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Perché l’intesa tra Luxottica e Facebook è da tenere d’occhio

Facebook ed EssilorLuxottica produrrano smart glasses. Mark Zuckerberg non ha mai fatto mistero di voler ampliare la gamma di hardware; il gruppo che fa capo a Leonardo Del Vecchio non è al primo accordo con società tecnologiche (anche se, fino a ora, senza grande successo). L’intesa, quindi, arriva da lontano. E dopo aver fatto l’abitudine ai dispositivi indossabili (smartwatch in testa), il mercato potrebbe essere maturo anche per portare la tecnologia davanti agli occhi.

Gli occhiali sostituiranno gli smartphone?

Maggio 2019: Mark Zuckerberg fa spese a Milano. E visto che c’è prende un elicottero con Del Vecchio per atterrare ad Agordo (in provincia di Belluno), dove il gruppo è stato fondato e conserva gli stabilimenti produttivi italiani. Passano pochi mesi e, un anno esatto fa, Cnbc scrive che Facebook sarebbe al lavoro per costruire i suoi primi smart glasses.

Nome in codice del progetto: Orion. Arrivo previsto sul mercato: 2023-2025. Partner: Ray-Ban (marchio di Luxottica). I protagonisti sono gli stessi, ma non è dato sapere se il futuro prodotto sia figlio di Orion o abbia seguito un altro percorso. Al di là di questo dettaglio, nell’articolo di Cnbc erano emersi alcuni particolari che, riletti oggi, potrebbe trasformarsi da indiscrezioni in indicazioni. La fonte della notizia (che, visto quanto rivelato in questi giorni, acquisisce ulteriore credibilità) aveva affermato che i nuovi occhiali fossero concepiti per “sostituire gli smartphone”.

Sfida ambiziosa, che però Facebook potrebbe affrontare senza troppe remore. Per una semplice ragione: non produce smartphone. E non ha quindi il timore di erodere un proprio mercato. Apple (di cui si vocifera come prossimo produttore di smart glasses), ad esempio, non può certo dire con la stessa leggerezza di voler sostituire gli iPhone con un paio di occhiali.

Facebook missione hardware

Se la Mela deve misurare con maggior cura i propri passi, Facebook può muoversi nel mercato dell’hardware come un pachiderma. Ha poco da perdere, tanti soldi da spendere e un mercato da guadagnare. Oltre ai visori della controllata Oculus, al momento il gruppo ha un solo prodotto che esce dalla fabbrica con il proprio marchio: lo smart speaker Portal. Gli occhiali potrebbero essere il prossimo.

Al momento gli hardware rappresentano una componente marginale del bilancio, quasi tutto pubblicitario: sono diluiti (assieme ad altre entrate come le commissioni sui servizi di pagamento) nella voce “altri ricavi”, che nei primi sei mesi del 2020 ha incassato l’1,8% del totale.

Una quota che Facebook vuole ampliare, come dimostra una nota a margine dell’ultimo bilancio. Tra gennaio e giugno, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono aumentati del 37% anno su anno. Soprattutto per un motivo: sono stati assunti ingegneri e tecnici, “in particolare per supportare lo sviluppo di prodotti hardware”.

Come scritto nel documento inviato lo scorso luglio alla Sec, Facebook ammette di “non avere un’esperienza significativa” nel settore. E di non essere certo che gli investimenti si traducano in profitti. Ma vale la pena tentare, perché i dispositivi non sono solo dispositivi: sono porte d’ingresso ai servizi del gruppo, magari governati da un assistente digitale fatto in casa (altra voce che circola ormai da mesi). Portal si è, infatti, affidato ad Alexa (made in Amazon).

Occhiali “davvero” alla moda

Le indiscrezioni di un anno fa sulle funzioni sviluppate all’interno del progetto Orion (permettere agli utenti di fare chiamate, ottenere informazioni in un piccolo display sulla lente e trasmettere il proprio punto di vista ad amici e follower) sembrano in parte confermate dalle dichiarazioni ufficiali delle due compagnie, che però restano più vaghe: “Le app e le tecnologie di Facebook, i marchi e la leadership nell’eyewear di Luxottica e le tecnologie all’avanguardia delle lenti Essilor aiuteranno le persone a rimanere in contatto con amici e familiari”. Grazie a quelli che vengono definiti “i primi smart glasses davvero alla moda”. In quel “davvero” ci sono tutti gli esperimenti falliti del passato. Già, perché non è certo questo il primo tentativo di far convivere tecnologia e lenti. Mai però si è arrivati a un equilibrio appetibile.

I precedenti poco felici

Impossibile non citare i Google Glass, uno dei maggiori flop nella storia di Mountain View. Battezzati tra il 2013 e il 2014, non hanno mai avuto davvero mercato. Forse perché non brillavano in fatto di stile. Nessuno vuole un prodotto brutto, ancor meno se – anziché stare in tasca – lo porti in faccia. Dalle parti di Big G se ne erano probabilmente accorti, tanto da firmare una partnership proprio con Luxottica. Marzo 2014: le due società siglano “una collaborazione strategica di ampia portata per creare dispositivi indossabili innovativi e iconici”. “In particolare – si legge in un comunicato – le due aziende formeranno una squadra di esperti dedicati a design, sviluppo, strumentazione e ingegneria dei prodotti Glass che uniscono moda e lifestyle all’innovazione tecnologica”. Risultati, pochi. Più o meno nello stesso periodo, Luxottica ha lavorato con Intel per realizzare gli Oakley Radar Pace, un paio di occhiali connessi con auricolari per avere un allenatore a portata di orecchio.

