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Lavoro da Casa e Produttività: 10 Domande e Consigli per Mantenere l’Equilibrio tra Vita Lavorativa e Personale

Il lavoro da casa è diventato una realtà sempre più comune negli ultimi anni, specialmente a seguito della pandemia globale. Sebbene possa offrire flessibilità e comodità, il lavoro da casa può anche presentare sfide in termini di produttività e bilanciamento tra vita lavorativa e personale. In questo post, risponderemo a 10 domande comuni sul lavoro da casa e forniremo consigli pratici su come lavorare in modo efficiente e mantenere l’equilibrio tra vita lavorativa e personale.

1. Come posso creare un ambiente di lavoro adatto a casa?

Creare un’area di lavoro dedicata è fondamentale per mantenere la produttività mentre si lavora da casa. Cerca di scegliere uno spazio tranquillo, lontano dalle distrazioni e preferibilmente separato dalle aree di relax e svago. Assicurati di avere una sedia ergonomica, una scrivania adatta e una buona illuminazione.

2. Come posso evitare le distrazioni mentre lavoro da casa?

Per evitare le distrazioni, stabilisci delle regole chiare con i membri della famiglia o i coinquilini riguardo al tuo orario di lavoro e alle interruzioni. Inoltre, disattiva le notifiche dai social media e dai dispositivi mobili durante le ore lavorative. Se necessario, utilizza cuffie con cancellazione del rumore per isolarti dalle distrazioni esterne.

3. Quali sono le tecniche più efficaci per gestire il tempo mentre si lavora da casa?

Tra le tecniche più efficaci per gestire il tempo vi sono la tecnica Pomodoro, che consiste nel suddividere il lavoro in intervalli di tempo chiamati pomodori (solitamente 25 minuti), seguiti da una breve pausa; e la regola dei 2 minuti, che suggerisce di completare immediatamente qualsiasi compito che richieda meno di 2 minuti. Sperimenta diverse tecniche per trovare quella che funziona meglio per te.

4. Come posso stabilire e mantenere una routine lavorativa mentre lavoro da casa?

Stabilire una routine lavorativa ti aiuterà a separare la vita lavorativa dalla vita personale e a mantenere un equilibrio sano. Inizia la giornata con una routine mattutina che includa esercizio fisico, colazione e tempo per pianificare la giornata. Poi, stabilisci orari regolari per le pause, il pranzo e la fine della giornata lavorativa. Cerca di attenerti a questa routine il più possibile.

5. Come posso mantenere una comunicazione efficace con i colleghi mentre lavoro da casa?

La comunicazione efficace è essenziale per lavorare da casa. Utilizza strumenti di comunicazione online come e-mail, chat e videoconferenze per rimanere in contatto con i colleghi e aggiornato sui progetti. Assicurati di partecipare regolarmente a riunioni virtuali e di condividere i tuoi progressi con il tuo team. Ricorda che la comunicazione non verbale può essere persa nella comunicazione online, quindi fai uno sforzo per essere chiaro e conciso nei tuoi messaggi.

6. Come posso gestire lo stress e prevenire il burnout mentre lavoro da casa?

Per gestire lo stress e prevenire il burnout, è importante prendersi cura di sé sia fisicamente che mentalmente. Ecco alcuni suggerimenti:

  • Fai regolarmente esercizio fisico per migliorare l’umore e ridurre lo stress
  • Pianifica momenti di pausa e relax durante la giornata
  • Dormi abbastanza e mantieni una routine regolare del sonno
  • Impara tecniche di rilassamento, come la meditazione o il respiro profondo

7. Come posso mantenere l’equilibrio tra vita lavorativa e personale mentre lavoro da casa?

Per mantenere l’equilibrio tra vita lavorativa e personale, segui questi consigli:

  • Stabilisci confini chiari tra il lavoro e la vita personale, come un orario di lavoro fisso e un’area di lavoro separata
  • Evita di lavorare nelle ore di riposo o durante il tempo libero
  • Pianifica del tempo di qualità con la famiglia e gli amici, anche se virtuale
  • Dedica tempo a te stesso per coltivare hobby e interessi personali

8. Come posso rimanere motivato mentre lavoro da casa?

Rimanere motivato può essere difficile quando si lavora da casa. Ecco alcuni suggerimenti per mantenere alta la motivazione:

