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Lotta contro il tempo per la ricapitalizzazione di Mps

AGI – Sono ore di attesa per il destino di Monte dei Paschi di Siena. Il mercato sembra essere ottimista visto che intorno al giro di boa di metà seduta il titolo della banca più antica d’Italia viaggia con un progresso che ha toccato il 5% e, anche se manca ancora una conferma ufficiale, molte delle incertezze stanno cominciando a dipanarsi. Una corsa contro il tempo visto che il Tesoro vorrebbe far partire la ricapitalizzazione il prossimo 17 ottobre.

In ballo c’è un aumento di capitale, l’ennesimo, il settimo in 14 anni, da 2,5 miliardi di euro per far fronte ad una profonda ristrutturazione aziendale. A cominciare dal finanziamento di un costoso piano di prepensionamento che coinvolgerebbe 3.500 dipendenti entro la fine dell’anno, senza dimenticare un altrettanto costoso accantonamento per coprire uno potenziale shorfall di capitale fino a 500 milioni di euro.

Il Cda di ieri aveva visto una fumata nera con il pool di banche capitanato da Mediobanca, Bofa, Citi e Credit Suisse che aveva chiesto impegni formali dagli investitori prima di siglare il contratto che garantisce la copertura delle quote inoptate. All’appello ci sarebbero quindi per ora gli 1,6 miliardi di euro del ministero del tesoro, che ancora oggi possiede il 64% della banca, i 100 milioni di euro della francese Axa, partner storico di Mps in una joint-venture assicurativa, e, secondo quanto riferito da Reuters, anche i 25 milioni di euro dell’asset manager Anima Holding (controllato al 20% da Banco Bpm).

Ma per una firma definitiva serve un accordo condiviso per i 900 milioni di euro di investitori privati. A portare ottimismo nella tarda mattinata sarebbero state alcune indiscrezioni secondo le quali i privati avrebbero garantito il reperimento di 450 milioni dei 900 a carico del mercato. Il nervosismo che accompagna da tempo la trattativa inizia a sciogliersi, anche se le quotazioni di quattro bond subordinati di Mps vedono ancora oggi scambi a circa la metà del loro valore nominale.


Lotta contro il tempo per la ricapitalizzazione di Mps

Il piano Cingolani contro il caro bollette

AGI – Il ministero della Transizione ecologica ha presentato il piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale.

Le stime dell’impatto di tutte le misure prese portano ad un potenziale di circa 5,3 miliardi di smc di gas, considerando la massimizzazione della produzione di energia elettrica da combustibili diversi dal gas (circa 2,1 miliardi di Smc di gas) e i risparmi connessi al contenimento del riscaldamento (circa 3,2 miliardi di Smc di gas), cui si aggiungono le misure comportamentali da promuovere attraverso campagne di sensibilizzazione degli utenti ai fini di un comportamento più virtuoso nei consumi. 

Obiettivo riempimento stoccaggi in linea con target

L’insieme degli interventi, normativi e regolatori, e la risposta degli operatori coinvolti hanno consentito di raggiungere al primo settembre 2022 un livello di riempimento degli stoccaggi di circa 83%. Tale valore, in linea con l’obiettivo di riempimento del 90% e anche superiore, è fondamentale per disporre di margini di sicurezza del sistema gas e affrontare il prossimo inverno.

Diversificazione fonti approvvigionamento

Per quanto riguarda le misure per diversificare la provenienza del gas importato, ricorda il Mite, è stato siglato un accordo per il graduale aumento delle forniture di gas dall’Algeria, che consentirà di sfruttare al massimo le attuali capacità disponibili di trasporto del gasdotto che approda in Sicilia, fornendo volumi crescenti di gas già a partire dal 2022.

Sono state anche incrementate nel breve termine le importazioni dal gasdotto Tap, la cui società ha inoltre avviato le interlocuzioni per realizzare il raddoppio della capacità di trasporto, che non necessita di interventi tecnici sul tratto italiano del gasdotto. Inoltre il Governo, in coordinamento con Eni e con Snam, si è attivato per garantire approvvigionamenti di Gnl da nuove rotte, in particolare: sino a 3,5 miliardi di Smc dall’Egitto, sino a 1,4 miliardi di Smc dal Qatar, sino a 4,6 miliardi di Smc progressivamente dal Congo, e circa 3,0-3,5 miliardi di Smc da forniture in fase di negoziazione da atri Paesi quali Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia.

