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Zangrillo: “Promozioni e premi nella PA in base a merito e risultati”

AGI – La pubblica amministrazione “è un motore essenziale del Paese e dobbiamo metterla nelle condizioni di svolgere i propri compiti al meglio. Questo significa in primo luogo semplificare e digitalizzare le procedure – sono 600 quelle su cui il Pnrr ci chiede di intervenire entro il 2026, le prime cento già quest’anno – ma anche disporre di personale competente e in grado di portare avanti le proprie responsabilità. Questo si traduce nella necessità di lavorare per obiettivi e premiare il raggiungimento dei risultati. Una organizzazione che funziona, che vuole essere attrattiva verso i talenti, non può rinunciare a riconoscere e a premiare il merito”.

Lo sottolinea il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, in un’intervista a Il Messaggero. Secondo il ministro, il Pnrr è “un’opportunità irripetibile, un treno che passa una sola volta e sul quale dobbiamo salire se vogliamo modernizzare il Paese. Questo – osserva – significa mantenere gli impegni presi in tempi di gran lunga inferiori rispetto a quelli a cui siamo abituati. In Italia per realizzare un’opera del valore superiore ai cento milioni ci vogliono in media 15-16 anni, mentre il Piano prevede che entro il 2026 vengano centrati tutti gli obiettivi. È proprio il nostro focus: una amministrazione statale veloce, efficiente e più agile per realizzare non solo gli obiettivi del Pnrr ma di tutti i piani strategici su cui poggia lo sviluppo del Paese. Assumeremo tutte le decisioni necessarie per accorciare i tempi di realizzazione delle opere”.

E proprio per la gestione del Pnrr, Zangrillo spiega il meccanismo di premialità su cui si sta ragionando, teso a incentivare chi è capace di portare a termine i progetti nei tempi prestabiliti e, nel caso, depotenziare chi è in ritardo: “Non solo premi una tantum ma soprattutto percorsi qualificanti che sappiano misurare le performance e premiare i risultati. Credo fortemente che per raggiungere gli obiettivi attesi alla classe dirigente spetti non solo la responsabilità di garantire un sistema di competenze adeguato, ma soprattutto la capacità di gestire risorse finanziarie e capitale umano promuovendone lo sviluppo continuo”. 


Zangrillo: “Promozioni e premi nella PA in base a merito e risultati”

Per gli economisti Omicron non spaventa e l’Italia resta in testa nella ripresa

AGI – L’economia si presenta alla partenza del 2022 in “forma smagliante” ma i Paesi dovranno affrontare “l’odissea nelle vere sfide” (transizione energetica e digitale, declino demografico, mondo multipolare) orfani delle politiche più espansive che, durante la sua storia millenaria, l’umanità abbia mai messo in campo in tempi di pace. Questa l’analisi di Fabrizio Galimberti e Luca Paolazzi, che su Firstonline tracciano il quadro della situazione e provano a immaginare cosa accadrà nei prossimi mesi.

Secondo i due economisti, l’Italia sta bruciando le tappe della chiusura del buco di attività economica causata dalla pandemia: ciò avverrà già nel trimestre in corso, sincronicamente con la Germania, in leggero ritardo rispetto alla Francia ma un anno prima della Spagna. “Merito, indubbiamente, della politica iperespansiva del Governo che ha lasciato briglie sciolte alle imprese italiche di esprimere la capacità di servire i mercati esteri (aumento di quote) e interni”. (AGI)Ing

Paolazzi e Galimberti azzardano una profezia: “quest’anno di grazia del 2022 sarà l’ultimo della pandemia, che diventerà una strisciante malattia endemica, un pò come l’influenza o la varicella. E la ripresa dell’economia continuerà senza serie scalfitture“.

La previsione è basata essenzialmente sul fatto che, “in questa sfida all’ultimo anticorpo fra il Sars-CoV-19 e la medicina moderna, vincerà quest’ultima. Gli anticorpi da vaccini, con un assist dagli anticorpi dei guariti post-Omicron, circoscriveranno la pandemia e il virus, con la più gran parte della popolazione ormai immune, non troverà più spazio per diffondersi”. Poichè però resta il pericolo di nuove varianti, è assolutamente necessario aiutare i Paesi poveri a vaccinarsi: “non è un atto di carità, è una misura indispensabile per proteggere noi e loro”. Intanto però l’Omicron ha mostrato lievi conseguenze sull’attività economica. 

