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Confindustria: “L’economia italiana va meglio delle attese”   

AGI – L’economia italiana per Confindustria procede meglio rispetto alle attese. Nonostante l’inflazione sia ancora molto elevata – 11,6% l’ultima rilevazione dell’Istat – nella Congiuntura flash l’associazione degli industriali rileva come il prezzo del gas ai livelli più bassi da oltre un anno e la tenuta del potere d’acquisto delle famiglie abbiano sostenuto l’attività produttiva, come confermato anche dai risultati degli indici di Borsa in recupero nelle prime settimane del 2023.

A pesare sulle prospettive economiche resta il forte rialzo dei tassi di interesse operato dalle banche centrali negli ultimi mesi, che toglie risorse a investimenti e consumi, colpiti anche dall’inflazione, in calo ma ancora alta. Come atteso dagli analisti la fine del 2022 e’ stata difficile.

La produzione ha registrato un altro calo a novembre: -0,3%; -1,8% a settembre e -1,1% a ottobre. Mentre la manifattura regge (+0,1%), con ampia eterogeneità tra comparti, si contrae invece il settore delle forniture energetiche (-4,5%).

Per il 4 trimestre la variazione acquisita viene valutata da Confindustria come “molto negativa” per il totale industria (-1,7%, -0,6% nel terzo). I dati qualitativi a dicembre segnalano “uno scenario debole”: gli ordini continuano a diminuire, le scorte ad aumentare, le attese di rimbalzo si ridimensionano; il Pmi è fermo in area di lieve contrazione (48,5 da 48,4), la fiducia delle imprese “segna una nuova discesa”.

Potrebbe favorire la ripresa il deciso raffreddamento dei prezzi dell’energia. Il gas ha aperto il 2023 in netta flessione: 65 euro/MWh in media a gennaio, da 114 a dicembre (14 nel 2019); “un ribasso favorito da stock europei di gas ancora alti, clima mite e consumi frenati”. Per il petrolio, annota il report, prosegue “la lenta discesa (80 dollari al barile, da 81 a dicembre), grazie a una produzione che ha superato una domanda piatta”. In lieve rialzo, invece, i prezzi non-energy (+1,6% a novembre-dicembre), dopo la flessione dei mesi precedenti, sui livelli alti del 2021.

I tassi di interesse continuano ad essere una variabile non secondaria. A novembre il costo del credito per le imprese italiane ha continuato a salire: 3,37% per le Pmi (1,74% a inizio 2022), 2,67% per le grandi (da 0,76%). Un “ulteriore aggravio di costi, che avviene a seguito del rialzo dei tassi di riferimento”. Prosegue anche la dinamica “altalenante” dell’export italiano, in rimbalzo a novembre (+3,8%, dopo -1,5%), anche grazie a maxi-vendite nella cantieristica navale.

Fanno da traino i paesi extra-Ue mentre l’export intra-area e’ stazionario: “Usa e Turchia si confermano i mercati più dinamici, fiacche le vendite in Cina, in contrazione in Russia; fa da freno, anche in prospettiva, l’indebolimento del mercato tedesco”. Le indicazioni per inizio 2023 per l’export “restano negative” secondo gli ordini manifatturieri esteri, a fronte di una domanda mondiale debole, come confermano i dati sul commercio in area di contrazione.

Uno sguardo a Pechino

Il focus di Confindustria si concentra sulle prospettive economiche della Cina, dove la crescita è stata al minimo nel 2022 ma in accelerazione. Si stima che il Pil cinese passerà da un +3,0% nel 2022 (peggior dato degli ultimi 40 anni, eccetto il 2020) ad un valore intorno al +4,5% nel 2023, tornando sul sentiero di graduale rallentamento seguito in precedenza.

La ripartenza cinese, annota Confindustria, potrebbe “vacillare a inizio anno per l’impennata nei contagi da Covid, ma e’ atteso un graduale miglioramento di domanda domestica e produzione industriale dopo la frenata di fine 2022”. I dati Pmi di dicembre confermano questa tendenza, con valori ancora in territorio negativo ma in miglioramento e con la componente dei nuovi ordini nei servizi che segna il suo massimo da maggio.  


