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Vola l’export italiano, nel 2021 livelli superiori a quelli del 2019   

AGI – Nel complesso del 2021, l’export risulta in forte espansione (+18,2%) e sale a livelli superiori a quelli del 2019. Lo rileva l’Istat. Nel complesso, i dati relativi all’anno passato, fotografano una crescita del 18,2%, più sostenuta verso i Paesi Ue (+20,0%) rispetto ai mercati extra Ue (+16,3%).

Una crescita trainata soprattutto dall’aumento delle vendite di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+26,0%), macchinari e apparecchi n.c.a. (+14,7%), prodotti petroliferi raffinati (+70,5%), sostanze e prodotti chimici (+19,0%) e mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (+19,5%).

Solo l’export di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici è in diminuzione (-2,2%). Nell’anno 2021 l’avanzo commerciale si porta a +50.416 milioni (da +63.289 del 2020) mentre l’avanzo dell’interscambio di prodotti non energetici raggiunge +89.452 milioni (era +85.656 nel 2020). 


Vola l’export italiano, nel 2021 livelli superiori a quelli del 2019   

Accelera l’inflazione in Italia: è al 4,8%, livelli top dal 1996

AGI – Accelera l’inflazione a gennaio: secondo i dati Istat, registra un aumento dell’1,6% su base mensile e del 4,8% su base annua (da +3,9% del mese precedente), al top dal marzo 1996. Per l’Istat, il dato tendenziale mostra una crescita “mai registrata”. La fiammata è dovuta in particolare ai beni energetici regolamentati che passano da +41,9% a al +93,5%.

Secondo l’Istituto, l’ulteriore e marcata accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici (la cui crescita passa da +29,1% di dicembre a +38,6%), in particolare a quelli della componente regolamentata (da +41,9% a +93,5%), e in misura minore ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +22,0% a +23,1%), dei Beni alimentari, sia lavorati (da +2,0% a +2,4%) sia non lavorati (da +3,6% a +5,4%) e a quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,3% a +3,5%); da segnalare, invece, il rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +3,6% a +1,4%).

L’inflazione “di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rimane stabile a +1,5% e, secondo ‘Istat, “conferma il dato di dicembre grazie anche al rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti i cui andamenti tendenziali sono ancora condizionati dalle limitazioni alla mobilità dovute alla pandemia”.

In forte crescita sia i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +2,4% di dicembre a +3,2%) sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +4,0% a +4,3%), il cosiddetto ‘carrello della spesa’. Lo rileva l’Istat. L’inflazione acquisita per il 2022 e’ pari a +3,4% per l’indice generale e a +1,0% per la componente di fondo.

Il mese di febbraio è iniziato positivamente per i mercati globali, e in particolare quelli europei: nella giornata di giovedì si riunirà il direttivo della Bce e l’atttenzione degli investitori sarà rivolta all’ipotesi di rialzi dei tassi e alle prospettive dei prossimi mesi in tema di politica monetaria. Secondo gli analisti, però, non ci si aspettano sorprese da Francoforte nonostante la svolta ‘falco’ della Fed, che potrebbe rialzare i tassi cinque volte quest’anno, e l’interventismo della Boe che, a breve, annuncerà con ogni probabilità un nuovo incremento dei tassi, il secondo in due mesi.

Per Annalisa Piazza, Fixed-Income Research Analyst, MFS Investment Management, la Bce non è disposta a “inasprire le condizioni di finanziamento” e intende aspettare ulteriori evidenze in merito all’inflazione prima di iniziare a rimuovere le condizioni favorevoli in corso in modo cosi brusco come il mercato sta prezzando. Proprio per questo, i mercati non sembrano preoccupati per il dato di oggi sull’inflazione dell’Eurozona, che dopo esser saltata al 5% a dicembre, a gennaio vola al 5,1%.


