Tag Archive: milioni

31 milioni gli italiani a caccia di regali nei mercatini

AGI – Trentuno milioni di italiani vanno quest’anno “a caccia” dei mercatini di Natale che offrono opportunità di acquistare regali per se stessi e per gli altri da mettere sotto l’albero, ad originalità garantita e a prezzi accessibili. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti/Ixè diffusa in occasione delle aperture speciali nei mercati contadini a km 0 di Campagna Amica in tutta Italia nel week end che vede moltiplicarsi nelle piazze italiane le fiere popolari, dagli Oh bej oh bej a Milano alle bancarelle del Trentino. A far la parte del leone sono i mercatini nazionali dove si recherà il 58% degli italiani, mentre un 5% lo farà all’estero.

Tra quanti frequenteranno i mercatini solo il 6% non farà alcun acquisto mentre ben il 50% spenderà in prodotti enogastronomici che rappresentano l’acquisto più gettonato anche se molti scelgono decori natalizi, prodotti per la casa, oggetti artigianali, capi di abbigliamento e giocattoli, secondo Coldiretti/Ixè. I rincari dei prezzi spinti dalla crisi energetica per la guerra in Ucraina spingono dunque quest’anno verso spese utili che premiano soprattutto il cibo.

E la migliore garanzia sull’originalità dei prodotti alimentari in vendita nei mercati è proprio quella della presenza personale del produttore agricolo che può offrire informazioni dirette sul luogo di produzione e sui metodi utilizzati.


31 milioni gli italiani a caccia di regali nei mercatini

Quattro milioni di italiani sono a rischio povertà energetica

AGI – Le famiglie italiane a ‘rischio povertà energetica’ sono circa 4 milioni e pertanto, si trovano in questa condizione di difficoltà oltre 9 milioni di persone. È quanto emerge dall’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi Cgia sugli ultimi dati disponibili del Rapporto Oipe 2020.

Secondo l’elaborazione degli artigiani veneti, sono considerati in condizioni di povertà energetica i nuclei familiari che non riescono a utilizzare con regolarità l’impianto di riscaldamento d’inverno, quello di raffrescamento d’estate e, a causa delle precarie condizioni economiche, non dispongono o utilizzano saltuariamente gli elettrodomestici ad elevato consumo di energia (lavastoviglie, lavatrice, asciugatrice, aspirapolvere, micro onde, forno elettrico, etc.).

Nell’identikit delle famiglie “vulnerabili” energeticamente spesso troviamo quelle con un elevato numero di componenti che risiedono in alloggi in cattivo stato di conservazione, con il capofamiglia giovane, spesso inoccupato e/o immigrato.

A livello geografico, la situazione più critica si verifica soprattutto nel Mezzogiorno: in questa macro area la frequenza della povertà energetica è la più elevata d’Italia e interessa tra il 24 e il 36 per cento delle famiglie residenti in questo territorio. In termini assoluti è la Campania la regione maggiormente in difficoltà: il numero delle famiglie che utilizza saltuariamente luce e gas oscilla tra le 519 mila e le 779 mila unità.

Altrettanto critica è la situazione in Sicilia dove la forchetta oscilla tra i 481 mila e i 722 mila nuclei familiari e in Calabria che presenta un range tra le 191 mila e le 287 mila famiglie in difficoltà nell’utilizzo quotidiano di energia elettrica e metano.

Un po’ meno critica, ma comunque con una “vulnerabilità” energetica medio-alta, la situazione nelle altre regioni del Mezzogiorno e in alcune del Centro che presentano una forchetta che varia dal 14 al 24 per cento delle famiglie residenti: la Puglia (con un numero di nuclei compreso tra i 223 mila e gli 383 mila), la Sardegna (tra 102 mila e 174 mila), le Marche (tra 90 mila e 154 mila), l’Abruzzo (tra 77 mila e 132 mila) e l’Umbria (tra 53 mila e 91 mila).

Nella fascia a rischio medio-bassa (tra il 10 e il 14 per cento delle famiglie coinvolte), il Lazio e alcune regioni del Nord: Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. La fascia più bassa, infine, quella che comprende un numero di nuclei familiari in difficoltà che va dal 6 al 10 per cento del totale, annovera la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Trentino Alto Adige.

