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Nel 2022 il Pil italiano cresciuto oltre le stime del Governo

AGI – Nel 2022 il Pil italiano è cresciuto del 3,9%, mentre il Governo prevedeva nella Nadef il 3,7%. La notizia arriva dall’Istat che segnala anche che per quest’anno la crescita acquisita è dello 0,4%. Mentre nel quarto trimestre la stima è -0,1%, ma arriva a +1,7% su base annuale. 

Dopo sette trimestri consecutivi di crescita, l’economia italiana registra una lieve flessione congiunturale, mentre dal lato tendenziale continua, a ritmi meno sostenuti rispetto ai trimestri precedenti, il suo sviluppo. La stima preliminare che ha, come sempre, natura provvisoria, riflette dal lato dell’offerta una contrazione dei settori dell’agricoltura e dell’industria, e una lieve crescita nel comparto dei servizi.

Buone notizie sul fronte del lavoro a dicembre gli occupati sono 37mila in più, e nel 2022 sono +334. La disoccupazione resta stabile al 8,8%. 

Anche il Fondo Monetario Internazionale migliora le stime di crescita per l’Italia e rivede il Pil a +0,6 nel 2023 e a +0,9% nel 2024. 


Nel 2022 il Pil italiano cresciuto oltre le stime del Governo

L’assalto degli hedge fund al debito italiano

AGI – Gli hedge fund hanno messo a segno “la più grande scommessa contro i titoli di Stato italiani dai tempi della crisi finanziaria globale, a causa delle crescenti preoccupazioni per le turbolenze politiche a Roma e per la dipendenza del Paese dalle importazioni di gas russo”.

Lo scrive il Financial Times in apertura. Il quotidiano britannico cita i dati di S&P Global Market Intelligence, sottolineando che il valore totale delle obbligazioni italiane prese in prestito dagli investitori per scommettere su un calo dei prezzi ha raggiunto questo mese il livello più alto dal gennaio 2008, con oltre 39 miliardi di euro.

“La corsa degli investitori a scommettere contro l’Italia arriva mentre il Paese si trova ad affrontare i crescenti venti economici derivanti dall’impennata dei prezzi del gas naturale in Europa, provocata dai tagli alle forniture da parte della Russia, e un clima politico difficile con le elezioni a settembre”, scrive il quotidiano economico.

L’Italia, sottolinea il Financial Times, “è anche considerata dagli investitori tra i Paesi più vulnerabili” alla decisione della Banca Centrale Europea di ridurre i suoi programmi di stimolo e aumentare i tassi di interesse. Secondo il quotidiano, “le scommesse contro il debito italiano sono state in passato un’attività molto redditizia per gli hedge fund a causa della lunga incertezza politica e dei timori per gli oltre 2,3 miliardi di euro di titoli di Stato in circolazione nel Paese”. 


L’assalto degli hedge fund al debito italiano

Vola l’export italiano, nel 2021 livelli superiori a quelli del 2019   

AGI – Nel complesso del 2021, l’export risulta in forte espansione (+18,2%) e sale a livelli superiori a quelli del 2019. Lo rileva l’Istat. Nel complesso, i dati relativi all’anno passato, fotografano una crescita del 18,2%, più sostenuta verso i Paesi Ue (+20,0%) rispetto ai mercati extra Ue (+16,3%).

Una crescita trainata soprattutto dall’aumento delle vendite di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+26,0%), macchinari e apparecchi n.c.a. (+14,7%), prodotti petroliferi raffinati (+70,5%), sostanze e prodotti chimici (+19,0%) e mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (+19,5%).

Solo l’export di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici è in diminuzione (-2,2%). Nell’anno 2021 l’avanzo commerciale si porta a +50.416 milioni (da +63.289 del 2020) mentre l’avanzo dell’interscambio di prodotti non energetici raggiunge +89.452 milioni (era +85.656 nel 2020). 


Vola l’export italiano, nel 2021 livelli superiori a quelli del 2019   

Nel 2021 quasi un italiano su due ha smesso di andare fisicamente in banca  

AGI – La strada della digitalizzazione nel settore bancario, anche a seguito della situazione creatasi con il Covid-19, sembra segnata: ne sono una conferma il 45% degli italiani che nel 2021 hanno diminuito o cessato il rapporto fisico con la filiale a favore di mobile e home banking rispetto al 2019. Percentuali che salgono al 50% e al 47% se si considerano rispettivamente le fasce d’età 18-29 anni e 30-44 anni.

