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L’allarme della Corte dei Conti sul debito pubblico

AGI – La Corte dei conti inaugura l’anno giudiziario 2021 in un contesto di chiaroscuri. L’ombra del Covid pesa sulla Sanità, le perdite umane sono altissime e il quadro economico assume “connotazioni gravi” e non appare di “rapida soluzione”. Anzi, i magistrati contabili evidenziano un “elevato rischio di insostenibilità del debito pubblico”.

L’unica luce che si intravede all’orizzonte proviene dal nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Ue 2021-2027 che, integrato dal Next Generation Eu, costituisce “il motore per rilanciare, nei prossimi anni, le economie dei Paesi membri”.

Proprio per questo bisogna adoperarsi affinché le iniziative del Pnrr vengano individuate e attuate in maniera trasparente. Dietro l’angolo c’è infatti lo spettro che “molti, per motivi criminosi, possano trarre vantaggio dalla pandemia”.

Deve esserci quindi un controllo che, come sottolinea il presidente del Consiglio, Mario Draghi, “deve essere intransigente e rapido” e le istituzioni devono marciare insieme per la rinascita economica e sociale del Paese.

L’ELEVATO RISCHIO DI INSOSTENIBILITA’ DEL DEBITO “Il sostegno, fin qui, offerto dalla Bce ai Paesi dell’Unione europea, con gli acquisti di titoli del debito pubblico è stato utile, se non determinante per l’Italia, ma, negli anni a venire, comporta necessariamente un elevato rischio di insostenibilità del debito pubblico, pervenuto ad oltre il 160 per cento del Pil, stante, altresì, la contemporanea netta riduzione delle entrate tributarie attese”, scrive la Procura generale della Corte dei conti nella relazione, sottolineando come “le aumentate necessità del sistema sanitario nazionale, la riduzione delle attività economiche, il vertiginoso aumento delle richieste di cassa integrazione, l’impellenza di garantire un sostegno al reddito anche di lavoratori autonomi, hanno prodotto abnormi incrementi della spesa pubblica, finanziata a debito”.

Per questi motivi, avverte la magistratura contabile, “risulta quanto mai necessario e urgente che la spesa pubblica – fatte salve le misure di sostegno sociale – sia indirizzata ad investimenti realmente produttivi, tali da comportare un significativo aumento del tasso di produttività e di riportare l’economia a tassi di crescita, ormai dimenticati nel nostro Paese da oltre un ventennio”. All’allarme risponde Draghi spiegando che “ai livelli attuali non sono i tassi di interesse che determinano la sostenibilità del debito pubblico, ma è il tasso di crescita di un paese. 

IL RECOVERY MOTORE DEL RILANCIO MA SERVE TRASPARENZA Pur nella critica situazione economica, finanziaria e sociale, vanno colte le opportunità offerte dal nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Ue 2021-2027 che, integrato dal Next Generation Eu-Recovery Fund, costituisce “il motore per rilanciare, nei prossimi anni, le economie dei Paesi membri”, dice Guido Carlino, presidente della Corte dei conti.

Con il Next Generation, l’Unione Europea “ha preso una decisione, ispirata alla solidarietà, senza precedenti”, rimarca Draghi sottolineando che “mai nella storia dell’Ue, i governi avevano tassato i loro cittadini per dare il provente di questa tassazione ai cittadini di altri paesi dell’Unione. è avvenuto con i trasferimenti a fondo perduto stabiliti dal Next Generation. Si tratta di una straordinaria prova di fiducia reciproca”.

Adesso però “occorre evitare gli effetti paralizzanti di quella che viene definita la ‘fuga dalla firma’”. In quest’ottica, secondo il presidente della Corte dei conti, le iniziative individuate per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) potranno essere utilmente attuate “nella consapevolezza che puo’ esservi ripresa solo in presenza di trasparenza, legalità finanziaria e controlli che garantiscano la realizzazione dei programmi finanziati”.