Sul fronte dell’inflazione, “il momento della verità è arrivato”, sostengono i due esperti e “d’ora in avanti la dinamica dei prezzi comincerà a calare”. Per quanto riguarda la dinamica salariale, quel che conta – affermano – è il Clup (costo del lavoro per unità di prodotto) che “non sta registrando un andamento da allarme rosso”. “Inoltre, il confronto annuo porta già dal mese in corso ad affievolire l’impatto del rincaro delle materie prime sulla dinamica (non sul livello) dei prezzi. Infine, le forze di fondo esercitano una discreta pressione al ribasso dei listini. La concorrenza è accentuata dalla rivoluzione digitale.

E l’erosione del potere d’acquisto dovuto allo scalino all’insù dei prezzi nell’ultimo anno sta inducendo molti produttori a offrire sconti come forma di marketing. Della serie: la mentalità inflazionistica non abita qui”. Alle “Cassandre che paventano, per l’Italia, la stretta prossima ventura della Bce, il chiudersi dell’ombrello della Qe, e la reazione dei mercati che si accorgono che l’Italia ha un alto debito pubblico” Paolazzi e Galimberti replicano: “Niente paura: i tassi reali rimarranno al di sotto del tasso di crescita dell’economia e il debito continuerà a essere sostenibile“.


Per gli economisti Omicron non spaventa e l’Italia resta in testa nella ripresa

Olio da cucina o petrolio? Il ristoratore italiano finito per errore nella black-list Usa

AGI – Per Alessandro Bazzoni, proprietario  del ristorante ‘Dolce gusto’ di Verona, finito per errore a gennaio nella lista nera americana con l’accusa di essere legato a una rete che tentava di eludere le sanzioni al settore petrolifero venezuelano, l’incubo è finito solo due giorni fa.

Mercoledì scorso, il Tesoro Usa ha ammesso che si è trattato di un raro caso di identità errata e l’ha tolto da quella scomoda posizione.

Lo sbaglio risale allo scorso 16 gennaio, quando l‘amministrazione Trump, ino un dei suoi ultimi atti, ha inserito Bazzoni in una lista nera, nell’ambito di un giro di vite sul greggio venezuelano.

Ci sono voluti oltre 2 mesi, prima che il Tesoro Usa riconoscesse il suo errore, rimuovendo le sanzioni da AMG S.A.S., la ditta veronese di Alessandro Bazzoni & C., nonché quelle, secondo la Cnbc, su un’altra società di progettazione grafica a Porto Torres, in Italia.

“In a case of mistaken identity, restaurant owner Alessandro Bazzoni found himself on the US Treasury’s blacklist in January, but was this week finally taken off.” https://t.co/0aeKipgdq5

— Emma Bentley (@emmabentley87) April 2, 2021

La stessa Cnbc ci scherza un po’ su, titola: “Cooking oil or crude?”, ovvero: olio da cucina o petrolio?

Il funzionario al Tesoro Usa che ha ammesso l’errore ha spiegato che il dipartimento si è reso conto che le società incriminate erano di proprietà di individui diversi rispetto ai Bazzoni che avevano inserito nella lista nera a gennaio.

Insomma, tutto un equivoco. Per Bazzoni però è stata la fine di incubo. “Hanno risolto il problema. Non dovrei essere più coinvolto”, ha detto interpellato telefonicamente dalla Reuters “È stato un errore … per fortuna tutto si è risolto in un paio di mesi”.

Nel 2019, l’amministrazione Trump ha sanzionato la compagnia petrolifera statale venezuelana Petroleos de Venezuela per costringere alle dimissioni del presidente Nicolas Maduro, che accusava di corruzione, violazioni dei diritti umani e brogli per la sua rielezione del 2018. 

L’amministrazione Trump nel suo ultimo giorno carica ha imposto sanzioni a un altro Alessandro Bazzoni, accusandolo di essere stato legato a una rete che tentava di eludere le sanzioni al settore petrolifero venezuelano.

Il Tesoro ha anche inflitto sanzioni alle aziende che si dice fossero legate a Bazzoni, tra cui AMG S.A.S. Di Alessandro Bazzoni & C., con lo stesso indirizzo del ristorante e pizzeria ‘Dolce Gusto’ a Verona, in Italia. La SerigraphicLab di Bazzoni Alessandro, quotata anche dall’Ofac, non ha invece risposto alle richieste di commento via e-mail.