  • Stabilisci obiettivi chiari e ragionevoli, sia a breve che a lungo termine
  • Celebra i tuoi successi e riconosci i tuoi progressi
  • Mantieni una mentalità di crescita e cerca di imparare continuamente
  • Connettiti con i colleghi per condividere sfide e successi, e per incoraggiarvi a vicenda

9. Come posso migliorare la mia produttività mentre lavoro da casa?

Per migliorare la produttività, prova questi consigli:

  • Pianifica la tua giornata in anticipo, suddividendo i compiti in piccole attività gestibili
  • Utilizza strumenti di gestione del tempo e delle attività, come liste di cose da fare o applicazioni di pianificazione
  • Imposta priorità per i compiti più importanti e urgenti
  • Elimina le distrazioni e crea un ambiente di lavoro favorevole alla concentrazione

10. Quali strumenti tecnologici posso utilizzare per migliorare la mia esperienza di lavoro da casa?

Ci sono molti strumenti tecnologici disponibili per migliorare la tua esperienza di lavoro da casa. Ecco alcuni dei più popolari:

  • Piattaforme di comunicazione e collaborazione, come Slack, Microsoft Teams o Google Workspace
  • Software di videoconferenza, come Zoom, Google Meet o Skype
  • Applicazioni di gestione del tempo e delle attività, come Trello, Asana o Todoist
  • Software di condivisione e archiviazione di file, come Dropbox, Google Drive o Microsoft OneDrive



Lavoro da Casa e Produttività: 10 Domande e Consigli per Mantenere l’Equilibrio tra Vita Lavorativa e Personale

Storia di Zwap, piattaforma ispirata dal lockdown per trovare nuove opportunità di lavoro

AGI – Zwap è una piattaforma social web professionale, che utilizza i meccanismi dell’intelligenza artificiale, per mettere in contatto le persone che vogliono espandere la propria rete di contatti, per trovare nuove opportunità di lavoro, soprattutto come professionisti del digitale.

L’idea – contribuire a costruire “il futuro delle relazioni professionali” – è nata durante l’isolamento imposto ai tre giovani fondatori dal Covid.

Il sistema si differenzia da altri servizi web di rete sociale più noti, perché utilizza algoritmi per analizzare anche gli interessi, le passioni e gli obiettivi professionali affini tra gli iscritti e, in base agli orari e giorni indicati dagli stessi utenti, fissa incontri in videocall, per farli interagire tra loro.

Nata nel 2020 dall’intuizione di tre giovani under 30 – Federico Pedron, 26 anni, originario di Alghero (Sassari), Luigi Adornetto, 24enne di Roma e Luca Tamborino Frisari, 23 anni, di Bari – la startup ha sede in Sardegna, ad Alghero (Sassari), e attualmente conta circa 7 mila zwapper in Italia, distribuiti in più di 400 città italiane, di cui la maggior parte sono concentrati tra Milano, Roma e Torino, ma anche in capitali internazionali, come Londra e Berlino. 

L’identikit degli ‘zwapper’

L’età media degli iscritti, che hanno un background professionale medio di 2-3 anni, oscilla tra i 25 ai 45 anni. Le professioni più rappresentate sono quelle digitali: da chief marketing officer a startup founder e ceo, da giornalisti ad appassionati di prodotto, design e marketing.

Qualche giorno fa è stato chiuso un ‘round pre-seed’ per un finanziamento 200 mila euro, proveniente da alcuni investitori privati, che permetteranno alla startup di sviluppare ulteriormente il prodotto e di accelerare la crescita della piattaforma, prima a livello nazionale e poi anche all’estero.     

Già a dicembre 2021 Zwap aveva vinto il bando di finanziamento ‘Sardegna Startup Voucher’ dell’agenzia regionale Sardegna Ricerche, e si era aggiudicata 74 mila euro.

L’ispirazione durante il lockdown

Pedron spiega che l’idea di creare questa piattaforma web è partita da un’esigenza personale. “A marzo 2020, dopo un’esperienza di lavoro all’estero”, racconta l’ideatore di Zwap all’AGI, “sono rientrato in Sardegna e mi sono ritrovato catapultato nel bel mezzo dell’isolamento per il Covid. Insieme a Luigi e Luca, conosciuti online, ci siamo sentiti privati della possibilità di entrare in contatto con altri professionisti che ci avrebbero potuti ispirare e far accedere a nuove opportunità lavorative”.