Gli fa eco il Procuratore generale, Angelo Canale, che spiega come la fase della cosiddetta ripresa richiederà “sforzi enormi e grande attenzione nell’impiego delle ingenti risorse del Next Generation Eu”. Secondo Canale, “non un euro dovrà essere sprecato; non un euro dovrà finire nelle tasche dei profittatori, dei disonesti, dei criminali”, questo deve essere “l’imperativo categorico per tutti”. In questo senso la Corte dei conti auspica iniziative normative che non riducano la propria “concreta capacità di intervento nei confronti di fattispecie di sperpero, di sviamento e cattiva gestione delle risorse pubbliche”.

IL RUOLO CRUCIALE DELLA CORTE DEI CONTI La Corte è stata “un guardiano autorevole”, sottolinea Draghi, e oggi con il tema del Recovery fund, il ruolo diventa ancora più importante, per far sì che le risorse provenienti dall’Europa “vengano impiegate correttamente”.

Secondo il premier, poi, “sta a chi governa fare le scelte strategiche, sta a chi amministra eseguirle in maniera efficace ed efficiente e a chi controlla verificare che le risorse siano impiegate correttamente. Governo, Parlamento, Amministrazione Pubblica, Corte dei Conti e tutte le Istituzioni del nostro Paese devono essere coprotagonisti di un percorso di rinascita economica e sociale”.

L’emergenza epidemiologica e la connessa crisi economica “mettono senz’altro a dura prova la richiesta di maggiore velocità e migliore trasparenza che i governati richiedono ai governanti in ogni luogo. In democrazia è più difficile rispondere a questa doppia domanda, eppure lo Stato è chiamato a farlo, pena la perdita di fiducia verso le istituzioni, che fiacca la fiducia nel futuro”, rileva ancora il premier.

Draghi si dice poi profondamente convinto che “le contrapposizioni tra istituzioni siano un gioco a somma negativa, mentre la collaborazione produce effetti moltiplicatori. è a questo principio di leale e costruttiva collaborazione che penso vada improntata la relazione tra chi agisce e chi controlla: questo principio deve guidare tutti i servitori dello Stato, controllati e controllori”.

PUNTARE SU SEMPLIFICAZIONE E DIGITALIZZAZIONE Per arginare la cattiva amministrazione, che “è il fertile terreno per illiceità, sperperi di pubblico denaro, abusi e corruzione”, bisogna, secondo i magistrati contabili, puntate sulla semplificazione di regole e processi decisionali, investire nella digitalizzazione e nell’innovazione.

Queste “sono le giuste strade”, sostiene Canale, come lo è anche “formare una dirigenza consapevole, preparata e in grado di affrontare le difficoltà con coraggio e l’orgoglio di svolgere un servizio pubblico. La deresponsabilizzazione, invece, non è mai un rimedio”. 


L’allarme della Corte dei Conti sul debito pubblico

L’ Italia rischia una nuova recessione alla fine del 2020. L’allarme di Confindustria

AGI – A fine 2020 l’Italia rischia una seconda recessione a causa della pandemia di coronavirus. È l’allarme lanciato dal Centro Studi di Confindustria nella Congiuntura Flash.

Le recenti misure restrittive per arginare l’epidemia inducono il Csc a stimare che nel IV trimestre si avrà di nuovo un Pil in calo. L’impatto sull’economia italiana dovrebbe essere contenuto rispetto al crollo nel I e II (-17,8%), dato che molti settori produttivi restano aperti. Ciò avviene subito dopo il forte rimbalzo nel III (+16,1%), che aveva riportato l’attività al -4,5% dai livelli pre-Covid.

 Anche la crescita dell’Eurozona frena. Dopo il rimbalzo del Pil nel III trimestre (+12,6%), si è avuta una frenata a ottobre: il pmi composito è sulla soglia neutrale di 50 e il sentiment è fermo lontano dalla media storica. Ciò – spiega il Csc – è sintesi di dinamiche divergenti: negativa per i servizi, dove è atteso un ulteriore calo di domanda, per le nuove restrizioni; buona per l’industria, che è sostenuta da un ricco portafoglio ordini. In Germania l’impennata della produzione industriale ha alzato di 5 punti l’utilizzo degli impianti. 

L’analisi mette anche in evidenza come il tasso sovrano in Italia sia rimasto basso (0,66% medio il Btp decennale a novembre), “nonostante qualche volatilità”. Anche lo spread sulla Germania ha tenuto, sui bassi valori di ottobre (+1,23%). Una buona notizia rispetto al balzo di marzo, quando l’Italia era percepita come più rischiosa.