Lo rivela l’Osservatorio Hybrid Lifestyle di Nomisma in collaborazione con CRIF, secondo cui gli italiani detengono la propria liquidità principalmente in un unico istituto di credito. In Italia ci sono circa 47,7 milioni di correntisti (fonte: Banca d’Italia), più della metà dei rispondenti ha rapporti con un unico istituto di credito (66%).

Gli italiani che hanno rapporti con più di un istituto di credito sono prevalentemente uomini e appartengono alla fascia d’età 30-44 anni. Secondo lo studio, il 68% degli italiani bancarizzati preferisce l’utilizzo del mobile banking (da smartphone) rispetto agli altri canali di contatto con l’istituto di credito. Un fenomeno che interessa maggiormente gli uomini (70% vs 66% donne) e le fasce d’età dei più giovani (74% tra i 18 e i 29 anni, 73% tra i 30 e i 44 anni).

Il 56% degli italiani preferisce l’uso dell’home banking (da pc) rispetto agli altri canali, si tratta in particolare dei “meno giovani” della fascia d’età 55-65 anni che hanno saputo trasformare una necessità in una virtù (63%).

Oltre alla propensione e alla intensità di utilizzo a cambiare è stata anche l’esperienza digitale: per il 64% è migliorata la fruizione dei servizi bancari online – quota di soddisfazione che sale al 68% tra coloro che hanno rapporti con più di un istituto.

Per un utente su 3, l’esperienza digitale, favorita dall’attuale situazione pandemica, è diventata elemento fondante della relazione in quanto fattore positivo in grado di rafforzare il livello di fiducia con il proprio istituto di credito, soprattutto tra coloro che hanno rapporti con più banche.

La trasformazione digitale e le mutate esigenze dei clienti – sempre più esigenti e smart – rappresentano una sfida – fa notare l’indagine – ma anche una grande opportunità per incrementare la loyalty e quindi una relazione di lungo periodo.

Per il 66% degli italiani l’elemento che maggiormente aiuterebbe ad incrementare la soddisfazione nei confronti del proprio istituti di credito è la gestione del conto corrente e delle operazioni semplice ed intuitiva. A richiederlo sono principalmente le donne (70% vs 62% uomini) e la fascia d’età dei meno giovani (55-65 anni 78% vs 18-29 anni 59%) che hanno approcciato la trasformazione digitale come “non nativi”.

Una gestione del conto intuitiva deriva da una interfaccia web altrettanto semplice, richiesta dal 40% degli italiani, ma anche sicura (38%). 

Importante è anche la visione complessiva del patrimonio da poter tenere sempre cotto controllo (34% scelta a risposta multipla), elemento riconosciuto particolarmente di valore dalla fascia d’età 30-44 (41%).
Nella stessa area di interesse rientrano quei servizi in grado di facilitare la gestione dell’economia familiare, come l’analisi delle spese, con la categorizzazione per tipologia merceologica, grafici di trend (27%) – 36% per i più giovani tra i 18 e i 29 anni – e la possibilità di collegare i conti correnti posseduti presso altri istituti, per visualizzare il patrimonio totale (26%).

Esigenze lato domanda che trovano sempre più un riscontro nell’offerta di alcuni istituti di credito che danno un servizio di aggregazione di conti con un livello di sicurezza elevato, nel pieno rispetto degli standard previsti dalla direttiva europea PSD2 in ambito open banking.

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Nel 2021 quasi un italiano su due ha smesso di andare fisicamente in banca  

L’indice Pmi manifatturiero Italiano a dicembre resta positivo a 62 punti

AGI – L’indice Pmi manifatturiero di dicembre dell’Italia resta ampiamente positivo ma scende a 62 punti dai 62,8 di novembre, che costituivano il massimo storico. L’indice è superiore al consensus che era di 61,5. 

Il settore manifatturiero italiano ha continuato a registrare un’altra forte crescita mensile. Lo rileva l’istituto Ihs Markit comunicando il dato di dicembre, che rimane in buon miglioramento anche se in calo rispetto al massimo storico di novembre.

“È il diciottesimo mese consecutivo di miglioramento dello stato di salute del settore, che in generale è stato rapido ed ha segnato nel quarto trimestre la media PMI più alta dall’inizio della raccolta dati nel 1997 – afferma il rapporto – la forte prestazione di dicembre è stata ancora una volta provocata dall’espansione della produzione manifatturiera e dei nuovi ordini. La prima, con un forte rallentamento della crescita da novembre, è pur rimasta elevata e maggiore di quella di settembre e ottobre.

