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La Bce: l’economia sta rallentando, la guerra è un freno alla crescita

AGI – L’economia della zona euro sta rallentando, l’alta inflazione e la guerra in Ucraina inoltre “gettano più di un’ombra sulle prospettive per la seconda metà del 2022 e oltre“. Sono le previsioni della Bce contenute nel bollettino mensile. Il turismo dovrebbe favorire l’attività economica nel terzo trimestre e le “condizioni del mercato del lavoro si mantengono solide”, ma tanti sono i rischi che gravano sulla crescita. Quanto alla politica monetaria l’Eurotower inoltre si dice pronta ad alzare i tassi di interesse nelle prossime riunioni.

“Sarà opportuna – si legge nel bollettino – un’ulteriore normalizzazione dei tassi di interesse. Anticipare l’uscita dai tassi di interesse negativi consente al Consiglio direttivo di passare a un approccio in cui le decisioni sui tassi vengono prese volta per volta. L’evoluzione futura dei tassi di riferimento definita dal Consiglio direttivo continuerà a essere dipendente dai dati e contribuià al conseguimento dell’obiettivo di inflazione del 2 per cento nel medio termine”, si spiega.

Invece il Tpi (Transmission Protection Instrument) “assicurerà che l’orientamento di politica monetaria sia trasmesso in modo ordinato in tutti i paesi dell’area dell’euro”. La portata degli acquisti del Tpi “dipenderà dalla gravità dei rischi per la trasmissione della politica monetaria. Gli acquisti non sono soggetti a restrizioni ex ante. Salvaguardando il meccanismo di trasmissione, il Tpi consentirà al Consiglio direttivo di adempiere più efficacemente il mandato di preservare la stabilità dei prezzi”, aggiunge la Bce.

L’attività economica nell’area dell’euro sta rallentando. L’aggressione ingiustificata della Russia verso l’Ucraina rappresenta un persistente freno alla crescita“, scrive la Bce. “L’impatto dell’elevata inflazione sul potere d’acquisto, i perduranti vincoli dal lato dell’offerta e la maggiore incertezza esercitano un effetto frenante sull’economia. – si legge nel bollettino – Le imprese continuano a fronteggiare costi più elevati e interruzioni nelle catene di approvvigionamento, sebbene vi siano timidi segnali di un allentamento di alcune strozzature dal lato dell’offerta”.

Infine sullo spread la Bce evidenzia che “negli ultimi giorni del periodo compreso tra il 9 giugno e il 20 luglio 2022, i differenziali di rendimento dei titoli di Stato dell’area dell’euro sono tornati su livelli più elevati, con l’evolversi della crisi politica in Italia“.

Nel dettaglio dei singoli paesi, “il calo maggiore dei differenziali è stato osservato per la Grecia, con una diminuzione di 55 punti base del differenziale sul rendimento dei titoli di Stato decennali nel periodo di riferimento. La diminuzione dei differenziali sui titoli di Stato decennali di Spagna e Francia è stata meno pronunciata, con valori pari, rispettivamente, a 1,5 e 4,5 punti base. Anche il differenziale sul rendimento dei titoli di Stato decennali per l’Italia è diminuito complessivamente di 8 punti base, ma la sua volatilità è aumentata verso la fine del periodo in esame, di riflesso alla crisi politica in atto nel paese”, si aggiunge. 


La Bce: l’economia sta rallentando, la guerra è un freno alla crescita

“La crescita Huawei rallenterà, ma il peggio è passato”

Huawei ha continuato a crescere anche dopo l’inserimento del gruppo nella black list da parte degli Stati Uniti ma nei prossimi mesi la corsa del gigante cinese potrebbe frenare. A sottolinearlo il presidente di Huawei Technologies, Liang Hua. “Viste le basi poste nella prima metà dell’anno, continuiamo a vedere una crescita anche dopo l’inserimento nell”entity list'”, ha spiegato.

“Questo – ha aggiunto – non vuol dire che non vediamo difficoltà di fronte a noi. Le vediamo e potrebbero influenzare il ritmo della nostra crescita nel breve termine”. Al tempo stesso Huawei continuerà a investire “come previsto” a partire dai circa 17,5 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo. “Supereremo queste sfide e siamo fiduciosi che Huawei entrerà una nuova fase di crescita dopo che il peggio è alle nostre spalle”, ha concluso Liang. 