Risalita stoppata per l’industria nel iv trimestre

Secondo Confindustria, la produzione già a settembre-ottobre ha visto interrompersi il suo rapido recupero, sui livelli pre-Covid: ciò potrebbe preludere a una nuova, moderata, caduta nel IV trimestre.

Gli indicatori segnalano fino a ottobre una tenuta della domanda interna, dopo il rimbalzo nei mesi estivi. Gli ordini interni dei produttori di beni di consumo sono risaliti a -28,3 (-34,4 nel III trimestre), quelli dei produttori di beni strumentali a -31,4 (da -42,8). La fiducia delle famiglie però diminuisce, con forte calo delle attese sull’economia: ciò alimenta la propensione al risparmio. L’Icc segnala in ottobre un -8,1% annuo dei consumi: i dati peggiori sono per turismo, servizi per il tempo libero, trasporti. 

L’occupazione si è di nuovo appiattita a settembre, dopo la risalita temporanea a luglio-agosto. La disoccupazione sembra ripuntare verso il basso, come a marzo-aprile, per la contrazione della forza lavoro. Il IV trimestre anche per l’occupazione si preannuncia in negativo. 

A settembre, poi, la dinamica del credito alle imprese ha accelerato ulteriormente (+6,8% annuo, da -1,0% a gennaio), per sopperire alla carenza di liquidità. I prestiti con garanzie pubbliche hanno superato i 110 miliardi a novembre (dati Task Force). Per il centro studi di Confindustria ciò peserà sul debito bancario (da 16,5% a 18,9% del passivo) e sugli oneri finanziari, riducendo le risorse per investimenti. 

Peggiorano i servizi, perdite del turismo vicine 70%

Il rischio di una nuova recessione per l’Italia nel IV trimestre riguarda soprattutto i servizi, con il turismo che subirà nuovamente perdite vicine al 70%. Il Pmi nei servizi (Purchasing Managers’ Index) segnala un ulteriore arretramento già in ottobre (46,7 da 48,8), con domanda indebolita dopo il recupero parziale del settore turistico fino ad agosto, a fine anno in vari segmenti le perdite saranno ancora vicine al 70% (stime Federturismo). 

La pandemia minaccia un secondo stop agli scambi

Con la seconda ondata della pandemia di Covid, il Csc prevede un nuovo stop del commercio mondiale a fine 2020. Il recupero del commercio mondiale (-3,5% in agosto su fine 2019) è atteso proseguire qualche mese, ai massimi le spedizioni di container a settembre, sopra 50 gli ordini esteri globali in ottobre (Pmi). Ma con l’aggravarsi dei contagi si rischia il blocco. 

Sul fronte delle esportazioni, Csc rileva che l’export di beni è rimbalzato del 30,3% nel III trimestre (-3,2% dai valori di febbraio), con il recupero che ha riguardato tutti i principali tipi di beni e, con ritmi diversi, i maggiori mercati. Le indicazioni a inizio IV trimestre erano positive: in risalita gli ordini manifatturieri esteri. Tuttavia, sottolinea, le probabilità di una nuova caduta a fine anno sono alte, a causa della pandemia, specie nelle voci legate al turismo. 

Agi

Perché adesso la Banca d’Italia lancia l’allarme sullo spread

"Il rialzo dei tassi di interesse sul debito pubblico registrato da maggio rischia di vanificare l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio". L'allarme è contenuto nella Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d'Italia, secondo cui il governo, nel valutare una maggiore crescita tendenziale dello 0,6% nel 2019 grazie all'effetto positivo della legge di bilancio "presuppone" moltiplicatori "piuttosto elevati". In ogni caso, scrivono i tecnici di via Nazionale, "l’effettivo impatto sulla crescita e quindi sul peso del debito dipenderà dalle misure specifiche e dal mantenimento della fiducia degli investitori".