Più a rischio le famiglie degli autonomi. L’aumento esponenziale dei prezzi delle bollette previsto per il prossimo autunno, sottolinea la Cgia, potrebbe peggiorare notevolmente la situazione economica di tantissime famiglie, soprattutto quelle composte da lavoratori autonomi.

Nel ricordare che il 70 per cento circa degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, ovvero non ha né dipendenti né collaboratori familiari, moltissimi artigiani, piccoli commercianti e partite Iva, secondo l’associazione, stanno pagando due volte lo straordinario aumento registrato in questi ultimi 6 mesi dalle bollette di luce e gas. La prima come utenti domestici e la seconda come piccoli imprenditori per riscaldare/raffrescare e illuminare le proprie botteghe e negozi. E nonostante le misure di mitigazione introdotte in questi ultimi mesi dal governo Draghi, i costi energetici sono esplosi, raggiungendo livelli mai visti nel recente passato.

La Cgia ricorda, infine, che dagli ultimi dati elaborati dall’Istat e riferiti al 2019, il rischio povertà delle famiglie presenti in Italia con un reddito principale ascrivibile a un lavoratore autonomo era pari al 25,1 per cento, contro il 20 per cento riconducibile a famiglie con fonte di reddito principale da lavoro dipendente.

E con la crisi pandemica e il conseguente lockdown imposto a tantissime attività “scoppiate” a inizio marzo del 2020, negli ultimi 2,5 anni il differenziale tra queste due tipologie familiari potrebbe essere addirittura aumentato. 


Quattro milioni di italiani sono a rischio povertà energetica

In Puglia la burocrazia blocca 300 milioni di investimenti

AGI – Alla Regione Puglia scatta l’allarme, lanciato dal presidente della Commissione Bilancio, Fabiano Amati, per i ritardi burocratici che tengono bloccati da mesi 45 progetti d’investimento per complessivi 293 milioni di euro e 138 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Nelle scorse settimane, i sindacati Femca Cisl, Filctem Cgil, e Uiltec dello stabilimento ‘Jindal Films’ di Brindisi avevano chiesto l’intervento della politica per sbloccare le procedure che tenevano fermo l’investimento di 56 milioni di euro dell’azienda, uno dei tanti per i quali le procedure di valutazione si sono arenate negli uffici regionali del settore Ambiente.

45 progetti bloccati sulle scrivanie

Dopo questa protesta, Amati ha promosso l’audizione dei vertici degli apparati burocratici interessati, svoltasi nei giorni scorsi Durante l’audizione è emerso che i progetti in attesa di esame per l’accesso ai contratti di programma e ai Pia (Programmi integrati di agevolazione) nel settore del turismo, sono 45. Quello dei Pia è uno strumento attuato dalla Regione Puglia mediante la sua società finanziaria ‘Puglia Sviluppo spa’ che opera come organismo intermedio per la gestione degli aiuti agli investimenti e all’innovazione delle imprese. “Tra i progetti che giacciono sulle scrivanie – spiega Amati all’Agi – ve ne sono alcuni presentati addirittura a gennaio 2021, per i quali l’attesa rischia di demotivare e far desistere le imprese”.

I passaggi della procedura

Ecco i vari passaggi della procedura. Il soggetto proponente presenta la domanda di accesso per via telematica descrivendo le caratteristiche tecniche ed economiche del progetto integrato, il profilo dell’impresa che realizza il programma di investimento, il valore economico e le caratteristiche dell’idea progettuale. Poi si entra nel vivo dell’iter con la relazione istruttoria e la valutazione di compatibilità ambientale e urbanistica. Da questo momento decorre il termine di 60 giorni entro il quale deve essere presentato il progetto definitivo. Infine, vi è la sottoscrizione dello strumento negoziale. Ebbene, i progetti bloccati, che ambiscono ad agevolazioni per 138 milioni di euro, pur essendo trascorsi mesi dalla domanda di accesso, sono ancora in attesa della valutazione di compatibilità ambientale e urbanistica.

“In altri termini, il cammino delle 45 domande si è interrotto appena dopo il primo passo procedurale”, denuncia Fabiano Amati. Davanti ai commissari, in sede di audizione, per i chiarimenti del caso, nei giorni scorsi si sono presentati il direttore di Puglia Sviluppo, Antonio De Vito, il direttore del Dipartimento Ambiente della Regione, Paolo Garofoli, e la direttrice del Dipartimento Sviluppo economico, Gianna Elisa Berlingerio.

