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Eni, vola l’utile netto nel primo semestre. Descalzi: approvvigionamenti garantiti

AGI – Eni archivia il secondo trimestre dell’anno con un balzo dell’utile netto adjusted a 3,808 miliardi di euro contro i 929 milioni dello stesso periodo del 2021. Il dato del primo semestre vola a 7,078 miliardi da 1,199 miliardi. Una prima parte dell’anno dominata dall’impegno messo in campo per garantire all’Italia la sicurezza degli approvvigionamenti enegetici e che consente di aumentare la remunerazione degli azionisti, attraverso il rafforzamento del programma di buyback 2022 e il lancio di un nuovo piano di acquisto di azioni proprie da concludersi entro aprile 2023.

Impegno per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti

“In un contesto di incertezza e volatilità dei mercati”, sottolinea l’ad Claudio Descalzi, “ci siamo attivati rapidamente per garantire nuovi flussi di approvvigionamento. Dopo gli accordi sulle forniture di gas con i nostri partner in Algeria, Congo ed Egitto nella prima parte dell’anno, a giugno Eni è entrata nel progetto North Field East in Qatar, il più grande sviluppo di Gnl al mondo. In Africa orientale, abbiamo avviato la produzione di gas del progetto Coral South Flng operato da Eni, il primo a valorizzare il grande potenziale del Mozambico. In Italia, ci siamo proattivamente impegnati nella ricostituzione degli stoccaggi di gas in previsione della prossima stagione invernale e le nostre raffinerie hanno aumentato significativamente i tassi di lavorazione per garantire un adeguato flusso di prodotti petroliferi per soddisfare la richiesta di mercato”.

L’Eni, rileva l’ad, ha “profuso il massimo impegno nel garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, continuando nel mentre ad attuare la nostra strategia di decarbonizzazione”. L’obiettivo, spiega una nota, è stato “assicurate fonti alternative di approvvigionamento di gas naturale all’Italia e all’Europa, facendo leva sulle alleanze strategiche dell’Eni, accelerando la crescita di una componente chiave della strategia di lungo termine di Eni costituita dal ruolo crescente del gas equity”.

Le iniziative intendono conseguire fino a 20 miliardi di metri cubi di forniture alternative di gas entro il 2025, coprendo effettivamente il 100% delle importazioni annue di gas russo.

Aumenta la remunerazione degli azionisti

“I solidi risultati conseguiti e l’aggiornamento delle nostre previsioni sul mercato di riferimento”, annuncia Descalzi, “ci consentono di migliorare la remunerazione degli azionisti aumentando il programma 2022 di acquisto di azioni proprie a 2,4 miliardi”. Non solo: in esecuzione dell’autorizzazione conferita dall’assemblea degli azionisti dell’11 maggio scorso, il consiglio di amministrazione ha anche approvato un nuovo programma di buyback da realizzarsi entro aprile 2023, che prevede un esborso minimo di 1,1 miliardi, incrementabile fino a un massimo di 2,5 miliardi in funzione dell’andamento dello scenario.

Descalzi, costante attenzione a efficienza e costi

I risultati finanziari conseguiti, sostiene ancora Descalzi, “sono sostenuti dalla costante attenzione all’efficienza e al controllo dei costi. L’Ebit adjusted del Gruppo nel trimestre è stato di 5,8 miliardi trainato dai business E&P e R&M; l’utile netto adjusted è stato di 3,8 miliardi. Con un flusso di cassa adjusted di 10,8 miliardi abbiamo finanziato investimenti organici per 3,4 miliardi e la politica di distribuzione dell’intero anno”.

Ipo Plenitude rimandata ma resta nei piani

“In Plenitude, il programma di espansione della capacità di generazione da fonti rinnovabili prosegue verso l’obiettivo di superare i 2 GW entro la fine dell’anno; date le condizioni di mercato, l’Ipo è stata rimandata ma rimane nei nostri piani”, fa sapere Descalzi.

Produzione ed esplorazione

Il segmento E&P ha conseguito un Ebit adjusted di 4,87 miliardi nel secondo trimestre 2022, in crescita sequenziale dell’11% e più che raddoppiato rispetto al secondo trimestre 2021, catturando appieno il miglioramento dello scenario. La produzione del trimestre è stata pari a 1,58 milioni di boe/giorno, in calo dell’1% rispetto al trimestre precedente per effetto della forza maggiore principalmente in Libia, Nigeria e Kazakhstan.

