69% delle tavole. Si stima che siano serviti 6 milioni di chili di cotechini e zamponi, con una netta preferenza per i primi. Durante le festività di fine anno finisce in tavola circa il 90 per cento del totale della produzione nazionale che è in gran parte certificata come Cotechino e Zampone di Modena Igp, riconoscibili dal caratteristico logo a cerchi concentrici gialli e blu con stelline dell'Unione Europea, ma si rileva anche una apprezzabile richiesta per cotechini e zamponi artigianali, magari acquistati direttamente dagli allevatori, in azienda, nei mercati o nelle botteghe di Campagna Amica, dove la componente di carne italiana è pari al cento per cento. ll rinnovato interesse per questi pregiati prodotti della salumeria "Made in Italy" è accompagnato dalla presenza delle lenticchie. Tra le più note quelle del Castelluccio di Norcia Igp, ma anche quelle inserite nell'elenco delle specialità tradizionali nazionali come le lenticchie di S.Stefano di Sessanio (Abruzzo), di Valle agricola (Campania), di Onano, Rascino e Ventotene (Lazio), Molisane (Molise), di Altamura (Puglia), di Villalba, Leonforte, Ustica e Pantelleria (Sicilia) o umbre quali ad esempio quelle di Colfiorito.

Agi News

Quanto guadagna un fattorino di Deliveroo? Secondo l’azienda i rider sono felici

Si chiama gig economy; il nome può sembrare carino, addirittura quasi accattivante. Ma nella realtà non è altro che 'economia del lavoretto'. Una cosa che, nelle intenzioni di chi se l'è inventata, dovrebbe essere la sintesi stessa del lavoro temporaneo, ma che, in tempo di crisi, è diventato ripiego a medio termine di chi deve sbarcare il lunario. E che alla fine non si è più sentito nè tanto carino nè tanto temporaneo e ha cominciato a organizzarsi. E a protestare.

Fino al flash mob di venerdì sera davanti al quartier generale di Deliveroo – quelli in bicicletta con lo scatolone sulla schiena che consegnano cibo a domicilio, per intenderci –  in via Ettore Ponti a Milano. Come già successo a Londra nell'agosto 2016, i lavoratori, indossando 'maschere senza volto', hanno esposto striscioni con la scritta "siamo lavoratori, non schiavi".

Perché protestano

Al centro della protesta, la decisione della multinazionale londinese di abolire il salario minimo di 5,60 euro l'ora pagato ai fattorini che, "senza garanzie e tutele", effettuano le consegne di cibo. Il 31 dicembre i contratti scadranno e i 'riders', come si chiamano i pedalatori, temono sull'introduzione del cottimo

Come si racconta Deliveroo

La protesta è arrivata come una doccia fredda per la società leader del mercato globale del food delivery che opera oggi in 12 Paesi, lavora con oltre 35mila ristoranti partner e ha generato oltre un miliardo di euro di ricavi per il settore della ristorazione tra giugno 2016 e giugno 2017. In Italia – stando ai dati dell'azienda – questa crescita ha prodotto oltre 20 milioni di euro di aumento dei ricavi per i ristoranti e i loro fornitori. In Italia Deliveroo nell'ultimo anno è cresciuta rapidamente, e oggi conta su oltre 1.900 ristoranti partner nelle 10 città in cui opera. Con la sua attività, afferma Deliveroo, "sta attirando importanti investimenti e cresce rapidamente. Se in Italia continuasse per due anni a crescere ai ritmi dei ristoranti partner nel mondo tra giugno 2016 e giugno 2017, creerebbe circa 5mila opportunità di lavoro, 67 milioni di euro di valore aggiunto lordo per l'economia italiana e 5,5 milioni di euro sarebbero pagati al Fisco italiano"

Nel mondo

  • 12 Paesi
  • 35mila ristoranti
  • 1 miliardo di euro di ricavi
  • 20 milioni di aumento di ricavi per i partner e i fornitori

In Italia

  • 1.900 ristoranti partner
  • 11 città
  • 1.300 rider
  • In media in Italia un rider guadagna 9.60 euro lordi per ogni ora di lavoro

Leggi anche: quanto guadagna un magazziniere di Amazon?

