Tag Archive: deve

Di Maio ha detto che Salvini deve restare ministro anche se indagato 

Il ministro dell'Interno Matteo Salvini è indagato e il lavoro della magistratura va rispettato. Ma Salvini non ha violato il codice etico dei ministri contenuto nel contratto di governo, quindi "deve continuare a fare il ministro in questo momento". è quanto sottolinea il vicepremier Luigi Di Maio, che in un lungo intervento su Facebook dice di "voler fare chiarezza" su "alcuni fatti accaduti negli ultimi giorni".

"Il ministro Salvini è indagato, gli sono contestati alcuni reati dal pubblico ministero e credo che quello sia un atto dovuto in quanto ministro dell'Interno. Come ci si comporta in questi casi? Prima di tutto – osserva Di Maio – ricordiamoci che nel nostro contratto di governo c'è anche il codice etico dei ministri e secondo questo (che è anche il codice del movimento 5 Stelle) il ministro dell'Interno deve continuare a fare il ministro in questo momento". E aggiunge: "C'è comunque pieno rispetto" per l'azione della magistratura. 

Il ministro dell'Interno Matteo Salvini ieri è stato iscritto nel registro degli indagati per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio, nell'ambito dell'inchiesta sul caso "Diciotti" insieme al capo di gabinetto del ministro. "Essere indagato per difendere i diritti degli italiani è una vergogna", aveva detto ieri il ministro dell'Interno dal palco della festa leghista di Pinzolo. Il vicepremier aveva incassato la solidarietà degli alleati di un centrodestra che, per una volta, si ritrova compatto. Per Giorgia Meloni quello dei pm di Agrigento è "un atto sovversivo", e il governatore della Liguria, l'azzurro Giovanni Toti, chiede addirittura il blocco navale. Ma nessuno dei 5 stelle aveva parlato prima di Di Maio oggi su Facebook. 

La decisione della procura di Agrigento è arrivata al termine della missione romana del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio che ha trasmesso gli atti alla procura di Palermo per il successivo passaggio "al tribunale dei ministri della stessa città".

 

Agi News

Quanti soldi deve il mondo del calcio alle banche venete?

Tre banche, cinquecento nomi, 10,3 miliardi. Di prestiti andati a male. Sono i numeri da capogiro di una inchiesta condotta da La Stampa sugli elenchi dei grandi debitori delle tre banche – Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza e Veneto Banca – per salvare le quali i contribuenti hanno cacciato 10,6 miliardi di euro. Elenchi in cui compaiono  tanti nomi familiari al grande pubblic perché legati al mondo più popolare che c'è: quello del calcio.

Secondo l'inchiesta, tra i grandi debitori delle banche ci sono alcuni campioni dello sport – tra tutti Roberto Bettega, debitore con Veneto Banca, e Sebastian Giovinco e Vincenzo Iaquinta, soci di una partecipata esposta nei confronti di Popolare di Vicenza – ma anche imprenditori del mondo del pallone come la famiglia Sensi e Maurizio Zamparini, proprietario del Palermo, del Venezia e del Pordedone. La Italpetroli, all'epoca in cui apparteneva ai Sensi (ora è di Unicredit) si espose, secondo il quotidiano, per 73 milioni di euro per sostenere la Roma. Due invece le società che fanno capo a Zamparini: la Mare Monte Grado, che deve 60 milioni di euro alla Bpvi, e la Gasda, che deve altri 60 milioni d Monte Paschi. Con la banca senese sono esposti anche i Mezzaroma, costruttori e propietari del Siena quando militava in serie A (per 27 milioni) e Fabrizio Lori, proprietario del Mantova attraverso la Nuova Pansac, che ha lasciato un buco di 31,7 milioni.

Altri debitori che non sono nel pallone

Non sono ovviamente solo le società sportive ad aver affossato i conti delle banche. Secondo l'inchiesta della Stampa ci sono  pezzi di enti locali, come Riscossione Sicilia, che deve a Mps 237 milioni, o la romanissima Atac, esposta per 49,5 milioni. Bazzecole in confronto agli 85 milioni che la società Bagnolifutura – incaricata della riqualificazione dell'area e che fa capo a Comune di Napoli e Regione Campania – deve alla banca senese.