“Alla fine dell’amministrazione Trump stavano facendo molto, molto in fretta con le accuse a Venezuela, Iran e Cina”, ha spiegato alla Cnbc Tim O’Toole, specialista in sanzioni presso lo studio legale Miller & Chevalier. “Quando ti muovi così velocemente, tendi a commettere errori”, ha aggiunto.


Olio da cucina o petrolio? Il ristoratore italiano finito per errore nella black-list Usa

Unicredit terzo incomodo nella fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank

Come un fiume carsico, torna a riaffacciarsi per Unicredit l’ipotesi di un’operazione con Commerzbank, la seconda banca tedesca, che attualmente sta trattando una fusione con Deutsche Bank. A rilanciare questa prospettiva, che i mercati hanno accolto con una certa freddezza (il titolo Unicredit a Piazza Affari ha perso lo 0,66% giovedì e venerdì lo 0,69% a fronte di un andamento generalmente positivo dei bancari), è stato il Financial Times, secondo cui se l’operazione fra i due istituti tedeschi fallisse, la banca guidata da Jean Pierre Mustier potrebbe tornare a farsi avanti, riprendendo gli abboccamenti che c’erano stati nel 2017.

Presentando il bilancio al 31 dicembre, tuttavia, l’ad di Unicredit aveva detto a chiare lettere che, anche su un orizzonte temporale più lungo del piano Transform 2019 che è su base organica, non vedeva operazioni europee per la banca negli anni immediatamente successivi, ovvero in quelli che saranno affrontati nel nuovo piano, che sarà presentato a Londra questo dicembre. Proprio in vista di questo appuntamento il manager francese ha rivoluzionato la prima linea della banca, eliminando la figura del direttore generale e costruendo un team di otto manager che, oltre a lavorare al nuovo piano, avranno anche il compito di metterlo in atto.

Non è un mistero che più volte, negli ultimi anni, Mustier abbia valutato operazioni straordinarie: nel 2017 guardò proprio a Commerbank, mentre lo scorso anno è stato il caso SocGen a tenere banco. A impedire che quest’ultima opzione venisse approfondita fu anche l’evoluzione della situazione politico-economica dopo le elezioni dello scorso 4 marzo, con le tensioni sull’asse Roma-Parigi e con l’impennata dello spread che tanto ha pesato sulle quotazioni degli istituti bancari italiani, rendendo più complicata un’operazione che già di suo presentava tutti i problemi di un’integrazione bancaria trasfrontaliera. 

Nel caso di Commerzbank, invece, va considerato che Unicredit ha già una presenza significativa in Germania. Lo scorso autunno, poi, circolarono indiscrezioni che parlavano di un piano di separazione delle attività italiane di Unicredit da quelle tedesche ed europee.
Anche nell’ipotesi di una fusione con Commerzbank secondo lo schema riportato dal FT ci sarebbe in qualche modo una separazione, visto che l’istituto manterrebbe la sede a Milano e la nuova entità tedesca rimarrebbe invece quotata a Francoforte.

Cosa dicono gli analisti

“Da un punto di vista industriale l’operazione con Unicredit avrebbe più senso di una fusione con Deutsche Bank”, notano gli analisti di Mediobanca, che tuttavia sottolineano come l’articolo del FT sia “più un modo di mettere pressione ai cda” dei due gruppi tedeschi, che dovrebbero prendere una decisione sul tema a stretto giro. Già nel 2017 le avances di Unicredit furono respinte dalla politica tedesca che, sottolineano ancora da piazzetta Cuccia, “anche oggi sarebbe un attore chiave vista la quota del 15% che il governo di Berlino detiene in Commerzbank”.

Rispetto ad allora, inoltre, lo spread fra carta italiana e carta tedesca è di 100 punti più alto, cosa che “verosimilmente rende la situazione politica ancora meno benevolente verso una fusione” di questo tipo. Anche gli analisti di Equita sono dubbiosi. “Siamo molto scettici su operazioni di M&A trasfrontaliere (nel settore bancario, ndr). Avremmo perplessità dal punto di vista operativo: Commerzbank ha una redditività che è la metà di quella di Unicredit”, notano fra le altre cose, indicando la necessità di trovare ampie sinergie per rendere vantaggiosa la mossa e rimarcando come siano difficili da ottenere.

Di certo, con il titolo a circa 12 euro, Mustier sente la pressione dei soci, a partire dai fondi internazionali che hanno sottoscritto l’aumento, per cercare di guidare la risalita del titolo. Stando da sola, prosegue il report di Equita, “Unicredit ha un potenziale di crescita”, che potrebbe concretizzarsi attraverso la pulizia di bilancio facendo risalire le quotazioni nel medio termine. 