Dopo la maturità classica ad Alghero, Pedron ha lasciato la Sardegna per proseguire gli studi all’università Cattolica di Milano, per iscriversi a una laurea triennale in Economia. Poi si è spostato a Dublino per la specialistica, con un master in Finanza. È rientrato Milano, dove ha iniziato a lavorare in una banca di investimenti.

Terminata questa prima esperienza professionale, Pedron è partito a Barcellona per lavorare in una nota azienda internazionale, che effettua il servizio di corriere a richiesta e acquista, ritira e consegna ai clienti i prodotti ordinati tramite la sua app.

Durante la pandemia, Pedron ha deciso di rientrare inizialmente in Sardegna, e di continuare a lavorare per la società spagnola da casa poi, quando la situazione sanitaria l’ha consentito, è ritornato di nuovo a Milano per lavorare per una startup che si occupa di micromobilità ed è specializzata in auto e monopattini elettrici.

“Durante questo periodo”, spiega Federico Pedron, “è nata Zwap e dopo sei mesi di lavoro intensi, a maggio 2020 io e gli altri due ragazzi abbiamo deciso di licenziarci dai nostri rispettivi lavori, per prenderci il rischio di portare avanti la nostra startup. Da quel momento abbiamo iniziato a lavorare a tempo pieno al nostro progetto. La nostra prossima sfida”, conclude, “è creare un team di giovani talenti e far conoscere il servizio il più possibile in Italia e all’estero”.


Storia di Zwap, piattaforma ispirata dal lockdown per trovare nuove opportunità di lavoro

Il Nobel per l’economia a tre studiosi negli Usa per le ricerche sul mercato del lavoro

AGI – Il premio Nobel per l’Economia è stato assegnato per metà al canadese David Card e per l’altra metà allo statunitense Joshua D. Angrist e all’olandese Guido W. Imbens. 

Card è stato premiato “per i suoi contributi empirici all’economia del lavoro”. Angrist e Imbens “per i loro contributi metodologici all’analisi delle relazioni causali“.

Card, Angrist e Imbens, spiega l’Accademia reale svedese delle Scienze, “hanno fornito nuove intuizioni sul mercato del lavoro e mostrato quali conclusioni su causa ed effetto possono essere tratte dagli esperimenti sul campo. Il loro approccio si è diffuso in altri settori e ha rivoluzionato la ricerca empirica”. 

“Attraverso esperimenti sul campo Card ha analizzato gli effetti sul mercato del lavoro di salari minimi, immigrazione e istruzione – si legge – I suoi studi dei primi anni ’90 hanno sfidato la saggezza convenzionale, portando a nuove analisi e ulteriori intuizioni. I risultati hanno mostrato, tra le altre cose, che aumentare il salario minimo non porta necessariamente a meno posti di lavoro. Ora sappiamo che i redditi delle persone che sono nate in un Paese possono beneficiare della nuova immigrazione, mentre le persone che sono immigrate in un periodo precedente rischiano di essere influenzate negativamente. Abbiamo anche capito che le risorse nelle scuole sono molto più importanti per il futuro successo degli studenti sul mercato del lavoro di quanto si pensasse in precedenza”.

“I dati degli esperimenti sul campo sono però difficili da interpretare”, aggiunge l’Accademia svedese. “A metà degli anni ’90, Joshua Angrist e Guido Imbens hanno risolto questo problema metodologico, dimostrando come dagli studi sul campo si possono trarre conclusioni precise su causa ed effetto”.

In conclusione “gli studi di Card su questioni fondamentali per la società, e i contributi metodologici di Angrist e Imbens, hanno mostrato che gli esperimenti sul campo sono una ricca fonte di conoscenza“, afferma Peter Fredriksson, presidente del comitato del premio per le scienze economiche.

Nato nel 1956 a Guelph, in Canada, David Card ha ottenuto un dottorato di ricerca nel 1983 alla Princeton University e insegna alla University of California, Berkeley. Joshua Angrist è nato nel 1960 a Columbus, in Ohio, ha a sua volta conseguito un Ph.D. a Princeton e insegna al Massachusetts Institute of Technology. Guido Imbens, infine, e’ nato nel 1963 a Eindhoven, in Olanda, ha ottenuto un Ph.D. nel 1991 alla Brown University e insegna alla Stanford University. 