“La Pa è severa con le imprese ma non con se stessa”

“I vertici degli uffici hanno ammesso i ritardi giustificandoli con la carenza di personale e promettendo che entro il prossimo mese di settembre la situazione sarà sbloccata”, afferma ancora Amati soffermandosi sull’esito dell’audizione. “La fase della valutazione ambientale – prosegue il consigliere del Pd – dovrebbe, però, essere molto rapida perché non è null’altro che un parere attraverso il quale si dice che il progetto dovrà scontare la Via o la Vas. È solo una ricognizione di tipo normativo, nulla che possa giustificare tanto ritardo. Ma anche la scusa delle carenze di personale è pretestuosa. La verità è che sono severi nel dare i termini alle imprese, però la stessa severità la pubblica amministrazione non la pretende da sé stessa. Basterebbe pensare – conclude Fabiano Amati – che sono in gioco quasi 300 milioni di euro”.


In Puglia la burocrazia blocca 300 milioni di investimenti

Nell’anno del Covid il numero delle famiglie povere in Italia è salito a oltre due milioni 

AGI – Torna a cresce la povertà assoluta in Italia. Nel 2020, sono in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie, il 7,7% del totale, dal 6,4% del 2019, e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%). Lo rileva l’Istat.

Il valore dell’intensità della povertà assoluta – che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere è in media al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”) – registra una riduzione (dal 20,3% al 18,7%) in tutte le ripartizioni geografiche.

Tale dinamica è frutto anche delle misure messe in campo a sostegno dei cittadini (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, estensione della Cassa integrazione guadagni, ecc.) che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà.

Nel 2020, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019.

Tale dinamica fa sì che, se nel 2019 le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura al Nord (43,4%) e nel Mezzogiorno (42,2%), nel 2020 arrivano al 47% al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno, con una differenza in valore assoluto di 167mila famiglie.

Dopo il miglioramento del 2019 quindi, nell’anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005 (inizio delle serie storiche). Nel 2020, inoltre, la povertà assoluta in Italia colpisce 1,33 milioni di minori (il 13,5% rispetto al 9,4% degli individui a livello nazionale). L’incidenza varia dal 9,5% del Centro al 14,5% del Mezzogiorno.  Rispetto al 2019 le condizioni dei minori peggiorano a livello nazionale (da 11,4% a 13,5%) e in particolare al Nord (da 10,7% a 14,4%) e nel Centro (da 7,2% a 9,5%).

Disaggregando per età, l’incidenza si conferma più elevata nelle classi 7-13 anni (14,2%) e 14-17 anni (13,9%, in aumento) rispetto alle classi 4-6 anni (12,8%) e 0-3 anni (12,0%, in crescita rispetto al 2019). Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 767mila, con un’incidenza dell’11,9% (9,7% nel 2019).

La maggiore criticità di queste famiglie emerge anche in termini di intensità della povertà, con un valore pari al 21% contro il 18,7% del dato generale. Oltre a essere più spesso povere, le famiglie con minori sono anche in condizioni di disagio più marcato. Infine, quasi la metà delle famiglie povere vive in una casa in affitto.


Nell’anno del Covid il numero delle famiglie povere in Italia è salito a oltre due milioni 

Il ceo di Airbnb: “Cerchiamo milioni di nuove case”

AGI – Airbnb avrà bisogno di milioni di nuovi host, cioè di milioni di nuovi titolari di ‘bed and breakfast’, o alloggi, per soddisfare il boom della domanda di viaggi e turismo che si creerà non appena il mondo uscirà dalla pandemia.

Lo ha detto alla Cnbc Brian Chesky, il ceo di Airbnb, la più grande piattaforma online del mondo che consente di prenotare un alloggio e affittare una casa durante un viaggio all’estero.

“Per soddisfare la domanda dei prossimi anni, avremo bisogno di milioni di host in più”, ha detto Chesky. “Penso che probabilmente avremo un grosso problema ha detto alla Cnbc – perché mi aspetto che avremo più richieste di quanti alloggi attualmente disponiamo. Prevedo l’arrivo di un formidabile rimbalzo dei viaggi. Qualcosa di mai visto prima”. Attualmente Airbnb conta 4 milioni di host e alla fine del 2020 erano 5,6 milioni. 