Come reagisce alla protesta

"In un recente sondaggio, il 90% dei rider Deliveroo si dice soddisfatto del lavoro che svolge" scrive l'azienda in una nota, "Per questo sappiamo che questo gruppo (di manifestanti, ndr) non rappresenta il punto di vista della grande maggioranza dei rider che lavorano con Deliveroo in Italia. Nello stesso sondaggio il 90% dei rider ha affermato di apprezzare la flessibilità che offre il lavoro con Deliveroo e il 93% ha detto che consiglierebbe questo lavoro ad un amico. I rider apprezzano anche le condizioni economiche".

​Che cosa è la gig economy. E come funziona

A febbraio scorso con Deliveroo, collaboravano più di 700 rider – la maggior parte under 30 – che venivano pagati tra i 7 e gli 8 euro lordi l'ora (la variazione dipende dalla città in cui si lavora). Chi usa la bicicletta riceve 1-1,5 euro in più a consegna, mentre chi lavora con lo scooter ha un rimborso per la benzina.

Foodora opera in 4 città (Milano, Torino, Roma e Firenze) attraverso la collaborazione di circa 900 rider, tutti – sottolinea la società – regolarmente contrattualizzati, che hanno in media 23/24 anni. "Sono loro a decidere quando dare la disponibilità, proprio in modo da integrare questo lavoro con loro occupazione primaria, solitamente lo studio. E per questo sono loro stessi a richiedere una buona flessibilità, per esempio durante le sessioni di esami. I rider possano decidere in totale autonomia se e quando lavorare, indicando la loro disponibilità nelle diverse fasce orarie, e hanno anche la facoltà di non presentarsi per effettuare la consegna, anche all’ultimo momento e senza obblighi ulteriori", spiegava all'Agi Foodora. 

La società ha scelto di stipulare con i propri rider regolari contratti di collaborazione, piuttosto che pagare con ritenuta d'acconto o partita iva: "ciò vuol dire che Foodora paga regolarmente i contributi Inps e Inail previsti dal contratto, oltre ad offrire un’assicurazione integrativa per i danni a terzi e l’accesso alle convenzioni con le ciclofficine per la manutenzione del mezzo". Il compenso offerto ai rider di Foodora è di 4 euro a consegna. Mediamente vengono effettuate due consegne l’ora, quindi un rider di Foodora riceve un compenso medio di 8 euro lordi/ora (7,20 euro netti). 

Just Eat ha un modello di business differente rispetto alle altre realtà del comparto perché agisce da intermediario tra ristoranti e consumatori. La consegna è affidata direttamente ai locali affiliati che hanno già un servizio proprietario di consegna a domicilio e che gestiscono la flotta dei propri rider in totale autonomia sotto ogni aspetto. Le tariffe orarie dei partner di Just Eat variano tra gli 8 e gli 11 euro, prevedono un bonus per il lavoro nei giorni festivi e in presenza di maltempo e agevolazioni economiche sulla manutenzione delle biciclette/scooter. In alcune città italiane è attivo poi il servizio JUST EAT Delivery, che consente ai ristoranti che non hanno un servizio di consegne proprietario di affidarsi a JUST EAT anche per il trasporto. 

Agi News

Quanto vale Jeff Bezos? Grazie al Black Friday di Amazon, più di quanto immaginate

Il vero affare per il Black Friday l'ha fatto Jeff Bezos. Grazie alle offerte per la giornata che apre la stagione degli sconti, il fondatore e amministratore delegato di Amazon vale più di 100 miliardi di dollari. A far lievitare il suo 'peso', riporta Bloomberg, sono state le azioni del colosso delle vendite online, il cui valore è salito di oltre il 2% sull'onda dell'ottimismo dei trader per le vendite degli ultimi giorni, cresciute del 18,4% rispetto allo scorso anno.
 
Il traguardo dei 100 miliardi di dollari fa di Bezos la prima persona ad avere costruito un patrimonio netto a 12 cifre dal 1999, quando il co-fondatore di Microsoft, Bill Gates, raggiunse quella soglia.
Nel luglio 2017, Bezos ha spodestato Gates dal podio di persona più ricca del mondo. Il patrimonio netto di Gates è diminuito pari passo con l'intensificarsi dell'impegno filantropico. A giugno, Gates ha fatto una donazione di 64 milioni di azioni Microsoft in beneficenza, il suo più grande 'regalo' da quando ha fondato la Fondazione Bill e Melinda Gates nel 2000, scrive Quartz.
 
