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È saltata la fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank

I due colossi bancari tedeschi Deutsche Bank e Commerzbank annunciano ufficialmente il fallimento dei loro negoziati di fusione. “Dopo un’analisi approfondita – fanno sapere l’amministratore delegato di Deutsche Bank, Christian Sewing e quello di Commerzbank, Martin Zielke, in un comunicato congiunto – abbiamo concluso che questa operazione non ci avrebbe apportato sufficienti benefici per giustificare i costi di un’intesa così complessa”.

“Dopo un’attenta analisi – aggiungono – è diventato chiaro che una simile fusione nono sarebbe stata nell’interesse degli azionisti e degli stakeholders”. Ad incoraggiare la fusione era stato soprattutto il governo di Berlino e in particolare il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che puntava a creare un campione bancario nazionale.

“L’attività industriale globale tedesca – scrive Scholz in un comunicato – necessita di banche competitive in grado di accompagnarla nel mondo”. Tuttavia il ministro ammette che fusioni, o altre forme di cooperazione “hanno un senso solo e se il business funziona e se il modello di business è affidabile”.

Ora Unicredit tornerà alla finestra?

I due colossi bancari tedeschi hanno trascorso sei settimane a discutere di un accordo che avrebbe creato un campione bancario nazionale capace di finanziare il settore industriale in Germania in caso di prolungato rallentamento dell’economia e dotato di 140.000 dipendenti e di attività per 1.800 miliardi di euro. Nei giorni delle trattative si era vociferato di un interesse di Unicredit per Commerzbank qualora il matrimonio con Deutsche Bank fosse saltato. Secondo gli analisti, un’integrazione con la banca italiana “avrebbe molto più senso” ma l’indiscrezione, lanciata dal Financial Times, era stata letta come un modo per mettere pressione sui due istituti teutonici. 

Ad anticipare la notizia della trattativa fallita era stata Reuters, secondo la quale Deutsche Bank aveva concluso che i rischi di integrazione, i costi di implementazione e i requisiti patrimoniali non avrebbero giustificato un accordo così complesso, che avrebbe suscitato resistenze sia tra gli azionisti che i sindacati. Fatto sta che il mancato accordo potrebbe aprire la porta all’ingresso in campo di grandi banche straniere interessate ad acquisire i due istituti tedeschi. 

Agi

Unicredit terzo incomodo nella fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank

Come un fiume carsico, torna a riaffacciarsi per Unicredit l’ipotesi di un’operazione con Commerzbank, la seconda banca tedesca, che attualmente sta trattando una fusione con Deutsche Bank. A rilanciare questa prospettiva, che i mercati hanno accolto con una certa freddezza (il titolo Unicredit a Piazza Affari ha perso lo 0,66% giovedì e venerdì lo 0,69% a fronte di un andamento generalmente positivo dei bancari), è stato il Financial Times, secondo cui se l’operazione fra i due istituti tedeschi fallisse, la banca guidata da Jean Pierre Mustier potrebbe tornare a farsi avanti, riprendendo gli abboccamenti che c’erano stati nel 2017.

Presentando il bilancio al 31 dicembre, tuttavia, l’ad di Unicredit aveva detto a chiare lettere che, anche su un orizzonte temporale più lungo del piano Transform 2019 che è su base organica, non vedeva operazioni europee per la banca negli anni immediatamente successivi, ovvero in quelli che saranno affrontati nel nuovo piano, che sarà presentato a Londra questo dicembre. Proprio in vista di questo appuntamento il manager francese ha rivoluzionato la prima linea della banca, eliminando la figura del direttore generale e costruendo un team di otto manager che, oltre a lavorare al nuovo piano, avranno anche il compito di metterlo in atto.

Non è un mistero che più volte, negli ultimi anni, Mustier abbia valutato operazioni straordinarie: nel 2017 guardò proprio a Commerbank, mentre lo scorso anno è stato il caso SocGen a tenere banco. A impedire che quest’ultima opzione venisse approfondita fu anche l’evoluzione della situazione politico-economica dopo le elezioni dello scorso 4 marzo, con le tensioni sull’asse Roma-Parigi e con l’impennata dello spread che tanto ha pesato sulle quotazioni degli istituti bancari italiani, rendendo più complicata un’operazione che già di suo presentava tutti i problemi di un’integrazione bancaria trasfrontaliera. 

Nel caso di Commerzbank, invece, va considerato che Unicredit ha già una presenza significativa in Germania. Lo scorso autunno, poi, circolarono indiscrezioni che parlavano di un piano di separazione delle attività italiane di Unicredit da quelle tedesche ed europee.
Anche nell’ipotesi di una fusione con Commerzbank secondo lo schema riportato dal FT ci sarebbe in qualche modo una separazione, visto che l’istituto manterrebbe la sede a Milano e la nuova entità tedesca rimarrebbe invece quotata a Francoforte.

Cosa dicono gli analisti

“Da un punto di vista industriale l’operazione con Unicredit avrebbe più senso di una fusione con Deutsche Bank”, notano gli analisti di Mediobanca, che tuttavia sottolineano come l’articolo del FT sia “più un modo di mettere pressione ai cda” dei due gruppi tedeschi, che dovrebbero prendere una decisione sul tema a stretto giro. Già nel 2017 le avances di Unicredit furono respinte dalla politica tedesca che, sottolineano ancora da piazzetta Cuccia, “anche oggi sarebbe un attore chiave vista la quota del 15% che il governo di Berlino detiene in Commerzbank”.

Rispetto ad allora, inoltre, lo spread fra carta italiana e carta tedesca è di 100 punti più alto, cosa che “verosimilmente rende la situazione politica ancora meno benevolente verso una fusione” di questo tipo. Anche gli analisti di Equita sono dubbiosi. “Siamo molto scettici su operazioni di M&A trasfrontaliere (nel settore bancario, ndr). Avremmo perplessità dal punto di vista operativo: Commerzbank ha una redditività che è la metà di quella di Unicredit”, notano fra le altre cose, indicando la necessità di trovare ampie sinergie per rendere vantaggiosa la mossa e rimarcando come siano difficili da ottenere.

Di certo, con il titolo a circa 12 euro, Mustier sente la pressione dei soci, a partire dai fondi internazionali che hanno sottoscritto l’aumento, per cercare di guidare la risalita del titolo. Stando da sola, prosegue il report di Equita, “Unicredit ha un potenziale di crescita”, che potrebbe concretizzarsi attraverso la pulizia di bilancio facendo risalire le quotazioni nel medio termine. 

Agi