Confindustria: “L’economia italiana va meglio delle attese”   

L’economia frena, sale il rischio di stagnazione

AGI – L’economia frena alla fine dell’anno e aumenta il rischio di una stagnazione in Italia. E’ l’allarme lanciato da Confindustria nella sua ‘Congiuntura flash’ di dicembre. Il prezzo del gas – sottolinea il Centro studi degli industriali italiani – sta di nuovo salendo e il caro-energia accresce i costi ormai da 12 mesi, mitigato, solo in parte, dagli interventi del governo. L’inflazione ai massimi e persistente frenerà, inoltre, i consumi, mentre il rialzo dei tassi si sta accentuando e zavorra i bilanci. Gli indicatori sono al ribasso, anche riguardo la domanda e il turismo, esaurito il rimbalzo, potrebbe spingere meno in inverno, come già le costruzioni in estate.

Il prezzo del gas in Europa – osserva Confindustria – torna a crescere a dicembre (137 euro/mwh in media, da 96 a novembre) e le difficili trattative Ue su un price cap, proposto a un livello ancora più alto, non aiutano. Il petrolio invece ha registrato una flessione marcata a dicembre, a 81 dollari al barile (da 91), sulla scia di un mercato mondiale ben rifornito.

La flessione delle commodity non energetiche, invece, sembra essersi fermata (+0,7% a novembre), sui livelli elevati toccati nel 2021 (+37% da fine 2019). Per quanto riguarda i tassi, il costo del credito per le imprese italiane si è impennato in ottobre: 3,14% per le Pmi da 1,74% a inizio 2022, 2,19% per le grandi da 0,76%. Questo aggravio di costi – sottolinea il Centro studi – inciderà negativamente sugli investimenti. Il Btp, che era in flessione da metà ottobre (3,49% a dicembre, da un picco di 4,69%), è risalito a 4,06% a seguito del rialzo dei tassi deciso dalla Bce il 15 dicembre. 

L’industria accusa il colpo

In questo scenario l’industria accusa il colpo. La produzione ha subito un secondo marcato calo in ottobre (-1%, dopo il -1,7% a settembre). Hanno tenuto solo i beni strumentali, mentre hanno ceduto gli altri settori. Il 4° trimestre si apre, quindi, con una variazione acquisita molto negativa (-1,5%), più pesante di quella del 3° (-0,5%), come segnalavano da alcuni mesi i dati qualitativi: gli ordini in progressivo calo e le scorte in rapido aumento suggerivano che le imprese avrebbero dovuto correggere al ribasso il livello di produzione (ma a breve è atteso un rimbalzo). Inoltre, il Pmi a novembre, pur recuperando, è rimasto in area di contrazione (48,4 da 46,5) e la fiducia delle imprese è risalita ma è ancora compressa.

La flessione nel 3° trimestre è stata forte per il comparto costruzioni: -1,3% gli investimenti, -2,2% la produzione. Il settore veniva però da 6 trimestri di forte espansione. In prospettiva, le indagini Banca d’Italia segnalano il proseguire di una fase di debolezza, sia in termini di domanda che di contesto economico. Tengono invece i servizi. Il recupero estivo del turismo e della spesa per servizi (+3,1%) è stato cruciale per il settore, unico in crescita nel 3° trimestre (+0,9%). Per il 4° i segnali sono in miglioramento: a novembre il Pmi è risalito vicino alla soglia neutrale (49,5 da 46,4), la fiducia delle imprese di servizi ha recuperato un pò di terreno, i volumi di veicoli sulle autostrade sono poco sotto i valori del 2019 (-0,2%).

Come va l’occupazione

Sul fronte del mercato del lavoro, i dati mostrano il proseguire dell’espansione dell’occupazione in Italia nel bimestre settembre-ottobre (+0,3% su luglio-agosto, +79 mila unità). Occupati in moderato aumento pure nell’industria a ottobre e novembre. L’export italiano appare altalenante: apre male il 4° trimestre (-1,6% in ottobre dopo +1,6% a settembre). Si osservano ampie differenze tra settori e paesi di destinazione: in robusta espansione il farmaceutico, in risalita i mezzi di trasporto, più deboli i macchinari; fanno da traino le vendite negli Usa e in Turchia, fiacche quelle in Cina e soprattutto in Giappone.

