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Sono cominciati i saldi e i commercianti temono un grosso flop

AGI – Saldi invernali ai nastri di partenza, ma ad altissimo rischio flop. La stagione degli sconti commerciali prende il via oggi, ufficialmente, in Basilicata, Molise e Valle d’Aosta. Da lunedì in Abruzzo e Calabria, e da martedì 5 gennaio in Sardegna e Campania.

I saldi, quindi, partono con l’Italia in zona rossa, con divieti e restrizioni, a causa dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, e di conseguenze la stragrande maggioranza dei negozi resterà con la saracinesca abbassata. Per questo alcune Regioni stanno valutando l’opportunità di rinviare di qualche giorno l’ok ai saldi, in attesa del cambio di colore.

Da giovedì 7 gennaio, quando probabilmente tutto il Paese potrebbe passare in zona gialla (ma alcune regioni sono a rischio ‘rosso’), è previsto il via in Lombardia, Piemonte, Sicilia, Puglia e Friuli Venezia Giulia; il 9 in Umbra, poli Lazio ed altre regioni, mentre a fine mese, tra 29 e 30, in Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Liguria. La durata varia da regione ea regione, e va da circa quattro settimane ad un massimo di due mesi.

Come sottolineato dalle principali associazioni di categoria, la crisi economica legata alla pandemia già nei mesi scorsi ha di fatto obbligato molte attività commerciali ad effettuare vendite promozionali, sconti eccezionali, approfittando anche della riapertura dei negozi nelle settimane in arancione a giallo. I commercianti, quindi, temono una stagione dei saldi invernali particolarmente sottotono.    

Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Confcommercio anche quest’anno lo shopping dei saldi interessa oltre 15 milioni di famiglie. Ogni persona, anche a causa dell’effetto Covid, spenderà circa 110 euro, muovendo però in totale 4 miliardi di euro contro i 5 miliardi dell’anno scorso.

In ogni caso, per un corretto acquisto degli articoli in saldo, Federazione Moda Italia e Confcommercio ricordano alcuni principi di base sui saldi ai tempi del Covid:

1 – Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.
2 – Prova dei capi: non c’è obbligo. E’ rimesso alla discrezionalità del negoziante.
3 – Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless.
4 – Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo.
5 – Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.
6 – Rispetto delle distanze: occorre mantenere la distanza di un metro tra i clienti in attesa di entrata e all’interno del negozio.
7 – Disinfezione delle mani: obbligo di igienizzazione delle mani con soluzioni alcoliche prima di toccare i prodotti.
8 – Mascherine: obbligo di indossare la mascherina fuori dal negozio, in store ed anche in camerino durante la prova dei capi.
9 – Modifiche e/o adattamenti sartoriali: sono a carico del cliente, salvo diversa pattuizione.
10 – Numero massimo di clienti in store: obbligo di esposizione in vetrina di un cartello che riporti il numero massimo di clienti ammessi nei negozi contemporaneamente.


Sono cominciati i saldi e i commercianti temono un grosso flop

Bill Simmons fa flop su Hbo

Roma – Il 47enne Bill Simmons, uno dei più famosi giornalisti sportivi Usa, il primo editorialista online di sport, ex star della Espn, la rete televisiva sportiva più importante del mondo, controllata dalla Disney, ha fatto 'flop' su Hbo, la rete che ha inventato la tv a pagamento, il gioiello di Time Warner, il network per il quale è stato coniato lo slogan "non è tv, è Hbo" e che ha creato un genere nuovo: la tv di qualità.

Simmons, dopo aver litigato con la Disney, è approdato a Hbo questa estate, con aspettative fantastiche: tre anni di contratto, un ingaggio milionario, programmi multi-mediali e un talk show settimanale, 'Any Given Wednesday', inaugurato a giugno e cancellato dopo soli 4 mesi e mezzo di programmazione, per mancanza di spettatori. L'audience è rsultata bassissima: neanche 200 mila spettatori a puntata, con punte minime di 82 mila unità.

Hbo non vive di pubblicità ma di audience e di sottoscrizioni, ha inventato serie televisive cult, di straordinario successo come I Soprano, The Wire, Boardwalk Empire e, più recentemente, Il Trono di Spade. La rete ha puntato sul talento e la popolarità di Simmons, ha scommesso su di lui e ha fallito, ha perso. "Il programma – ha ammesso Simmons in un comunicato rilasciato dopo la cancellazione del suo show – non ha incontrato il favore del pubblico. E la colpa è mia".

