Tag Archive: lavoro

Dalla Pa al fisco e al lavoro. Come il governo vuole usare il Recovery Fund

AGI – I regolamenti di Next Generation EU non entreranno in vigore prima del 2021, ma il Governo, allo scopo di avviare un dialogo informale con la Commissione Ue, ha già approntato delle linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ieri sera l’esecutivo le ha condivise con la Camera per avviare una collaborazione fra le istituzioni in una fase programmatica che rappresenta uno “snodo strategico”. Di seguito le linee guida principali di intervento delineate nelle 73 pagine che compongono il documento, fra la lettera del premier Giuseppe Conte, il testo e le 32 slide. 

Più investimenti pubblici

L’esecutivo evidenzia la “necessità di politiche che consentano di ampliare gli incentivi e le risorse, al fine di ripristinare un livello adeguato di investimenti e di infrastrutture”. Per questo “importanti misure di sostegno agli investimenti saranno introdotte nel breve periodo per accelerare l’uscita del Paese” dalla crisi. A queste saranno affiancate “tutte le azioni necessarie per garantire appalti pubblici efficienti, trasparenti e con tempi certi”.

Per coinvolgere risorse private, “laddove ne sussistano i presupposti, nel settore della realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità”, si ricorrerà anche a “schemi di partenariato pubblico-privato”. Sulle concessioni autostradali, poi, “si darà ulteriore impulso al processo di revisione” e la rete “dovrà essere adeguata alla progressiva diffusione dei veicoli elettrici”. Fra le infrastrutture su cui il Governo intende puntare ci sono “in primo luogo la rete ferroviaria ad alta velocità per passeggeri e merci”, oltre a interventi sulla rete stradale e autostradale con una particolare attenzione per ponti e viadotti. 

Pubblica amministrazione, ricerca e sviluppo

L’efficienza della Pa è “un indicatore fondamentale per valutare le potenzialità di crescita di un Paese”; su questo fronte il processo di innovazione verrà accompagnato “da ulteriori azioni di riforma” che costituiscono “un programma strategico di rafforzamento delle competenze e della capacità amministrativa”. 

Saranno aumentate le risorse pubbliche dedicate alla ricerca di base e applicata: il governo si ripropone di “accompagnare il Pnrr per incrementare complessivamente la spesa per R&S e ricerca universitaria di almeno 0,2 punti percentuali di Pil nel prossimo quinquennio”. Fra gli altri punti cardine anche “favorire l’accesso degli studenti diplomati a corsi di laurea in discipline Stem, inclusa l’informatica” e l’istituzione di “crediti d’imposta per gli investimenti innovativi e verdi”. 

Fisco e lavoro

Il governo metterà in campo anche una riforma del sistema fiscale e delle regole del lavoro. Con l’obiettivo di un fisco “equo, semplice e trasparente” il primo passo sarà una “riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta”. Altro punto qualificante il sostegno alle famiglie e alla genitorialità. Il governo inoltre intende “disattivare anche tutti gli aumenti di Iva e accise previsti dalle clausole di salvaguardia”.

Sul fronte del lavoro, invece, oltre alla riduzione del costo “attraverso la riduzione del cuneo fiscale”, l’esecutivo punta su un “rafforzamento della contrattazione collettiva nazionale” e anche sull’introduzione “del salario minimo legale”, che garantirà nei settori a basso tasso di sindacalizzazione “un livello di reddito collegato ad uno standard minimo. 

Una giustizia più svelta e il capitolo sanità

Il Pnrr ha l’obiettivo di dare all’Italia un ordinamento giuridico più moderno e attraente attraverso tre cardini: la riduzione della durata dei processi civili e penali, la revisione del codice civile e la riforma del diritto societario. Su quest’ultimo tema gli intenti sono “uniformare la governance societaria agli standard Ue” e “la riforma della disciplina della crisi d’impresa”. 

Le risorse saranno usate anche “per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario”, anche attraverso “lo sviluppo della sanità di prossimità”. Gli investimenti saranno diretti anche verso “la digitalizzazione dell’assistenza medica ai cittadini”. 