Si consolidano i segnali negativi provenienti dagli ordini manifatturieri esteri in novembre, per la debolezza della domanda globale e l’incertezza geoeconomica. Il commercio mondiale – secondo le analisi di Confindustria – è ancora in crescita nel 3° trimestre, ma indicazioni negative per il 4° vengono dal Pmi globale ordini esteri (46,2 in ottobre e novembre) e dall’indice di movimentazione portuale di container (netto calo a ottobre): pesano i rialzi dei costi, specie energetici.

La flessione nell’Eurozona

Nell’Eurozona l’industria è in flessione, infatti la fiducia, che era in calo da 8 mesi, è leggermente migliorata a novembre (93,7 da 92,7; indicatore Esi); tuttavia, il tenue aumento non si è esteso all’industria (-2 da -1,2), segnalando un indebolimento delle prospettive. Anche il Pmi composito diminuisce a novembre (47,3 da 47,8), soprattutto per la flessione nel manifatturiero (46,4 da 47,1); tengono invece i servizi (48,6 da 48,5). La debolezza nell’industria è riflessa anche nei dati sulla produzione: in ottobre la variazione acquisita per il 4° trimestre è di -0,3% in Germania, -0,5% in Spagna, -2,3% in Francia.

Negli Usa la crescita è lenta, con la Fed che ha alzato ancora i tassi a fine anno (a 4,5%), ha rivisto poco al rialzo le previsioni di crescita sul PIL nel 2022 (+0,5% da +0,2%) e molto al ribasso nel 2023 (+0,5% da +1,2%). I segnali per l’economia a novembre sono stati deboli: la produzione industriale è scesa dello 0,2% e il crollo inatteso dell’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (37,2 da 45,2) ha anticipato il calo sotto la soglia neutrale anche degli indici Pmi e Ism manifatturieri. Le vendite al dettaglio sono diminuite di 0,6%, ma l’aumento della fiducia dei consumatori a dicembre sembra anticipare un rafforzamento.


L’economia frena, sale il rischio di stagnazione

La Bce: l’economia sta rallentando, la guerra è un freno alla crescita

AGI – L’economia della zona euro sta rallentando, l’alta inflazione e la guerra in Ucraina inoltre “gettano più di un’ombra sulle prospettive per la seconda metà del 2022 e oltre“. Sono le previsioni della Bce contenute nel bollettino mensile. Il turismo dovrebbe favorire l’attività economica nel terzo trimestre e le “condizioni del mercato del lavoro si mantengono solide”, ma tanti sono i rischi che gravano sulla crescita. Quanto alla politica monetaria l’Eurotower inoltre si dice pronta ad alzare i tassi di interesse nelle prossime riunioni.

“Sarà opportuna – si legge nel bollettino – un’ulteriore normalizzazione dei tassi di interesse. Anticipare l’uscita dai tassi di interesse negativi consente al Consiglio direttivo di passare a un approccio in cui le decisioni sui tassi vengono prese volta per volta. L’evoluzione futura dei tassi di riferimento definita dal Consiglio direttivo continuerà a essere dipendente dai dati e contribuià al conseguimento dell’obiettivo di inflazione del 2 per cento nel medio termine”, si spiega.

Invece il Tpi (Transmission Protection Instrument) “assicurerà che l’orientamento di politica monetaria sia trasmesso in modo ordinato in tutti i paesi dell’area dell’euro”. La portata degli acquisti del Tpi “dipenderà dalla gravità dei rischi per la trasmissione della politica monetaria. Gli acquisti non sono soggetti a restrizioni ex ante. Salvaguardando il meccanismo di trasmissione, il Tpi consentirà al Consiglio direttivo di adempiere più efficacemente il mandato di preservare la stabilità dei prezzi”, aggiunge la Bce.