Un discorso a parte merita Sorgenia: pesa sui conti di Mps per 318 (Sorgenia Power), 41 (Sorgenia Spa) e 49,5 milioni (Tirreno Power, al 50% in quota Sorgenia). Ma anche il mondo delle Coop non scherza: grava per 183 milioni tra esposizioni del colosso edile Unieco e quelle della  di Holmo, la holding che controlla Unipol 

Con Veneto Banca sono esposti la Saia di Verbania, che avrebbe dovuto – senza successo – rilanciare il polo industriale piemontese e ora deve all'istituto 5,3 milioni.

Agi News

Amazon deve 250 milioni al Lussemburgo, ma la cosa interessa anche noi

Dopo GoogleApple​ e Facebook, il martello della giustizia di Margrethe Vestager, Commissario Ue alla Concorrenza, si abbatte su un altro gigante della Silicon Valley. L'antitrust di Bruxelles ha chiesto ad Amazon​ di restituire i 250 milioni di euro di vantaggi fiscali illegali concessi a Lussemburgo, il piccolo Stato che, dal 1995 al 2013, fu governato dall'attuale presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. E ad attivarsi per recuperare la somma dovrà essere lo stesso granducato.

"Tre quarti degli utili non sono tassati"

"Grazie ai vantaggi fiscali concessi dal Lussemburgo ad Amazon", ha spiegato in conferenza stampa Vestager, circa tre quarti degli utili di Amazon non sono tassati. In altri termini, Amazon ha potuto pagare 4 volte meno tasse rispetto alle altre società locali sottoposte alle stesse regole fiscali nazionali.È una pratica illegale rispetto alle regole Ue in materia di aiuti di Stato: gli Stati Ue non possono accordare alle multinazionali dei vantaggi fiscali selettivi a cui le altre società non hanno accesso".

La replica dell'azienda

L'inchiesta era stata aperta dalla Commissione nell'ottobre del 2014. L'agevolazione, varata nel 2003 e riconfermata nel 2011, consentiva al gruppo di trasferire la maggior parte degli utili realizzati dalla sua divisione locali, soggetta alle regole nazionali (Amazon Eu), a una che non lo era (Amazon Europe Holding Technologies). L'inchiesta dell'Antitrust Ue ha dimostrato che i trasferimenti erano eccessivi e privi di valide giustificazioni.  "Non abbiamo ricevuto nessun trattamento speciale dal Lussemburgo e abbiamo pagato tutto il dovuto, in accordo con il Lussemburgo e con le leggi internazionali", replica Amazon che, prevedibilmente, farà appello.

Oxfam: "Questi favori li pagano cittadini e Pmi"

"Il trattamento privilegiato, sancito da accordi fiscali segreti, riservato alle multinazionali dai governi di tutto il mondo, permette un alleggerimento inaccettabile delle imposte a beneficio dei grandi colossi internazionali", commenta Aurore Chardonnet, policy advisor di Oxfam, "a pagarne il prezzo sono i cittadini, privati di risorse erariali necessarie a potenziare i servizi pubblici come sanità ed istruzione, di misure di sostegno al lavoro e lotta alla povertà, e le piccole e medie imprese nazionali, vittime di una concorrenza sleale da parte delle imprese multinazionali'.

"Dobbiamo ristabilire nella pratica il principio che le imposte vanno versate laddove gli utili d'impresa sono generati e pretendere dai governi una battuta d'arresto alla corsa globale al ribasso sulla fiscalità d'impresa", conclude la Chardonnet, "va introdotto al più presto, a partire dalla proposta votata a luglio al Parlamento Europeo, l'obbligo di rendicontazione pubblica Paese per Paese (country-by-country reporting) per tutte le multinazionali che operano nell'area economica europea. Va inoltre adeguata ai nostri tempi la tassazione delle imprese digitali e più in generale promosso un modello di tassazione unitaria dei grandi colossi multinazionali'".

