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Rinnovabili, la cinese Zonergy sbarca in Italia: nel mirino il mercato europeo  

AGI –  Zonergy, fornitore cinese di soluzioni per le energie rinnovabili, è sbarcata in Italia, più esattamente a Milano, dove ha aperto una nuova sede e dove lavorerà in collaborazione con Desasolar, unità di Desa (società specializzata nella distribuzione di prodotti elettronici con un fatturato di 130 milioni di euro), sotto il coordinamento del Gruppo Obor. Per Zonergy l’obiettivo poi è entrare nel settore europeo delle energie rinnovabili offrendo soluzioni in fatto di pannelli solari, moduli fotovoltaici e soluzioni di accumulo di energia ai professionisti del settore dell’energia attivi nel settore residenziale e commerciale. 

“Le fonti di energia rinnovabile sono il futuro – ha dichiarato Kevin Changbin Qiu, vicepresidente esecutivo di Zonergy, in occasione della presentazione dell’accordo, il 26 luglio – dopo anni di ricerca e sviluppo, siamo più che pronti per entrare nel mercato europeo. In effetti, questo settore acquisirà più trazione nel tempo con un fabbisogno energetico sempre crescente, motivo per cui intendiamo ospitare un ambizioso piano di crescita per l’Europa che sarà lanciato nei prossimi mesi”.

Dello stesso avviso Francesco Desantis, CFO di Desasolar- “Quello dell’energia – ha detto – è uno dei più importanti temi dei nostri tempi. I valori a cui Desa Srl si ispira impongono di fare la nostra parte nel tentativo di consegnare, alle future generazioni, un mondo migliore rispetto a quello ricevuto. Siamo onorati di poter collaborare con Zonergy e siamo certi di poter dare un grandissimo contributo, stanziando le necessarie risorse, affinché la partnership possa decollare in tempi rapidissimi creando valore, oltre che per gli stakeholders, anche per l’Italia intera oggi alle prese con grandi difficoltà energetiche”.

Fondata nel 2007, Zonergy è un’impresa high-tech internazionale specializzata in soluzioni integrate di microgrid intelligenti. L’azienda si è impegnata nel fornire ai clienti soluzioni di microgrid intelligenti di prima classe, realizzati grazie ai propri team che operano nella ricerca e sviluppo, produzione, vendita e commercio, progettazione e implementazione di progetti, gestione dell’energia e ottimizzazione dell’utilizzo complementare dell’energia in varie forme (energia eolica, energia solare, idroelettrica, così come accumulo di energia e ricarica). Nel settore dello stoccaggio e della distribuzione di energia solare, 

Zonergy ha realizzato un importante impianto fotovoltaico a terra della capacità di 9*100 MW in Punjab, Pakistan. In questo impianto, il progetto On-grid commissionato nel 2016 da 3*100 MW di potenza è diventato il Produttore di Potenza Indipendente (PPI) di maggiori dimensioni nel settore del fotovoltaico in Pakistan.


Rinnovabili, la cinese Zonergy sbarca in Italia: nel mirino il mercato europeo  

Promotor: “Le prospettive del mercato dell’auto per il 2022 rimarranno sfavorevoli”

AGI – Per il 2022 le prospettive per il mercato dell’auto rimarranno decisamente sfavorevoli “perché la pandemia morde più di quello che si pensasse e perché la crisi dei microchip sembra destinata a non trovare soluzioni in tempi brevi”: lo dichiara Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, commentando un 2021 ‘da dimenticare’ per il mercato aeuropeo dell’auto (25,5% sul 2019), con le vendite di auto ancora molto lontane dai livelli pre-apandemia.

Oggi la difussione dei dati definitivi  da parte di Acea sull’andamento delle vendite di autovetture nel 2021 in Europa Occidentale (UE+Efta+UK), ricorda il centro studi bolognese, ha fatto emergere un quadro fortemente negativo.

L’impatto del coronavirus sul mercato dell’auto dell’Europa Occidentale è stato  “devastate e, dopo il crollo del 2020 in cui la pandemia aveva prodotto lockdown molto pesanti, nel 2021 non vi è stato nessun recupero, anzi, le immatricolazioni hanno fatto registrare un nuovo calo sul 2020″. 