Agi

Crescita al palo e debito in salita. I numeri del Def

Crescita vicina allo zero e debito in salita. È un quadro pieno di incognite quello delineato dal Documento di economia e finanza varato dal governo (ovvero, il documento che pone le basi per la prossima legge di bilancio), al termine di un lungo braccio di ferro che ha visto al centro le stime di crescita, la flat tax e lo stop all’aumento dell’Iva. 

Alla fine, nel giorno in cui anche il Fondo monetario internazionale ha tagliato le stime di crescita per l’Italia (0,1% nel 2019), è prevalsa la linea più prudente e realistica del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, bersaglio di nuove tensioni, durante la riunione del Cdm, attorno alle ipotesi di flat tax promosse dalla Lega e la loro compatibilità con il blocco delle clausole di salvaguardia dell’Iva. Il Pil programmatico per il 2019 è fissato allo 0,2% ma M5s e Lega hanno spinto fino all’ultimo per alzare l’asticella fino almeno allo 0,3-0,4%. Negli anni successivi la crescita dovrebbe attestarsi allo 0,7% nel triennio 2020-2022.

“Nessuna nuova tassa e nessuna manovra correttiva”, ha assicurato il governo in una nota stringata al termine della riunione, che si è conclusa senza la consueta conferenza stampa, e in cui si sottolinea che “il Documento di economia e finanza conferma i programmi di governo della legge di bilancio e il rispetto degli obiettivi fissati dalla Commissione Ue”. 

Il deficit, nello scenario programmatico, sale al 2,4% del Pil nel 2019 per poi avviare un percorso di graduale riduzione che dovrebbe portarlo all’1,5% nel 2022. Il deficit strutturale dovrebbe scendere dall’1,6% del Pil di quest’anno allo 0,8% nel 2022, convergendo verso il pareggio strutturale. In salita il debito che si attesterà al 132,6% nel 2019, al 131,3% nel 2020 e 130,2% nel 2021. 

Numeri che non sono in linea con quanto auspicato dai due partiti di maggioranza ma che prendono atto della reale situazione del Paese, ha tenuto a sottolineare la Lega, e che “non mettono in discussione il programma di governo che sarà attuato, anche se – fanno notare fonti governative del partito di Matteo Salvini – a questo punto la realizzazione del contratto richiederà piu’ tempo”. 

Il nodo della flat tax

I margini stretti di finanza pubblica limitano il raggio d’azione dell’esecutivo e rischiano di acuire le tensione all’interno della maggioranza. Al centro del lungo vertice che ha preceduto la riunione lampo del Consiglio dei ministri, iniziato con dure ore di ritardo, la flat tax, cavallo di battaglia leghista, tornato alla ribalta per l’urgenza politica dettata dalle elezioni europee alle porte. La Lega ha spinto fino all’ultimo per dare un segnale subito e ‘blindare’ l’operazione nel Def. “La flat tax si farà”, ha assicurato Matteo Salvini al termine della riunione sottolineando che la tassa unica è citata nel documento “in due passaggi”. 

Dal canto suo, il leader M5s Di Maio ha voluto sottolineare che la flat tax inserita nel Def è “indirizzata al ceto medio” e “non solo ai ricchi” rivendicando che “vince il buonsenso”. Nella versione post Cdm del Def, il riferimento alla flat tax sarebbe abbastanza generico: spariscono le ipotesi dei due scaglioni di aliquote al 15 e al 20% contenute in una prima bozza. 

Alla fine la sintesi politica ha portato a introdurre un’indicazione di massima alla “azione di riforma fiscale in progressiva attuazione di un sistema di flat tax come componente importante di un modello di crescita più bilanciato”. Il governo. ha spiegato il Mef in una nota, “intende continuare il processo di riforma delle imposte sui redditi in chiave flat tax andando a incidere in particolare sull’imposizione a carico dei ceti medi”.

Altro nodo gli oltre 23 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare, oggetto di un confronto acceso tra i ministri del Movimento 5 stelle e il titolare del Tesoro Tria nella riunione di governo. I pentastellati, secondo quanto viene riferito, avrebbero chiesto garanzie sullo stop all’aumento dell’Iva nel 2020 e 2021 spingendo anche perché fosse esplicitato che il governo non farà ricorso a nuove tasse. “Non ci sarà alcun aumento dell’Iva”, ha assicurato anche Salvini.

Agi

Anche S&P taglia le stime di crescita dell’Italia: +0,1% nel 2019

Arrivano nuove stime negative per l’economia italiana: anche Standard & Poor’s ha deciso di tagliare le previsioni di crescita nel 2019, con il Pil che segnerà un modesto +0,1%, a fronte del +0,7% previsto a dicembre. Per il 2020 si stima un aumento dello 0,6%, contro il precedente +0,9%. Le previsioni sono contenute in un rapporto dedicato all’Eurozona, per cui pure si rivede al ribasso la crescita dall’1,6% precedente al +1,1%, a causa del rallentamento di Italia e Germania.