Gas, raffinazione e Versalis

Dopo un robusto primo trimestre grazie al contributo del business Gnl e della flessibilità del portafoglio, il settore Ggp ha conseguito il break-even nel secondo trimestre, per effetto della normale stagionalità del business. Il business R&M ha conseguito risultati molto positivi, registrando un Ebit adjusted di 979 milioni trainato dal significativo rialzo dei margini di raffinazione, ma con prestazioni migliori dello scenario grazie al maggiore tasso di utilizzo degli impianti, all’ottimizzazione delle produzioni, alle azioni di efficienza per ridurre il consumo di gas naturale, nonostante maggiori costi sostenuti per sostituire il greggio russo nei processi di lavorazione delle raffinerie.

Nonostante l’aumento dei costi delle materie prime petrolifere e l’andamento dei costi delle utilities industriali indicizzate ai prezzi del gas, il business della chimica, gestito da Versalis, ha conseguito un risultato positivo di 125 milioni nel secondo trimestre, rispetto alla perdita di 115 milioni del primo trimestre 2022, grazie alle iniziative di efficienza e di ottimizzazione dei volumi di produzione.

Plenitude e Power

Nel secondo trimestre Plenitude (che include il business retail, renewable & mobilità elettrica) ha conseguito l’Ebit adjusted di 112 milioni (+58% vs. trimestre 2021) per effetto delle maggiori produzioni di energia elettrica rinnovabile e dei maggiori prezzi di vendita all’ingrosso, nonché della gestione attiva della base clienti confermando la resilienza del nostro modello di business integrato.

Il business Power ha conseguito un Ebit adjusted in riduzione (-24% vs. trimestre 2021) per effetto dello scenario meno favorevole, parzialmente compensato dai maggiori proventi da servizi (capacità e dispacciamento). Finalizzata a fine luglio la cessione del 49% del business ad azionisti di minoranza con un incasso in quota Eni di 0,55 miliardi. 


Eni, vola l’utile netto nel primo semestre. Descalzi: approvvigionamenti garantiti

Descalzi: “Con la fusione a confinamento magnetico avremo energia a bassissimo costo”

AGI – Il futuro è qui: in termini energetici “il 2030 è praticamente dopodomani”, esordisce l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. E mentre si discute di sicurezza delle fonti di approvvigionamento, di cambiamento climatico e di decarbonizzazione, la svolta potrebbe essere davvero dietro l’angolo. Ci credono gli studiosi del MIT, ci credono i rappresentanti del Congresso, ci credono magnati del calibro di Bill Gates e ci crede l’Eni che è il principale azionista di questo innovativo progetto messo a punto dal Commonwealth Fusion System e che riguarda la realizzazione entro il 2030 di un reattore pilota per produrre energia pulita a bassissimo costo.

“Abbiamo lavorato con il team del CFS negli ultimi anni perché abbiamo riconosciuto che il loro lavoro è in grado di trasformare il panorama energetico”, ha spiegato Descalzi alla stampa italiana al termine della sua missione negli Stati Uniti dove la tappa più importante è stata proprio la visita allo stabilimento alle porte di Boston. “È una vera rivoluzione”, ha detto senza mezzi termini il manager, spiegando in parole semplici il carattere innovativo del progetto.

Si parla di fusione che, al contrario della fissione, è un processo più pulito e più sicuro perché non produce scorie pericolose: si combinano gli isotopi dell’idrogeno che si fondono a temperature elevatissime (circa dieci volte quella del Sole) e che vanno poi confinati tramite campi magnetici. Dal vapore si produce energia: “È quindi un’energia che scaturisce dall’acqua, anche pesante, e per questo motivo non comporta la necessità di disporre di un fabbisogno idrico ingente“, ha proseguito Descalzi.

In un momento in cui le principali economie del Pianeta stanno facendo i conti, dal punto di vista energetico, con gli effetti del conflitto ucraino, questo modo di fare energia pulita potrebbe determinare nuovi equilibri geopolitici. “Assistiamo ora a rapporti di forza tra chi produce energia e chi non ce l’ha – ha spiegato Descalzi – ma potrebbero essere presto superati perché tutti i Paesi potrebbero produrre elettricità a bassissimo costo grazie al fatto che hanno a disposizione acqua pesante a volontà”.