Oxfam​ prevede che il mondo avrà il suo primo trillionario entro 25 anni, dal momento che la ricchezza dei super ricchi del mondo cresce esponenzialmente. In questo momento, Bezos sembra il candidato più accreditato per raggiungere questo traguardo.

Agi News

norwegian roma new york quanto costa davvero

Da oggi volare fino a New York a un prezzo molto contenuto si può. Merito della Norwegian Airlines che offre voli da Fiumicino allo scalo di Newark, in New Jersey, a 179 euro. La notizia circola da mesi, dopo che la compagnia low-cost norvegese lo aveva annunciato a maggio. Ma il 9 novembre, il sogno di migliaia di patiti della Grande Mela italiani diventa realtà. Il debutto tra le nuvole è previsto alle 17.30 e a bordo del Boeing 787-8 ci sono quasi tutti connazionali così come italiano è anche il pilota. L’11 novembre, invece, verrà varato il Roma-Los Angeles a un prezzo leggermente più alto: 199 euro.

Cosa non è compreso nel prezzo

Il costo del biglietto, che fa già dormire sonni agitati alle compagnie tradizionali, si abbasseranno ulteriormente nelle prossime settimane. Ma scordatevi la comodità. La tariffa che permette la tratta a costi base si chiama LowFare e sostanzialmente prevede il solo costo del posto a sedere e piccolo bagaglio a mano (10 kg misure con 55 x 40 x 23 cm). Nei 179 euro non sono compresi comfort che proprio secondari non sono. A iniziare dal cibo a bordo, il cui costo aggiuntivo è di 35 euro. E passando poi alla coperta (5 euro), al bagaglio in stiva (50 euro in più), fino alle cuffiette (3 euro). Anche la scelta del posto è a pagamento (costa 35 euro).

Addio alla Business

Su questi Boeing 787 di Norwegian – – riporta il Sole24Ore –  dimenticate la business class. La cabina è composta da 291 posti a sedere: 259 in Economy e i rimanenti in Premium. La differenza è ovviamente data dagli spazi a disposizione, con la classe Premium che offre sedili più larghi. Ma qui le tariffe lievitano attorno ai 500 euro per tratta. Va detto che non c'è una vera e propria business class, uguale a quelle offerte dalle compagnie tradizionali. La comodità a bordo, insomma, è decisamente da testare. E se per un viaggio tra amici non sembra così importante, lo stesso non si può dire per un viaggio d'affari.

Attenzione alle trappole

Prima di acquistare un volo è necessario fare alcune valutazioni. Innanzitutto, mette in guardia il Messaggero, dovete verificare se nelle date in cui potete viaggiare c’è quel ancora quel prezzo. Ovviamente, proprio come i voli low cost a breve-medio raggio, i posti con le tariffe migliori finiscono prima. In realtà facendo delle simulazioni in media (non a Natale) si spende comunque meno di 350 euro per l’andata e ritorno.

E’ affidabile?

Il vettore norvegese è stato proclamato – per il terzo anno consecutivo – "miglior compagnia aerea low-cost lungo raggio al mondo” e, per il quinto anno consecutivo, “miglior compagnia aerea low-cost in Europa”. Secondo quanto riportato dal Corriere, Norwegian, che conta su una flotta di 143 aerei e nei prossimi anni ne riceverà altri 200, nei primi dieci mesi del 2017 ha trasportato 28,2 milioni di persone. È padrona del segmento low cost tra Europa e Nord America.

Chi sono le concorrenti?

Attualmente ci sono una ventina di compagnie low-cost al mondo che effettuano voli intercontinentali. Si tratta perlopiù di società nate all’interno di grandi realtà, ma ci sono anche quelle sorte dal nulla. Per tutte, o quasi, il modello di business è lo stesso. Con la tariffa base — che da Regno Unito e Islanda parte in alcuni scali da 65 euro — si può portare soltanto un bagaglio a mano. Tutto il resto è un extra.

Ecco le più importanti:

Jetstar (Qantas)

Scoot (Singapore Airlines)

Eurowings (Lufthansa)

Level (Iag, holding di British Airways, Iberia, Aer Lingus, Vueling)

Joon (Air France)

AirAsia X (Malesia)

Norwegian Air

Wow Air (Islanda)

WestJet (Canada)

Primera Air (Danimarca)

 

 

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