I criteri per i progetti e le risorse

L’esecutivo ha indicato anche i criteri – positivi e negativi. Fra quest’ultimi spiccano “i progetti ‘storici’ che hanno noti problemi di attuazione di difficile soluzione”, mentre è un fattore ben visto “la rapida attuabilità/cantierabilità” e la monitorabilità di progetti con effetti positivi rapidi su numerosi beneficiari. 

La ‘Recovery and resilience facility’ metterà a disposizione dell’Italia 191,4 miliardi, che saliranno a 208,6 miliardi grazie ad altri fondi europei. Per quanto riguarda la Rff “il 70% dell’importo totale dovrà consistere in progetti da presentare al più tardi nel 2022” con le risorse relative che “dovranno essere impegnate entro quell’anno”. Il Governo intende utilizzare la parte di sovvenzioni “per conseguire un incremento netto di pari entità degli investimenti pubblici nel periodo 2021-2026”. Al piano Pnrr si affiancherà “una programmazione di bilancio volta a riequilibrare la finanza pubblica nel medio termine” dopo la forte espansioni del deficit prevista per quest’anno in conseguenza della pandemia. 

Agi

Per il lavoro sarà l’autunno peggiore di sempre?

AGI – L’Inps ha calcolato che nel primo trimestre 2020 l’input di lavoro misurato in termini di Ula ha subito una eccezionale diminuzione sia sotto il profilo congiunturale (-6,9%) sia su base annua (-6,4%), come conseguenza della riduzione delle ore lavorate a seguito del sopraggiungere dell’emergenza sanitaria a partire dall’ultima settimana di febbraio.

Dopo una sostanziale tenuta nei mesi di gennaio e febbraio 2020, ha evidenziato a marzo una progressiva perdita di circa 220 mila posizioni lavorative a marzo, un andamento negativo dovuto essenzialmente alla contrazione delle assunzioni, misurabile in 239 mila attivazioni di rapporto di lavoro dipendente in meno (-44 mila a tempo indeterminato e -195 mila a termine).

Le rilevazioni dell’Anpal dicono che dall’inizio dell’anno fino al 3 maggio c’è stata una riduzione di 882 mila contratti avviati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con l’avvio della cosiddetta fase 2 si è registrata una progressiva ripresa dei flussi contrattuali, per quanto su dinamiche comunque molto distanti da quelle del 2019 e dell’inizio del 2020, ma l’inversione non consente, ovviamente, di recuperare il gap precedentemente accumulato: al 31 maggio, il 2020 sconta, in termini di posizioni lavorative nette, un differenziale di oltre 583 mila posizioni rispetto al 2019.

“Abbiamo davanti un autunno molto impegnativo dal punto di vista occupazionale. La scommessa di dire blocchiamo i licenziamenti perché poi il mercato riprenderà, più passano i giorni più si dimostra lontana dalla realtà. Giochiamo nel campionato dell’incertezza ma dai numeri degli ordinativi estivi e dalle difficoltà che ancora attraversano mercati importanti come quelli di Usa e Cina, non torneremo alla normalità dopo l’estate. Non possiamo continuare a pensare che dopo il blocco tutto tornerà come prima: a un certo punto ci sveglieremo e sarà dura. Sicuramente i giovani e le donne pagheranno di più ma è necessario averne consapevolezza e ripartire”.

Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt

L’autunno peggiore di sempre

L’autunno peggiore di sempre. Così si prospetta il mercato del lavoro a settembre, quando finirà il blocco dei licenziamenti stabilito per decreto. Le stime circolate sono da far tremare i polsi ma nessuno sa esattamente cosa ci aspetti.

Secondo Confindustria, l’occupazione in termini di Ula seguirà il Pil, con un -7,6%. Confcommercio, basandosi su una previsione di crollo del Pil dell’8%, calcola che andrà perso almeno un un milione di posti di lavoro. Federmeccanica parla di scenario “drammatico”. L’Istat, nelle Prospettive per l’economia italiana, nota che l’evoluzione dell’occupazione, misurata in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno), è prevista evolversi in linea con il Pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%) e una ripresa nel 2021 (+4,1%).

Leggi anche: La sorpresa che attende i manager a ottobre

Diversa appare la lettura della crisi del mercato del lavoro attraverso il tasso di disoccupazione, il cui andamento rifletterebbe anche la decisa ricomposizione tra disoccupati e inattivi e la riduzione del numero di ore lavorate.

