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Coinbase adesso fattura 1 miliardo: come guadagna la piattaforma più famosa di Bitcoin

Coinbase, la piattaforma per l'acquisto e la vendita di criptovalute, ha superato quota 1 miliardo di entrate nel 2017 e ha assunto l'ex responsabile del servizio clienti di Twitter per gestire il boom di richieste che la società ha dovuto affrontare con l'esplosione degli investitori.

A inizio settimana è stata annunciata l'entrata in società di Tina Bhatnagar, ex vicepresidente Operations e User Services di Twitter, con l'obiettivo di raddoppiare le dimensioni del team di supporto in modo che tutti i clienti abbiano assistenza telefonica 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 entro il secondo trimestre di quest'anno.

Come guadagna la piattaforma più popolare per comprare Bitcoin

Coinbase guadagna non sul prezzo di Bitcoin ma sul volume delle transazioni, facendo pagare al compratore e al venditore una commissione variabile tra lo 0,25% e l'1%. Secondo quanto riportato dal magazine Recode, la società guidata da Brian Armstrong, nata nel 2016 e basata a San Francisco, avrebbe dovuto chiudere l'anno con 600 milioni di entrate, ma la corsa dei bitcoin tra il Giorno del Ringraziamento e Natale ha fatto quasi raddoppiare gli incassi.

Soltanto nell'ultima settimana di novembre, riporta Business Insider, oltre 100 mila utenti si sarebbero iscritti alla piattaforma, portando il numero totale a oltre 13 milioni, quasi il triplo rispetto ai 5 milioni del 2016. Sempre secondo il rapporto pubblicato da Recode, la valutazione della compagnia è almeno raddoppiata rispetto alla sua ultima valutazione di 1,6 miliardi di dollari risalente ad agosto.

Il boom è stato così improvviso da aver creato un problema piuttosto insolito per una startup della Silicon Valley: troppi investitori che cercano di entrare nella società. Venture capitalist e broker privati avrebbero infatti iniziato a chiedere agli azionisti di Coinbase se avessero preso in considerazione la possibilità di vendere le loro quote. Ma la società non sembra volerlo consentire. 

Agi News

Quanto guadagna un fattorino di Deliveroo? Secondo l’azienda i rider sono felici

Si chiama gig economy; il nome può sembrare carino, addirittura quasi accattivante. Ma nella realtà non è altro che 'economia del lavoretto'. Una cosa che, nelle intenzioni di chi se l'è inventata, dovrebbe essere la sintesi stessa del lavoro temporaneo, ma che, in tempo di crisi, è diventato ripiego a medio termine di chi deve sbarcare il lunario. E che alla fine non si è più sentito nè tanto carino nè tanto temporaneo e ha cominciato a organizzarsi. E a protestare.

Fino al flash mob di venerdì sera davanti al quartier generale di Deliveroo – quelli in bicicletta con lo scatolone sulla schiena che consegnano cibo a domicilio, per intenderci –  in via Ettore Ponti a Milano. Come già successo a Londra nell'agosto 2016, i lavoratori, indossando 'maschere senza volto', hanno esposto striscioni con la scritta "siamo lavoratori, non schiavi".

Perché protestano

Al centro della protesta, la decisione della multinazionale londinese di abolire il salario minimo di 5,60 euro l'ora pagato ai fattorini che, "senza garanzie e tutele", effettuano le consegne di cibo. Il 31 dicembre i contratti scadranno e i 'riders', come si chiamano i pedalatori, temono sull'introduzione del cottimo

Come si racconta Deliveroo

La protesta è arrivata come una doccia fredda per la società leader del mercato globale del food delivery che opera oggi in 12 Paesi, lavora con oltre 35mila ristoranti partner e ha generato oltre un miliardo di euro di ricavi per il settore della ristorazione tra giugno 2016 e giugno 2017. In Italia – stando ai dati dell'azienda – questa crescita ha prodotto oltre 20 milioni di euro di aumento dei ricavi per i ristoranti e i loro fornitori. In Italia Deliveroo nell'ultimo anno è cresciuta rapidamente, e oggi conta su oltre 1.900 ristoranti partner nelle 10 città in cui opera. Con la sua attività, afferma Deliveroo, "sta attirando importanti investimenti e cresce rapidamente. Se in Italia continuasse per due anni a crescere ai ritmi dei ristoranti partner nel mondo tra giugno 2016 e giugno 2017, creerebbe circa 5mila opportunità di lavoro, 67 milioni di euro di valore aggiunto lordo per l'economia italiana e 5,5 milioni di euro sarebbero pagati al Fisco italiano"

