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Vino, cresce il mercato mondiale dei tappi: il 72% è in sughero

AGI – L’elemento imprescindibile per il vino e la sua qualità? È il tappo. Da cui dipendono invecchiamento, prestigio, valore. Compreso l’impatto sull’ambiente. Ma c’è tappo e tappo. Cambia la forma, il materiale, il sistema di chiusura. Tecnica e tecnologie  d’impiego. Per ogni soluzione, un impatto: economico, ecologico, organolettico. Elementi che del vino dicono molto. Il tappo è tutto. Ci sono investimenti, ricerche, studi. E non mancano i collezionisti.

Di tappi ce n’è di tutti i tipi. E taglie. A vite, micro-agglomerati, monopezzo. Le stime economiche sul futuro del settore sono più che rosee: entro il 2025 il giro d’affari passerà dai 3,2 miliardi di dollari del 2019 ai 4,64 miliardi nel 2025 (stime Ksi – Knowledge sourcing intelligence).

Tuttavia, è ancora e sempre il vecchio e caro sughero a detenere il primato. Perché è il materiale in prevalenza utilizzato da produttori e imprenditori del vino. Sui circa 18 miliardi utilizzati per il formato in bottiglia da 0,75 litri, circa il 72% è in sughero, il 18% a vite e poco più del 10% in plastica. E a confrontarsi ci sono giganti come Vinventions, Amorim, Oeneo, Guala Closures, dove l’Italia rappresenta uno dei Paesi più dinamici e strategici. Anche se il Covid-19 ha inferto un duro colpo al settore su bilanci e conti.

Il brand portoghese Amorim, tra più importanti, detiene il 28% del mercato globale e, con la controllata Amorim cork Italia, vende 585 milioni di pezzi sul mercato italiano, con un giro d’affari superiore ai 60 milioni di euro nel 2019. Ma nel 2020, causa Covid, la flessione è stata del 5%, quello della controllata italiana del 9%, a fronte di una flessione complessiva del 4,2% nei volumi. La sede italiana della casa portoghese, parte del Gruppo Amorim, Portocork Italia, conta poi un fatturato da 8,5 milioni di euro per 80 milioni di tappi prodotti, ed è considerata la “boutique del tappo di sughero”, a misura di collezionista.

Altro importante player mondiale è Vinventions, con la controllata Nomacorc, che detiene il 14% delle quote a garanzia di 2,8 miliardi di bottiglie ogni anno. Occupa il 15% del mercato italiano con oltre 450 milioni di tappi. Per il 2020 c’è stata una crescita nei volumi a fronte di ricavi stabili.

Il 2021 sembra confermare la tendenza 2020. Dal 1999 Vinventions lavora su tappi a vite e chiusure a zero emissioni di carbonio (Green line). Dal 2021 si affiancherà la Blue line, basata sul concetto di economia circolare. Diam Bouchage, del Gruppo Oeneo – quasi 300 milioni di euro di fatturato – vende nel mondo circa 2,2 miliardi di tappi, con 181 milioni di euro di ricavi. Nel 2020, c’è stato un -4% nelle attività complessive. Sul mercato italiano, la flessione dei volumi è stata del 5%. A tutela dell’ambiente, Diam investe in Francia e Spagna per ripristinare le foreste di sughero e garantire il mantenimento delle capacità produttive future, proteggendo anche le foreste dai cambiamenti climatici. Poi c’è Labrenta, azienda di Breganze, nel vicentino, fondata nel 1971: con 200 milioni di tappi venduti ha chiuso il 2020 con ricavi a circa 11 milioni di euro (stabili sul 2019), il 60% all’estero.

Presente in 15 mercati, con 180 dipendenti tra Sardegna, California e Champagne, l’azienda familiare Ganau è un riferimento nel mondo dei tappi in sughero, fresca di certificazione ambientale Iso 14001: usa le polveri del sughero per alimentare le centrali a biomassa e produrre energia termica per lo stabilimento. In futuro, anche per l’elettricità necessaria al ciclo produttivo. 