Il mancato recupero del 2021 è dovuto in parte anche alle difficoltà di reperimento di componenti essenziali per la fabbricazione di autoveicoli, come i microchip.

Al crollo della domanda generato dalla pandemia e dagli effetti che ha determinato sul piano economico e sociale si sono aggiunti, quindi, anche problemi di fornitura in quanto la carenza di microchip ha causato fermate produttive in molte fabbriche di automobili.

La crisi ha colpito tutti i mercati nazionali dell’area che nel 2021, rispetto al 2019, sono tutti in calo con la sola eccezione di quelli, molto piccoli, di Islanda e Norvegia. Non si sono certo salvati i cinque maggiori mercati, cioè quelli di Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna che assorbono il 70% delle immatricolazioni dell’area.

Il risultato peggiore lo ha fatto registrare la Spagna che nel 2021 rispetto al 2019 accusa un calo del 31,7%, seguita a ruota dal Regno Unito (-28,7%), dalla Germania (-27,3%), dalla Francia (-25,1%) e dall’Italia (-23,9%).

“Il risultato lievemente meno negativo del nostro paese – spiega Promotor – è dovuto al fatto che, sia pure con molti limiti, abbiamo varato un sistema di incentivi che alla prova dei fatti si è rivelato più efficace dei sostegni adottati negli altri paesi. Va anche segnalato che nella maggior parte dei mercati dell’Europa Occidentale vi è una sensibile crescita della quota delle auto elettriche. Ovunque si segnala però l’assoluta necessità di interventi pubblici per sviluppare le infrastrutture di ricarica, la cui carenza è attualmente la principale remora all’affermarsi della mobilità elettrica”.

 


Promotor: “Le prospettive del mercato dell’auto per il 2022 rimarranno sfavorevoli”

Il Nobel per l’economia a tre studiosi negli Usa per le ricerche sul mercato del lavoro

AGI – Il premio Nobel per l’Economia è stato assegnato per metà al canadese David Card e per l’altra metà allo statunitense Joshua D. Angrist e all’olandese Guido W. Imbens. 

Card è stato premiato “per i suoi contributi empirici all’economia del lavoro”. Angrist e Imbens “per i loro contributi metodologici all’analisi delle relazioni causali“.

Card, Angrist e Imbens, spiega l’Accademia reale svedese delle Scienze, “hanno fornito nuove intuizioni sul mercato del lavoro e mostrato quali conclusioni su causa ed effetto possono essere tratte dagli esperimenti sul campo. Il loro approccio si è diffuso in altri settori e ha rivoluzionato la ricerca empirica”. 

“Attraverso esperimenti sul campo Card ha analizzato gli effetti sul mercato del lavoro di salari minimi, immigrazione e istruzione – si legge – I suoi studi dei primi anni ’90 hanno sfidato la saggezza convenzionale, portando a nuove analisi e ulteriori intuizioni. I risultati hanno mostrato, tra le altre cose, che aumentare il salario minimo non porta necessariamente a meno posti di lavoro. Ora sappiamo che i redditi delle persone che sono nate in un Paese possono beneficiare della nuova immigrazione, mentre le persone che sono immigrate in un periodo precedente rischiano di essere influenzate negativamente. Abbiamo anche capito che le risorse nelle scuole sono molto più importanti per il futuro successo degli studenti sul mercato del lavoro di quanto si pensasse in precedenza”.

“I dati degli esperimenti sul campo sono però difficili da interpretare”, aggiunge l’Accademia svedese. “A metà degli anni ’90, Joshua Angrist e Guido Imbens hanno risolto questo problema metodologico, dimostrando come dagli studi sul campo si possono trarre conclusioni precise su causa ed effetto”.

In conclusione “gli studi di Card su questioni fondamentali per la società, e i contributi metodologici di Angrist e Imbens, hanno mostrato che gli esperimenti sul campo sono una ricca fonte di conoscenza“, afferma Peter Fredriksson, presidente del comitato del premio per le scienze economiche.