Allo stesso tempo, il tasso di espansione dei nuovi ordini è stato il quarto più veloce dell’indagine, diminuendo a dicembre molto lentamente rispetto al mese precedente e rimanendo più veloce di quello della produzione. Le aziende campione hanno attribuito l’ultima crescita alla forte domanda da parte dei clienti. Anche le esportazioni sono aumentate a dicembre, con un tasso di espansione rapido, ma il più lento in tre mesi”.

Lewis Cooper, Economist di IHS Markit, analizzando gli ultimi dati dell’indagine ha dichiarato: “Il settore manifatturiero italiano ha concluso il trimestre finale del 2021 con un’altra ottima prestazione. Il Pmi è rimasto vicino al valore record assoluto di novembre a causa di un’altra rapida crescita della produzione e dei nuovi ordini, anche se con tassi di espansione mensili in leggero rallentamento.

Ciò detto, la pressione sulla capacità è risultata ancora una volta senza precedenti, con le aziende che fanno fatica ad affrontare il forte ritmo delle vendite e le attuali difficoltà della catena di distribuzione.

Il livello occupazionale di conseguenza è aumentato notevolmente. La carenza di materiale e il crescente costo dei trasporti si sono riversati sui costi di acquisto che sono aumentati ulteriormente e notevolmente, con le aziende che hanno aumentato i loro prezzi di vendita ad un livello quasi record. Detto ciò, il tasso di inflazione è rallentato da novembre, indicando a fine anno una diminuzione della pressione.

Nonostante la forte prestazione, le imprese manifatturiere italiane hanno moderato la loro previsione riguardo alla produzione dell’anno prossimo.

I livelli di ottimismo hanno raggiunto il valore più debole da aprile 2020 e alcune aziende che hanno segnalato preoccupazioni in merito al Covid-19, alla pressione sui prezzi e ai disagi sulla catena di distribuzione. Detto questo, con l’avvicinarsi del 2022, il settore rimane in una posizione molto forte, con pochi segnali di diminuzioni significative dell’impeto di crescita”. 

Indice Pmi Eurozona dicembre scende a 58 punti

L’indice Pmi dell’Eurozona è sceso a 58 punti a dicembre rispetto ai 58,4 punti di novembre, confermando il consensus che lo vedeva a 58 punti.

Un dato che per gli analisti resta comunque positivo e che mostra come l’attività economia europea stia continuando a dare segnali di ripresa, con le fabbriche che hanno approfittato dell’allentamento delle strozzature della catena di approvvigionamento e una maggiore facilità di accesso alle materie prime. 


L’indice Pmi manifatturiero Italiano a dicembre resta positivo a 62 punti

Omicron sta uccidendo il turismo italiano

AGI – “Siamo alla debacle totale”. La presidente di Federturismo, Marina Lalli, descrive così la situazione del turismo italiano che deve fare i conti con Omicron. “La situazione è veramente molto, molto critica – spiega all’AGI – pensavamo che quest’anno potesse essere diverso, specialmente per la montagna che l’anno scorso non ha lavorato. Fino al 23 dicembre gli imprenditori avevano grandi speranze e poi tutto è crollato. Ora la condizione è molto dura per qualsiasi struttura, dagli impianti di risalita agli alberghi, ai locali alle discoteche”.

Federturismo non è in grado di fornire dati aggiornati perché “le disdette arrivano ogni minuto e il loro numero aumenta esponenzialmente, aggiungendosi al blocco delle prenotazioni”.

“Le aziende – afferma Lalli – sono allo stremo: la situazione era già tragica ma, sperando nei mesi invernali, alcune imprese hanno deciso di fare investimenti e chiedere prestiti. L’aspettativa è stata tradita dai fatti e ora le casse sono vuote”.

A fronte di queste condizioni, “pensare di fare elargizioni tampone, piccoli ristori, non è la strada giusta”. Federturismo chiede che sia rivisto il piano di spesa del Pnrr, che destina al turismo solo 1,8 miliardi, “una cifra offensiva”. “Vorremmo che fosse riconosciuto il ruolo che il turismo ha nel produrre ricchezza con un piano di investimenti adeguati per essere pronti a ripartire nel momento in cui si tornerà a viaggiare”, conclude Lalli. 