Il Nobel per l’economia a tre studiosi negli Usa per le ricerche sul mercato del lavoro

Ogni posto di lavoro creato con il reddito di cittadinanza è costato 52mila euro allo Stato

AGi –  Ogni posto di lavoro “creato” con il reddito di cittadinanza è costato allo Stato almeno 52 mila euro. Oltre il doppio di quanto spende annualmente un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato full time che, mediamente, costa attorno ai 25 mila euro. E’ quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia secondo la quale dalla prima metà del 2019 – periodo in cui è entrato in vigore il RdC – fino alla fine di quest’anno, l’investimento dello Stato per questa misura ammonta a 19,6 miliardi.

Per la Cgia, a fronte di poco più di un milione di persone in difficoltà economica che, titolari del reddito di cittadinanza, hanno manifestato la disponibilità a recarsi in ufficio o in fabbrica, gli ultimi dati disponibili ci dicono che solo 152 mila hanno trovato un posto di lavoro grazie al sostegno dei navigator. Ipotizzando che i titolari del RdC lo abbiano ricevuto per almeno un anno prima di entrare nel mercato del lavoro, percependo così quasi 7 mila euro, l’associazione approssimativamente stima che l’Inps abbia sostenuto, per questi 152 mila nuovi occupati, una spesa di 7,9 miliardi di euro, pari a poco più di 52.000 euro se rapportata a ogni singolo neoassunto. Un costo che, afferma la Cgia, “appare eccessivo per un numero così limitato di persone entrate nel mercato del lavoro grazie al RdC”

Secondo la Cgia, “chi è in difficoltà economica va assolutamente aiutato, ma per combattere la disoccupazione il RdC ha dimostrato di non essere uno strumento efficace”. 
 

In 2,5 anni un investimento di 19,6 miliardi

Secondo le stime fornite dall’associazione, dalla prima metà del 2019 – periodo in cui è entrato in vigore il RdC – fino alla fine di quest’anno, l’investimento dello Stato per questa misura ammonta a 19,6 miliardi: 3,8 nel 2019, 7,2 nel 2020 e 8,6 miliardi per l’anno in corso. Per il 2022 è prevista una spesa di 7,7 miliardi. La Cgia sottolinea che per l’anno 2019 e 2020 le cifre si riferiscono a quelle effettivamente spese, mentre per gli anni successivi si fa riferimento alle risorse stanziate.

Solo un terzo ha avuto un’occupazione in passato

Secondo l’Anpal, ricorda ancora l’associazione, le persone che percepiscono il RdC sono difficilmente occupabili. L’Agenzia, infatti, stima che la probabilità di rimanere disoccupato a distanza di 12 mesi sfiora il 90 per cento. Ciò è ascrivibile al fatto che questa platea di soggetti ha una insufficiente esperienza lavorativa alle spalle. L’Inps, infatti, analizzando lo storico contributivo di queste persone nella classe di età tra i 18 e i 64 anni, segnala che solo un terzo ha avuto un’occupazione in passato. Pertanto, spesso ci troviamo di fronte a soggetti a forte rischio di esclusione sociale, ovvero in condizioni di povertà economica e di grave deprivazione materiale. Trovare un lavoro a queste persone, spiega la Cgia, “potrebbe addirittura costituire per loro un problema a causa del precario equilibrio psico-fisico in cui versano”.

Solo 152 mila hanno trovato stabilmente un lavoro

Secondo i dati dell’Inps, riferiti ad agosto 2021, le persone destinatarie del RdC erano 3,5 milioni, pari a poco meno di 1,5 milioni di nuclei famigliari. L’importo medio mensile erogato è di 579 euro. Tra questi 3,5 milioni di percettori del reddito, gli over 18 che hanno sottoscritto il Patto per il Lavoro (ovvero si sono resi disponibili a trovare un’occupazione), sono – secondo l’anpal – 1,15 milioni, mentre la Corte dei Conti sottolinea che coloro che hanno trovato un’occupazione stabile sono poco più di 152 mila.