Nato nel 1956 a Guelph, in Canada, David Card ha ottenuto un dottorato di ricerca nel 1983 alla Princeton University e insegna alla University of California, Berkeley. Joshua Angrist è nato nel 1960 a Columbus, in Ohio, ha a sua volta conseguito un Ph.D. a Princeton e insegna al Massachusetts Institute of Technology. Guido Imbens, infine, e’ nato nel 1963 a Eindhoven, in Olanda, ha ottenuto un Ph.D. nel 1991 alla Brown University e insegna alla Stanford University. 


Il Nobel per l’economia a tre studiosi negli Usa per le ricerche sul mercato del lavoro

Il mercato delle criptovalute ha superato i 2 mila miliardi di dollari

AGI – Il valore totale del mercato di tutte le criptoattività ha superato i 2.000 miliardi di dollari a settembre, dieci volte di più rispetto all’inizio del 2020. I soli stablecoin hanno toccato quota 120 miliardi. quadruplicando dall’inizio dell’anno.

Il calcolo è del Fondo monetario internazionale secondo cui, insieme a “un nuovo mondo di opportunità”, crescono anche “sfide e rischi”. Finora, sottolinea il Global financial stability report, gli incidenti registrati “non hanno avuto un impatto significativo“, ma “man mano che il settore diventerà sempre più mainstream, la loro importanza in termini di implicazioni potenziali per tutta l’economia è destinata ad aumentare”.

 In particolare, l’Fmi mette in guardia sui rischi che corrono i consumatori. Di oltre 16.000 token quotati in vari scambi, soltanto 9.000 esistono ancora oggi, mentre il resto si è volatilizzato in varie forme. Ad esempio perché molti di loro non hanno più volume sufficiente o perché gli sviluppatori si sono ritirati dal progetto. O anche perché erano stati creati per mera speculazione o direttamente con intenzioni fraudolente.

Inoltre, osserva il rapporto, l’anonimato delle criptoattività crea lacune di dati per i regolatori e può aprire le porte al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo. Per quanto le autorità siano in grado di tracciare le transazioni illecite, possono avere difficoltà a risalire alle parti coinvolte. Senza dimenticare che la differenza delle cornici regolatorie tra i vari Paesi complica il coordinamento, con molte transazioni che avvengono tra entità che operano principalmente in centri finanziari offshore. “Ciò”, avverte il Fondo, “rende la supervisione e il controllo non solo complicato, ma quasi impossibile senza collaborazione internazionale”.

A preoccupare gli economisti di Washington è anche il rapido diffondersi delle criptoattività nei Paesi emergenti e in via di sviluppo. “Guardando al futuro”, avverte il Gfsr, “un’adozione così rapida e diffusa può porre significative sfide rafforzando la dollarizzazione dell’economia – o in questo caso la criptizzazione – con i cittadini che cominciano a usare criptovalute al posto della moneta locale. E ciò può ridurre la capacità delle banche centrali di condurre con efficacia la propria politica monetaria”. Le criptoattività potrebbero inoltre favorire l’evasione fiscale e i deflussi di capitale. 

Di qui l’esortazione del Fondo ad agire in modo “deciso, rapido e ben coordinato a livello globale per consentire di mantenere i benefici ma, allo stesso tempo di ridurre le vulnerabilità”. Cinque sono i suggerimenti che arrivano da Washington. E il primo è l‘invito a regolatori e supervisori a monitorare il rapido sviluppo di questo ecosistema e i rischi che può porre, affrontando il nodo della carenza di dati.

I regolatori nazionali, inoltre, dovrebbero dare la priorità all’applicazione degli standard globali esistenti. E quanto al ruolo degli stablecoin, la regolamentazione “dovrebbe essere proporzionata ai rischi che pongono e alle funzioni che svolgono, allineandola a quella di altre entità che forniscono strumenti simili (depositi bancari o fondi monetari di mercato)”.