Accelera l’inflazione in Italia: è al 4,8%, livelli top dal 1996

Il prezzo del gas resta a livelli record

AGI – Restano sui massimi i prezzi europei del gas dopo il record assoluto di martedì 22 dicembre, quando il benchmark Ttf ha toccato i 180,5 euro/Mwh in rialzo del 22%; impennata che ha riguardato anche il benchmark britannico (+21,2%) a 4,5 sterline per therm. Stamani il prezzo del gas all’hub olandese, riferimento per l’Europa, ha raggiunto i 180,2 euro per megawattora, mentre il benchmark britannico ha toccato le 4,5 sterline per therm.

Il forte rialzo del costo del gas naturale europeo è dovuto alla riduzione delle spedizioni russe verso la Germania attraverso il gasdotto Yamal-Europe, in pieno inverno.

Nel frattempo, la produzione di energia eolica in Germania è scesa ai minimi da cinque settimane, il che, combinato con le interruzioni delle centrali nucleari francesi, i ritardi nel gasdotto Nord Stream 2 e i rischi geopolitici in Bielorussia e Ucraina, ha contribuito a innescare una delle più gravi crisi del gas naturale nella storia d’Europa. Con le importazioni in calo e le scorte in esaurimento, gli investitori temono ora che la crisi duri per tutto l’inverno. 

Il prezzo del petrolio

Sono in lieve rialzo sui mercati asiatici dopo il balzo di ieri. Il dollaro è scivolato ed i prezzi del greggio in genere si muovono inversamente alla valuta Usa. A dare forza alle quotazioni, il ritorno della propensione al rischio degli investitori, confortati dal fatto che la maggioranza dei governi ha scelto di non imporre lockdown per frenare la diffusione della variante Omicron del Covid-19 e grazie alla Cina che ha affermato di essere in grado di sostenere la crescita economica.

I futures sul greggio West Texas Intermediate salgono dello 0,32% a 71,35 dollari al barile, dopo aver guadagnato il 3,7% ieri. I future sul greggio Brent aumentano dello 0,09% a 74,05 dollari al barile dopo aver guadagnato il 3,4% nella scorsa seduta.


Il prezzo del gas resta a livelli record

Moody’s: il Pil dell’Italia crescerà del 5,6% nel 2021. Si tornerà a livelli pre-crisi nel 2022

AGI – Nel 2021 l’economia dell’Italia crescerà del 5,6% dopo il -9% del 2020. Lo prevede l’agenzia di rating Moody,s, secondo la quale Italia, Francia e Spagna “impiegheranno almeno fino al 2022” per tornare ai livelli pre-crisi. Per l’Europa Moody’s prevede che la economica “sarà lenta, irregolare e fragile”. Nel 2021 il Pil europeo crescerà a +4,6%, dopo una contrazione del 7,7% nel 2020. Solo la Lituania, secondo Moody’s, tornerà ai livelli pre-crisi nel 2021.

Per tutti gli altri Paesi i rischi “rimangono elevati e volti al ribasso”, per gli “sviluppi incerti della pandemia e le potenziali azioni dei governi”, costretti in molti casi a reintrodurre le restrizioni, che manterranno fino ai primi mesi di quest’anno. “Italia e Spagna – rileva Moody’s – sono particolarmente esposte alle restrizioni interne”, perché hanno delle economie molto dipendenti dal settore dei servizi.

In particolare risentiranno del minor afflusso di turisti. Secondo Moody’s, “la domanda di turismo internazionale è improbabile che torni ad avvicinarsi ai livelli precedenti fino a quando un vaccino efficace non sarà largamente in circolazione o non si avrà un trattamento che ridurrà significativamente i decessi”. Inoltre Italia, Francia e Spagna registreranno dei tassi di crescita più elevati nel 2021, ma ciò riflette in gran parte un rimbalzo “meccanico” dopo le notevoli contrazioni dello scorso anno e la loro produzione rimarrà ben al di sotto dei livelli pre-crisi.