Il 20% abita nelle province di Caserta e Napoli

I dati a livello provinciale, ricorda la Cgia, dicono che nelle province di Caserta (147.036) e di Napoli (555.646) si concentrano complessivamente quasi 703 mila beneficiari del RdC. Se questi ultimi vengono rapportati al numero totale presente in Italia (3.550.342), in queste 2 province campane si concentra il 20 per cento circa dei percettori totali di questa misura. Altrettanto significativo è il numero di RdC erogati dall’Inps nelle grandi aree metropolitane: a Roma sono 240.065,  a Palermo 212.544, a Catania 169.250, a Milano 122.873, a Torino 104.638 e a Bari 92.233.


Ogni posto di lavoro creato con il reddito di cittadinanza è costato 52mila euro allo Stato

“Negli Stati Uniti la pandemia ha frantumato il mercato del lavoro”

AGI – “Il dato sull’occupazione americana è molto sorprendente, quasi sconvolgente. Ci si aspettava che ad aprile l’economia Usa creasse oltre un milione di posti e invece ne sono arrivati appena 226mila. Il motivo? La domanda di lavoro c’è, ma apparentemente manca l’offerta. Oppure, forse, la risposta è un po’ più complessa. Il mondo del lavoro Usa esce frantumato da questa pandemia. C’è troppa volatilità sui dati e troppa dislocazione sul mercato del lavoro, sulla logistica. Si tratta di fatti nuovi, che non si erano mai visti prima”.

Così, a caldo, il professor Fabrizio Pagani, esperto di macroeconomia, capo della segreteria tecnica dell’ex ministro italiano dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, consigliere economico dell’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta ed ex sherpa del G20, prova a spiegare all’AGI i deludenti dati del mercato del lavoro Usa.

 “Diciamo così: domanda e offerta di lavoro non sono più stabili. In altre parole, mentre prima domanda e offerta s’incrociavano in modo tutto sommato naturale, ora a causa della dislocazione e cioè dei troppi spostamenti il mercato è diventato più complesso, più difficile da decifrare. C’è stato un rimescolamento. Con la pandemia si è creata più volatilità, perché si crea molta domanda dove non c’è abbastanza offerta, oppure si crea offerta in settori dove non c’è domanda. Ecco questo è il concetto di dislocazione“, afferma Pagani. 

Per spiegare ancora meglio il concetto, Pagani prova a fare qualche esempio. “L’economia, dopo la pandemia, tende a riprendersi meglio nel settore manifatturiero e cioè nell’industria, piuttosto che nei servizi. Per cui chi lavorava nei servizi, cioè nei ristoranti, nel commercio, o nel settore viaggi si è spostato nel settore manifatturiero, dove si assume di più e si è più tutelati. E ora, che i servizi riaprono, chi si è spostato in fabbrica, non torna indietro, non riprende a fare il cameriere”.

“La pandemia – prosegue – crea una frantumazione del mondo del lavoro, un cambiamento radicale, che è difficile da rimarginare, anche delle abitudini lavorative. Prendiamo i baby boomer, quelli nati negli anni Cinquanta e Sessanta, che oggi hanno intorno ai 60 anni, o sono over 55. E’ gente che ha lavorato 40 e più anni e che prende al balzo i mutamenti introdotti dalla pandemia, per lasciare il lavoro, andare i pensione, o part time, o lavorare da casa. Trova la scusa psicologica, o contrattuale della pandemia per iniziare a fare altre cose”.

    “Insomma, – spiega ancora – questa frantumazione del mondo del lavoro è più profonda di quanto non appaia a prima vista e anche le statistiche del mondo del lavoro incominciano a dimostrarlo”. “E poi il dato sull’occupazione Usa ad aprile dimostra anche un’altra cosa. E cioé che aveva ragione la Federal Reserve, almeno per ora. Powell ci ha visto giusto. Nel senso che era giusto mantenere le politiche accomodanti e che non ci sono problemi di inflazione, perché certi aumenti dei prezzi sono temporanei e non innescano aumenti a catena sul mercato del lavoro. Non ci sono pressioni sui salari. Lo dimostra il fatto che dopo i dati Usa sull’occupazione statunitense, il Treasury a 10 anni è sceso”.