 Contro la ‘criptizzazione’ dei Paesi emergenti e in via di sviluppo, l’Fmi sollecita a rafforzare le politiche macroeconomiche e a considerare i benefici che deriverebbero dall’emissione di una moneta digitale garantita dalla banca centrale. Infine, a livello globale, conclude l’Fmi, le autorità dovrebbero “rendere il sistema di pagamenti transfrontaliero, più veloce, meno costoso, più trasparente e più inclusivo”. 


Il mercato delle criptovalute ha superato i 2 mila miliardi di dollari

Le figure professionali che non si riescono a trovare sul mercato

AGI –  Sembra un paradosso in un Paese dove si fa sentire la mancanza di lavoro, ma è cosi’: le imprese cominciano a trovare difficoltà nel reperire personale da assumere. Lo si evince dal Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal.

Cifre alla mano, si attesta complessivamente al 36,4% la quota di assunzioni per cui le imprese dichiarano difficoltà di reperimento (5,5 punti percentuali in piu’ rispetto a settembre 2019), che sale al 51,6% per gli operai specializzati, al 48,4% per i dirigenti, al 41,4% per le professioni tecniche e al 37,7% per le professioni intellettuali e scientifiche. Le figure di più difficile reperimento sono fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metallica (66,2%), fabbri ferrai, costruttori di utensili e assimilati (65,8%), artigiani e operai specializzati del tessile e dell’abbigliamento (65,5%).

Difficili da reperire anche i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (59,2%), i tecnici della distribuzione commerciale (58,7%) e quelli della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (57,1%) così come gli specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali (57,2%) e gli ingegneri (47,8%).
    Per i laureati nei vari indirizzi di ingegneria e per quelli nelle discipline medico-sanitarie quasi la metà delle assunzioni previste dalle imprese sono di difficile reperimento; una quota analoga (48,3%) riguarda i diplomati nell’indirizzo meccanica, meccatronica ed energia, mentre supera il 50% la difficoltà a trovare qualificati negli indirizzi edile e meccanico (53,6% per entrambi).

A incontrare le maggiori difficoltà di reperimento sono le imprese delle regioni del Nord est (sono difficili da reperire il 41,5% delle figure ricercate), seguite da quelle del Nord Ovest (36,3%), Centro (34,0%) e Sud e Isole (33,2%).

Le imprese disposte ad assumere oltre mezzo milione di persone

Eppure, come si evince dal Bollettino, Sono oltre 526mila i lavoratori ricercati dalle imprese per il mese di settembre, circa 91mila in più (+20,9%) rispetto allo stesso periodo del 2019 e quindi ai livelli pre-pandemici; nel trimestre settembre-novembre le imprese hanno in programma di assumere 1,5 milioni di lavoratori (+23,5% rispetto all’analogo trimestre 2019). Prende così velocità la domanda di lavoro sostenuta dal buon andamento dell’economia italiana.

Nel dettaglio, l’industria programma per il mese di settembre 156mila entrate che salgono a 436mila nel trimestre settembre-novembre, in crescita rispettivamente del 24,8% e del 29,1% rispetto al 2019. Si consolida la ripresa del manifatturiero con 114mila entrate nel mese e 317mila nel trimestre (rispettivamente +31,7% e +34,9% rispetto agli stessi periodi del 2019).

A guidare, le industrie della meccatronica che ricercano 31mila lavoratori nel mese e 87mila nel trimestre, seguite dalle industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (27mila nel mese e 75mila nel trimestre) e da quelle tessili, dell’abbigliamento e calzature (16mila nel mese e 45mila nel trimestre).
  Elevata anche la domanda di lavoro proveniente dal comparto delle costruzioni: 42mila le assunzioni programmate nel mese (+9,3% rispetto a settembre 2019) e 118mila nel trimestre (+15,7% rispetto al trimestre 2019).
    Sono invece 370mila i contratti di lavoro offerti dal settore dei servizi nel mese in corso (+19,3% su settembre 2019) e oltre 1 milione quelli previsti per il trimestre (+21,2% sul trimestre 2019). Le maggiori opportunità di lavoro sono offerte dal comparto del commercio (87mila entrate programmate nel mese e 279mila nel trimestre), da quello dei servizi alle persone (84mila nel mese e 188mila nel trimestre) e dai servizi di alloggio, ristorazione e servizi turistici (73mila nel mese e 192mila nel trimestre).

