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Il “flash crash” è stato causato da un errore di un trader

AGI – Citigroup ha riconosciuto in ritardo che uno dei suoi trader ha commesso un errore: così si spiega il “flash crash”, ossia l’improvvisa caduta delle azioni europee di ieri mattina. “Uno dei nostri trader ha commesso un errore nell’inserimento di una transazione. In pochi minuti, abbiamo identificato l’errore e lo abbiamo corretto”, ha fatto sapere Citigroup in una dichiarazione. 

Una mezz’oretta di panico, lunedì, tra le 9,45 e le 10,15 ha fatto sprofondare le borse europee. Il tracollo ha interessato in particolare le piazze di Stoccolma, Copenhagen e Oslo, dove gli indici sono scesi fino all’8%. Anche Milano ne è stata travolta, arrivando a cedere fino al 3,8% per poi risalire. La prima seduta di maggio è però proseguita negativa, così come era partita.

Cos’è il “flash crash”

Si tratta di un termine borsistico per indicare un crollo repentino degli indici ed è stato usato per la prima volta il 6 maggio 2010 quando a Wall Street, tra le 14,42 e le 15,07, sprofondo’ l’indice Dow Jones e di conseguenza anche il Nasdaq. Centinaia di miliardi di dollari di valore di mercato delle azioni americane andarono in fumo in 20 minuti dopo che un programma informatico aveva accidentalmente innescato un sell-off.

La causa del “flash crash” 

Secondo l’operatore di borsa Nasdaq Stockholm, non è un errore tecnico e non si è trattato di un attacco ‘hacker’ a un sistema straniero, cosi’ come paventato inizialmente. “è chiaro che la causa del crollo va da ricondursi ad una transazione molto rilevante da parte di un broker”, ha detto un portavoce dell’operatore di scambio.

Tra le ipotesi, anche l’errore di un trader, che ha causato una forte reazione del mercato anche perchè la seduta era già caratterizzata da un volume di scambi molto sottile. La Borsa di Londra era infatti chiusa per festività. Peraltro le borse europee già viaggiavano in netto ribasso, appesantite dalle preoccupazioni per il rallentamento economico in Cina, per la fiammata dell’inflazione e per l’imminente rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed e della Boe. 


Il “flash crash” è stato causato da un errore di un trader

Olio da cucina o petrolio? Il ristoratore italiano finito per errore nella black-list Usa

AGI – Per Alessandro Bazzoni, proprietario  del ristorante ‘Dolce gusto’ di Verona, finito per errore a gennaio nella lista nera americana con l’accusa di essere legato a una rete che tentava di eludere le sanzioni al settore petrolifero venezuelano, l’incubo è finito solo due giorni fa.

Mercoledì scorso, il Tesoro Usa ha ammesso che si è trattato di un raro caso di identità errata e l’ha tolto da quella scomoda posizione.

Lo sbaglio risale allo scorso 16 gennaio, quando l‘amministrazione Trump, ino un dei suoi ultimi atti, ha inserito Bazzoni in una lista nera, nell’ambito di un giro di vite sul greggio venezuelano.

Ci sono voluti oltre 2 mesi, prima che il Tesoro Usa riconoscesse il suo errore, rimuovendo le sanzioni da AMG S.A.S., la ditta veronese di Alessandro Bazzoni & C., nonché quelle, secondo la Cnbc, su un’altra società di progettazione grafica a Porto Torres, in Italia.

“In a case of mistaken identity, restaurant owner Alessandro Bazzoni found himself on the US Treasury’s blacklist in January, but was this week finally taken off.” https://t.co/0aeKipgdq5

— Emma Bentley (@emmabentley87) April 2, 2021

La stessa Cnbc ci scherza un po’ su, titola: “Cooking oil or crude?”, ovvero: olio da cucina o petrolio?

Il funzionario al Tesoro Usa che ha ammesso l’errore ha spiegato che il dipartimento si è reso conto che le società incriminate erano di proprietà di individui diversi rispetto ai Bazzoni che avevano inserito nella lista nera a gennaio.

Insomma, tutto un equivoco. Per Bazzoni però è stata la fine di incubo. “Hanno risolto il problema. Non dovrei essere più coinvolto”, ha detto interpellato telefonicamente dalla Reuters “È stato un errore … per fortuna tutto si è risolto in un paio di mesi”.

Nel 2019, l’amministrazione Trump ha sanzionato la compagnia petrolifera statale venezuelana Petroleos de Venezuela per costringere alle dimissioni del presidente Nicolas Maduro, che accusava di corruzione, violazioni dei diritti umani e brogli per la sua rielezione del 2018. 

L’amministrazione Trump nel suo ultimo giorno carica ha imposto sanzioni a un altro Alessandro Bazzoni, accusandolo di essere stato legato a una rete che tentava di eludere le sanzioni al settore petrolifero venezuelano.

Il Tesoro ha anche inflitto sanzioni alle aziende che si dice fossero legate a Bazzoni, tra cui AMG S.A.S. Di Alessandro Bazzoni & C., con lo stesso indirizzo del ristorante e pizzeria ‘Dolce Gusto’ a Verona, in Italia. La SerigraphicLab di Bazzoni Alessandro, quotata anche dall’Ofac, non ha invece risposto alle richieste di commento via e-mail.