Agi

Impegni costanti per una crescita stabile dell’economia cinese

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Il tempo e le maree non attendono alcun uomo. Guardando al 2018 appena conclusosi, grazie a un impegno costante, l’economia cinese, nonostante il quadro generale di complessi riassetti a livello sia nazionale che internazionale, ha ottenuto dei risultati soddisfacenti.

Ragionevole tasso di crescita dell’operatività economica

Il PIL cinese ha superato per la prima volta i 90 mila miliardi di renminbi, registrando un tasso di crescita del 6,6%, in linea con gli obiettivi di sviluppo previsionali. L’import-export di beni ha superato per la prima volta i 30 mila miliardi di renminbi, mantenendo il primato mondiale.

Continuativa ottimizzazione strutturale dei comparti industriali

Il settore terziario ha rappresentato il 52,2% del Pil. Il consumo ha rinsaldato il suo ruolo di forza trainante dell’economia, con un contributo al totale del 76,2%. La capacità di utilizzo delle industrie cinesi è aumentata pur rimanendo stabile, i settori emergenti hanno visto un rapido sviluppo e si è registrata una forte crescita della produzione in settori come i veicoli a nuove fonti energetiche, la fibra ottica e le smart tv.

Aumento continuato ed effettivo dei benefit per la popolazione

Nel corso del 2018 si sono registrati 13,61 milioni di nuovi occupati sia nelle zone urbane che rurali. Il reddito medio pro-capite disponibile dei cittadini cinesi ha registrato un aumento reale del 6,5%, più sostenuto del tasso del 6,1% registrato dal Pil pro-capite. Il reddito medio pro-capite disponibile per gli abitanti delle zone rurali ha registrato una crescita più rapida di quello dei residenti urbani. I flussi turistici interni e l’output dell’industria del turismo hanno registrato una crescita superiore al 10%, mentre i botteghini dei cinema hanno incassato più di 60 miliardi di renminbi, con una crescita di quasi il 10%.

Nonostante “la pagella” dell’economia cinese per il 2018 sia ricca di buoni voti, è innegabile che vi siano delle sfide ancora da affrontare come le fluttuazioni dei mercati finanziari, l’incombenza di contraddizioni strutturali e la necessità di profonde trasformazioni.

In particolare di fronte alle tendenze protezionistiche e unilateraliste che emergono a livello internazionale e causano una debole ripresa economica mondiale, danneggiano la crescita degli investimenti e del commercio internazionale e tentano di invertire il flusso della globalizzazione.

Per affrontare questo scenario complesso e far sì che si possa mantenere una stabilità nel cambiamento e trarne vantaggio, dobbiamo continuare a impegnarci nei seguenti aspetti per promuovere una crescita sana e sostenibile dell’economia cinese.

Continuare a implementare al meglio il modello di apertura e cooperazione

Gli ultimi 40 anni di Riforme e Apertura ci hanno insegnato che l’apertura fa progredire, la chiusura fa arretrare. Siamo pronti a migliorare la cooperazione win-win con gli altri paesi e a tutelare insieme il sistema di commercio multilaterale basato su regole condivise e il libero scambio, per apportare un maggiore contributo al miglioramento della governance dell’economia mondiale.

Continuare a promuovere la riforma strutturale dell’offerta

Ampliare la portata della misura “riduzione della capacità eccessiva, della leva finanziaria e dei costi, de-stoccaggio e miglioramento sulle aree sottosviluppate” e realizzare l’ottimizzazione della struttura economica. Rafforzare il ruolo guida dell’innovazione, sviluppare la vitalità nei nuovi settori emergenti, promuovere l’aumento della forza, dell’efficienza e della qualità dell’economia cinese a tutto campo.

Continuare a sviluppare il potenziale del mercato dei consumi

Secondo le stime, nel 2017 la fascia a reddito medio della popolazione cinese ha superato i 400 milioni di persone, attestandosi al primo posto a livello mondiale per dimensioni e potenziale di crescita. Continueremo a far crescere la fascia media della popolazione, a migliorare l’ambiente per i consumi e la qualità dei prodotti con misure ad hoc e a promuovere la formazione di un grande mercato interno vitale.