Più interessi, più spread, più debito

Bankitalia calcola che l’incremento dei tassi all’emissione dei titoli di Stato ha determinato negli ultimi sei mesi un’espansione della spesa per interessi di quasi 1,5 miliardi rispetto a quella che si sarebbe avuta con i tassi che i mercati si aspettavano in aprile; costerebbe oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020 se i tassi dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati. Inoltre, sottolinea il rapporto, "un rialzo pronunciato e persistente dei rendimenti, a parità di tassi di crescita nominale dell’economia, aumenta il rischio che la dinamica del debito si collochi su una traiettoria crescente".

"L’incertezza sull’orientamento delle politiche economiche e di bilancio ha determinato forti rialzi dei rendimenti dei titoli pubblici; vi hanno contribuito timori degli investitori riguardo a un’ipotetica ridenominazione del debito in una valuta diversa dall’euro", prosegue il Rapporto, secondo cui "le condizioni di liquidità del mercato secondario dei titoli di Stato sono più tese rispetto ai primi mesi dell’anno ed è aumentata la volatilità infragiornaliera delle quotazioni".

Cosa vorrà dire uno spread più alto

Gli effetti negativi dell'aumento dello spread sono ben elencati nel rapporto. "Incrementi elevati e persistenti dei premi per il rischio sui titoli di Stato", scrivono i tecnici di via Nazionale, "ostacolano il calo del debito pubblico in rapporto al prodotto, incidono sul valore della ricchezza delle famiglie, frenano e rendono più oneroso il credito al settore privato, peggiorano le condizioni di liquidità e la patrimonializzazione di banche e assicurazioni".

In ogni caso, aggiunge Bankitalia, "diversi fattori stanno attenuando le ripercussioni delle turbolenze finanziarie sull’economia. L’indebitamento del settore privato risulta tra i più bassi nell’area dell’euro, l’avanzo commerciale è ampio e la posizione debitoria netta verso l’estero si è pressoché azzerata. L’elevata vita media residua del debito pubblico rallenta la trasmissione dell’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato al costo medio del debito".

E tuttavia, non manca di avvertire il documento, "il rialzo dei premi per il rischio sui titoli di Stato, se protratto nel tempo, avrebbe ripercussioni negative sul sistema finanziario e aumenterebbe i rischi per la stabilità". In particolare, "incrementi elevati e persistenti" dello spread "ostacolano il calo del rapporto debito/Pil, riducono il valore della ricchezza delle famiglie, frenano e rendono più oneroso il credito al settore privato, peggiorano le condizioni di liquidità e la patrimonializzazione di banche e assicurazioni".

Anche le banche rischiano

"Nel settore bancario prosegue il miglioramento della qualità del credito e il recupero della redditività, ma anche il processo di rafforzamento dei bilanci delle banche risente negativamente delle tensioni sul mercato del debito sovrano, che hanno determinato un peggioramento degli indicatori di liquidità e di patrimonializzazione”, rileva ancora il documento della Banca d’Italia, secondo cui "la flessione delle quotazioni dei titoli di Stato ha determinato una riduzione delle riserve di capitale e di liquidità e un aumento del costo della provvista all’ingrosso".

Il forte calo dei corsi azionari degli intermediari "ha determinato un marcato aumento del costo del capitale", aggiungono i tecnici di via Nazionale, che avvertono: se le tensioni nel mercato dei titoli di Stato dovessero protrarsi, le ripercussioni sulle banche potrebbero essere rilevanti, soprattutto per alcuni intermediari di media e piccola dimensione".

Sul fronte degli Npl, Bankitalia rileva che il flusso di nuovi crediti deteriorati, valutato in rapporto al totale dei prestiti in bonis, si colloca all’1,7 per cento, dopo aver toccato nel secondo trimestre dell’anno il valore minimo dal 2006. Il calo registrato negli ultimi anni, che ha riguardato sia i prestiti alle famiglie sia quelli alle imprese, afferma Palazzo Koch, è stato favorito dalla crescita economica, dal basso livello del costo del credito e dalla prudenza delle banche nell’assunzione dei rischi.

Nel primo semestre dell’anno le banche italiane hanno ridotto del 13 per cento la consistenza dei crediti deteriorati lordi, a 225 miliardi. La diminuzione, si legge nel rapporto, è in larga parte riconducibile alle cessioni di prestiti in sofferenza (20 miliardi, contro 42 nell’intero 2017).

 

Agi News