La metà dei posti offerti riguarda contratti a termine

Se si guarda alla tipologia dei contratti la domanda di lavoro  appare trainata prevalentemente dai contratti a tempo determinato con 275mila unità, pari al 52,3% delle entrate programmate. Seguono i contratti a tempo indeterminato (109mila), i contratti di somministrazione (49mila), gli altri contratti alle dipendenze (37mila), i contratti di apprendistato (28mila), gli altri contratti alle dipendenze (18mila) e i contratti di collaborazione (10mila).

Dalla Ue 4,7 miliardi per sostenere la ripresa post-pandemica

La Commissione europea ha concesso 4,7 miliardi di euro all’Italia a titolo di React-Eu per sostenere la risposta del paese alla crisi del coronavirus e contribuire a una ripresa socioeconomica sostenibile. Le risorse contribuiranno, tra l’altro, a proteggere i posti di lavoro nelle piccole imprese delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. I fondi supplementari contribuiranno ad aumentare le assunzioni di giovani e donne, consentiranno ai lavoratori di partecipare alla formazione e sosterranno servizi su misura per le persone in cerca di lavoro. 

 


Le figure professionali che non si riescono a trovare sul mercato

Fine degli incentivi e crisi dei microchip affossano il mercato dell’auto

AGI – Fine degli incentivi e crisi dei microchip affossano il mercato dell’auto. Ad agosto le immatricolazioni hanno registrato un nuovo drastico calo del 27,3% (64.689 unità) dopo la riduzione di luglio (-19,4%). Resta comunque positivo il saldo sui primi otto mesi. Nel complesso, sono state immatricolate 1.060.182 vetture, il 30,9% in più rispetto alle 809.978 vendute nel corrispondente periodo del 2020. 

Stellantis ha immatricolato ad agosto 21.636 autoveicoli, il 36,3% in meno rispetto ai 33.961 venduti nello stesso mese dell’anno scorso. Negli otto mesi, le immatricolazioni sono 412.580, il 31,3% in più rispetto alle 314.329 registrate nel corrispondente periodo del 2020.

Gli esperti del settore indicano prospettive fosche: secondo l’Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri), la situazione del mercato dell’auto nei prossimi mesi “non può che peggiorare visto il rapido esaurimento dell’ecobonuscon cui rimangono inutilizzabili anche i fondi complementari stanziati per finanziare l’extrabonus. 

Per Federauto, la Federazione dei concessionari auto, il brusco calo di agosto dimostra le enormi difficoltà che attraversa il settore, soprattutto a causa della carenza dei componenti elettronici. Inoltre, i fondi non riusciranno a coprire gli acquisti fino al 31 dicembre, riproponendo il problema delle misure stop and go e gli inevitabili effetti regressivi sul mercato.

Il Centro studi Promotor parla di “una tempesta perfetta” prodotta dall’esaurirsi dello stanziamento per l’ecobonus, l’inutizzabilità dell’extrabonus e la mancanza di microchip. La situazione del mercato dell’auto appare “decisamente peggiore di quella del contesto economico italiano” e “la ripresa nel 2021 per l’auto è decisamente più lenta”. “Il pasticcio sugli incentivi alle auto elettriche e dintorni – fa notare Promotor – rischia di compromettere il lavoro fatto per vincere le resistenze della gente verso la transizione ecologica”

Di fronte a tale situazione l’Unrae chiede l’immediato rifinanziamento dell’Ecobonus per le fasce 0-20 e 21-60 g/Km CO2 attraverso un qualsiasi veicolo normativo disponibile in tempi brevi, oppure, in via emergenziale, con un trasferimento parziale nell’Ecobonus delle risorse ferme nell’Extrabonus.

Il Centro studi Promotor ritiene indispensabile rifinanziare immediatamente gli ecobonus per le auto verdi e gli incentivi per le auto da 61 a 135 gr/km di CO2 e utilizzare poi la Legge di Bilancio 2022 per creare le premesse di una politica per l’auto che dia una concreta prospettiva alla transizione verso l’auto elettrica.