Agi

Ponte Morandi: Toninelli, Italferr affiancherà Fincantieri nella ricostruzione

Per la ricostruzione del ponte Morandi a Genova, Fincantieri sarà probabilmente affiancata da Italferr, mentre Autostrade non se ne occuperà. Ad annunciarlo il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli nel corso di un'intervista a Porta a porta. "Autostrade – ha affermato il ministro  – non metterà neppure una mattonella nella ricostruzione. Domani nel Cdm sarà nominato un commissario straordinario. Genova avrà un ponte velocemente ma non lo farà chi lo ha fatto cadere. Lo facciamo per le famiglie. Li obbligherebbe per legge a pagare, ma lo farà lo Stato. Accanto a Fincantieri – ha aggiunto Toninelli – ci sarà probabilmente Italferr che da decenni costruisce ponti".

Agi News

Così il fruttosio sostituirà il petrolio nella plastica del (prossimo) futuro

La plastica del futuro arriva dal Wisconsin, lo Stato americano ricco di foreste, laghi, terreni agricoli e fattorie. Una soluzione naturale, ricavata da zucchero e pannocchie di mais, che promette di sostituire il petrolio come materia prima. Ma la novità è soprattutto economica: produrla in grandi quantità, come riporta la rivista Science, costerebbe poco più del metodo tradizionale, circa il 3% in più. Ecco perché.

Come funziona la nuova plastica?

Per capire come poter sostituire la plastica è meglio fare un passo indietro e spiegare come nasce quella di oggi, che ufficialmente si chiama PET (polietilene tereftalato). L’origine è proprio il petrolio grezzo che, attraverso il cosiddetto cracking, viene sottoposto a una sorta di scissione delle proprie catene petrolifere fino ad arrivare a molecole con un doppio legame carbone/carbone, la base delle plastiche definite polimeri.

Le bioplastiche funzionano in maniera differente: niente petrolio, e il polimero in questo caso è fatto di glicole etilenico e un composto chiamato acido furandicarbossilico (FDCA) ricavato dalle biomasse.

Ricapitolando: l’FDCA è un prodotto ottenuto da materiale organico e non da petrolio, ed è la base per produrre l’alternativa al PET, chiamata PEF (polietilene furandicarbossilato).

Far quadrare i conti

Il nocciolo della ricerca sta nel ricavare l’FDCA in maniera economica, un obiettivo finora mai raggiunto. I ricercatori del Wisconsin sono invece riusciti a individuare una sostanza chiamata y-valerolactone(GVL) in grado di risolvere il problema. Si tratta di un liquido trasparente derivato dalle pannocchie che, grazie anche a un catalizzatore di acido organico, riesce a trasformare il fruttosio – cioè lo zucchero di frutta e verdura – in un precursore dell’FDCA.

Ecco dunque spiegata la ragione dell’abbattimento dei costi: i ricercatori hanno calcolato che, grazie alle economie di scale – cioè aumentando la produzione – l’FDCA verrebbe a costare 1495 dollari per tonnellata, appena 45 in più del metodo che oggi porta al PET.

“Un processo molto più green”

Secondo Ali Hussain Motagamwala, uno degli autori della ricerca, il nuovo meccanismo per ricavare bioplastica “è molto più green di quello normale”. In primo luogo elimina combustibili fossili dalla produzione, sostituendoli con materiali rinnovabili. Dal punto di vista dell’FDCA, poi, non richiede costosi reattori per attivare la trasformazione del fruttosio. 

Agi News

Lo sapevi? Cosa metto nella ciotola? Falsi miti sul cibo per cani e gatti

Alimentazione cani

Cosa metto nella ciotola? Falsi miti sul cibo per cani e gatti
Troppe volte i proprietari di cani e gatti pensano che dare da mangiare ai propri amici a quattro zampe le stesse cose che mangiano loro sia la cosa migliore. Ma non è così. Una relazione curata dall'Associazione nazionale medici veterinari e Purina …
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Alimentazione cani

Cane anziano: come nutrirlo correttamente
Il primo step da affrontare è il confronto con il veterinario, che potrà fornire il quadro generale dello stato di salute di Fido, quindi le tecniche da mettere in atto per prolungare la sua vita in modo positivo. La soluzione primaria riguarda proprio …
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