Ma i dati più allarmanti sono quelli dell’Istat che indicano la diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-467 mila) e la crescita degli inattivi (+290 mila). Ad aprile la tendenza è proseguita e, fa notare Confindustria, gli occupati sono calati (-274 mila), gli inattivi sono saliti molto (+746 mila).

Nella Congiuntura flash di maggio la confederazione osserva che “l’estensione eccezionale della Cig quest’anno permetterà un forte aggiustamento al ribasso delle ore lavorate e la salvaguardia di posti di lavoro. L’occupazione in termini di Ula seguirà il Pil, con un -7,6% nel 2020 (e +3,5% nel 2021), ma terrà in termini di teste. Il tasso di disoccupazione crescerà meno che altrove, anche per l’aumento degli inattivi ma faticherà a scendere nel 2021 (11,3%), quando la creazione di posti di lavoro sarà spiazzata dal riallungamento degli orari e più persone cercheranno un impiego.

“In tutti i paesi i provvedimenti dei governi riguardanti il mercato del lavoro, come quelli per evitare licenziamenti (blocchi, salari pagati dallo stato, prestiti legati alla mantenimento dell’occupazione) sono stati varati con una scadenza  e ovunque ci si chiede cosa accadrà dopo. Penso che si andrà ovunque verso un rinnovo di tali misure, magari seguendo un processo di graduale riduzione. Teniamo presente che si sta navigando a vista perché in nessuna carta nautica dell’economia c’è scritta la rotta da tenere in una situazione che è senza precedenti. E ovunque le misure sono state aggiustate nella qualità e nella quantità in base all’evoluzione dell’epidemia e delle restrizioni per contrastarla”.

Luca Paolazzi, economista e partner Ref ricerche

Federmeccanica ha già avvertito che le prospettive per l’autunno saranno drammatiche: la fase recessiva del comparto “dovrebbe protrarsi anche nel corso del secondo trimestre” e il “34% delle imprese ritiene di dover ridimensionare, nel corso dei prossimi sei mesi, gli attuali livelli occupazionali”.

Ma la situazione potrebbe essere peggiore in altri settori, come il turismo, il commercio, i servizi. Secondo un sondaggio di Confesercenti il 59% degli albergatori ridurrà il personale. Resta quindi da capire cosa succederà con gli ammortizzatori sociali: i dati di maggio sulla cassa integrazione mostrano numeri mai visti in precedenza. 

Le ore autorizzate con causale “emergenza sanitaria Covid19” sono state ad aprile-maggio 2020 pari a circa 1,7 miliardi. Ciò significa aver salvaguardato 5 milioni di posti di lavoro. I sindacati chiedono proroghe e non vogliono sentir parlare di licenziamenti: i metalmeccanici sono già scesi in piazza e annunciano scioperi. Potrebbe essere solo l’inizio. 

Agi

Sono oltre 43 mila i contagiati sui luoghi di lavoro

Sono 43.399 i contagi da nuovo Coronavirus di origine professionale denunciati all’Inail tra la fine di febbraio e il 15 maggio, circa seimila in più rispetto ai 37.352 della rilevazione del 4 maggio. Lo rende noto l’Inail. I casi di infezione con esito mortale registrati nello stesso periodo sono 171, 42 in piu’ rispetto al monitoraggio precedente, e circa la metà riguarda il personale sanitario e socio-assistenziale, con i tecnici della salute e i medici al primo posto tra le categorie più colpite.

L’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni, sale a 59 per i casi mortali

Come evidenziato dal terzo report sui contagi sul lavoro da Covid-19 elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, l’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni per entrambi i sessi, ma sale a 59 anni (58 per le donne e 59 per gli uomini) per i casi mortali. Nove decessi su 10, in particolare, sono concentrati nelle fasce di età 50-64 anni (70,8%) e over 64 anni (19,3%). Il 71,7% dei lavoratori contagiati sono donne e il 28,3% uomini, ma il rapporto tra i generi si inverte nei casi mortali.