Omicron sta uccidendo il turismo italiano

Il Pil italiano crescerà del 6% quest’anno e il debito calerà al 153,5%

AGI – Una crescita del 6%, a fronte del +4,5% stimato in primavera, un deficit in calo al 9,4% e un debito che scende al 153,5% del Pil. E’ la nuova fotografia dei conti scattata dalla Nota di aggiornamento al Def approvata dal Consiglio dei ministri in cui il governo si impegna ad avviare la prima fase della riforma dell’Irpef e degli ammortizzatori sociali e a mettere a regime l’assegno unico universale per i figli.

La crescita del Pil prevista nello scenario programmatico è pari al 4,7% nel 2022, al 2,8% nel 2023 e all’1,9% nel 2024. E l’esecutivo conta “di raggiungere il livello di Pil trimestrale precrisi entro la metà del prossimo anno”.

Franco, politica resta espansiva nei prossimi due anni

“L’intonazione della politica di bilancio rimane espansiva nei prossimi due anni e poi diventa gradualmente più focalizzata sulla riduzione del rapporto debito/Pil”, scrive il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nella premessa della Nadef sottolineando che “la completa realizzazione del Pnrr resta la grande scommessa per i prossimi anni, in un contesto mondiale che è forse il più complesso ed articolato della storia recente. È una scommessa – osserva Franco – che l’Italia può vincere con la coesione interna, il buon governo e un forte radicamento europeo”.

Uno spazio di manovra da 22 miliardi

Il nuovo quadro macro economico apre la strada alla legge di bilancio che potrà contare su uno spazio di manovra da circa 22 miliardi, risorse liberate grazie all’extra deficit 2022, ovvero alla differenza tra l’indebitamento a livello tendenziale – a politiche invariate – che secondo le stime del governo si ridurrà al 4,4% nel 2022 a fronte di un indebitamento programmatico fissato al 5,6% del Pil per l’anno prossimo. Fondi che potranno essere impiegati per finanziare una lunga lista di nuovi interventi: il rafforzamento del sistema sanitario nazionale, i rinnovi dei contratti pubblici, il rifinanziamento del Fondo di Garanzia per le Pmi e del superbonus e delle politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente, tra cui le missioni di pace.

Il deficit torna sotto il 10%

Il deficit torna così sotto il 10%, riducendosi rispetto alle previsioni di primavera. L’indebitamento netto nel 2021 si attesterà al 9,4% a fronte dell’11,8 per cento stimato nel Def di aprile.  L’obiettivo di deficit per il 2022 scende dal 5,9% del Pil al 5,6% e anche i deficit previsti per i due anni successivi sono inferiori a quelli prospettati nel Def

Il debito a livello precrisi entro il 2030

Il debito scenderà al 153,5% (nelle stime di primavera sfiorava il 160%) quest’anno al 146,1% nel 2024. Da quel momento in poi, spiega Franco, “la politica di bilancio dovrà essere maggiormente orientata alla riduzione del disavanzo strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil al livello precrisi (134,3 per cento) entro il 2030”.

20 ddl collegati alla manovra 

Sono 20 i disegni di legge collegati alla manovra indicati nella Nadef. Tra questi figurano, la delega per la riforma fiscale, la legge annuale sulla concorrenza ma non il salario minimo. Ieri al termine della cabina di regia era emersa l’ipotesi di un collegato ad hoc sul tema. Tra i vari provvedimenti anche la legge quadro per le disabilità, il ddl di revisione del Testo Unico dell’ordinamento degli enti locali, la delega per la riforma della giustizia tributaria, il ddl di riordino del settore dei giochi, la revisione organica degli incentivi alle imprese e potenziamento, razionalizzazione, semplificazione del sistema degli incentivi alle imprese del Mezzogiorno. E ancora il ddl per lo sviluppo delle filiere e per favorire l’aggregazione tra imprese, quello per la revisione del codice della proprietà industriale), e un provvedimento per l’aggiornamento e il riordino della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma anche la delega in materia di spettacolo e il ddl con le misure di attuazione del Patto per la salute 2019-2021 e per il potenziamento dell’assistenza territoriale.


Il Pil italiano crescerà del 6% quest’anno e il debito calerà al 153,5%

Olio da cucina o petrolio? Il ristoratore italiano finito per errore nella black-list Usa

AGI – Per Alessandro Bazzoni, proprietario  del ristorante ‘Dolce gusto’ di Verona, finito per errore a gennaio nella lista nera americana con l’accusa di essere legato a una rete che tentava di eludere le sanzioni al settore petrolifero venezuelano, l’incubo è finito solo due giorni fa.