Nel frattempo che l’impianto diventi operativo, Descalzi ha spiegato che si sta lavorando a un prototipo pilota in scala già per il 2025. L’iniziativa negli States assume ancora più significato nel momento attuale: la guerra ucraina sta infatti facendo capire alle grandi potenze della Terra il valore strategico della sicurezza energetica, mentre la corsa dei prezzi impone nuove decisioni a tutela dei consumatori e delle imprese.

A questo proposito, Descalzi ha ribadito la necessità di imporre a livello europeo un tetto al prezzo del gas. “Senza una valida ragione, abbiamo ora un prezzo del gas che è più alto di 6-7 volte rispetto a quello che avevamo nel 2019”, ha sottolineato il manager precisando che in effetti “non c’è un problema di flussi, ma di prezzi. Per questo bisogna intervenire”.

Il prossimo inverno che potrebbe quindi “non essere facile”, si porrà un problema “non di flussi, ma di prezzi in quanto i volumi ci saranno ma le bollette potrebbero essere pesanti per le aziende e per i consumatori a causa delle tensioni speculative presenti nel mercato”.

Per questo motivo, “il governo Draghi fa bene a insistere”. Per quanto riguarda le fonti di approvvigionamento, l’ad di Eni ha ricordato che è raggiungibile l’obiettivo di non dipendere dal gas russo e che sarà possibile ottenere questo risultato entro il 2025. “Nei paesi dove abbiamo investito, abbiamo prodotto gas e quel gas è nostro”, ha sottolineato spiegando che si tratta ora di portare tali scorte in Europa e soprattutto in Italia che “ha la priorità”.

Anche gli investitori si rendono conto che la sicurezza energetica è un tema fondamentale: ad esempio, ha sottolineato Descalzi, “l’attenzione degli azionisti americani è tutta concentrata su questo punto mentre fino al giugno 2021, il 90% delle loro domande riguardavano invece la transizione. C’è stato una U-turn, un’inversione a U. Ci chiedono se riusciamo a fare investimenti e se abbiamo riserve ma noi – ha concluso – siamo visti bene perché abbiamo fatto un sacco di esplorazioni e abbiamo trovato molto“. Ma ora è tempo di produrre energia con altre innovative tecnologie. Con la mente rivolta a Boston, appunto.


Descalzi: “Con la fusione a confinamento magnetico avremo energia a bassissimo costo”

Descalzi: “Dall’idrogeno soluzioni per l’industria e la mobilità pesante”

AGI – Dall’idrogeno possono arrivare molte soluzioni per decarbonizzare settori industriali come raffinazione, chimica, cementifici e cartiere ma questa fonte di energia potrà avere un ruolo anche nella mobilità, in particolare quella pesante. Lo ha detto l’ad di Eni, Claudio Descalzi, partecipando all’evento ‘La strategia sull’idrogeno e la transizione energetica’ organizzato da Il Sole 24 Ore.

“Si parla di idrogeno da circa 30 anni”, negli ultimi anni “ci sono stati dei miglioramenti tecnologici” ma su questo fronte c’è “soprattutto la necessità di un mix energetico che ha bisogno di diversi vettori energetici e anche di diverse risorse primarie”, ha spiegato il manager. 

“Siamo in un mondo in cui ancora nella parte elettrica” la fonte principale è il carbone da cui provengono “circa il 72% delle emissioni. Si tratta quindi di un mondo energetico molto variegato. Abbiamo il gas e poi abbiamo la parte rinnovabile che sta salendo soprattutto in Europa ma con cui non riusciamo a coprire tutto perché i bisogni energetici stanno crescendo sempre di più soprattutto nei paesi in via di sviluppo”. Alla luce di tutto questo, ha osservato Descalzi, “abbiamo bisogno di altri vettori energetici e l’idrogeno è un vettore energetico che può dare grosse soluzioni in campo industriale ma anche nella mobilità, in particolare quella pesante e che insieme all’elettrico può contribuire alla decarbonizzazione”. 

Mobilità a idrogeno per mezzi pesanti

“Noi ci siamo attrezzati e incominceremo da vere stazioni di servizio multifunzionali con elettrico, biogas e idrogeno, in maniera più limitata perché gli investimenti si fanno in funzione della domanda e a questo punto non ci sono molti trasporti a idrogeno. In futuro come è accaduto per l’elettrico ci sarà una crescita partendo dalla parte più pesante”, ha aggiunto l’ad di Eni. 

