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Cos’è il “debito implicito” e perché aumenterebbe con l’abolizione della Fornero

Matteo Salvini è sicuro di diventare premier e già annuncia come primo atto del suo governo l’abolizione della legge Fornero, promessa in campagna elettorale.

E tra i più preoccupati dei propositi del capo della Lega – non da oggi – c’è sicuramente Tito Boeri, presidente dell’Inps, che al Sole 24 Ore dice: “Le promesse fatte in campagna elettorale di abolizione della riforma Fornero determinerebbero un aumento del debito implicito di 85 miliardi, circa il 5% del Pil, con un ritorno ai pensionamenti di anzianità a quota 98 oppure con 40 anni di contributi”.

Il debito implicito, spiega il quotidiano di Confindustria, "è l’insieme degli impegni futuri, in valore attuale e a legislazione vigente, presi dallo Stato nei confronti dei cittadini in termini di prestazioni pensionistiche al netto dei contributi. Il valore del debito implicito è un parametro indicativo importante per valutare la sostenibilità del sistema previdenziale soprattutto se si applica il principio della capitalizzazione per cui i contributi di ognuno finiscono in un “conto” dedicato".

Il Sole fa notare Salvini ha poi corretto il tiro e ora proposto una quota 100 con 41 di contributi. “È anche peggio – aggiunge Boeri –  secondo i nostri calcoli con quei requisiti e senza le finestre mobili introdotte tra il 2009 e il 2010, l’impatto sul debito implicito salirebbe a 105 miliardi, oltre sei punti di Pil, con una maggiore spesa aggiuntiva al netto dei contributi fino a 20 miliardi l’anno. (…) Sono stime prudenziali. Non calcolano, per esempio, i costi aggiuntivi che potremmo dover pagare a chi, essendo andato in pensione in questi anni con le penalizzazioni previste dalle regole attuali, penso a opzione donna, rivendicasse una disparità di trattamento e chiedesse una qualche forma di rimborso”.

Debito esplicito e debito implicito

In sostanza – scrive Termometro politico – il debito esplicito (calcolato in rapporto al pil) è quello ereditato dal passato (per l'italia tra il 132 ed il 133%) e quello italiano è notoriamente il secondo più alto d’Europa dopo quello della Grecia; il debito implicito è invece quello che avremo in futuro (nel lungo periodo) sulla base delle riforme fatte negli ultimi anni: in particolar modo quelle pensionistiche (dalla Fornero in poi) e quella sanitaria.

L'aggregato debito esplicito + debito implicito dell'Italia è sorprendentemente al 57% molto più basso di quello tedesco al 149%. Quello medio eurozona al 266% (la Francia che ha un debito aggregato del 291% e la Spagna che arriva al 592%). 

Per Boeri nel Paese «c’è poca considerazione per i problemi delle giovani generazioni e quando si introducono nel dibattito pubblico concetti come debito pubblico implicito c’è scetticismo. Ma il debito implicito ci sintetizza l’impatto sul lungo periodo». Il debito esplicito infatti dipende dal debito ereditato dal passato e dal bilancio; quello implicito invece si fonda sulle obbligazioni future, relative cioè alle pensioni, alla sanità e alla assistenza. Secondo il presidente dell’Inps "è una stima difficile da fare, ma il nostro Paese è tra i più virtuosi nella somma tra debito pubblico implicito ed esplicito. Una ragione in più per portare attenzione a questi dati". 

Leggi sulla Stampa: Perché l'Italia vuole parlare del debito pubblico implicito per riscrivere la classifica dei conti in Europa

Ma qual è il reale impatto che l’abolizione della legge Fornero avrebbe sui conti pubblici? Agi ha dedicato due fact checking all’argomento nelle ultime settimane. L'ultima volta il 22 febbraio, per verificare un'affermazione di Emma Bonino che due giorni prima aveva dichiarato: “Come tutte le leggi la puoi modificare, [la legge Fornero,] anche se da chi ne chiede l’abolizione vorrei sapere dove trova le risorse […]. Le pensioni costano 260 miliardi, due volte il bilancio Ue”.

Un’affermazione corretta, secondo i calcoli di Pagella Politica di Agi, che aveva già  verificato che abolire la riforma delle pensioni  avrebbe un costo di circa 20 miliardi all’anno per la prossima legislatura (2018-2023) e, nell’arco dei prossimi 42 anni, di 280 miliardi di euro.

Come risulta dal bilancio di previsione dell’Inps per il 2017, la spesa pensionistica dell’Italia si dovrebbe attestare a 261,531 miliardi di euro, con un incremento dell’un per cento circa (2,688 miliardi di euro) rispetto a 258,843 miliardi di euro del 2016.

In particolare, specifica l’Inps, la spesa si riferisce per 249,142 miliardi di euro alle rate di pensione (e connessi trattamenti di famiglia) a carico delle gestioni previdenziali, e per 12,389 miliardi di euro alle rate di pensioni erogate per conto dello Stato (pensioni e assegni sociali, pensioni per coltivatori diretti, coloni e mezzadri ante 1989, pensioni invalidi civili etc.).

Il bilancio dell’Unione europea

Come risulta dal sito del Consiglio dell’Unione europea, il bilancio dell’Ue per il 2017 – approvato a dicembre 2016 – ammonta a 157,86 miliardi di impegni e 134,49 miliardi di pagamenti.