Moody’s: il Pil dell’Italia crescerà del 5,6% nel 2021. Si tornerà a livelli pre-crisi nel 2022

Euro: si stabilizza a livelli elevati e apre sopra 1,14 dollari

(AGI) – Roma, 30 giu. – L’euro si stabilizza a livelli molto elevati e apre a 1,1440 dollari, dopo aver ritoccato il top da 13 mesi a 1,1445 dollari. L’indebolimento del biglietto verde e l’impennata dell’euro sono legate a una generalizzata aspettativa di un’imminente fine delle politiche monetarie ultra-accomodanti da parte delle principali banche centrali. A innescare questo trend sono state le parole di Mario Draghi di martedi’ scorso, “male interpretate” dai mercati, secondo l’istituto di Francoforte. Tuttavia i mercati non hanno dato ascolto a questa rettifica e continuano a prefigurare un’accelerazione sull’avvio del tapering. La moneta europea passa di mano a 128,18 sullo yen, mentre il biglietto verde frena a 112,04 yen. Anche la sterlina sale a 1,3018 dollari, dopo le parole del Governatore della Boe, Mark Carney, il quale ha definito possibile un rialzo dei tassi. (AGI)
Gaa

Agi News

L’Italia tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2024

Roma – Il 2017 sarà per l'Italia un anno in chiaroscuro caratterizzato da meno tasse e più lavoro ma il nostro Paese tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2024. E' la previsione dell'ufficio studi della Cgia, secondo cui, al netto di eventuali manovre correttive, la pressione fiscale è destinata a scendere di 0,3 punti percentuali (attestandosi così al 42,3 per cento), il Pil dovrebbe aumentare di circa un punto, il numero degli occupati crescere di quasi 112.000 unità e l'esercito di disoccupati scendere di 84.000 persone. A fronte di questi dati positivi, preoccupa, invece, la mole di tempo che sarà necessaria per ritornare ai livelli pre-crisi (ovvero il 2007).

Nel 2016 l'economia italiana è tornata ai livelli del 2000

In base ai dati di contabilità nazionale pubblicati dall'Istat il 23 settembre 2016 e relativi al Pil reale (concatenato al 2010) e alle previsioni di Prometeia sugli scenari delle economie locali di ottobre 2016, segnala la Cgia, dovremmo recuperare gli 8,7 punti percentuali di Pil persi tra il 2007 e il 2013 solo nel 2024, vale a dire fra 7 anni.

Nel 2016 l'economia italiana è "precipitata" ai livelli del 2000, ovvero di 16 anni fa. I consumi delle famiglie, invece, che a causa della crisi sono crollati di 7,6 punti percentuali, li dovremmo "riconquistare" entro il 2021 e i 28 punti percentuali circa di investimenti bruciati in questi anni non prima del 2032.

Preoccupante anche la situazione relativa al mercato del lavoro. Se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1 per cento, le previsioni delle dinamiche occupazionali dell'Istat e di Prometeia stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all'11,5 per cento circa) dovrebbe ritornare al 6 per cento solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l'occupazione pre-crisi nel giro di un paio d'anni (2018-2019).

Cgia, ripresa ancora molto debole e sotto la media Ue

"Sebbene le tasse siano destinate a scendere grazie, in particolar modo, alla riduzione dell'Ires che interesserà solo le società di capitali e l'occupazione è destinata ad aumentare in virtù della fiducia ritrovata tra i piccoli imprenditori – dichiara il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – la ripresa economica del nostro Paese rimane ancora molto debole e ben al di sotto della media Ue. Se nel 2017, come riportano le ultime previsioni economiche elaborate dalla Commissione europea, il nostro Pil dovrebbe attestarsi attorno all'1 per cento, in Ue, invece, è destinato a toccare l'1,6 per cento. Tra tutti i 28 paesi dell'Unione, solo la Finlandia registrerà quest'anno una crescita più contenuta della nostra".

"A differenza di quanto è successo per buona parte del 2016 – sottolinea il segretario della Cgia, Renato Mason – speriamo che il governo Gentiloni torni a discutere e a decidere sui grandi temi: come creare lavoro, quali politiche industriali sviluppare, come affrontare le sfide che l'economia internazionale ci pone. Abbiamo bisogno di intervenire su questi argomenti – conclude – altrimenti rischiamo di veder aumentare le disuguaglianze sociali che stanno minando la coesione sociale del nostro Paese".

Per approfondire:

 

Agi News