Mercoledì scorso, il Tesoro Usa ha ammesso che si è trattato di un raro caso di identità errata e l’ha tolto da quella scomoda posizione.

Lo sbaglio risale allo scorso 16 gennaio, quando l‘amministrazione Trump, ino un dei suoi ultimi atti, ha inserito Bazzoni in una lista nera, nell’ambito di un giro di vite sul greggio venezuelano.

Ci sono voluti oltre 2 mesi, prima che il Tesoro Usa riconoscesse il suo errore, rimuovendo le sanzioni da AMG S.A.S., la ditta veronese di Alessandro Bazzoni & C., nonché quelle, secondo la Cnbc, su un’altra società di progettazione grafica a Porto Torres, in Italia.

“In a case of mistaken identity, restaurant owner Alessandro Bazzoni found himself on the US Treasury’s blacklist in January, but was this week finally taken off.” https://t.co/0aeKipgdq5

— Emma Bentley (@emmabentley87) April 2, 2021

La stessa Cnbc ci scherza un po’ su, titola: “Cooking oil or crude?”, ovvero: olio da cucina o petrolio?

Il funzionario al Tesoro Usa che ha ammesso l’errore ha spiegato che il dipartimento si è reso conto che le società incriminate erano di proprietà di individui diversi rispetto ai Bazzoni che avevano inserito nella lista nera a gennaio.

Insomma, tutto un equivoco. Per Bazzoni però è stata la fine di incubo. “Hanno risolto il problema. Non dovrei essere più coinvolto”, ha detto interpellato telefonicamente dalla Reuters “È stato un errore … per fortuna tutto si è risolto in un paio di mesi”.

Nel 2019, l’amministrazione Trump ha sanzionato la compagnia petrolifera statale venezuelana Petroleos de Venezuela per costringere alle dimissioni del presidente Nicolas Maduro, che accusava di corruzione, violazioni dei diritti umani e brogli per la sua rielezione del 2018. 

L’amministrazione Trump nel suo ultimo giorno carica ha imposto sanzioni a un altro Alessandro Bazzoni, accusandolo di essere stato legato a una rete che tentava di eludere le sanzioni al settore petrolifero venezuelano.

Il Tesoro ha anche inflitto sanzioni alle aziende che si dice fossero legate a Bazzoni, tra cui AMG S.A.S. Di Alessandro Bazzoni & C., con lo stesso indirizzo del ristorante e pizzeria ‘Dolce Gusto’ a Verona, in Italia. La SerigraphicLab di Bazzoni Alessandro, quotata anche dall’Ofac, non ha invece risposto alle richieste di commento via e-mail.

“Alla fine dell’amministrazione Trump stavano facendo molto, molto in fretta con le accuse a Venezuela, Iran e Cina”, ha spiegato alla Cnbc Tim O’Toole, specialista in sanzioni presso lo studio legale Miller & Chevalier. “Quando ti muovi così velocemente, tendi a commettere errori”, ha aggiunto.


Olio da cucina o petrolio? Il ristoratore italiano finito per errore nella black-list Usa

Un italiano produce stoffe in Giappone con i macchinari di un secolo fa

AGI – Sul mercato arrivano cravatte, mascherine, stoffe scelte con gusto squisitamente italiano, ma con la qualità giapponese e lavorate esclusivamente con macchinari nipponici di oltre un secolo fa.

Succede nel villaggio di Hirokawa, in una delle terre meno conosciute del Giappone, unica ancora a conservare antiche tecniche di lavorazione del cotone note come “Kurume kasuri“, con cui erano fabbricati abiti di samurai e contadini nel medioevo giapponese: qui, un italiano, Daniele Di Santo ha deciso con la sua azienda di investire nel recupero di questa tradizione riadattandola alla produzione di accessori di uso quotidiano, ispirandosi all’eccellenza italiana del design.

Da qui il brand “Kimonissimo“, che presenta cravatte, stoffe, maschere e accessori realizzati a mano, utilizzando i macchinari impiegati lo scorso secolo, gli ultimi modelli in commercio della Toyota nel 1906 prima che l’azienda puntasse il suo core business sulle automobili.

Questi macchinari, fuori produzione e di cui la tecnologia di fabbricazione è andata perduta, sono i preferiti dai produttori locali che nei decenni non hanno trovato nelle versioni moderne le stesse prestazioni.