Simmons ha ancora due anni di contratto con Hbo, con iniziative che spaziano dalla rete televisiva al digitale, la rete si è detta ancora "impegnata" con lui, ma resta il fatto che il programma di punta della sua piattaforma multimediale ha fatto 'fiasco'. Il produttore esecutivo di '30 for 30', una serie di documentari sportivi considerati fra i migliori mai realizzati, il giornalista che ha saputo mescolare sport, analisi e cultura pop, il creatore di originalissimi e virali fenomeni internet, l'inventore di Grantland , una delle migliori riviste sportive online del mondo, fucina di alcuni dei piu' grandi nomi del giornalismo sportivo americano, in questi mesi è stato stroncato dalla critica, secondo la quale Simmons in tv non e' naturale, non 'buca' lo schermo, è noioso, pesante, insomma, è un disastro. (AGI) 

Agi News

Da Sony Betamax al Note 7, i top flop hi-tech

di Giandomenico Serrao @giandoserrao

Roma – In principio fu la Ford Edsel. Era il 1957 e la casa automobilistica del Michigan investì ben 400 milioni di dollari per produrre l'auto che gli americani non comprarono mai. Secondo gli esperti del settore il veicolo era un modello a metà tra quelli di classe alta e i più economici. Il fondatore di Microsoft, Bill Gates, cita la Edsel come il suo 'case study' preferito di 'top flop'. L'ultimo fallimento è di questi giorni e l'oggetto non è un'auto ma uno smartphone: quel Galaxy Note 7 che doveva essere il fiore all'occhiello di Samsung e si è rivelato un brutto colpo per il gruppo coreano

Questi i più clamorosi flop tecnologici della storia.

FIREPHONE DI AMAZON:

Si tratta del primo smartphone di Amazon con sistema 3D, lanciato a luglio 2014 negli Stati Uniti. Doveva essere una rivoluzione e invece a un anno esatto dal debutto il progetto di Jeff Bezos (fondatore e ceo di Amazon) si è rivelato un fallimento da 170 milioni di dollari. Non lo ha aiutato il prezzo di lancio (649 dollari), troppo alto per convincere gli irriducibili di Apple e Samsung. Portava in seno grandi ambizioni e arriva sul mercato dopo ben 4 anni di sviluppo. Basato su FireOS, si caratterizzava per un corpo dal design sobrio e dalle ampie dimensioni dovute allo schermo da 4,7 pollici che garantiva una ottima leggibilità anche sotto la luce del sole. Oltre a una fotocamera frontale e a una posteriore da 13 megapixel, Fire Phone era provvisto di quattro fotocamere frontali extra che permettevano di mostrare sul display contenuti simil-3D con una prospettiva dinamica che cambiava in base al movimento della testa dell'utente.

NOKIA N-GAGE:

La serie N-Gage di Nokia fu stata lanciata nel 2003 e consisteva in due diversi modelli di telefonini capaci di funzionare anche come radio, lettore mp3 e console videogiochi. A contribuire alla deriva del progetto, il prezzo: in Italia furono lanciati a 339 euro.

SONY BETAMAX: Gli anni '70 furono quelli caratterizzati dalla guerra per i format home video tra Vhs e Betamax. La Sony puntò forte su Betamax, precursore del Vhs, nonchè prodotto qualitativamente migliore. Tuttavia, l'errore fu quello di non concedere i diritti di sfruttamento anche ad altre aziende (come invece fece Jvc con Vhs) e cosi' il suo sistema venne scalzato dalla videocassetta più conosciuta. Tra le altre cause di fallimento anche il fatto che l'industria del porno scelse il Vhs per le proprie produzioni.

MAC CUBE:

Un computer da 20×20 centimetri e profondo poco di più. Il Mac Cube, lanciato nel 2000, prometteva grandi cose. Silenzioso, senza ventole e ultra compatto, andò fuori commercio l'anno dopo. La lamentela più diffusa era il surriscaldamento dell'apparecchio. L'insuccesso commerciale è dovuto al prezzo eccessivo (oltre 2.000 dollari) e alle prestazioni visto che non aveva la stessa espandibilità hardware di un PowerMac. Le vendite già scadenti vennero rallentate dalla scarsa qualità dei materiali plastici. Nonostante i tentativi di Apple di rilanciarlo aggiungendo un masterizzatore Cd, il prodotto venne ritirato nel luglio 2001.