Gli impegni “coprono i costi totali degli obblighi giuridici che potrebbero essere firmati in un determinato esercizio”, mentre i pagamenti “coprono le spese previste per l'esercizio in corso derivanti dagli impegni giuridici sottoscritti durante l'esercizio in corso e/o gli esercizi precedenti”. Sembra dunque più corretto prendere in esame i secondi per un confronto con la spesa pensionistica.

Aveva dunque quasi ragione Emma Bonino a sostenere che l’Italia spenda in pensioni il doppio del bilancio Ue. I 134,49 miliardi di pagamenti del 2017 moltiplicati per due fanno circa 270 miliardi di euro: poco più dei 261,531 miliardi di spesa per pensioni per quell’anno prevista dall’Italia.

 

Agi News

Dal governatore di Bankitalia un (implicito) messaggio ai partiti

Mantenere l'equilibrio dei conti pubblici senza lasciare dubbi agli investitori, ridurre l'incidenza del debito, proseguire "con decisione sul cammino di riforme". Questo il compito che attende il prossimo esecutivo secondo il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, intervenuto oggi al tradizionale appuntamento del congresso Assiom Forex, la sua prima uscita pubblica dalla riconferma alla guida della banca centrale. Visco ha inoltre confermato uno scenario di crescita dell'1,5% del Pil per il 2018, rassicurato sul "mantenimento di condizioni finanziarie accomodanti" e richiamato le banche a continuare nella riduzione dei crediti deteriorati e del recupero di redditività, "anche con aggregazioni".

"Un aumento del disavanzo non sostituisce le riforme"

"Il consolidamento della ripresa richiede di procedere nello sforzo di riforma dell'economia", ha detto Visco, non si devono "lasciare dubbi agli investitori sulla determinazione del governo a mantenere l'equilibrio dei conti pubblici", non si deve "deviare dal percorso di riforma avviato in questi anni, un percorso da proseguire con decisione". "Non è una questione di vincoli europei – ha insistito – riguarda lo sviluppo equilibrato. Un aumento del disavanzo pubblico non può sostituirsi alle riforme, rischierebbe di essere controproducente, visto che il problema del debito non può essere eluso. Anche senza i vincoli del Patto di stabilità, resta per noi l'esigenza di compiere scelte responsabili". Un appello che ha il sapore di un monito ai partiti perché diano un taglio alle promesse elettorali troppo costose e irrealistiche.

Sul fronte monetario, ha avvertito Visco, "il rischio di deflazione è stato scongiurato, ma rimane arduo spingere al rialzo le attese di inflazione". La Bce continuerà "a perseguire l'obiettivo d'inflazione con pazienza", lo scenario di crescita "presuppone il mantenimento di condizioni finanziarie accomodanti". Non bisogna però temere un futuro rialzo dei tassi se l'Italia avrà fatto quanto necessario: "non è della normalizzazione della politica monetaria che ci si deve preoccupare, ma della credibilità e dell'efficacia delle riforme e del processo di riduzione dell'incidenza del debito sul prodotto".

In Italia, ha sottolineato il governatore, una diminuzione continua e tangibile dell'incidenza del debito sul Pil non deve essere ritardata, la riduzione dei tempi richiede disciplina di bilancio" e, ha ripetuto ancora, "sono essenziali le riforme strutturali volte a innalzare il potenziale di crescita dell'economia". Quanto all'economia, ha aggiunto Visco, "in Italia il Pil ha nettamente accelerato nel 2017, la crescita secondo le prime stime è dell'1,5%, dovrebbe proseguire a un ritmo prossimo all'1,5% nel 2017, resterebbe sopra l'1% anche nel prossimo biennio.

Il monito sui crediti deteriorati

Le imprese italiane sono vitali, le start up sono quadriplicate, sono ora 8000, rispetto al 2014". Non sono mancati inoltre i richiami all'Europa, dove Visco nota una "scarsa fiducia" e un processo di riforma "che stenta ad avanzare", in particolare nella definizione delle regole per la gestione delle crisi bancarie e nel completamento dell'Unione bancaria. Riguardo all'unione politica "l'Italia è chiamata a contribuire con autorevolezza al dibattito, la sua posizione sarà tanto più forte e la sua azione tanto più efficace quanto più sarà continuo e credibile l'impegno a migliorare il potenziale di crescita e ad assicurare la stabilità finanziaria".

Infine il capitolo sulle banche, per le quali "è urgente perseguire la riduzione dei costi e il pieno recupero della redditività anche con operazioni di aggregazione". La redditività nei primi 9 mesi del 2017 "è migliorata ma resta inevitabile una profonda revisione dei modelli di operatività". Quanto agli Npl "è necessaria la riduzione dei crediti deteriorati per ridurre i rischi e i costi dei finanziamenti. Va ottenuta con interventi che tengano conto delle condizioni di partenza, siano sostenibili e non producano effetti prociclici potenzialmente destabilizzanti". E per le Bcc, ha concluso Visco, "la preparazione della costituzione dei gruppi cooperativi va accelerata con il pieno sostegno alle future capogruppo da parte delle affiliate". 

Agi News