Il progetto di Di Santo, nato appena da qualche settimana, assorbe da solo gran parte dell’indotto locale composto da aziende produttrici delle stoffe e artigiani esperti nel cucito per un totale di oltre 50 persone. Ci lavora inoltre una squadra di 8 persone tra designer e addetti al commerciale.

Il mercato principale è quello giapponese, da cui provengono la quasi totalità degli ordini. Ma l’azienda è aperta alla ricerca di partner italiani insieme ai quali distribuire i prodotti nel nostro paese, da cui per ora possono essere acquistati solamente tramite lo shop online.

“Il progetto è nato da una visita casuale a Hirokawa ad inizio 2020, nel pieno della prima ondata di coronavirus. In quel periodo molte aziende sono andate vicine alla chiusura con il rischio, per alcuni settori, di vedere perduti secoli di tradizione come nel caso della lavorazione del cotone di Kurume. Da qui è nata l’idea di riproporre con un uso attuale pensato per le mascherine, un tessuto antico, idea che dopo il primo successo iniziale si è estesa poi ad altri accessori”, ha dichiarato Di Santo.

“Il respiro sociale è centrale in questo progetto. La decisione di investire in un settore così particolare nasce innanzitutto dalla volontà di rilanciare un territorio, contribuendo a mantenere in vita una tecnica di lavorazione riconosciuta patrimonio UNESCO. La nostra mission aziendale è quella di investire in progetti, aziende e know how in grado di portare un potenziale contributo alla crescita e allo sviluppo della società e del territorio, e in questa visione trova pienamente la sua collocazione Kimonissimo”, ha aggiunto Di Santo.


Un italiano produce stoffe in Giappone con i macchinari di un secolo fa

Un robot italiano minaccia di mandare a casa migliaia di magazzinieri di Amazon

Un robot al posto del personale per preparare i pacchi di Amazon. Come anticipato da Reuters, il colosso dell’ecommerce ha iniziato ad utilizzare un macchinario prodotto dall’italiana Cmc di Città di Castello, in Umbria, in grado di fare i pacchi da spedire in maniera fino cinque volte più veloce rispetto ad un dipendente: 600-700 un’ora.

Amazon starebbe pensando di installare due di queste macchine in decine di suoi magazzini, licenziando almeno 24 persone in ciascun deposito. Ciò comporterebbe, stima Reuters, oltre 1.300 tagli in 55 centri Usa, con l’obiettivo di recuperare il costo dei robot (pari ad oltre un milione ciascuno) in meno di due anni.

“Forse un titolo diverso sarebbe stato meglio… Amazon sta testando tecnologie che fanno pacchi più piccoli con meno spreco di cartone. E per tutti coloro che temono per la perdita di posti, la nostra principale questione è quella di trovare sufficiente personale in grado di svolgere il lavoro che abbiamo e che stiamo creando”, ha assicurato via Twitter il vice presidente per le operazione del gigante di Seattle, Dave Clark, gettando acqua sui timori dei tagli ma solo dopo aver annunciato l’avvio di un programma di esodo incentivato per i dipendenti della logistica. Amazon offre 10.000 dollari per andare via ai dipendenti che vogliono mettersi in proprio nel settore delle spedizioni.

“Stiamo testando questa nuova tecnologia con l’obiettivo di incrementare la sicurezza, accelerare i tempi di consegna e migliorare l’efficienza di tutta la nostra rete. Abbiamo intenzione di reinvestire quanto risparmiato in nuovi servizi per i clienti, così che possano continuare ad essere creati posti di lavoro”, è stato spiegato da un portavoce di Amazon che ha così confermato il processo di automazione per preparare i pacchi.

Il robot prodotto dall’italiana Cmc si chiama “CartonWrap”. È un sistema di packaging automatico pensato proprio “per rispondere alle esigenze delle società di spedizione”, spiega il gruppo sul suo sito web, come quelle dell’ecommerce, che hanno bisogno di preparare pacchi da spedire di dimensioni diverse.

Gli articoli da imballare vengono posizionati su un nastro trasportatore, scansionati dal robot che li impacchetta. Basta applicare le etichette necessarie e la merce è pronta per partire. “Siamo un team di 200 persone con base a Città di Castello”, “siamo dove serve ai nostri clienti”, dice Cmc che è guidata da Francesco Ponti come Ceo dal 2011.

 

 

 

Articolo modificato alle 7.30 del 14 maggio: in una precedente versione era scritto che il robot sarebbe stato in grado di creare 600 mila pacchi all’ora. In realtà la capacità è di 600 pacchi. Ci scusiamo per l’errore. 

Agi