L’industria dei viaggi è in fermento perché sempre più americani vengono vaccinati e le restrizioni si stanno allentando. Airbnb, che fa affidamento sui privati disponibili ad aprire le loro case agli ospiti, dovrà trovare nuovi host, cioè dovrà recuperare una disponibilità che con la pandemia era venuto meno.

Si tratta, secondo la Cnbc, di un problema simile a quello affrontato da altre società della gig economy come Uber, che recentemente ha allargato i cordoni della borsa, impegnandosi a offrire 250 milioni di dollari per riportare più conducenti sulla sua piattaforma.

“Con l’aumento dei tassi di vaccinazione negli Stati Uniti, stiamo osservando che la domanda dei consumatori per la mobilità si sta riprendendo più velocemente della disponibilità dei conducenti a fornire il servizio”, ha spiegato Uber in un comunicato depositato alla Securities and Exchange Commission.

Chesky ha anche detto che probabilmente Airbnb non offrirà “molti incentivi” per convincere nuovi host a offrire le loro case, poiché ritiene che già ci sia un’enorme domanda di servizi. “Penso che tutto ciò che dobbiamo fare è continuare a raccontare la nostra storia di Airbnb e i vantaggi dell’hosting. E stiamo riscontrando molto interesse “, ha affermato Chesky.

In questo contesto, ha aggiunto il ceo, la società ha lanciato una serie di pubblicità utilizzando fotografie di ospiti di Airbnb che soggiornano nelle case di tutto il mondo e sono grati ai loro host, per tentare di creare un senso di nostalgia verso questo tipo di soggiorni.


Il ceo di Airbnb: “Cerchiamo milioni di nuove case”

La cassa integrazione è costata 1.234 euro a 7 milioni di lavoratori

AGI – Nelle tasche dei lavoratori dipendenti in cassa integrazione nel 2020 mancano 8,7 miliardi di euro, al netto dell’Irpef nazionale e delle addizionali regionali e comunali. 

È quanto emerge da un’analisi condotta dal servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil che ha elaborato i dati Inps delle ore autorizzate di cassa integrazione salariale su cui sono state condotte le simulazioni. 

A fronte di circa 4,3 miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate nell’anno 2020, i 7 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 1.243 euro netti pro-capite annui.

Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima – spiega Ivana Veronese, segretaria confederale Uil – in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 9,6% al 39%, a seconda delle ore di cassa integrazione.

Secondo lo studio, va alla Lombardia il primato della maggior perdita delle retribuzioni nette, pari al 25,5% del totale nazionale (2,2 miliardi di euro), seguita dal Veneto dove i cassaintegrati perdono oltre 964 milioni di euro netti, dall’Emilia Romagna (840 milioni di euro netti) e dal Piemonte (745 milioni di euro netti).  

Dalla simulazione fatta dalla Uil emerge che un dipendente in cassa integrazione per tre mesi a zero ore (con un reddito lordo annuo 20.980), tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, perderebbe 1.611 euro netti annui; con sei mesi di cassa integrazione, lo stesso dipendente subirebbe una riduzione pari a 3.229 euro netti annui, mentre con nove mesi di cassa integrazione la riduzione ammonterebbe a 4.898 euro netti annui; infine, con dodici mesi la riduzione sarebbe pari a 6.611 euro annui.

“Nella riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali – sottolinea Ivana Veronese – che si sta discutendo in questo momento, oltre che della necessità di velocizzare e semplificare le procedure, occorre tenere ben presente il tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e della loro rivalutazione, fissati oggi per Legge, a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48 euro”.

“Oltre all’innalzamento dei massimali – conclude Veronese – la rivalutazione dei sussidi dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici molto vicini allo zero”.


La cassa integrazione è costata 1.234 euro a 7 milioni di lavoratori

Digitale: 11 milioni di italiani hanno attivato Spid

AGI – “Nel settembre 2019, le identità digitali attivate da Spid erano 4 milioni e 800 mila. Oggi, dopo un anno di lavoro e grazie ai cittadini, abbiamo superato gli 11 milioni“. Così su Twitter il Dipartimento per la trasformazione digitale. Un tweet rilanciato dalla ministra per l’Innovazione Paola Pisano.