L’attività economica nell’area dell’euro sta rallentando. L’aggressione ingiustificata della Russia verso l’Ucraina rappresenta un persistente freno alla crescita“, scrive la Bce. “L’impatto dell’elevata inflazione sul potere d’acquisto, i perduranti vincoli dal lato dell’offerta e la maggiore incertezza esercitano un effetto frenante sull’economia. – si legge nel bollettino – Le imprese continuano a fronteggiare costi più elevati e interruzioni nelle catene di approvvigionamento, sebbene vi siano timidi segnali di un allentamento di alcune strozzature dal lato dell’offerta”.

Infine sullo spread la Bce evidenzia che “negli ultimi giorni del periodo compreso tra il 9 giugno e il 20 luglio 2022, i differenziali di rendimento dei titoli di Stato dell’area dell’euro sono tornati su livelli più elevati, con l’evolversi della crisi politica in Italia“.

Nel dettaglio dei singoli paesi, “il calo maggiore dei differenziali è stato osservato per la Grecia, con una diminuzione di 55 punti base del differenziale sul rendimento dei titoli di Stato decennali nel periodo di riferimento. La diminuzione dei differenziali sui titoli di Stato decennali di Spagna e Francia è stata meno pronunciata, con valori pari, rispettivamente, a 1,5 e 4,5 punti base. Anche il differenziale sul rendimento dei titoli di Stato decennali per l’Italia è diminuito complessivamente di 8 punti base, ma la sua volatilità è aumentata verso la fine del periodo in esame, di riflesso alla crisi politica in atto nel paese”, si aggiunge. 


La Bce: l’economia sta rallentando, la guerra è un freno alla crescita

Il Nobel per l’economia a tre studiosi negli Usa per le ricerche sul mercato del lavoro

AGI – Il premio Nobel per l’Economia è stato assegnato per metà al canadese David Card e per l’altra metà allo statunitense Joshua D. Angrist e all’olandese Guido W. Imbens. 

Card è stato premiato “per i suoi contributi empirici all’economia del lavoro”. Angrist e Imbens “per i loro contributi metodologici all’analisi delle relazioni causali“.

Card, Angrist e Imbens, spiega l’Accademia reale svedese delle Scienze, “hanno fornito nuove intuizioni sul mercato del lavoro e mostrato quali conclusioni su causa ed effetto possono essere tratte dagli esperimenti sul campo. Il loro approccio si è diffuso in altri settori e ha rivoluzionato la ricerca empirica”. 

“Attraverso esperimenti sul campo Card ha analizzato gli effetti sul mercato del lavoro di salari minimi, immigrazione e istruzione – si legge – I suoi studi dei primi anni ’90 hanno sfidato la saggezza convenzionale, portando a nuove analisi e ulteriori intuizioni. I risultati hanno mostrato, tra le altre cose, che aumentare il salario minimo non porta necessariamente a meno posti di lavoro. Ora sappiamo che i redditi delle persone che sono nate in un Paese possono beneficiare della nuova immigrazione, mentre le persone che sono immigrate in un periodo precedente rischiano di essere influenzate negativamente. Abbiamo anche capito che le risorse nelle scuole sono molto più importanti per il futuro successo degli studenti sul mercato del lavoro di quanto si pensasse in precedenza”.

“I dati degli esperimenti sul campo sono però difficili da interpretare”, aggiunge l’Accademia svedese. “A metà degli anni ’90, Joshua Angrist e Guido Imbens hanno risolto questo problema metodologico, dimostrando come dagli studi sul campo si possono trarre conclusioni precise su causa ed effetto”.

In conclusione “gli studi di Card su questioni fondamentali per la società, e i contributi metodologici di Angrist e Imbens, hanno mostrato che gli esperimenti sul campo sono una ricca fonte di conoscenza“, afferma Peter Fredriksson, presidente del comitato del premio per le scienze economiche.