“Negli Stati Uniti la pandemia ha frantumato il mercato del lavoro”

Una mamma su due lascia il lavoro per la cura dei figli

AGI – Oltre una mamma su due (53,3%) che si licenzia lo fa perché non riesce a conciliare con il proprio lavoro la cura dei figli, il tempo fuori casa e gli orari di scuole e asili nido. E’ quanto emerge dall’analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro in occasione della Festa della mamma.

La spesa per nido e babysitter, la carenza di posti negli asili, la cerchia di parenti che si restringe, l’incompatibilità degli orari e dei ritmi di lavoro con la cura della prole sono le motivazioni principali, spiega l’analisi di Uecoop, che hanno spinto oltre 20mila donne in un anno a lasciare il lavoro secondo l’ultimo rapporto Inl, una situazione sulla quale pesa anche l’emergenza Covid. La pandemia, insieme ai ritmi della vita moderna, gli impegni sempre più pressanti, la precarietà di molte professioni, le crisi economiche e l’incertezza sul futuro, evidenzia l’analisi, stanno mettendo a dura prova la capacità di resistenza delle famiglie che hanno anche il problema di trovare e pagare un posto alla scuola materna per i figli. 

Per rispondere a questa domanda di assistenza, sottolinea Uecoop, oltre ai servizi tradizionali pubblici e privati, stanno crescendo offerte alternative come gli asili nelle aziende per i figli dei dipendenti o i mini nido con ‘tate’, le cosiddette ‘tagesmutter’, che seguono piccoli gruppi di bambini in grandi appartamenti attrezzati diffusi, soprattutto, nelle grandi città e a livello regionale in Trentino Alto Adige. In questo scenario sempre più spesso il welfare privato integra quello pubblico grazie ad accordi aziendali nei quali ai primi 4 posti dei servizi più richiesti ci sono proprio quelli che riguardano la scuola e l’istruzione dei figli (79%), la salute (78%), l’assistenza (78%) e la previdenza (77%) secondo un’analisi di Uecoop su dati Assolombarda.

Tutti servizi che, osserva l’Unione europea delle cooperative, sono spesso realizzati grazie a cooperative in grado di offrire personale già formato e locali adatti, ma è urgente potenziare l’offerta per arrivare a un servizio alle famiglie che copra, come nella media europea, almeno il 33% dei bambini fino ai tre anni di età. 
 

Coldiretti, 6 italiani su 10 regalano fiori alla mamma 

Quasi sei italiani su dieci (59%) per la festa della mamma scelgono un mazzo di fiori o una pianta che quest’anno vincono rispetto a cioccolatini e dolciumi, regalati da appena un 6%, mentre una minoranza del 2% acquista gioielli e altrettanti si indirizzano verso capi di abbigliamento: è quanto emerge da un sondaggio on line effettuato sul sito www.coldiretti.it che ha promosso nel week end iniziative nei mercati di Campagna Amica in tutta Italia. Nella Capitale a tutte le mamme è stato offerto un omaggio floreale con il tutor del verde in azione per aiutare i cittadini a fare la scelta giusta per la ricorrenza anche per aiutare un settore produttivo di punta del Made in Italy duramente colpito dalla pandemia Covid.

Dai segreti sulla stagionalità dei fiori e su come scegliere quello realmente Made in Italy, che aiuta l’ambiente, al vademecum su come mantenere al meglio l’omaggio floreale ma anche a come riutilizzarlo donandogli una seconda vita, sono alcune delle indicazioni date ai cittadini per non sbagliare il dono per le mamme. Tra i regali, spiega la Coldiretti, prevalgono le azalee, le begonie, bouquet vari e lilium, gerani e rose.

A fronte di una maggioranza assoluta che dona fiori, c’è infatti, sottolinea Coldiretti, quasi un cittadino su cinque (19%) che quest’anno non regalerà nulla a causa della crisi economica, mentre un ulteriore 12% non fa mai regali in queste occasioni. Il segnale del forte impatto che la pandemia ha avuto sulle disponibilità economiche degli italiani, oltre che sulle categorie produttive. Il fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini si sia indirizzato verso un omaggio floreale rappresenta una boccata di ossigeno per il Vivaio Italia, uno tra i settori più colpiti dall’emergenza Covid con un danno stimato dalla Coldiretti pari a 1,7 miliardi di euro. Un conto pesante dovuto, spiega ancora l’organizzazione, a problemi sull’export, con blocchi al confine ed in dogana di tanti paesi Ue ed extra-Ue, ritardi e problemi nel trasporto su gomma, la chiusura dei canali distributivi ma anche il divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, lauree e funerali che ora riprendono ma con forti limitazioni e la cancellazione di tutte le manifestazioni fieristiche dedicate agli appassionati. Il risultato, conclude la Coldiretti, è stata la perdita di fiori e piante appassiti e distrutti nei vivai in Italia. Il settore è uno dei più belli e amati del Made in Italy dove sono impegnate 27mila imprese con circa 200mila posti di lavoro che ora si trovano in gravissime difficoltà. 