I morti tra gli uomini sono l’82,5% del totale, il primato negativo al Nord Ovest

I decessi degli uomini, infatti, sono pari all’82,5% del totale. L’analisi territoriale conferma il primato negativo del Nord-Ovest, con oltre la metà delle denunce complessive (55,2%) e il 57,9% dei casi mortali. Tra le regioni, invece, più di un’infezione di origine professionale su tre (34,9%) e il 43,9% dei decessi sono avvenuti in Lombardia. Rispetto alle attività produttive, il settore della Sanità e assistenza sociale, che comprende ospedali, case di cura e case di riposo, registra il 72,8% delle denunce (e il 32,3% dei casi mortali), seguito con il 9,2% dall’amministrazione pubblica, con le attività degli organi legislativi ed esecutivi centrali e locali.

Agi

Unicredit taglia 8000 posti di lavoro, la maggior parte in Italia

Unicredit prevede nel nuovo piano al 2023 di avere costi totali per 10,2 miliardi con una decrescita media annua dello 0,2%. Al tempo stesso, tuttavia, in Europa Occidentale i risparmi saranno pari a 1,2 miliardi, pari al 12% della base di costo 2018, e saranno in parte ottenuti attraverso la riduzione di circa 8000 ‘full time equivalent’ e tramite la chiusura di 500 filiali a livello di gruppo.

I costi per ottenere questi risparmi, pari a 1,4 miliardi, saranno spesati tra il 2019 e il 2020.  

“Abbiamo appena iniziato le discussioni con i sindacati. Non diamo dettagli su quando e dove saranno. Nel piano precedente abbiamo agito in una maniera socialmente molto responsabile e continueremo a farlo”, ha detto l’ad Jean Pierre Mustier in conferenza stampa.

Unicredit non darà per il momento dettagli sul piano di esuberi, ma la maggior parte del peso ricadrà sulle attività italiane del gruppo. I costi di integrazione associati al taglio dei costi saranno infatti pari a 1,4 miliardi al netto delle imposte: di questi 300 milioni riguardano Germania e Austria e saranno spesati nel quarto trimestre del 2019, mentre 1,1 miliardi riguarderanno l’Italia e saranno ricompresi nel bilancio 2020.

Prime valutazioni informali del mondo sindacale fissano in oltre 5.000 gli esuberi che ci saranno nel Paese, ma le trattative fra la banca e i sindacati devono ancora iniziare. 

Agi

Part time e lavoro a tempo minano il sistema pensionistico

In Italia il part time e il lavoro a tempo mettono a rischio la tenuta del sistema pensionistico. È quanto emerge dal rapporto ‘Pension at Glance‘ dell’Ocse, secondo cui queste due forme di lavoro sono cresciuti di oltre il 10% nel 2017, contro il 5% della media Ocse.Nel rapporto si evidenzia come il part time e il lavoro a tempo, che di “solito implicano bassi guadagni” e che in Italia sono più diffuse che nel resto dei paesi Ocse,rappresentino un pericolo per il sistema previdenziale italiano, poiché rischiano di produrre entrate pensionistiche “più basse”.

E questo soprattutto per il fatto che in Italia c’è una “stretta relazione tra i contributi individuali e i benefici del sistema previdenziale”. L’Ocse rileva anche che, proprio per questa stretta relazione tra contributi e benefici pensionistici, in Italia “le interruzioni di carriera” riducono significativamente l’importo medio delle pensioni. Più nel dettaglio l’Ocse evidenzia che un’interruzione di carriera di 5 anni di un salariato medio in Italia “ridurrà le pensioni del 10% contro il 6% della media Ocse”.  L’Ocse sostiene inoltre che in Italia “una carriera lavorativa senza interruzioni di contributi non è frequente e potrebbe esserlo ancora meno in futuro”. 

Si andrà in pensione a 71 anni

L’Italia, insieme a Danimarca, Estonia e Olanda, è uno dei 4 Paesi Ocse in cui chi entra oggi nel mondo del lavoro andrà in pensione di anzianità a 71 anni di età. Per l’Ocse chi ha iniziato a lavorare in Italia a 22 anni nel 2018 andrà in pensione di anzianità a 71 anni, contro i 74 anni della Danimarca e i 71 dell’Olanda e dell’Estonia. Nei Paesi Ocse in media si andrà in pensione a 66,1 anni.