MICROSOFT ZUNE:

Nato nel 2006 per far concorrenza agli iPod Apple, dei lettori Zune, oggi, non resta più nulla. Se non il marketplace che fu lanciato in contemporanea con la loro uscita, che sopravvive come metodo di sincronizzazione e scambio dati tra pc e dispositivi con sistema operativo Windows Phone 7. Le premesse al lancio di Zune e i suoi prodotti erano buone: Microsoft stava presentando il primo lettore in grado di scambiare dati via wi-fi. "Non siamo stati abbastanza coraggiosi", ricorda Robbie Bach, l'ex capo di Microsoft home entertainment and mobile business. "Abbiamo finito per star dietro a Apple con qualcosa che in realtà non era male, ma era un prodotto che inseguiva. Non c'era nessuna ragione per cui una persona uscisse di casa e dicesse: lo vado a comprare".

APPLE USB MOUSE:

Vita breve anche per l'Apple USB mouse, o più semplicemente "Hockey Puck". Si tratta del mouse rotondo lanciato nel 1998 e fuori produzione gia' dal 2000. Dopo i primi entusiasmi per il design accattivante, ricevette molte critiche: la forma sferica lo rendeva difficile da impugnare ed era troppo piccolo per essere comodo da tenere sotto il palmo.

SAMSUNG GALAXY GEAR:

Presentato a settembre del 2013, il primo smartwatch Samsung non è stato all'altezza delle aspettative e pur essendo partito prima del rivale Apple Watch quest'ultimo ha sbaragliato la concorrenza. Sono stati molti gli utenti che, dopo averlo comprato, l'hanno riportato in negozio. Troppo ingombrante, un'autonomia di poche ore e, soprattutto, un prezzo spropositato per quello che offriva.

SONY XPERIA PLAY:

Xperia Play era un telefonino (in Italia distribuito soltanto nei centri Tim) che permetteva di giocare ad alcuni giochi della Psp (Playstation portabile). Non è decollato, ma Sony ha trovato il modo di portare i giochi della Playstation su smartphone.

APPLE EMATE:

eMate 300 restò sul mercato meno di un anno (dal marzo '97 al febbraio '98). Era un computer low cost (venduto a 799 dollari) della linea Apple Newton. Questa linea appartiene agli albori non troppo brillanti di Apple, prima che diventasse la più grande societa' al mondo per valore. Secondo Forbes, Newton non ha avuto successo per una serie di motivi: il prezzo, le dimensioni e il riconoscimento della scrittura non così agevole, tanto che una puntata dei Simpson è dedicata ad esso.

MICROSOFT KIN:  

lanciato nel 2010, era stato presentato come un telefonino low cost per giovani dai 15 ai 30 anni. Ne sono stati venduti talmente pochi esemplari che Verizon lo ha ritirato dal mercato due mesi dopo.

WINDOWS VISTA:

Windows Vista ha ricevuto numerose critiche negative: erano parecchi i software e programmi non compatibili con il sistema e l'eccessivo consumo di elettricità portò molti a tornare al vecchio sistema operativo.-

NEXUS Q:

Un flop annunciato il Nexus Q, un dispositivo sferico dall'aria futuristica messo sul mercato a 300 dollari. Di cosa si trattava? Di un semplice riproduttore musicale.

MICROSOFT BOB:

Ideato dalla moglie di Bill Gates, Melinda, fu lanciato nel 1995, sarebbe dovuto diventare un'interfaccia alternativa al classico desktop. La paginata iniziale, con Bob, assumeva le sembianze di una casa, con tanto di cane, poltrone e caminetto che secondo la progettista Melinda French doveva essere più semplice da comprendere per l'utente. Non ebbe successo. Qualche tempo dopo Bill provo a giustificare il flop della consorte: "Purtroppo il software richiedeva più performance rispetto a quello che oggi un hardware può dare e non c'era un mercato adeguatamente grande. Per questo Bob è morto".

ALTO XEROX: Una grande idea, mai commercializzata. Si trattava di un computer della Xerox, il cui primo esemplare risale al '73 e che ispiro' tutti i successivi computer. Lo Xerox Alto è il risultato di vari anni di ricerca e sviluppo in cui i dirigenti della Xerox Corporation affidarono ad un team di menti dello Xerox PARC libertà massima nel progettare il computer del futuro. Il team di progettisti si ispirò a quanto di più avanzato al tempo fosse stato concettualizzato, in particolare per quanto riguarda l'interazione uomo-computer ma anche relativamente ad altri aspetti, riuscendo perfettamente nell'intento. I concetti base dei computer di oggi erano presenti nello Xerox Alto. Lo Xerox Alto non fu mai commercializzato, ma fu comunque messo in produzione per circa un decennio. La metà circa dei duemila esemplari prodotti nel corso degli anni furono utilizzati alla Xerox Corporation, i rimanenti invece regalati alle università e centri di ricerca degli Stati Uniti inseminando in tal modo l'intera industria informatica dei decenni seguenti.