Una mamma su due lascia il lavoro per la cura dei figli

Sono tornati al lavoro 140 mila ristoranti e agriturismi

AGI – Primo weekend di ritorno al lavoro per titolari e collaboratori di quasi centoquarantamila bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi con attività all’aperto nelle regioni gialle dove è possibile il servizio al tavolo all’esterno ma non quello al bancone interno per i bar. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti diffusa in occasione della festa del primo maggio “che rappresenta per molte imprese e lavoratori un segnale di speranza dopo molti mesi di grandi difficoltà.

Nei centri urbani le maggiori difficoltà

Hanno riaperto nel fine settimana – stima la Coldiretti – circa la metà dei servizi di ristorazione totali, con i posti all’aperto dei locali che sono però, molti meno rispetto a quelli al coperto. Le maggiori difficoltà si registrano nei centri urbani stretti tra traffico ed asfalto mentre nelle campagne – sottolinea la Coldiretti – ci si è organizzati secondo Campagna Amica per offrire agli ospiti degli agriturismi la possibilità di cenare sotto gli uliveti in mezzo alle vigne che stanno germogliando oppure nell’orto con la possibilità di raccogliersi la verdura direttamente”. 

“Limitativo per tutti è invece il limite fissato per il coprifuoco alle 22 poiché – precisa la Coldiretti – gli agriturismi sono situati nelle aree rurali e ci vuole tempo per raggiungerli dalle città”.

L’impatto sulla filiera

Le riaperture del weekend rappresentano circa l’80% del fatturato settimanale tagliato dallo smart working, e dalle difficoltà del turismo ed erano attese dopo mesi di lockdown che hanno colpito pesantemente i redditi degli operatori e i livelli occupazionali. “Un beneficio che si trasferisce a cascata sull’intera filiera con 1,1 milioni di tonnellate di cibi e di vini invenduti dall’inizio della pandemia.

Complessivamente nell’attività di ristorazione – rileva la Coldiretti – sono coinvolte 70mila industrie alimentari e 740 mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro. Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che – conclude Coldiretti – vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale”.


Sono tornati al lavoro 140 mila ristoranti e agriturismi

Costo del lavoro, in Italia tra i più alti dei paesi Ocse 

AGI – Tasse sul lavoro in Italia sono in ribasso, ma sono ancora troppo alte tra i paesi Ocse: tra il 2019 e il 2020, il cuneo fiscale arretra dal 47,9% al 46%, attestandosi di 11,4 punti sopra la media Ocse, che è del 34,6% (dal 35% del 2019).

Una quota che colloca il nostro paese al quarto posto nell’area, dietro a Belgio, Germania e Austria, a pari merito con la Francia. E’ quanto si legge nel rapporto ‘Taxing Wages‘ dell’Ocse.

Più nel dettaglio, il cuneo fiscale in Italia è sceso di 1,91 punti percentuali tra il 2019 e il 2020, attestandosi al 46% per un lavoratore medio single senza figli.

Si tratta del quarto cuneo fiscale più alto tra i 34 paesi dell’area Ocse, dopo il Belgio (51,5%, la Germania (49%) e l‘Austria (47,3%), mentre la Francia è anch’essa al 46%.

In fondo alla classifica troviamo il Cile, con un cuneo fiscale al 7%.  La media dell’area Ocse è in calo dello 0,39% al 34,6%

Tornando all’Italia, il costo del lavoro in Italia è di circa 49.000 mila euro per ogni singolo lavoratore, sopra la media dell’area Ocse (quasi 45.000 mila euro), al diciannovesimo posto tra i paesi più avanzati.