Continuare a far crescere i talenti

La popolazione attiva in Cina supera i 900 milioni di persone, ogni anno vi sono più di 80 milioni di nuovi laureati che segnano un continuo aumento e innalzamento di livello della forza lavoro cinese. Continueremo ad aumentare il tasso di occupazione e a far sì che i talenti possano sviluppare al meglio le loro capacità al fine di garantire le competenze necessarie a uno sviluppo incentrato sulla qualità.

Continuare a sviluppare le politiche vantaggiose

Attualmente, l’inflazione e il disavanzo si attestano a livelli piuttosto bassi, le riserve in valuta estera sono sufficienti e le manovre politiche a sostegno dell’economia possibili sono molteplici. Rafforzeremo l’adeguamento anticiclico, implementeremo delle politiche finanziarie e monetarie stabilizzanti per consentire una sana e stabile operatività economica.

Il passato è sempre un prologo. Nel 2019 si celebra il 70esimo anniversario dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese ed è anche un anno cruciale per la realizzazione della società con un livello di benessere diffuso. Sono convinto che sotto la guida del pensiero di Xi Jinping per il socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era, il popolo cinese affronterà ogni sfida con risolutezza, fiducia ed energia e porterà l’economia del paese a raggiungere nuovi e migliori risultati.

* Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia

Agi

Draghi: rischi al ribasso sulla crescita, ancora essenziali stimoli monetari

“I rischi sulle prospettive di crescita economica dell’area euro si sono spostati al ribasso a causa della persistenza di incertezze legate a fattori geopolitici e alla minaccia di protezionismo, vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari”.

Lo ha detto il presidente della Bce, Maio Draghi.   “Significativi stimoli di politica monetaria rimangono essenziali per sostenere l’ulteriore rafforzamento delle pressioni sui prezzi domestiche e gli sviluppi dell’inflazione nel medio termine”  ha detto Draghi, sottolineando che “ciò sarà garantito dalla nostra politica futura, rafforzata dai reinvestimenti”. 
 

Agi

Pil: Istat, crescita frena, +0,2% nel II trimestre +1,1% anno

Rallenta il Pil nel secondo trimestre. L'Istat stima che, tra aprile e giugno, il prodotto interno lordo corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell'1,1% su base annua. L'Istat evidenzia la frenata sottolineando che si tratta di un incremento inferiore a quello dei 6 trimestri precedenti: il dato trimestrale e' il piu' basso dal terzo trimestre 2016. La variazione acquisita per il 2018 e' pari a +0,9%.

Agi News

Quali settori hanno portato l’industria alla crescita massima dal 2010

Energia, trasporti ed elettronica sono il nuovo volto del Made in Italy. Questi i comparti che hanno portato la produzione industriale a segnare a dicembre un inatteso rialzo del 6,6% rispetto allo stesso mese del 2015, ovvero il migliore dato del 2010 (rispetto a novembre, la crescita è invece pari all’1,4%). Numerose le ragioni di questo balzo, dall’euro debole all’aumento dei consumi interni fino alla ripresa del prezzo del petrolio. 

Il ritorno del barile sopra 50 dollari, grazie all’accordo tra i Paesi dell’Opec per un taglio congiunto della produzione, ha fatto sì che il comparto energetico fosse il settore di attività economica che ha registrato l’aumento più consistente dell’output: l’11,9%, percentuale che sale al 14,9% considerando nello specifico la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria. Seguono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+12,2%) e la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+11,9%).

A frenare, a sorpresa, è l'abbigliamento

Quest’ultimo è un dato molto interessante, soprattutto se si considera che il settore tessile e la pelletteria sono l’unico comparto, insieme alla fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, che registra un calo della produzione, accusando una flessione del 4,1%, legata in parte alla frenata dalla Cina. Ciò significa iniziare a scacciare lo spettro di un’Italia che produce solo scarpe e cinture e importa dall’Asia tutta l’elettronica da consumo. Soprattutto ora che venti di protezionismo soffiano sull’economia globale, emanciparsi in parte dalla dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di queste categorie di beni consentirebbe di attutire meglio la frenata impressa alla globalizzazione, oltre che costituire un volano incomparabile per il mondo della ricerca.