Nel mondo

  • 12 Paesi
  • 35mila ristoranti
  • 1 miliardo di euro di ricavi
  • 20 milioni di aumento di ricavi per i partner e i fornitori

In Italia

  • 1.900 ristoranti partner
  • 11 città
  • 1.300 rider
  • In media in Italia un rider guadagna 9.60 euro lordi per ogni ora di lavoro

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Come reagisce alla protesta

"In un recente sondaggio, il 90% dei rider Deliveroo si dice soddisfatto del lavoro che svolge" scrive l'azienda in una nota, "Per questo sappiamo che questo gruppo (di manifestanti, ndr) non rappresenta il punto di vista della grande maggioranza dei rider che lavorano con Deliveroo in Italia. Nello stesso sondaggio il 90% dei rider ha affermato di apprezzare la flessibilità che offre il lavoro con Deliveroo e il 93% ha detto che consiglierebbe questo lavoro ad un amico. I rider apprezzano anche le condizioni economiche".

​Che cosa è la gig economy. E come funziona

A febbraio scorso con Deliveroo, collaboravano più di 700 rider – la maggior parte under 30 – che venivano pagati tra i 7 e gli 8 euro lordi l'ora (la variazione dipende dalla città in cui si lavora). Chi usa la bicicletta riceve 1-1,5 euro in più a consegna, mentre chi lavora con lo scooter ha un rimborso per la benzina.

Foodora opera in 4 città (Milano, Torino, Roma e Firenze) attraverso la collaborazione di circa 900 rider, tutti – sottolinea la società – regolarmente contrattualizzati, che hanno in media 23/24 anni. "Sono loro a decidere quando dare la disponibilità, proprio in modo da integrare questo lavoro con loro occupazione primaria, solitamente lo studio. E per questo sono loro stessi a richiedere una buona flessibilità, per esempio durante le sessioni di esami. I rider possano decidere in totale autonomia se e quando lavorare, indicando la loro disponibilità nelle diverse fasce orarie, e hanno anche la facoltà di non presentarsi per effettuare la consegna, anche all’ultimo momento e senza obblighi ulteriori", spiegava all'Agi Foodora. 

La società ha scelto di stipulare con i propri rider regolari contratti di collaborazione, piuttosto che pagare con ritenuta d'acconto o partita iva: "ciò vuol dire che Foodora paga regolarmente i contributi Inps e Inail previsti dal contratto, oltre ad offrire un’assicurazione integrativa per i danni a terzi e l’accesso alle convenzioni con le ciclofficine per la manutenzione del mezzo". Il compenso offerto ai rider di Foodora è di 4 euro a consegna. Mediamente vengono effettuate due consegne l’ora, quindi un rider di Foodora riceve un compenso medio di 8 euro lordi/ora (7,20 euro netti). 

Just Eat ha un modello di business differente rispetto alle altre realtà del comparto perché agisce da intermediario tra ristoranti e consumatori. La consegna è affidata direttamente ai locali affiliati che hanno già un servizio proprietario di consegna a domicilio e che gestiscono la flotta dei propri rider in totale autonomia sotto ogni aspetto. Le tariffe orarie dei partner di Just Eat variano tra gli 8 e gli 11 euro, prevedono un bonus per il lavoro nei giorni festivi e in presenza di maltempo e agevolazioni economiche sulla manutenzione delle biciclette/scooter. In alcune città italiane è attivo poi il servizio JUST EAT Delivery, che consente ai ristoranti che non hanno un servizio di consegne proprietario di affidarsi a JUST EAT anche per il trasporto. 