Federauto sostiene che è necessario trovare una soluzione rapida per rifinanziare il fondo Ecobonus, nonché proseguire nelle politiche di incentivazione volte al rinnovo del parco circolante auto più vetusto e inquinante in un orizzonte temporale medio-lungo e rivedere il termine dei 180 giorni per completare le prenotazioni in corso, unitamente a una sostanziale riforma della fiscalità dell’auto.


Fine degli incentivi e crisi dei microchip affossano il mercato dell’auto

“Negli Stati Uniti la pandemia ha frantumato il mercato del lavoro”

AGI – “Il dato sull’occupazione americana è molto sorprendente, quasi sconvolgente. Ci si aspettava che ad aprile l’economia Usa creasse oltre un milione di posti e invece ne sono arrivati appena 226mila. Il motivo? La domanda di lavoro c’è, ma apparentemente manca l’offerta. Oppure, forse, la risposta è un po’ più complessa. Il mondo del lavoro Usa esce frantumato da questa pandemia. C’è troppa volatilità sui dati e troppa dislocazione sul mercato del lavoro, sulla logistica. Si tratta di fatti nuovi, che non si erano mai visti prima”.

Così, a caldo, il professor Fabrizio Pagani, esperto di macroeconomia, capo della segreteria tecnica dell’ex ministro italiano dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, consigliere economico dell’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta ed ex sherpa del G20, prova a spiegare all’AGI i deludenti dati del mercato del lavoro Usa.

 “Diciamo così: domanda e offerta di lavoro non sono più stabili. In altre parole, mentre prima domanda e offerta s’incrociavano in modo tutto sommato naturale, ora a causa della dislocazione e cioè dei troppi spostamenti il mercato è diventato più complesso, più difficile da decifrare. C’è stato un rimescolamento. Con la pandemia si è creata più volatilità, perché si crea molta domanda dove non c’è abbastanza offerta, oppure si crea offerta in settori dove non c’è domanda. Ecco questo è il concetto di dislocazione“, afferma Pagani. 

Per spiegare ancora meglio il concetto, Pagani prova a fare qualche esempio. “L’economia, dopo la pandemia, tende a riprendersi meglio nel settore manifatturiero e cioè nell’industria, piuttosto che nei servizi. Per cui chi lavorava nei servizi, cioè nei ristoranti, nel commercio, o nel settore viaggi si è spostato nel settore manifatturiero, dove si assume di più e si è più tutelati. E ora, che i servizi riaprono, chi si è spostato in fabbrica, non torna indietro, non riprende a fare il cameriere”.

“La pandemia – prosegue – crea una frantumazione del mondo del lavoro, un cambiamento radicale, che è difficile da rimarginare, anche delle abitudini lavorative. Prendiamo i baby boomer, quelli nati negli anni Cinquanta e Sessanta, che oggi hanno intorno ai 60 anni, o sono over 55. E’ gente che ha lavorato 40 e più anni e che prende al balzo i mutamenti introdotti dalla pandemia, per lasciare il lavoro, andare i pensione, o part time, o lavorare da casa. Trova la scusa psicologica, o contrattuale della pandemia per iniziare a fare altre cose”.

    “Insomma, – spiega ancora – questa frantumazione del mondo del lavoro è più profonda di quanto non appaia a prima vista e anche le statistiche del mondo del lavoro incominciano a dimostrarlo”. “E poi il dato sull’occupazione Usa ad aprile dimostra anche un’altra cosa. E cioé che aveva ragione la Federal Reserve, almeno per ora. Powell ci ha visto giusto. Nel senso che era giusto mantenere le politiche accomodanti e che non ci sono problemi di inflazione, perché certi aumenti dei prezzi sono temporanei e non innescano aumenti a catena sul mercato del lavoro. Non ci sono pressioni sui salari. Lo dimostra il fatto che dopo i dati Usa sull’occupazione statunitense, il Treasury a 10 anni è sceso”.