L’idrogeno, ha spiegato, per la “mobilità più leggera è meno efficiente ma il pieno di idrogeno della macchina si fa in qualche minuto, c’è una certa facilità di caricamento”. La prospettiva è comunque quella rappresentata dalla mobilità pesante: “Si può andare sulla parte camion ma anche sulla parte navale e dove si usa il gasolio per i treni, l’idrogeno potrebbe, in modo limitato, far muovere i treni”. 

Nessuna contrapposizione tra idrogeno verde e blu

“Nell’industria dove c’è bisogno di energia e si vuole decarbonizzare ogni volta che si cerca una contrapposizione si rallenta il sistema. Il sistema energetico non è un sistema ideologico ma è un sistema tecnologico. Dobbiamo essere neutri e lavorare in funzione dei costi del mix e soprattutto individuare gli scopi e gli obiettivi”, ha evidenziato Descalzi. 

“Il nostro obiettivo è togliere la CO2 catturandola e quindi parliamo di un idrogeno decarbonizzato per far funzionare le nostre raffinerie che non possiamo chiudere. Se non lo facciamo la CO2 continuerà ad essere emessa. Si tratta di una soluzione per decarbonizzare le raffinerie, gli impianti chimici, power plant”, ha spiegato Descalzi.  “Guardando al 2050 vediamo che ci sarà una quadruplicazione della produzione di idrogeno. Il 43% sarà idrogeno blu e il 48% sarà verde. Quindi c’è un piano ben definito a livello Europeo e mondiale”, ha aggiunto.  

Cattura CO2 importante per decarbonizzazione

Il processo di decarbonizzazione vede nella cattura e stoccaggio della CO2 un tassello importante. Si tratta, ha aggiunto Descalzi, di un processo “molto consolidato in Europa e negli Stati Uniti. Noi iniettiamo CO2 con Equinor da almeno 8-9 anni nei campi che condividiamo. Siamo stati selezionati dalla Gran Bretagna per i campi esausti nella baia di Liverpool per decarbonizzare la loro industria pesante. Un processo che parte anche in Olanda”.

Lo stoccaggio della CO2 “è un processo che, in giro per il mondo, viene incentivato perche è il metodo piu efficiente per decarbonizzare sistemi energivori importanti come raffinazione, chimica, cementifici, vetro, cartiere, ammoniaca. Tutte cose di cui abbiamo bisogno ma che devono essere decarbonizzate”, ha concluso l’ad di Eni. 


Descalzi: “Dall’idrogeno soluzioni per l’industria e la mobilità pesante”

Eni: primo ministro iracheno al-Abadi incontra Descalzi

(AGI) – Roma, 31 gen. – Il primo ministro dell’Iraq, Haydar al-Abadi, assieme al ministro del Petrolio, Jabbar al-Luaibi, ha incontrato oggi a Baghdad l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. Durante l’incontro, spiega una nota, che segue quello avvenuto nel febbraio scorso a Roma, l’ad di Eni, il primo ministro al-‘Abadi e il ministro al-Luaibi hanno discusso delle prospettive di sviluppo del settore petrolifero in Iraq e in particolare delle attivita’ di sviluppo del giacimento di Zubair, operato da Eni, uno dei giacimenti piu’ grandi e importanti del paese.
A inizio marzo 2016 sono stati infatti avviati tre nuovi impianti di ultima generazione per il trattamento di olio, gas e acqua (Initial production facilities – Ipf) che assieme a quelli gia’ esistenti, ristrutturati e ammodernati, hanno aumentato la capacita’ di trattamento dell’olio e del gas di Zubair a circa 650 mila barili al giorno (boed) e consentiranno anche di massimizzare l’utilizzo del gas associato. Oltre alle operazioni di trattamento, questi impianti hanno una capacita’ di iniezione di acqua in giacimento di 300 mila barili al giorno, che sara’ determinante per aumentare ulteriormente la produzione di idrocarburi di Zubair. Continuano inoltre le attivita’ di costruzione di un ulteriore impianto di trattamento olio con una capacita’ di 200.000 barili di olio al giorno addizionali.
Dall’ingresso nel paese, Eni ha piu’ che raddoppiato la produzione passando da 180 mila boed agli attuali 420 mila boed. Inoltre, l’iniezione di acqua e’ passata da zero a oltre 400 mila boed garantendo la massimizzazione delle riserve e del recupero. Grazie alle competenze distintive di Eni e all’importante formazione effettuata sulle risorse locali, l’efficienza operativa e’ drasticamente migliorata sia in termini di produttivita’ dei pozzi sia in termini di capacita’ di perforazione e gestione impiantistica. I notevoli risultati ottenuti nel miglioramento delle performance tecnico-operative di Zubair sono stati ottenuti con eccellenti performances in termini di sicurezza del lavoro e nel rispetto dell’ambiente. Inoltre, i costi unitari di produzione sono stati piu’ che dimezzati rendendo Eni top performer nel paese, come riconosciuto dalle autorita’ irachene. Eni e’ stata, inoltre, molto attenta alla valorizzazione delle risorse locali sia tramite importanti opportunita’ di formazione sia attraverso con un massiccio impiego di manodopera irachena.
Durante l’incontro, infine, Descalzi ha confermato l’impegno di aumentare ulteriormente gli investimenti di sostenibilita’ nei prossimi anni con particolare attenzione al settore dell’educazione e la ristrutturazione edilizia delle scuole nella provincia di Bassora, nella quale Eni opera, oltre a mantenere alto il livello di performance tecnico-operative di Zubair.
Eni e’ presente in Iraq dal 2009. La produzione e’ fornita dal giacimento di Zubair (Eni operatore con una quota del 41,6%) che nel 2016 ha prodotto 67 mila barili al giorno in quota Eni. Le attivita’ di produzione e sviluppo sono regolate da un Technical service contract. (AGI)
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Agi News