L’Ocse rileva inoltre che, anche per i nuovi arrivati nel mondo del lavoro, qualora restassero in vigore le norme attuali, sarà possibile chiedere di andare in pensione a 68 anni con 20 anni di contributi. L’Ocse evidenzia anche che il tasso di sostituzione, cioè la percentuale di stipendio medio accumulato nel corso della vita lavorativa che va a formare la pensione, nei Paesi Ocse è attualmente del 59%, mentre in Italia sale al 92% per chi va in pensione a 71 anni, mentre per chi chiederà la pensione a 68 anni con 20 anni di contributi scenderà al 79%.​

Oggi gli italiani vanno in pensione prima degli altri Paesi Ocse

In media gli italiani vanno in pensione a 62 anni e cioè 2 anni prima della media Ocse, che è di 64 anni, e 5 anni prima di quanto preveda la pensione di anzianità. Inoltre, i tassi medi di occupazione giovanile e quello relativo ai lavoratori anziani in Italia sono bassi: il 31% per gli addetti tra 20-24 anni e il 54% per quelli di 55-64 anni, contro una media Ocse rispettivamente del 59% e del 61%.

Allo stesso modo, secondo l’Ocse, in Italia i lavoratori autonomi, pur avendo una copertura previdenziale, sono sottoposti ad aliquote più basse, che si traducono in “diritti pensionistici più bassi”. In Italia i lavoratori autonomi sono il 20% del totale degli addetti, contro una media Opec del 15%. Inoltre in 15 dei 35 Paesi Opec i lavoratori autonomi percepiscono una pensione che in media è del 22% più bassa rispetto a quella degli altri pensionati, mentre in Italia è più bassa del 30%. Secondo l’Ocse la sfida che attende l’Italia sul fronte previdenziale è quella di “mantenere adeguati benefici dalle pensioni di anzianità, limitando la pressione fiscale a breve, medio e lungo termine”.

Inoltre, la priorità per il nostro Paese dovrebbe essere quella di “innalzare l’età pensionabile effettiva” attraverso una “limitazione dei pensionamenti agevolati” e “applicando correttamente i collegamenti con l’aspettativa di vita”. E ancora: aumentare i tassi di occupazione, specie tra i gruppi più vulnerabili e “far convergere” le aliquote dei contributi pensionistici di tutti i settori lavorativi, “aumentando le pensioni di chi ha bassi tassi di contribuzione”.

La spesa previdenziale è tra le più alte

Quanto alla spesa previdenziale, è la seconda più alta tra i Paesi Ocse, dietro soltanto a quella della Grecia. Nel 2015 si è attestata al 16,2% del Pil, contro il 16,9% della Grecia e fronte di una media Ocse dell’8,5%. Al terzo posto, subito dopo l’Italia è l’Austria con una spesa previdenziale al 13,9% del Pil, mentre il Paese con la media piu’ bassa e’ e’ il Messico con il 2,2%. il reddito medio delle persone sopra i 65 anni e’ in linea con quello del resto della popolazione, mentre nei Paesi Ocse in media è il 13% più basso.​

Agi

Storia dell’azienda che assume solo ultra 50enni rimasti senza lavoro

Un'azienda al "contrario". Tra le numerose aziende che chiudono, ce n’è una che apre. Al contrario di chi offre lavoro precario, c'è chi mette in campo contratti a tempo indeterminato. A fronte di chi cerca di "giovani con esperienza", spunta chi assume soltanto cinquantenni reduci da disoccupazione, precariato e fallimenti.

La notizia arriva dal quotidiano La Nazione, che racconta come la MrKelp, azienda fiorentina nel settore dei multiservizi, si sia trasformata da semplice iniziativa imprenditoriale a caso più unico che raro.

Leggi ancheQual è il lavoro dei sogni degli italiani (secondo Linkedin)

Finora sono una ventina le persone assunte dalla MrKelp, guidata da tre coraggiosi imprenditori, Alessandro Marzocca, Simone Orselli e Serena Profeti. "Fin da subito abbiamo optato per assunzioni che privilegiassero l’inserimento di donne e uomini che avessero perso il proprio lavoro o dovuto cessare la propria attività a causa della crisi – spiega Alessandro Marzocca –. Vogliamo dare opportunità a persone sui cinquanta che si trovano in grande difficoltà, aiutandole ad inserirsi nuovamente nel mondo del lavoro".