Nato nel 1956 a Guelph, in Canada, David Card ha ottenuto un dottorato di ricerca nel 1983 alla Princeton University e insegna alla University of California, Berkeley. Joshua Angrist è nato nel 1960 a Columbus, in Ohio, ha a sua volta conseguito un Ph.D. a Princeton e insegna al Massachusetts Institute of Technology. Guido Imbens, infine, e’ nato nel 1963 a Eindhoven, in Olanda, ha ottenuto un Ph.D. nel 1991 alla Brown University e insegna alla Stanford University. 


Il Nobel per l’economia a tre studiosi negli Usa per le ricerche sul mercato del lavoro

L’economia tedesca cresce più del previsto 

AGI – L’economia tedesca è cresciuta più del previsto nel secondo trimestre dell’anno sulla scia dell’allentamento delle restrizioni anti Covid-19 che ha spronato i consumatori ad attingere a risparmi record accumulati durante il lockdown invernale, mentre lo Stato ha messo ‘benzina’ con un enorme stimolo finanziato dal debito.

Su base annua, la locomotiva tedesca si è espansa del 9,4% nel secondo trimestre, lasciando l’attività economica del 3,3% al di sotto dei livelli pre-crisi del quarto trimestre del 2019. L’economia tedesca è cresciuta invece dell’1,6% rispetto al trimestre precedente. Il dato è stato rivisto al rialzo rispetto alla stima preliminare. 

Il consumo privato è cresciuto del 3,2% tra aprile e giugno, contribuendo per 1,6% punti percentuali alla crescita complessiva e spingendo il tasso di risparmio al 16,3%. Nel primo trimestre, quando negozi, bar e ristoranti sono rimasti chiusi, quel tasso ha toccato il massimo storico del 22%. I consumi pubblici si sono espansi dell’1,8%, contribuendo al tasso di crescita complessivo per lo 0,4%.

La spesa statale per attutire l’impatto della crisi del coronavirus, finanziata con nuovi prestiti senza precedenti, ha creato un buco da un 80,9 miliardi di euro (95 miliardi di dollari) nelle finanze pubbliche nella prima metà dell’anno.

Questo equivale a un deficit del settore pubblico del 4,7% del Pil, al top da 26 anni. Carsten Brzeski di Ing Bank ha definito questo dato “il lato negativo della rapida ripresa economica”. “Lo stimolo dovrebbe aiutare a riportare l’economia ai livelli pre-crisi prima della fine del 2021, ma lascerà al nuovo governo un pesante fardello da sostenere”, aggiunge Brzeski. 


L’economia tedesca cresce più del previsto 

Torna a crescere la produzione industriale. L’Istat: “Prospettive decisamente positive per l’economia”

AGI – Torna a crescere in termini congiunturali la produzione industriale a giugno, dopo il calo dell’1,5% segnato a maggio, con il livello dell’indice che supera dello 0,3% il valore di febbraio 2020, mese antecedente l’inizio dell’emergenza sanitaria. In particolare, l’Istat stima che l’indice destagionalizzato aumenti dell’1% rispetto a maggio. L’incremento riguarda anche il complesso del secondo trimestre (+1,0% rispetto al primo), sebbene in lieve rallentamento rispetto alla dinamica dei primi tre mesi dell’anno. Corretto per gli effetti di calendario, a giugno, l’indice complessivo aumenta in termini tendenziali del 13,9%.

L’indice destagionalizzato mensile mostra aumenti congiunturali in tutti i raggruppamenti principali di industrie, con una crescita del 4,1% per l’energia, dell’1,0% per i beni di consumo, dello 0,6% per i beni intermedi e dello 0,3% per i beni strumentali. Incrementi tendenziali rilevanti caratterizzano quasi tutti i comparti: +20,0% per i beni intermedi, +16,2% per i beni strumentali e +10,0% per i beni di consumo; più contenuta è la crescita per l’energia (+2,1%).

Tutti i settori di attività economica registrano aumenti su base tendenziale, a esclusione delle attività estrattive. Gli incrementi maggiori riguardano la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+25,5%), quella di computer, prodotti di elettronica e ottica (+25,3%) e la produzione di articoli in gomma e materie plastiche (+23,0%).

Secondo l’Istat, “le prospettive per l’economia italiana restano decisamente positive. Per le imprese la fiducia si attesta sui massimi degli ultimi anni e il livello dei posti vacanti nell’industria e nei servizi ha superato i livelli pre-crisi”.