 Il ministero per l’Innovazione inoltre ha lanciato un nuovo modo per ottenere l’identità digitale. Si chiama ‘audio-video’ e consente di attivare il Sistema pubblico di identità digitale direttamente dai siti dei gestori.

Con questa nuova modalità di riconoscimento il cittadino potrà attivare Spid da casa, in tre passaggi: primo dovrà registrarsi sul sito del gestore prescelto; poi realizzare col proprio smartphone o computer di un video in cui mostra il suo documento di riconoscimento italiano, menzionando nello stesso un codice fornito dal gestore; infine effettuare un bonifico simbolico – anche pochi centesimi – da un conto corrente intestato indicando nella causale il codice ricevuto. L’operatore verificherà nel giro di pochi giorni le informazioni ricevute dal cittadino per effettuare i controlli antifone, quindi rilascerà l’identità digitale.

 

Agi

Taranto, 233 milioni per la ripresa produttiva della città

AGI – Con i decreti legge “Rilancio” ( già convertito) e “Agosto” (appena varato “salvo intese”), nonché con la seduta del Cipe del 28 luglio e il Consiglio dei ministri di ieri sera, taranto ha portato a casa, nel giro di un mese, un pacchetto di provvedimenti importanti per il rilancio della città e per cominciare a costruire una prospettiva di sviluppo diversa, meno condizionata dal siderurgico ArcelorMittal, ex Ilva, che resta comunque il problema numero 1. Sbloccati fondi per 233 milioni tra mobilità sostenibile, trasporti, mitigazione del rischio idraulico e base navale della Marina Militare, l’avvio del Tecnopolo per la ricerca, più 315 assunzioni per l’Arsenale Militare di Taranto. Intanto, nel decreto legge “Agosto” si mette un tassello anche per favorire la soluzione della vicenda ArcelorMittal prevedendo il coinvestimento dello Stato, attraverso Invitalia, accanto all’investitore privato. Vengono infatti liberate pro Invitalia risorse pari a 470 milioni di euro per entrare nella società siderurgica che non sarà più solo in capo al privato. Resta da vedere – ma questo lo si stabilirà prossimamente, dopo la ‘due diligence’ in corso sullo stato dei conti della società – se ArcelorMittal sarà in maggioranza o se invece questa apparterrà a Invitalia. I 470 milioni che Invitalia impiegherà nell’ex Ilva fanno parte del plafond di 900 milioni che tempo fa fu dato per intervenire nella crisi della Banca Popolare di Bari attraverso il Mediocredito centrale. Ma ne sono stati usati per l’operazione PopBari solo 430, quindi ne residuano 470 che ora Invitalia metterà nel capitale di ArcelorMittal dando così via al riassetto del gruppo, da perfezionarsi, in base all’accordo di marzo, entro novembre prossimo.  

La crisi del centro siderurgico resta grave 

    La crisi dell’azienda siderurgica resta intanto acuta e a soffrire molto è l’indotto-appalto che non viene pagato rispetto alle fatture scadute, tant’e che da ieri sera alle 23 una delle aziende di pulizia industriale, Alliance Green Service, ha sospeso le attività, tranne le urgenti, e lunedì mattina ci sarà, con la modalità call conference, un vertice tra ArcelorMittal, Confindustria Taranto, Camera di Commercio Taranto e i sottosegretari Mario Turco (presidenza del Consiglio) e Alessandra Todde (Mise). Le 315 assunzioni per l’Arsenale della Marina – che avverranno in un triennio – permettono invece di rafforzare la più antica industria della città, che, tra quota 100 e pensionamenti ordinari, stava ormai perdendo quote importanti di personale, soprattutto tecnico,  mettendo così a rischio la sua capacità di intervenire, per manutenzioni  e lavori, sulle navi della Marina. 