Le storie 

Storie che raccontano di lavoro che sparisce, imprese che falliscono, stipendi e contributi non pagati. Di una vita dove rischia di venir meno la dignità di guardare in faccia la famiglia. Tra i neoassunti c'è Massimo che ha 56 anni e prima della crisi aveva un'azienda sua "Ho pensato che per me non ci sarebbe stato più spazio" – racconta – "Ci siamo rimessi tutti in discussione e, oggi, possiamo dire che la scommessa è vinta". E' così anche per Ercole, 57 anni senza speranza di poter tornare ad avere una busta paga "Erano cinque anni che non l’avevo più, sono riuscito a risollevarmi, a tornare vivere tranquillo". Carlo, invece, si è trovato a piedi dopo anni di contratti a tempo determinato. "Graduatorie improvvisamente chiuse e porta sbattuta in faccia a me e a molte altre persone. Posso garantire che stare senza lavoro, oggi, è qualcosa che non può esistere".

Cos'è MrKelp

"L’idea è nata da un gruppo di amministratori di condomini e immobili, a Firenze, che ha sentito l’esigenza di creare un servizio efficace e di qualità per le pulizie e le piccole riparazioni dei propri stabili" si presenta così sul sito ufficiale l'azienda toscana di multiservizi, nella sezione dedicata al Chi siamo. "Il compito principale di Mr. Kelp è quello di trovare soluzioni semplici e immediate per i problemi più diversi che, ogni giorno, possono venire alla luce nella gestione degli immobili".

I dati Istat

Secondo gli ultimi dati Istat, relativi al mese di agosto, si stima un aumento degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,3%, pari a +46 mila unità). L’aumento coinvolge principalmente gli uomini e si distribuisce in tutte le classi di età ad eccezione dei 35-49enni. Il tasso di inattività sale al 34,5% (+0,1 punti percentuali). Nell’anno, tuttavia sono aumentati gli occupati ultracinquantenni (+393 mila), mentre calano nelle altre classi d’età. Per i giovani tra i 15 e i 24 anni la percentuale dei disoccupati è del 31%. 

Agi News

Lavoro: ok definitivo del Senato al dl ammortizzatori in deroga

L'Assemblea del Senato ha approvato definitivamente il ddl di conversione del decreto che contiene misure urgenti in materia di ammortizzatori sociali in deroga. Il provvedimento stanzia ulteriori risorse (9 milioni di euro per il 2018), a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione, per prorogare di sei mesi il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga nelle aree di crisi industriale complessa della Regione Sardegna (polo industriale di Portovesme e di Porto Torres). La platea dei lavoratori interessati è di circa mille unità. Il testo opera un chiarimento riguardo al finanziamento delle proroghe di trattamenti di cassa integrazione guadagni in deroga, al fine di evitare un'ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni di fatto identiche.

Agi News

Alla fine i cinesi ci stanno rubando il lavoro o ne stanno creando di nuovo?

La Cina ruba lavoro agli altri? Nulla di più sbagliato: i dati raccontano una storia diversa e l’inarrestabile sviluppo cinese sta creando nuovi posti di lavoro. In tutto il mondo. Così un articolo apparso sull’agenzia Xinhua respinge indirettamente le accuse rivolte da più parti alla Cina – dalla concorrenza sleale alla mancanza di reciprocità – provando a smontare quelle che per l’agenzia di stampa statale sono false notizie, in un periodo di tensioni commerciali tra Pechino e Washington, e mentre nelle stesse ore l’Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, promette maggiori aperture agli investitori stranieri, più volte invocate anche dalle imprese europee. Proprio oggi il ministro degli Esteri, Wang Yi, ha dichiarato che la Cina “produrrà una risposta legittima e necessaria” in caso di guerra commerciale con gli Usa, ribadendo che il governo cinese è impegnato nel percorso di socialismo con caratteristiche cinesi e sottolineando il contributo della Cina a livello globale. "La Cina – ha detto Wang – è impegnata in una lunga marcia verso la modernizzazione e non ha la volontà o il bisogno di rimpiazzare l’America”. Nelle stesse ore sono stati resi noti i dati sull'export della Cina che vola a +11,2% a febbraio, mentre il surplus commerciale con gli Usa si riduce su base mensile, passando da 25,6 a 21 miliardi di dollari, pur raddoppiando rispetto ai 10,4 miliardi di dollari del febbraio 2017.