APPLE LISA:

"Lisa" era un pc progettato agli inizi degli anni '80 dalla Apple. Figlia dello Xerox Alto, a cui si ispiravano le tecnologie e le innovazioni legate all'interfaccia grafica. Era dotato di mouse e schermata con icone e finestre – un'innovazione per l'epoca. Ma Steve Jobs, cacciato dal team che sviluppava 'Lisa', è partito da quell'esperienza per sviluppare un nuovo progetto, il Macintosh. Lisa è anche il nome della figlia.

NETBOOK:

Non tutti concordano nel classificarlo tra i fallimenti, ma di sicuro non ha avuto il successo sperato. I netbook, più piccoli e con schermo "maneggevole" tra i 7 e 12 pollici, avrebbero dovuto scalzare i portatili normali. Le loro prestazioni, però, non hanno mai convinto. L'arrivo dei tablet ha compromesso la loro sopravvivenza sul mercato.

NINTENDO 64:

A decretare il flop della console Nintendo 64 fu l'avvento della PlayStation. Mentre infatti la prima si era preoccupata di ideare un sistema a cartucce (che migliorassero le prestazioni dei giochi e, soprattutto, ostacolassero la pirateria), la seconda aveva lanciato una consolle avveniristica, capace di riprodurre cd (musicali e non), molto meno costosi da produrre.

TWITTER MUSIC APP:

Ritirata ad aprile 2014 dopo un solo anno dal lancio, la app Apple dedicata alla musica social non ha avuto il successo sperato. Decisivo l'arrivo sul mercato di nuove applicazioni per ascoltare musica, tra cui Spotify.

@FACEBOOK.COM EMAIL:

Il servizio mail di Facebok è stato lanciato nel novembre 2010 ed è presto tramontato. Hanno contribuito al flop la povertà della grafica, la priorità data indiscriminatamente ai messaggi che arrivavano direttamente dal social e le poche opzioni per personalizzare le mail.

VOLUNIA:

Lanciato nel febbraio 2012, Volunia, il concorrente italiano di Google, il motore di ricerca padovano venne presto dimenticato. Il colpo decisivo fu l'abbandono di uno dei fondatori, l'informatico e matematico padovano Massimo Marchiori. Volunia è in cima alla classifica dei più grandi tecno-flop del 2012.

PLAYSTATION VITA:

Dura la vita delle console portatili. E' il destino anche di PlayStation Vita, presentata a Tokyo nel 2011 e abbandonata al suo destino da Sony pochi anni dopo vista la spietata concorrenza di smartphone e tablet nel settore.

MOTOROLA ROKR 

Forse non tutti sanno che prima che Apple lanciasse il primo iPhone, Motorola si avventurò nella produzione del primo 'iTunes phone'. Il Rokr, però, era capace di contenere soltanto 100 canzoni e queste non potevano essere scaricate dallo store direttamente sul telefono.

TWITTER PEEK:

Sarebbe dovuto diventare il miglior amico degli amanti di Twitter, ma il Twitter Peek aveva più di una pecca. Chi lo possedeva poteva sì tenere sott'occhio il flusso di tweet, ma era in grado di vedere solo 20 dei 140 caratteri di contenuto. Le app ufficiali, scaricabili su tutti gli smartphone (anche low cost), erano di gran lunga meglio.

FACEBOOK HOME:

Mark Zuckerberg non era il solo a esser convinto che l'interfaccia di Facebook Home sarebbe diventata indispensabile per ogni smartphone. Htc lanciò addirittura un telefono con Facebook Home pre-installato. Non fece certo faville.

SONY TABLET:

Se uno schermo è indispensabile, due sono un vero lusso. Dev'essere stata questa l'idea che ha spinto Sony a lanciare il tablet con doppio schermo. Una specie di Nintendo 3Ds per adulti. Peccato non fosse poi così compatto (di certo non stava nelle tasche dei jeans) e che costasse 549 dollari.-

JOOJOO:

Uno dei tablet peggio riusciti di sempre. Per capire le ragioni del flop basta citare due elementi: la batteria (che durava 5 ore) e il peso (1 kg). Ma anche il fattore prezzo ha contribuito a decretarne la morte. Nel 2009 nell'era dell'iPad a 499 dollari, un tablet dalle prestazioni decisamente inferiori non poteva costare la stessa cifra.

GOOGLE LIVELY: Lively è stata una rete di avatar create nell'ambito di progetti sviluppati da Google sul modello di Second Life. Il progetto nato nel 2008 dava la possibilità agli utenti di Gmail di interagire con avatar tridimensionali. Lo scarso successo dell'iniziativa portò alla chiusura pochi mesi dopo. (AGI) 

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