Agi News

Draghi, Europa si deve impegnare contro insicurezza

Bruxelles – Le istituzioni europee non possono "semplicemente aspettare tempi migliori: dobbiamo rinnovare i nostri sforzi per assicurare che l'Unione economica e monetaria offra protezione e prosperita': la Bce fara' la sua parte". Lo ha detto a Bruxelles il presidente della Bce, Mario Draghi, durante il "dialogo monetario" al Parlamento europeo. Citando un intervento dell'"amico e collega" scomparso, Carlo Azeglio Ciampi, Draghi ha ricordato che "l'impegno politico a sostegno della nostra moneta unica e' stato fortemente ribadito durante la crisi", ma ha sottolineato che "i diffusi sentimenti di insicurezza, compresa l'insicurezza economica, restano una preoccupazione importante".

La ripresa nell'EUrozona continua "a un ritmo moderato e costante" ma con "uno slancio inferiore rispetto alle previsioni dello scorso giugno". Lo ha detto nel suo intervento al Parlamento europeo a Bruxelles il presidente della Bce Mario Draghi. L'impatto iniziale sui mercati finanziari del referendum che ha sancito la Brexit, ha aggiunto, e in particolare l'iniziale flessione dei prezzi delle azioni, e' stato "ampiamente invertito"; piu' in generale i mercati dell'Eurozona si sono dimostrati "resilienti rispetto all'incertezza globale e politica". Secondo Draghi, ancora, la domanda estera registrera' un indebolimento rispetto alla precedente stima di giugno, e questo "dovrebbe ridurre la crescita delle esportazioni"; secondo le previsioni della Bce, la crescita reale del Pil nell'Eurozona su base annua dovrebbe essere pari quest'anno all'1,7% quest'anno, e dell'1,6% nei due successivi. L'inflazione, ha aggiunto, resta bassa, e sara' pari quest'anno allo 0,2% per aumentare l'anno prossimo all'1,2% ma solo a causa dell'attenuarsi dell'effetto dei passati ribassi del prezzo del petrolio. Quanto agli spread, "la frammentazione si e' ridotta in modo sostanziale e le condizioni dei finanziamenti per imprese e famiglie sono migliorate in tutta l'Eurozona", riducendo le differenze delle condizioni fra i diversi paesi.

I paesi che si trovano ad avere un limitato spazio di manovra per una politica espansiva dovrebbero fare attenzione "alla composizione piu' che alla dimensione" dei loro conti pubblici. In particolare, ha detto il presidente della Bce Mario Draghi rispondendo a una domanda dell'eurodeputato 5 Stelle Marco Valli durante il dialogo monetario al Parlamento europeo e riferendosi alla flessibilita' delle regole del Patto di Stabilita' e crescita, "anche se alcuni di questi paesi hanno aumentato la spesa, la crescita non ne ha beneficiato: non e' necessariamente assumendo gente perche' non faccia nulla che si aumenta la crescita di un paese".

Le borse europee chiudono in rosso, sulla scia delle forti perdite di Deutsche Bank e dopo che Mario Draghi a Bruxelles fa sapere che la ripresa europea ha "meno slancio". Il titolo di Deutsche Bank crolla al minimo storico e perde oltre il 6%, per il timore che le riserve della banca non siano sufficienti a coprire la stangata Usa da 14 miliardi e per la contrarieta' del governo di Berlino ad aiutarla. Intanto c'e' incertezza sugli esiti del vertice informale dell'Opec ad Algeri e cresce la tensione per il primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Hillary Clinton. A Milano l'indice Ftse Mib arretra dell'1,58% a 16.192,48 punti. L'Ftse 100 di Londra scende dell'1,32% a 6.818 punti, il Cac 40 di Parigi cede l'1,8% a 4.407 punti, il Dax di Francoforte perde il 2,19% a 10.393 punti. (AGI) 

Agi News