Clima: Descalzi, non credo Trump metterà in crisi accordo

Firenze – "Non credo che Trump metterà in crisi Parigi". E' quanto ha affermato l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, partecipando a un incontro a Firenze con gli studenti organizzato dall'Osservatorio giovani editori, riferendosi all'accordo sul clima di Parigi, la Cop 21. "L'Europa ha impiegato molte risorse per ridurre le emissioni e non ce l'ha fatta, gli Usa non ci hanno provato ma ci sono riusciti perche' hanno trovato molto gas diminuendo l'utilizzo di carbone", ha osservato il manager. "O Trump decide di dare sussidi al carbone ma essendo un imprenditore e un uomo concreto non credo che lo fara' o gli Usa continueranno a usare il gas visto che ne hanno tanto", ha aggiunto. 

Iran: "ci siamo e torneremo a operare"
"Non siamo in ansia, ci siamo e riprenderemo a lavorare in Iran", ha detto poi l'ad rispondendo alle domande degli studenti. "Siamo ancora in Iran, non ce ne andiamo perché ci devono ancora un sacco di soldi", ha aggiunto scherzando. "Torneremo" a operare nel paese "quando avremo recuperato i soldi e conosceremo i contratti", ha sottolineato. 

Sviluppo, "bisogna cambiare modello occidentale"
Bisogna cambiare il modello di sviluppo del mondo occidentale, provando a ridurre il gap tra paesi che non hanno e aree del pianeta ricche ma oggi sempre più in crisi. E' il messaggio che ha quindi lanciato Descalzi in un teatro Odeon gremito di ragazzi e ragazze: "oggi questo modello sta portando il conto. E' quindi normale che chi non ha si dirige verso le zone del mondo dove c'e' lo sviluppo.Il modello occidentale dove gli Stati vanno a prendere risorse ed energia in altri Stati, piu' poveri, per esportare, non funziona piu' e va messo in discussione".
Descalzi ha parlato dell'Africa "sempre piu' povera, eppure ricchissima di risorse, e dell'Europa che nonostante tutto, oggi, appare indebolita. Non ha energia, la deve comprare ma allo stesso tempo e' statura di domanda". Questo ha provocato una situazione paradossale: "L'Europa che ha speso piu' di tutti per ridurre le emissioni di CO2 ha visto aumentare del 10% l'utilizzo del carbone" che rappresenta la fonte energetica piu' inquinante. Tale modello di sviluppo in crisi, ha rimarcato l'ad, "ha provocato una catena di problemi da quello ambientale, a tensioni sociali e politiche".
Focalizzandosi in particolare sulla questione climatica, Descalzi ha sottolineato l'importanza che con l'accordo sul clima di Parigi, "196 Stati abbiano riconosciuto che il cambiamento c'e' ed e' un problema. Ma il punto e' che senza leggi e disposizioni vincolanti a decidere e' il mercato che sceglie sempre le soluzioni piu' economiche". "L'utilizzo del carbone in Europa e' aumentato, tale situazione va affrontata in modo serio. Per questo sono necessarie scelte politiche coraggiose che puntino su gas e rinnovabili garantendo, allo stesso tempo, la competitivita' delle imprese europee", ha concluso.

Agi News