Cresce la domanda interna

Le spie del cambiamento erano comunque già nell’aria. Il mese scorso l’indice che misura la fiducia degli industriali era salito ai massimi da un anno e già a novembre i dati su ordini e fatturato avevano segnato un significativo aumento, salendo rispettivamente dell’1,5% e del 2,4% rispetto al mese precedente. A fare la differenza erano stati l’incremento degli investimenti interni e la crescita delle produzioni rivolte verso l’economia domestica, che avevano mostrato un andamento migliore rispetto a quelle verso l’estero. Quest’ultimo è un segnale assai incoraggiante, da una parte perché testimonia una crescita dei consumi degli italiani, dall’altra una minore dipendenza della nostra industria dalla domanda esterna. In tempi di rigurgiti protezionisti, occorrerà sapersi attrezzare e i presupposti per essere ottimisti sembrano esserci.

Agi News

Inps: frena crescita posti lavoro, nuove assunzioni -7,7%

Roma – Frena la crescita dei posti di lavoro nei primi 9 mesi dell'anno: dai dati dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, le assunzioni a tempo indeterminato sono calate del 32,3% (-442.580), così pure anche quelli stagionali (-7,3% e cioè 37.110 in meno) mentre aumentano le assunzioni a termine (91.460, +3,4%) e quelle in apprendistato (28.902, +20,8%). Complessivamente, i nuovi rapporti di lavoro e cioè le assunzioni sono in calo di 359.328 unità (-7,7%).

In diminuzione anche le cessazioni, del 5,4%, e cioè 215.877 in meno. Facendo però un calcolo sui rapporti di lavoro in essere, la variazione netta è positiva: sempre nei primi 9 mesi, sono 47.455 i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, e 522.260 quelli a tempo subordinato. Per i posti stabili, la variazione è positiva perché a fronte di 1.165.879 cessazioni ci sono stati 925.825 nuovi rapporti di lavoro, 225.608 trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine e 61.901 apprendisti trasformati a tempo indeterminato. Per i rapporti di lavoro subordinato, la variazione è positiva e calcolata tra i 4.314.326 nuovi rapporti e le 3.792.066 cessazioni.

ASSUNZIONI

A proposito del calo delle assunzioni, la percentuale maggiore si registra alla voce 'estero' dove l'Inps comprende anche i rapporti di lavoro non localizzabili per incompletezza delle informazioni, essendo pari al -18,2%. A seguire, i decrementi maggiori si sono verificati al Centro (-11%), al Sud (-9,6%) e al Nord Ovest (-7,9%). Meno marcati invece al Nord-est (-3,3%) e nelle isole (-5,1%). La variazione più significativa si registra nella Basilicata (-14,4%) e nel Lazio (-14,3%), a seguire nell'Abruzzo (-12,4%) e nel Molise (-11,9%). Variazioni positive sono state registrate nella Valle d'Aosta (+1%) e nel Trentino Alto Adige (+0,9%).

CESSAZIONI

Per quanto riguarda invece le cessazioni, sempre nei primi 9 mesi, sono diminuite in modo più sensibile per quelle degli apprendisti (-14,3%), e a seguire per quelli stagionali (-10,4%). Le cessazioni di rapporti a tempo indeterminato sono invece calate del 7,2% (-90.169), e quelle dei rapporti a termine del 2,9% (-63.650). Facendo la media, il calo è appunto del 5,4%. Un altro dato rilevante contenuto nelle tabelle dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps è quello relativo alle variazioni contrattuali di rapporti di lavoro esistenti: queste risultano in calo del 29,4% (-119.824 in termini assoluti). Questo perché le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine sono diminuti del 34,4% (-118.443 in termini assoluti) mentre gli apprendisti trasformati a tempo indeterminato del 2,2% (-1.381).

LICENZIAMENTI

Nei primi 9 mesi del 2016 i licenziamenti di lavoratori con contratto a tempo indeterminato sono cresciuti del 4% rispetto allo stesso periodo del 2015, quando invece erano diminuiti del 5%; ad aumentare (+28%) sono stati i licenziamenti disciplinari (per giusta causa e giustificato motivo soggettivo).

Secondo l'Inps, i licenziamenti fino a settembre sono stati 448.544, contro i 430.894 dei primi nove mesi del 2015. Secondo il presidente dell'Inps, Tito Boeri, il balzo dei licenziamenti disciplinari è legato all'introduzione delle dimissioni on line, che ha portato ad una riduzione delle dimissioni volontarie e a un corrispettivo aumento dei licenziamenti. La procedura on line, introdotta a marzo scorso, puo' risultare da una parte più complicata da effettuare e dall'altro più costosa per il datore di lavoro; così diminuiscono le dimissioni e salgono i licenziamenti soprattutto dei lavoratori stranieri (e con particolare intensità etnie ad alta imprenditorialità come i cinesi).

Agi News