Dal rapporto emerge anche che in Italia il salario medio lordo è di oltre 37 mila euro (37.178 euro), al di sotto di quello medio Ocse pari a 39.188 euro.

Inoltre, i salari lordi italiani sono tassati del 29% contro il 24,9% della media Ocse. Solo nel 2020, il costo del lavoro in Italia si attesta a 48.919 euro l’anno per ogni lavoratore single senza figli, considerando le tasse sul reddito e i contributi delle imprese e dei lavoratori. Si tratta del diciannovesimo costo del lavoro più alto tra i 34 paesi dell’area Ocse.

Inoltre, in Italia il peso maggiore del costo del lavoro è sulle spalle delle imprese, i cui contributi rappresentano il 24% del totale, mentre i contributi dei lavoratori pesano per il 7,2% e la tassazione sul reddito per il 14,8%.


Costo del lavoro, in Italia tra i più alti dei paesi Ocse 

In un anno persi 660 mila posti di lavoro, fa sapere l’Inps

 

AGI – Effetto covid sull’occupazione: in un anno sono stati persi in Italia 660 mila posti di lavoro. A riferirlo è l’Inps nell’Osservatorio sul precariato. Secondo l’Istitituto di previdenza, a dicembre 2020 si attesta una perdita di posti di lavoro rispetto al medesimo momento dell’anno precedente pari a 660.000 unità, esito di un risultato positivo per i rapporti a tempo indeterminato (+259.000) e di un risultato nettamente negativo (-919.000) per l’insieme delle restanti tipologie contrattuali, tra le quali si distingue l’intensa contrazione dei rapporti di lavoro a termine (-493.000).

Il saldo annualizzato, vale a dire la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi, identifica la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro, vale a dire la differenza tra le posizioni di lavoro in essere alla fine del mese osservato rispetto al valore analogo alla medesima data dell’anno precedente.

Il dato, spiega l’Inps, in progressiva flessione già nel corso della seconda metà del 2019, è divenuto negativo a febbraio (-27.000) ed è peggiorato a causa della caduta dell’attività produttiva conseguente all’emergenza sanitaria a marzo (-283.000) e ancor di più ad aprile (-623.000).

La dinamica negativa è proseguita, seppur con un ritmo in progressivo rallentamento, raggiungendo il valore massimo a giugno (-812.000). A luglio si è avviata un’inversione di tendenza (– 758.000) proseguita lentamente fino a fine anno. 


In un anno persi 660 mila posti di lavoro, fa sapere l’Inps

Google investirà altri 7 miliardi negli Usa: obiettivo 10.000 nuovi posti di lavoro

AGI – Google ha annunciato investimenti per oltre 7 miliardi di dollari negli Stati Uniti nel 2021, puntando alla creazione di 10 mila nuovi posti di lavoro. “Progettiamo di investire più di 7 miliardi in uffici e data center in tutti gli Stati Uniti e creare 10.000 posti di lavoro a tempo indeterminato quest’anno”, ha detto l’amministratore delegato, Sundar Pichai, in una nota.

I nuovi posti di lavoro saranno creati ad Atlanta, Washington, Chicago e New York, ha precisato Sundar Pichai. Mentre l’estensione dei data center di Google sono previsti anche in Nebraska, South Carolina, Virginia, Nevada e Texas. Grazie soprattutto ai record della pubblicità online durante il lockdown mondiale e alle vacanze natalizie, Alphabet, la società madre di Google, ha superato di gran lunga le aspettative registrando ricavi pari a 15,2 miliardi nell’ultimo trimestre 2020, piu’ del 50% rispetto all’anno precedente.

Ma l’annuncio del gigante tecnologico arriva mentre la società affronta diverse cause legali negli Stati Uniti per pratiche anticoncorrenziali, lanciate alla fine del 2020. In particolare, lo scorso ottobre il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e una dozzina di stati hanno intentato una causa civile contro Google. L’accusa per il gruppo è di detenere un “monopolio illegale” sulla ricerca e la pubblicità online. Secondo i procuratori, l’azienda di Mountain View impedisce ai potenziali concorrenti di guadagnare una quota di questi mercati assicurandosi, per esempio, di essere il motore di ricerca predefinito.

 


Google investirà altri 7 miliardi negli Usa: obiettivo 10.000 nuovi posti di lavoro