“Negli Stati Uniti la pandemia ha frantumato il mercato del lavoro”

Vino, cresce il mercato mondiale dei tappi: il 72% è in sughero

AGI – L’elemento imprescindibile per il vino e la sua qualità? È il tappo. Da cui dipendono invecchiamento, prestigio, valore. Compreso l’impatto sull’ambiente. Ma c’è tappo e tappo. Cambia la forma, il materiale, il sistema di chiusura. Tecnica e tecnologie  d’impiego. Per ogni soluzione, un impatto: economico, ecologico, organolettico. Elementi che del vino dicono molto. Il tappo è tutto. Ci sono investimenti, ricerche, studi. E non mancano i collezionisti.

Di tappi ce n’è di tutti i tipi. E taglie. A vite, micro-agglomerati, monopezzo. Le stime economiche sul futuro del settore sono più che rosee: entro il 2025 il giro d’affari passerà dai 3,2 miliardi di dollari del 2019 ai 4,64 miliardi nel 2025 (stime Ksi – Knowledge sourcing intelligence).

Tuttavia, è ancora e sempre il vecchio e caro sughero a detenere il primato. Perché è il materiale in prevalenza utilizzato da produttori e imprenditori del vino. Sui circa 18 miliardi utilizzati per il formato in bottiglia da 0,75 litri, circa il 72% è in sughero, il 18% a vite e poco più del 10% in plastica. E a confrontarsi ci sono giganti come Vinventions, Amorim, Oeneo, Guala Closures, dove l’Italia rappresenta uno dei Paesi più dinamici e strategici. Anche se il Covid-19 ha inferto un duro colpo al settore su bilanci e conti.

Il brand portoghese Amorim, tra più importanti, detiene il 28% del mercato globale e, con la controllata Amorim cork Italia, vende 585 milioni di pezzi sul mercato italiano, con un giro d’affari superiore ai 60 milioni di euro nel 2019. Ma nel 2020, causa Covid, la flessione è stata del 5%, quello della controllata italiana del 9%, a fronte di una flessione complessiva del 4,2% nei volumi. La sede italiana della casa portoghese, parte del Gruppo Amorim, Portocork Italia, conta poi un fatturato da 8,5 milioni di euro per 80 milioni di tappi prodotti, ed è considerata la “boutique del tappo di sughero”, a misura di collezionista.

Altro importante player mondiale è Vinventions, con la controllata Nomacorc, che detiene il 14% delle quote a garanzia di 2,8 miliardi di bottiglie ogni anno. Occupa il 15% del mercato italiano con oltre 450 milioni di tappi. Per il 2020 c’è stata una crescita nei volumi a fronte di ricavi stabili.

Il 2021 sembra confermare la tendenza 2020. Dal 1999 Vinventions lavora su tappi a vite e chiusure a zero emissioni di carbonio (Green line). Dal 2021 si affiancherà la Blue line, basata sul concetto di economia circolare. Diam Bouchage, del Gruppo Oeneo – quasi 300 milioni di euro di fatturato – vende nel mondo circa 2,2 miliardi di tappi, con 181 milioni di euro di ricavi. Nel 2020, c’è stato un -4% nelle attività complessive. Sul mercato italiano, la flessione dei volumi è stata del 5%. A tutela dell’ambiente, Diam investe in Francia e Spagna per ripristinare le foreste di sughero e garantire il mantenimento delle capacità produttive future, proteggendo anche le foreste dai cambiamenti climatici. Poi c’è Labrenta, azienda di Breganze, nel vicentino, fondata nel 1971: con 200 milioni di tappi venduti ha chiuso il 2020 con ricavi a circa 11 milioni di euro (stabili sul 2019), il 60% all’estero.

Presente in 15 mercati, con 180 dipendenti tra Sardegna, California e Champagne, l’azienda familiare Ganau è un riferimento nel mondo dei tappi in sughero, fresca di certificazione ambientale Iso 14001: usa le polveri del sughero per alimentare le centrali a biomassa e produrre energia termica per lo stabilimento. In futuro, anche per l’elettricità necessaria al ciclo produttivo. 