Altro big è Guala Closures Group (20 miliardi di tappi tra vino, spirit, acqua, olio e aceto), ha totalizzato nei primi 9 mesi del 2020 ricavi netti per 417,2 milioni di euro (-6,9%), con circa il 20% dei ricavi derivanti dai tappi a vite per vino. Nel 2020 il gruppo ha accelerato il lancio della gamma di chiusure ribattezzata “Blossom”. L’obiettivo è utilizzare il 35% di materiale riciclato entro il 2025. 


Vino, cresce il mercato mondiale dei tappi: il 72% è in sughero

Dal Giappone agli Usa, l’impatto choc del Covid sull’economia mondiale

AGI – Con il dato di oggi del Giappone, tutte le principali economie mondiali hanno messo nero su bianco gli effetti del coronavirus sul loro Pil. Il crollo generalizzato dell’economia mondiale ha un’intensità maggiore di quello che seguì la crisi finanziaria del 2008. Ecco, nel dettaglio, l’andamento del prodotto interno lordo delle maggiori economie mondiali.

L’Ue e l’Italia

Dopo i dati dei vari Paesi, usciti alla spicciolata, è stata Eurostat a mettere ordine e a far capire l’impatto del Coronavirus sulla zona Euro: il calo del Pil sul trimestre precedente è stato del 12,1% dopo il 3,6% del periodo gennaio marzo.

Il dato dell’Italia è sostanzialmente in linea con quello dell’Eurozona, con un calo del 12,4%; peggio della Germania (-10,1%) ma meglio di Francia e Spagna, che rispettivamente hanno perso il 13,8 e il 18,5%. Per un Paese come la Polonia il Coronavirus ha significato la prima recessione dalla caduta del Comunismo, interrompendo 30 anni di crescita ininterrotta.

Il Regno Unito e gli Usa

Non è andata meglio ai Paesi anglosassoni. La principale economia mondiale, quella statunitense, è scivolata del 9,5% nel secondo trimestre, entrando ufficialmente in recessione e interrompendo un ciclo espansivo fra i più lunghi della storia.

La Gran Bretagna è fra gli Stati che sono stati colpiti più duramente dal virus, complice anche la gestione da parte del governo di Boris Johnson: nel secondo trimestre dell’anno, il pil del Regno Unito si è contratto di oltre un quinto, con un calo del 20,4%. 

I giganti asiatici

Ovviamente la pandemia da coronavirus non ha risparmiato l’economia cinese, nel Paese che è stato di fatto la ‘culla’ dell’epidemia che da mesi sconvolge il mondo. Al tempo stesso la Cina è l’unico Paese che e’ sfuggito alla recessione: il Pil è rimbalzato dell’11,5% nel secondo trimestre, dopo essere sceso del 10% nel primo. Rispetto all’anno precedente, il calo è stato del 6,8% nel primo trimestre, con un rimbalzo del 3,2% nel secondo: si tratta di livelli di crescita molto inferiori a quelli registrati da Pechino negli ultimi decenni.

Maxi calo anche per il Giappone: il governo di Tokyo ha annunciato stamattina che il Pil è sceso del 7,8%, terzo trimestre di fila di contrazione.

La Russia e gli altri del Brics

Anche a Mosca, da dove Putin ha annunciato il primo vaccino contro il Covid-19, i morsi del coronavirus si sono fatti sentire. Il calo del prodotto interno lordo nel secondo trimestre è stato dell’8,5% anno su anno, complice anche l’impatto che lo stop dell’economia mondiale ha avuto sull’industria petrolifera.

Brasile, India e Sud Africa devono ancora fornire i dati sul secondo trimestre dell’anno ma anche per loro le previsioni non sono rosee. Per il Brasile le stime indicano una caduta del Pil fra il 5,7 e il 6,5% per il 2020, dopo un primo trimestre a -1,5%. Il Sud Africa, fra gennaio e marzo, ha registrato una contrazione dell’economia del 2%, che rappresenta il terzo trimestre di fila in calo per il Paese. Anche in India, dopo un inizio d’anno ancora in crescita, con un aumento del Pil del 3,1%, le stime per l’intero 2020 prevedono una contrazione del 4,5%. 

Agi