Nel secondo trimestre, ricorda l’istituto, il Pil italiano è cresciuto, in base alla stima preliminare, del 2,7% in termini congiunturali, “con un dinamismo più accentuato di quello degli altri principali paesi europei“. La variazione acquisita per il 2021 è +4,8%. “La fase di ripresa dei ritmi produttivi”, afferma l’Istat, “dovrebbe estendersi anche al terzo trimestre. L’indice del clima di fiducia delle imprese ha evidenziato in luglio un deciso incremento portandosi sui livelli massimi della serie. I servizi hanno segnato il recupero più robusto, superando i livelli pre-crisi. Il settore manifatturiero ha invece mostrato una crescita più moderata sostenuta dal miglioramento dei giudizi sugli ordini”.

Dal lato delle famiglie, “si registrano diffusi segnali positivi che interessano l’andamento del mercato del lavoro e la fiducia“. Anche le vendite al dettaglio salgono. A luglio, si è ampliato il differenziale tra l’inflazione italiana e quella dell’area euro, in parte per la diversa tempistica dei saldi italiani rispetto all’anno precedente. “Le prospettive per i prossimi mesi”, sottolinea la nota, “indicano il rafforzamento della dinamica inflazionistica”. Le imprese attendono rincari dei listini in tutti i settori, escluso quello delle costruzioni. Tra i consumatori sono aumentate in modo significativo le attese di crescita dei prezzi dei beni durevoli e in generale è salita la percentuale di coloro che si attendono un aumento dell’inflazione nei prossimi mesi.

Lo scenario internazionale, infine, “resta caratterizzato da un processo di ripresa economica solido ma eterogeneo tra paesi. Tuttavia”, conclude l’Istat, “la risalita dei contagi sta determinando un aumento dell’incertezza associata all’evoluzione dell’economia mondiale”. 


Torna a crescere la produzione industriale. L’Istat: “Prospettive decisamente positive per l’economia”

L’economia italiana si è dimostrata più resiliente del previsto

AGI – L’economia italiana va meglio delle aspettative. Si è mostrata più resiliente del previsto e per questo le stime economiche dell’estate della Commissione europea hanno ritoccato al rialzo il Pil di quest’anno: +5% (nei dati di primavera era del 4,2%). Una cifra da “boom economico”, l’ha definita il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni.         

Viene invece rivista leggermente al ribasso la stima per l’anno prossimo (4,2 invece del 4,4%) ma il dato è condizionato da un eccesso di prudenza che ha portato i tecnici di Bruxelles a non calcolare l’apporto che arriverà dalle riforme contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ma solo dagli investimenti.     

Secondo questi numeri, il Pil italiano dovrebbe tornare ai numeri pre-crisi nel corso del 2022 in leggero ritardo rispetto ad altri Paesi europei che ci riusciranno già quest’anno. “Non possiamo accontentarci di un rimbalzo che ci faccia tornare alla situazione precedente, dobbiamo utilizzare anche gli investimenti, le riforme del Pnrr reso possibile dai grandi finanziamenti europei, per avere una crescita stabile, duratura, sostenibile”, ha precisato Gentiloni.     

Il vento di ottimismo a Bruxelles non riguarda solo l’Italia. Vengono rivisti al rialzo anche i dati dell’eurozona e dell’Ue, 4,8% nel 2021 e 4,5% nel 2022 per entrambe. Rispetto alle previsioni economiche di primavera, il tasso di crescita per il 2021 è significativamente più alto nell’Ue (+0,6 punti percentuali, era 4,2%) e nell’area dell’euro (+0,5), mentre per il 2022 è leggermente superiore in entrambe le aree (+0,1, sul 4,4%).      

Il Pil tornerà al livello pre-crisi nell’ultimo trimestre del 2021 sia nell’Ue che nell’eurozona. Per l’area dell’euro, si tratta di un trimestre in anticipo rispetto alle previsioni di primavera. La crescita dovrebbe rafforzarsi a causa di diversi fattori. In primo luogo, l’attività nel primo trimestre dell’anno ha superato le aspettative.