Altro big è Guala Closures Group (20 miliardi di tappi tra vino, spirit, acqua, olio e aceto), ha totalizzato nei primi 9 mesi del 2020 ricavi netti per 417,2 milioni di euro (-6,9%), con circa il 20% dei ricavi derivanti dai tappi a vite per vino. Nel 2020 il gruppo ha accelerato il lancio della gamma di chiusure ribattezzata “Blossom”. L’obiettivo è utilizzare il 35% di materiale riciclato entro il 2025. 


Vino, cresce il mercato mondiale dei tappi: il 72% è in sughero

Germania e Cina si contendono il primato del mercato delle auto elettriche

AGI – Segnali di ripresa per il settore delle auto.

Vendite in Cina più che quadruplicate a febbraio

Su base annuale nel mese sono salite a 1,18 milioni di unità. A febbraio del 2020 le vendite erano affondate del 79% a causa dell’inizio dei lockdown

A febbraio di quest’anno sono state vendute 97.000 auto elettriche, sette volte in più rispetto all’anno precedente, ma il 38% rispetto a gennaio.

Tesla ha venduto 18.318 Model 3 e Model Y prodotte a Shanghai a febbraio. Dal 2020 la Cina sta offerto vari sussidi e incentivi per aiutare a incrementare le vendite. Negli ultimi mesi, le autorità di regolamentazione cinesi hanno annunciato ulteriori aiuti e la costruzione di più strutture di ricarica per le auto elettriche.

Sale la produzione di autoveicoli in Italia

In Italia la produzione di autoveicoli a gennaio è salita del 13,5% rispetto allo stesso mese del 2020 (dati corretti). Lo rende noto l’Istat. Il dato grezzo segna un aumento del 6,4%.

La Germania invece spinge sul green, numero due mondiale

Nel 2020 le immatricolazioni di auto elettriche sono aumentate a livello record del 264% a 394.632 da 108.530 nel 2019. Si tratta del tasso di crescita più alto a livello mondiale.

La Germania è ora al secondo posto dietro la Cina in termini di nuove immatricolazioni, relegando gli Stati Uniti al terzo posto. La Francia è quarta con il numero di nuove immatricolazioni che sale a 194.700, un tasso di crescita del 180%.

Anche i tassi di crescita in Danimarca (245%), Italia (250%), Spagna (136%) e Regno Unito (140%) sono stati alti, anche se il numero assoluto di veicoli in questi mercati è ancora relativamente basso. 


Germania e Cina si contendono il primato del mercato delle auto elettriche

Frena il mercato dell’auto a ottobre, bene Fca (+12,5%)

Brusca frenata del mercato dell’auto a ottobre, con le immatricolazioni che calano dello 0,18% a 156.981 rispetto allo stesso mese del 2019. Nei primi 10 mesi del 2020 le vendite, profondamente influenzate dal lockdown, si sono attestate a 1.122.998 unità, in riduzione del 30,91% rispetto al 1.625.494 unità dello stesso periodo del 2019.

Ottobre però sorride a Fca, che batte nettamente il mercato. Il gruppo ha immatricolato complessivamente 37.936 autovetture, con un incremento del 12,57% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. La quota di mercato sale quindi al 24,17% dal 21,43%. Nei primi 10 mesi, le vendite di Fca sono state pari a 265.064 unità, in calo del 31,51% rispetto allo stesso periodo del 2019. La quota del gruppo cala al 23,60% dal 23,81%.

Il dettaglio dei marchi invece vede gli ottimi risultati ottenuti da Fiat e Jeep, con valori di crescita sensibilmente migliori rispetto alla media del mercato. Fiat nel mese registra quasi 25.400 vetture – il 17,9% in più in confronto al 2019 – e ottiene una quota del 16,2%, in crescita rispetto allo stesso mese di un anno fa di 2,5 punti percentuali. 

Per quanto riguarda Jeep, in ottobre il marchio registra quasi 6.300 vetture, il 15,2% in più in confronto allo stesso mese del 2019, per una quota del 4%, in crescita di 0,5 punti percentuali. Lancia immatricola oltre 4.700 auto per una quota al 3%. Alfa Romeo immatricola 1.600 veicoli e ottiene una quota dell’1%. 

Agi