Agi News

Quali sono le province italiane dove si guadagna di più

Stipendi alti e basso tasso di disoccupazione. Con una media di 1.476 euro mensili, Bolzano è la provincia che detiene il primato degli stipendi più alti fra i lavoratori dipendenti. A dirlo è l'Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro con la seconda edizione del rapporto "Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane".

La classifica degli stipendi più alti

  • Bolzano (1.476 euro)
  • Varese (1.471 euro) 
  • Monza e Brianza (1.456 euro) 
  • Como (1.449 euro) 
  • Verbano Cusio Ossola (1.434 euro) 
  • Bologna (1.424 euro) 
  • Lodi (1.423 euro) 

Si tratta di retribuzioni più alte rispetto alla media nazionale (1.315 euro) in una classifica che è dominata, nelle prime posizioni, dal Nord Italia.

La prima provincia del Mezzogiorno con la retribuzione media più elevata è solo al 55° posto della classifica dove si colloca L'Aquila con 1.282 euro. Quella, invece, con gli stipendi più bassi è Ascoli Piceno: 925 euro

Lo squilibrio tra occupazione maschile e femminile

Lo squilibrio tra tasso d'occupazione maschile e femminile appare strettamente correlato allo sbilanciamento nella suddivisione del carico familiare tra donne e uomini. Nonostante la differenziata presenza sul territorio nazionale di strutture dedite ai servizi per l'infanzia, spesso non è conveniente per le mamme lavorare, perché il costo dei servizi sostitutivi per la cura dei bambini e per il lavoro domestico è decisamente elevato. Il tasso d'occupazione femminile più alto si osserva nella provincia di Bologna dove due terzi delle donne sono occupate (66,5%), mentre quello più basso si registra a Barletta- Andria-Trani dove lavorano meno di un quarto delle donne (24,1%). Tassi d'occupazione femminile superiori al 63% si registrano anche in altre 3 province tra le quali

  • Bolzano (66,4%) 
  • Arezzo (64,4%)  
  • Forlì-Cesena (63,3%) 
  • Napoli (25,5%) 
  • Foggia (25,6%)
  • Agrigento (25,9%) 

Il tasso di occupazione maschile è, ovviamente, più elevato: la provincia di Bolzano si colloca al vertice della classifica con più di tre quarti degli uomini occupati (78,9%), mentre a Reggio Calabria lavora meno della metà della popolazione maschile (44,5%), seguita da Vibo Valentia (48,1%), Palermo (48,8%) e Caserta (49,9%).

Diminuiscono i Neet al nord

La ricerca, nell'analizzare a fondo i dati sull'occupazione e sulla disoccupazione, fornisce un'analisi molto dettagliata anche sul fenomeno dei Neet: i giovani con un'età compresa fra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Nel 2016 erano 2,2 milioni di unità (1,1 milione di donne e 1 milione di uomini) in diminuzione rispetto al 2015 di 135 mila unità (-5,7%), come risultante della flessione sia delle donne che si trovano in questa condizione (-49 mila unità, pari a -4%) sia degli uomini (-86 mila unità, pari a -7,6%). La riduzione maggiore si registra nelle regioni del Nord (- 8,4%), rispetto a quelle del Centro (-5,9%) e del Mezzogiorno (-4,2%). Il tasso di Neet nel 2016 (24,2%) diminuisce di quasi un punto percentuale rispetto al 2015 (25,5%): il valore di questo indicatore nel Sud (34,0%) è superiore di 13 punti percentuali rispetto a quello del Centro (30,3%) e di 17 punti rispetto a quello del Nord (16,8%). Il tasso di Neet più elevato nel 2016 si registra nella provincia di Medio Campidano (46,2%) e quello più basso in quella di Bolzano (9,5%), con una differenza di oltre 36 punti percentuali.

Il tasso di Neet è superiore al 40% nelle province di: 

  • Cosenza (41,5%) 
  • Palermo (41,3%)
  • Catania (40%) 

Valori elevati di questo indicatore si osservano anche a Napoli (37,6%), al 10° posto fra le province con il tasso di Neet più elevato.

 

Agi News