In secondo luogo, un’efficace strategia di contenimento del virus e progressi con le vaccinazioni hanno portato a un calo del numero di nuovi contagi e ricoveri, che a loro volta hanno permesso agli Stati membri dell’Ue di riaprire le loro economie nel trimestre successivo. Questa riapertura ha beneficiato in particolare le imprese del settore dei servizi.

I consumi privati ​​e gli investimenti, grazie anche al Recovery, dovrebbero essere i principali motori della crescita, sostenuti dall’occupazione che dovrebbe muoversi di pari passo con l’attività economica. La forte crescita dei principali partner commerciali dell’Ue dovrebbe avvantaggiare le esportazioni di beni dell’Unione, mentre le esportazioni di servizi dovrebbero risentire dei rimanenti vincoli al turismo internazionale.    

Anche la stima sul tasso di inflazione per quest’anno e per il prossimo è stata rivista al rialzo. Si prevede che ci sarà una pressione al rialzo sui prezzi al consumo pari al 2,2% per quest’anno (+0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di primavera) e dell’1,6% nel 2022 (+0,1 punti percentuali). L’aumento è dovuto “all’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, alle strozzature della produzione dovute a vincoli di capacità e carenza di alcuni componenti di input e materie prime, nonché a una forte domanda sia in patria che all’estero. Queste pressioni – spiega l’esecutivo europeo – dovrebbero attenuarsi gradualmente man mano che i vincoli alla produzione verranno risolti e con la convergenza tra la domanda e l’offerta.    

Migliorano “lentamente” anche le condizioni del mercato del lavoro, tuttavia “le prospettive dipendono non solo dalla velocità della ripresa, ma anche dai tempi di ritiro del sostegno politico e dal ritmo con cui i lavoratori vengono reintegrati tra i settori e le imprese”, ha spiegato Gentiloni che vede il ritiro del blocco dei licenziamenti italiano come parte delle “politiche incoraggiate a livello europeo di un ritiro selettivo e graduale delle misure di sostegno”.


L’economia italiana si è dimostrata più resiliente del previsto

“L’economia Usa migliora e il rialzo dell’inflazione è temporaneo”, dice Powell

AGI  –  L’economia Usa è in “continuo miglioramento ma ci sono ancora rischi e la Fed “farà di tutto per sostenere la ripresa”. Quanto all’inflazione, è ancora in aumento ma la sua crescita è “temporanea” e destinata a esaurirsi. Sono queste le linee principali dell’intervento che il presidente della Fed, Jerome Powell, farà oggi in occasione dell’audizione davanti alla commissione Servizi finanziari della Camera.

Powell, secondo quanto trapela, sosterràhe l’economia e stelle e strisce ha continuato “a crescere quest’anno al ritmo più veloce degli ultimi decenni” e che il mercato del lavoro Usa “sta migliorando a un ritmo irregolare”. Tuttavia Powell mette anche in guardia dai rischi che ancora incombono sulla ripresa: “La pandemia continua a comportare rischi per le prospettive economiche. I progressi nelle vaccinazioni hanno limitato la diffusione del Covid-19 e probabilmente continueranno a ridurre gli effetti della crisi. Tuttavia, il ritmo delle vaccinazioni è rallentato e nuovi ceppi del virus rimangono un rischio. I continui progressi sulle vaccinazioni sosterranno un ritorno a condizioni economiche più normali”. 

Inoltre per Powell “l’inflazione è aumentata notevolmente negli ultimi mesi. Ciò riflette, in parte, le letture molto basse dall’inizio della pandemia; il trasferimento dei passati aumenti dei prezzi del petrolio sui prezzi dell’energia al consumo; il rimbalzo della spesa mentre l’economia continua a riaprire; e i colli di bottiglia dell’offerta, che hanno limitato la rapidità con cui la produzione in alcuni settori può rispondere a breve termine. Man mano che questi effetti transitori sull’offerta diminuiscono, l’inflazione dovrebbe tornare verso il nostro obiettivo di lungo periodo”.