“Alla fine dell’amministrazione Trump stavano facendo molto, molto in fretta con le accuse a Venezuela, Iran e Cina”, ha spiegato alla Cnbc Tim O’Toole, specialista in sanzioni presso lo studio legale Miller & Chevalier. “Quando ti muovi così velocemente, tendi a commettere errori”, ha aggiunto.


Olio da cucina o petrolio? Il ristoratore italiano finito per errore nella black-list Usa

Myspace ha cancellato per errore un pezzo del passato di una generazione

Un ventenne di oggi, che snobba pure Facebook e si rifugia in Snapchat per sfuggire alle richieste d’amicizia dei genitori, probabilmente non ha la minima idea di cosa sia Myspace. Chi è nato a cavallo del 1980 e fa parte di quella categoria demografica che viene ora definita Xennials (a metà tra la Generazione X e i Millennials) lo ricorderà invece benissimo. E ricorderà anche quando era la rete sociale più utilizzata del mondo, prima di essere surclassata da Facebook nel 2008 e poi ridotta a un fenomeno marginale.

Gli “Xennials” sono l’ultima generazione cresciuta senza internet e che ha visto la rete svilupparsi negli anni della sua espansione, vivendo da protagonista tutte le sue maggiori rivoluzioni: dall’avvento delle chat irc al boom dei forum, dall’epoca d’oro dei blog (dei quali, per qualche motivo, è stato di moda vaticinare l’imminente morte fino a qualche tempo fa) all’avvento dei social network. Un settore dove per alcuni anni Myspace fu il leader indiscusso, tanto da essere acquistato dalla NewsCorp di Rupert Murdoch un attimo prima del repentino declino causato dall’inarrestabile avanzata di Facebook.

Era su Myspace che si condividevano foto, video e, soprattutto, canzoni. Poi, in modo lento e inesorabile, tutti capitolarono e cedettero all’impero di Zuckerberg. Ormai tutti stavano lì e Facebook era il posto dove essere se volevi essere su internet. Tra il 2009 e il 2010 quasi tutti quelli che utilizzavano Myspace come social network principale lo mollarono. Da quel momento, la piattaforma sarebbe stata utilizzata principalmente dai musicisti per promuovere il loro lavoro (e quante sono le star che devono la loro fortuna proprio a Myspace, dagli Arctic Monkeys a Lily Allen), prima di essere surclassata anche su questo fronte da alternative più funzionali, come Bandcamp o i servizi per l’ascolto in streaming come Spotify, e diventare pressochè irrilevante. 

Anche per questo, in contrasto con l’eterno divenire di una homepage di Facebook, riaprire un vecchio profilo Myspace non aggiornato da un decennio è per molti ‘Xennial’ guardare la fotografia di una gioventù ormai tramontata, un’istantanea congelata nel tempo. O, almeno, lo era fino a oggi, che un trasloco verso nuovi server ha provocato la cancellazione accidentale di tutti i contenuti pubblicati fino al 2016. Milioni di file perduti in modo irrimediabile, giacché non era stato effettuato alcun backup. Milioni di ricordi in forma di immagini e musica finiti nell’oblio in un attimo. Un colpo di spugna improvviso che non ha nemmeno dato tempo di intervenire agli archeologi del web, come coloro che stanno salvando i gigabyte di dati archiviati su Google Plus, che ad aprile chiuderà definitivamente i battenti. 

La conferma arriva solo oggi ma l’errore di migrazione risale a oltre un anno fa, quando i primi utenti avevano iniziato a lamentare l’impossibilità di accedere ai vecchi contenuti. A sparire sono stati 50 milioni di Mp3 di 14 milioni di artisti, che già nel 2013 erano stati costretti a ricostruire le loro comunità da zero a causa di un disastroso rilancio della piattaforma che aveva fatto piazza pulita di tutti i messaggi di testo lasciati dai fan, un passaparola virtuale a cui molte band devono fortuna. 

Ora lo zoccolo duro di utenti che era rimasto legato a Myspace, acquistata intanto da Time Inc nel 2016, si domanda le ragioni di tanto pressappochismo. “Dubito fortemente si sia trattato di un incidente”, ha scritto l’esperto Andy Baio, citato dal Guardian, “una palese incompetenza sarà pure cattiva pubblicità ma suona sempre meglio di ‘non volevamo farci carico dello sforzo e del costo della migrazione e dell’hosting di 50 milioni di vecchi Mp3’ “. Per tanti trenta-quarantenni di oggi, è un pezzo della propria storia cancellato in modo repentino e irreversibile, quasi una metafora della maturità ormai sopraggiunta. Errore o menefreghismo, per chi crede nei simboli è stato forse giusto così.

@cicciorusso_agi

 

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Autostrade, Boccia: nazionalizzazione sarebbe un grave errore

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, si schiera contro la nazionalizzazione delle Autostrade e l'annullamento della concessione: "Sarebbe un grave errore", ha detto Boccia, intervistato da ilsussidiario.net in vista della sua partecipazione al Meeting di Rimini.

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