Il ragionamento del maggiore organo di stampa cinese parte da una questione di principio: “A rigor di logica – scrive Xinhua – nessun Paese può ‘rubare’ lavoro agli altri giacché ciascuno crea opportunità di lavoro per i propri cittadini sulla base del proprio sviluppo economico”. L’editoriale sottolinea poi come la Cina abbia sempre agito nel pieno rispetto delle regole internazionali; lo ha fatto quando era ancora un Paese sottosviluppato, continua a farlo oggi oggi che è diventata la seconda economia al mondo. Di più. La Cina ha sempre “lavorato con i partner commerciali per raggiungere risultati win-win”, un concetto molto caro alla leadership cinese. “Le aziende manifatturiere cinesi – si legge nel commento – espandono la propria presenza globale e assumono sempre di più lavoratori locali”. Ipse dixit. Così la retorica ufficiale prova dissipare i sospetti che si addensano sulla politica di investimento cinese. Un altro discorso riguarda invece il vorace acquisto di aziende strategiche americane ed europee che ha provocato anche a Bruxelles una levata di scudi. 

Xinhua cita l’esempio di Fuyao Group, azienda leader nella produzione di vetri auto, presente nella città di Moraine, nello stato dell’Ohio, con uno stabilimento di 470mila metri quadrati che dà lavoro a più di 2mila persone. Nel 2008, spiega Xinhua, la chiusura dell’impianto di assemblaggio della General Motors aveva causato la perdita di migliaia di posti lavoro ma “l’arrivo di Fuyao, il maggiore investimento cinese nella regione, è stato accolto come un fatto positivo dalla comunità locale”. Non sono mancati i problemi. Nel novembre dello scorso anno, scrive il New York Times, i lavoratori dello stabilimento di Fuyao hanno respinto in maggioranza, con 860 voti contrari e 444 a favore, la proposta di creazione di un sindacato interno, una vittoria per il management cinese dopo il durissimo braccio di ferro con l’agguerrita United Automobile Workers union che puntava a favorire politiche migliori per i dipendenti sul fronte di promozioni, ferie e aumenti. Un epilogo che però non ha messo a tacere le accuse sollevate da alcuni lavoratori, preoccupati da una gestione “rigida e arbitraria” dopo una raffica di licenziamenti per cattiva condotta. Fuyao – scrive Xinhua – punta a espandersi ulteriormente negli Stati Uniti e promette migliaia di assunzioni.

L’articolo sciorina altri dati ufficiali (qualcuno avrà forti dubbi sulla loro veridicità alla luce del vizio cinese di gonfiare i dati statistici interni, per stessa ammissione cinese). Secondo il China General Chamber of Commerce-USA, al 2016 la Cina ha investito oltre 20 miliardi di dollari in nove stati americani nel Midwest generando 45mila posti di lavoro. Se ci spostiamo in America Latina, i posti di lavoro creati dalle compagnie cinesi dal 1995 al 2016 sono stati 1,8 milioni, stando ai dati dell’International Labor Organization. Si tratta – sottolinea l’agenzia – di investimenti in settori vitali, quali alimentare, comunicazione, energia rinnovabile, che hanno “migliorato le infrastrutture locali e incrementato i consumi”.

Pechino sfoggia con orgoglio i primi risultati della Nuova Via Della Seta: 900 progetti di nuove infrastrutture, 780 miliardi di dollari generati dagli interscambi con i 60 paesi coinvolti, 200 mila nuovi posti di lavoro. Nell’ambito dell’iniziativa lanciata dal presidente Xi Jinping nel 2013 con l’obiettivo di collegare Asia, Africa ed Europa via terra e via mare, le aziende cinesi hanno investito circa 50 miliardi di dollari e aiutato a costruire 75 zone di cooperazione economica e commerciale in ben 24 Paesi. Sono i dati ufficiali del ministero del Commercio di Pechino.