 
Quindi Powell assicura: “Noi della Fed faremo tutto il possibile per sostenere l’economia per tutto il tempo necessario per completare la ripresa”.


“L’economia Usa migliora e il rialzo dell’inflazione è temporaneo”, dice Powell

Lagarde: “Draghi rilancerà l’economia italiana con l’aiuto dell’Ue”

AGI – Mario Draghi saprà “rilanciare l’economia italiana con il sostegno dell’Europa”: è la convinzione espressa dalla presidente della Bce, Christine Lagarde, in un’intervista al Journal du Dimanche. Il fatto abbia accettato la sfida “di fare uscire il suo Paese dalla crisi economica e sociale mentre l’Italia è il Paese più colpito dalla pandemia nell’area dell’euro è un’opportunità per l’Italia e un’opportunità per l’Europa”, ha osservato Lagarde. “Ho piena fiducia sul fatto che Mario Draghi possa compiere questo compito. Ha tutte le qualità richieste, la competenza, il coraggio, l’umiltà necessaria per riuscire in questa nuova mission: rilanciare l’economia italiana con il sostegno dell’Europa”, ha aggiunto.

Sulle prospettive dell’economia europa “restiamo convinti alla Bce che il 2021 sarà un anno di ripresa”, ha detto la numero uno della Bce, “la ripresa economica è stata ritardata ma non abbattuta. È ovviamente attesa con impazienza”. “Anticipiamo un’accelerazione intorno a metà anno anche se le incertezze persistono”, ha aggiunto, “non siamo al riparo di rischi ancora sconosciuti. Dobbiamo essere lucidi: non ritroveremo prima di metà 2022 i nostri livelli di attività economica pre pandemia”.

La Bce stima che nel 2021 il Pil dell’Eurozona “dovrebbe essere intorno al 4%, forse leggermente sotto. Rappresenterebbe comunque già una crescita molto significativa rispetto al crollo del Pil del 6,8% registrato nell’area dell’euro nel 2020”: lo ha spiegato Lagarde. “Tutto dipenderà dalla politica e dalle campagne di vaccinazioni. Dipenderà anche dalle misure economiche prese dai governi in risposta alle condizioni sanitarie”, ha sottolineato.

“Alla Bce restiamo convinti che il 2021 sarà un anno di ripresa”, ha aggiunto Lagarde, “la ripresa economica è stata ritardata ma non abbattuta. È ovviamente attesa con impazienza”. “Anticipiamo un’accelerazione intorno a metà anno anche se le incertezze persistono”, ha detto la numero uno della Bce, “non siamo al riparo di rischi ancora sconosciuti. Dobbiamo essere lucidi: non ritroveremo prima di metà 2022 i nostri livelli di attività economica pre pandemia”.


Lagarde: “Draghi rilancerà l’economia italiana con l’aiuto dell’Ue”

È l’Italia l’economia che pagherà più caro per il virus: “Pil giù del 12,8%”

Sarà l’Italia a pagare lo scotto maggiore alla pandemia di coronavirus, con un crollo del Pil del 12,8% nel 2020, pari soltanto a quello dell’economia spagnola. È la stima contenuta nell’aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, che taglia del 3,7% la previsione pubblicata nel Rapporto di aprile. Nel 2021, l’attività economica italiana rimbalzerà invece del 6,3%, l’1,5% in più rispetto a quanto l’istituto di Washington si attendesse in primavera.

A preoccupare è anche l’andamento dei conti pubblici. Secondo l’Fmi il rapporto tra deficit e Pil nel nostro Paese risulterà pari al 12,7% quest’anno e al 7% il prossimo. Il rapporto tra debito e Pil salirà invece sino al 166,1% nel 2020 per poi calare al 161,9% nel 2021.

L’impatto dell’epidemia di coronavirus sull’economia ha avuto effetti “catastrofici” sul mercato del lavoro, si legge nell’aggiornamento, secondo cui la perdita di ore lavorate nel secondo trimestre dell’anno equivale alla cancellazione di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno nel Mondo rispetto all’ultimo trimestre del 2019.

Agi