    Nei mesi scorsi, proprio in Arsenale, con l’apporto di personale diretto e delle aziende private, tra cui Fincantieri, è stato portato a termine l’ammodernamento della portaerei Cavour, nave ammiraglia, destinata ad ospitare sul ponte di volo gli F35. Un intervento da circa 70 milioni di euro. E Taranto, per la sua collocazione nel Mediterraneo, è la più importante base navale della Marina. Ruolo ora rafforzato con l’ok del Cipe, lo scorso 28 luglio, ai primi 79 milioni, su 200, per il potenziamento infrastrutturale della base di Mar Grande anche nella prospettiva dell’arrivo delle nuove unità.
   

Si consolida il polo della Marina Militare

   Tra Arsenale e base, si può dire che il polo di Taranto della Marina si consolida molto. Guarda invece alla ricerca scientifica, alla prospettiva di un’industria green e al coinvolgimento di ricercatori e Università, il Tecnopolo del Mediterraneo, per il quale ieri sera il Governo ha approvato lo statuto. Il Tecnopolo dovrà ora avere una sede e strutturarsi come attività, personale e iniziative da svolgere. Intanto, con la legge di bilancio 2020-2022 ha avuto una dote di 9 milioni. Nell’ottica della sostenibilità, infine, ma relativamente ai trasporti, i 150 milioni che Taranto ha avuto, divisi in più anni, col recente decreto “Rilancio”. Con l’intervento del ministero Infrastrutture e trasporti, 130 serviranno per la costruzione della prima delle due linee di Bus rapid transit (linee elettriche veloci che uniranno la città da un capo all’altro) e 20 infine per il potenziamento del parco bus tra elettrici e ibridi.  

Agi

In Usa i sussidi settimanali di disoccupazione volano di oltre 3,2 milioni

 I sussidi di disoccupazione negli Usa nella settimana conclusa lo scorso 12 marzo volano a 3.283.000 di unità, oltre 3 milioni di unità piu’ della precedente settimana, per l’impatto della crisi del coronavirus. Gli analisti si aspettavano un’ascesa al livello record di un milione di unità, più del precedente record di 700.000 unità registrato nel 1982 quando gli Stati Uniti stavano in recessione. Molti analisti, tuttavia, hanno pronosticato tra 1 milione e 4 milioni, a dimostrazione dell’estrema incertezza e della mancanza di riferimenti storici per comprendere veramente l’impatto di questa crisi unica che colpisce l’economia. 

Agi

Gli assegni scaduti li incassa lo Stato. In 9 anni 630 milioni, scrive Repubblica

In 9 anni lo Stato italiano ha portato a casa 634 milioni di euro grazie agli assegni non incassati dai beneficiari. È quanto emerge dalla Relazione diffusa dai magistrati contabili lo scorso 27 giugno. Si tratta di titoli di credito, spesso utilizzati come cauzione o deposito in diverse tipologie di transazione.

Dal 2007, scrive il quotidiano Repubblica, una legge prevede che i conti correnti non movimentati per dieci anni, le polizze vita non riscosse, così come gli assegni circolari non incassati entro tre anni, finiscano nelle casse dello Stato. Stando alla Relazione, 320.346.684 euro – meno della metà del totale – sono entrati da polizze non riscosse dai beneficiari, specialmente famigliari ignari dei contratti di assicurazione stipulati dai loro congiunti.

A prevalere però sono gli assegni circolari in cui ordinante e beneficiario coincidono. È il caso – si spiega – di casi in cui si sceglie di fatto di ritirare dal proprio conto corrente delle somme che non si vuole figurino sul proprio conto, ad esempio per ottenere un Isee più basso, o più generalmente per tenere le somme nascoste e non “aggredibili” ad esempio in caso di riscossione.

Più o meno come ritirare i propri risparmi e nasconderli in banconote sotto il  materasso o in una cassetta di sicurezza. Con la differenza però che le banconote occupano spazio, e quindi richiedono un luogo dove essere nascoste, ma anche però che mantengono inalterato il loro valore. L’assegno circolare invece dopo tre anni “scade”: e così molti, ignari, perdono la disponibilità dei propri fondi.

La legge, spiega ancora Repubblica, imporrebbe agli intermediari, cioè alle banche, entro 180 giorni dallo scattare della “dormienza”, l’obbligo di informare i titolari con una raccomandata all’ultimo indirizzo conosciuto ma a distanza di anni, o in caso di morte, le banche si trincerano dietro la difficoltà tecnica di effettuare la ricerca e spesso la prescrizione finisce per essere disattesa.

Agi