Nei giorni scorsi lo stesso primo ministro Li Keqiang, nella sua relazione all’apertura dell’Assemblea Nazionale del Popolo, dopo aver annunciato il mantenimento del target di crescita intorno al 6,5% e l’innalzamento del budget militare, ha ribadito che la Cina intende concedere ulteriori aperture al mercato interno e ampliare la cooperazione industriale con altri Paesi. Tradotto: le aziende manifatturiere del gigante asiatico vogliono dominare sempre di più il mercato globale.

La Cina, conclude Xinhua, non è brava solo nel creare opportunità di lavoro nei Paesi dove investe, ma anche nell’attrarre talenti stranieri di cui ha bisogno per portare a termine il Piano di innovazione manifatturiera “Made in China 2025” che punta a trasformarla in pochissimi anni nel leader delle tecnologie più avanzate. Detto, fatto. “L’industria manifatturiera ad alta intensità tecnologica è cresciuta dell’11,7% negli ultimi cinque anni”, scrive Xinhua. Pechino ha sete di know-how ed è a caccia di talenti: solo nel 2016 sono stati 1.576 i professionisti stranieri a ottenere il permesso di residenza, in crescita del 163% rispetto all’anno precedente, stando ai dati elaborati dal ministero della Pubblica Sicurezza. I settori più richiesti? Tecnologia 5G, motori aeronautici, veicoli elettrici, nuovi materiali e macchinari. Avanti tutta. 

Agi News

Il sanpietrino ecologico che salverà il posto di lavoro a 300 operai

Nel Frusinate gli operai della Ideal Standard tirano un respiro di sollievo: un accordo firmato ieri al Ministero dello Sviluppo economico tra istituzioni, azienda e sindacati sancisce il passaggio dello stabilimento di Roccasecca alla società Saxa Grestone. La soluzione  consentirà di salvare quasi trecento posti di lavoro nei prossimi ventiquattro mesi, nell’alveo di un piano di riconversione che porterà l’azienda a dedicarsi alla produzione di un nuovo tipo di sanpietrino ecofriendly il cui mercato di sbocco naturale dovrebbe essere soprattutto nel nord Europa.

L’intesa, siglata sotto la diretta supervisione del ministro Carlo Calenda, prevede il trasferimento della proprietà della fabbrica alla società controllata dalla Saxa Gres, realtà imprenditoriale specializzata nella produzione di gres porcellanato e di ceramica. Un investimento di trenta milioni di euro, finanziato da Regione Lazio e Governo, sosterrà economicamente la conversione dell’impianto che ora produce sanitari, per consentire la realizzazione di un nuovo tipo di sanpietrino, “non in pietra ma che è un esempio di economia circolare”, come ha spiegato lo stesso ministro.

Saxa Gres è il più grande produttore di piastrelle fuori dalla zona di Sassuolo, e ha brevettato e presentato nel 2017 un particolare tipo di sanpietrino prodotto utilizzando la cenere di scarto degli inceneritori. L’esito è quindi un prodotto costituito per il 30% di rifiuti urbani, che assomiglia ai famosi cubetti di basalto (la cui materia prima è di origine cinese), ma ne riduce l’impatto ambientale ed è rispettoso dell’ambiente.

In attesa del piano industriale, intanto è stato annunciato che lo stabilimento passerà di proprietà il 22 febbraio, e che successivamente verranno avviate le operazioni di conversione. “Ci hanno assicurato che entro l’anno sarà avviata la nuova produzione – ha spiegato ad Agi Enzo Valente (Ugl) – ed entro ventiquattro mesi tutti gli operai dovrebbero già essere reintegrati”.

I circa trecento operai che rischiavano il posto di lavoro quindi saranno salvati nel nuovo assetto, e anzi “non saranno neppure riassunti, ma passeranno direttamente alla nuova proprietà", come ha spiegato lo stesso ministro. 

Ideal Standard, azienda belga con 17mila dipendenti nel mondo, aveva avviato il 30 novembre la procedura di cessata attività, avvisando gli operai solamente il giorno prima. L’intervento record delle istituzioni, insieme al sollevamento degli operai e dei cittadini del territorio, ha consentito che si trovasse una soluzione in tempo record, con piena soddisfazione dei lavoratori. “Siamo molto contenti – ha spiegato Valente – tanto più che non era mai accaduto che un intero territorio dicesse basta, e così siamo stati ascoltati”. 

Agi News