Un altro passo nella visione di Zuckerberg

Insomma, che si osservi l’accordo dalla prospettiva di ExilorLuxottica o da quella di Facebook, non si tratta certo di una scelta improvvisata. Le sue radici sono solide. E le idee di Mark Zuckerberg chiare: la fonte di Cnbc aveva sottolineato che il progetto smart glasses suscitasse “forte interesse” nel ceo. E forse questo spiega il perché i tempi previsti da Orion si siano accorciati. Ma non solo. Quando Facebook si muove, è utile andare a rivedere la roadmap rivelata nel 2016 durante la conferenza degli sviluppatori. In un semplice schema, Zuckerberg indicava cosa sarebbe stato del gruppo nei successivi dieci anni. Entro i primi tre anni Facebook sarebbe diventato “un ecosistema”, all’interno del quale si sarebbero mossi WhatsApp, Instagram e Messenger. Entro un decennio (cioè entro il 2026), il gruppo avrebbe puntato su tre insiemi di tecnologie: connettività, intelligenza artificiale e realtà virtuale/aumentata. Cioè, prima di tutto, visori e altri dispositivi che permettano di indossare i servizi di Facebook. Davanti agli occhi.  

Agi

Il governo trova l’intesa sul carcere ai grandi evasori. Si tratta sulla flat tax per le partite Iva

Sono servite oltre due ore e mezzo di vertice e diversi incontri bilaterali per sciogliere alcuni dei nodi ancora aperti, ma alla fine il governo giallorosso sembra aver trovato una quadra sul Dl fisco. Dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri la scorsa settimana ‘salvo intese’, nella notte è arrivato il disco verde, e nei prossimi giorni si valuteranno gli ultimi elementi della legge di bilancio.

Posticipate a luglio 2020 sia le multe sul mancato uso del Pos – nell’attesa di un accordo sull’abbassamento dei costi delle commissioni delle carte di credito e dei dispositivi per il pagamento – sia le nuove norme per la riduzione della soglia sul contante. Questo slittamento, viene spiegato, è dovuto ai tempi tecnici per la creazione di una piattaforma informatica dove dovranno confluire tutti i dati utili al funzionamento di tutto il pacchetto anti evasione.

Si lavora anche alle misure sul cashback. In manovra dovrebbe arrivare il ritorno del 19% delle spese effettuate tramite pagamenti con carte di credito e bancomat. Si sta cercando, fanno sapere fonti di governo, di ampliare l’elenco dei settori interessati, si andrà dai ristoranti al parrucchiere, dall’ estetista all’elettrauto. Si punta inoltre ad allargare anche ai dentisti e ai medici.

Fonti di governo spiegano che occorre a questo proposito creare un sistema informatico in grado raccogliere i dati dei vari circuiti di carte di credito e inviarli a una sorta di centrale che calcolerà quanto il possessore della carta vedrà tornare indietro attraverso il sistema del cashback.

Il carcere ai grandi evasori e la confisca per sproporzione trovano spazio nel decreto fiscale e “ambedue le norme entreranno in vigore dopo la conversione in legge da parte del Parlamento. D’ora in avanti chi evaderà centinaia e centinaia di migliaia di euro sarà finalmente punito con il carcere. Colpiamo i pesci grossi”, scrive il ministro Luigi Di Maio su Facebook al termine del vertice di maggioranza a Palazzo Chigi.

Secondo quanto trapela da fonti della presidenza del Consiglio, il premier Giuseppe Conte si è detto soddisfatto per l’accordo raggiunto. È previsto il carcere da 4 a 8 anni per chi evade più di 100 mila euro. Il decreto contiene anche la confisca per sproporzione.

Resta da risolvere il tema della flat tax per le partite Iva. Se da un lato è stato trovato l’accordo per evitare l’introduzione del calcolo analitico per le partite Iva con fatturato sotto i 65 mila euro restano da risolvere alcuni dettagli a partire dal limite relativo ai beni strumentali.

Le osservazioni di Bruxelles

Entro il 23 ottobre, la Commissione Europea attende nuovi chiarimenti dall’Italia “per giungere ad una valutazione finale” sulla manovra. Questo è uno dei passaggi contenuti all’interno della lettera fatta pervenire al governo italiano, non l’unico a ricevere richieste simili. “Saremmo lieti di ricevere ulteriori informazioni sulla composizione precisa del saldo strutturale”. Non solo, ma la Commissione chiede anche maggiori chiarimenti sulle modalità di spesa previste nel Documento Programmatico di Bilancio. “Queste informazioni ci aiuterebbero a capire se c’è un rischio di deviazione significativa” dal percorso di aggiustamento di bilancio che l’Italia si è prefissata di seguire.

Il tutto attraverso la ricerca di una collaborazione tra Roma e Bruxelles: “Tenendo conto del dibattito svoltosi nella riunione dell’Eurogruppo del 9 ottobre sulla situazione economica e sulla politica di bilancio nell’area dell’euro, la Commissione europea cerca di proseguire un dialogo costruttivo con l’Italia per giungere ad una valutazione finale”:

Agi