Entro primi mesi del 2023 primo rigassificatore in esercizio

L’obiettivo del Governo è quello di arrivare ad avere in esercizio al più presto, entro i primi mesi del 2023, il primo rigassificatore galleggiante e, successivamente e comunque entro il 2024, anche il secondo impianto. Ciò, sottolinea il Mite, è fondamentale soprattutto per poter affrontare l’inverno 2023 – 2024, considerato che con molta probabilità gli stoccaggi saranno pienamente utilizzati nella stagione invernale 2022-2023 e dunque occorrerà ricostituire adeguatamente le riserve. 

L’insieme delle iniziative messe in campo consente di sostituire entro il 2025 circa 30 miliardi di Smc di gas russo con circa 25 miliardi di Smc di gas di diversa provenienza, colmando la differenza con fonti rinnovabili e con politiche di efficienza energetica.

Sviluppo fonti rinnovabili fattore strategico

Nei piani del Governo lo sviluppo delle fonti rinnovabili rimane infatti un fattore strategico, in quanto consente di ridurre in modo strutturale la domanda di gas (nella misura di circa 2 miliardi di Smc ogni 10 TWh circa installati) oltre che le emissioni di CO2. Pertanto, il Governo continua a confermare gli impegni di decarbonizzazione per il 2030, che anzi assumono in questa fase un’ulteriore rilevanza ai fini strategici dell’aumento della indipendenza energetica.
Si prevede pertanto lo sviluppo di impianti per la produzione di energia elettrica rinnovabile offshore e onshore, per circa 8 GW l’anno a regime dal 2023.

L’andamento risulta in linea con le previsioni, comunque nettamente in crescita rispetto agli ultimi anni. In particolare, secondo gli ultimi dati relativi alla potenza rinnovabile neo autorizzata e/o vincitrice di asta con il Gse, sono attesi in esercizio + 9,3 GW tra 2022 e 2023 di cui 7 GW tra gennaio 2022 e marzo 2023, a fronte di meno di 1 GW/anno degli anni precedenti. E nel frattempo si continueranno ad autorizzare nuovi impianti, per l’autoproduzione o per la vendita dell’energia sul mercato. 

Riduzione orario e temperatura riscaldamento

La riduzione dei consumi promossa regolamentando il funzionamento degli impianti di riscaldamento sarà attuata entro il mese di settembre modificando la vigente regolamentazione della temperatura e dell’orario di accensione invernale attraverso un decreto del Ministro della Transizione Ecologica. 

In particolare, è prevista la riduzione di un grado del riscaldamento degli edifici, da 17 con più o meno 2 gradi di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, da 19 con più o meno 2 gradi di tolleranza per tutti gli altri edifici. L’accensione del riscaldamento viene ridotta di 15 giorni (posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 giorni la data di fine esercizio) e di 1 ora per quanto attiene la durata giornaliera di accensione. Sono fatte salve le utenze sensibili ovvero ospedali, case diricovero ecc.


Il piano Cingolani contro il caro bollette

Via libera dal Cdm alla riforma contro il telemarketing selvaggio

AGI – È stata approvata dal Consiglio dei ministri la riforma del registro pubblico delle opposizioni al telemarketing selvaggio proposta dal Ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che semplifica le procedure che permettono ai cittadini di revocare i consensi alle chiamate promozionali o all’invio di materiale pubblicitario indesiderato, estendendone l’applicazione anche ai cellulari oltre che ai numeri telefonici fissi e alla posta cartacea.

“Sono soddisfatto perché abbiamo approvato un’altra riforma importante molto attesa dai cittadini che hanno il diritto veder tutelata la loro privacy da attività promozionali invasive. Con questo strumento si punta finalmente a regolamentare un fenomeno che è diventato inaccettabile”, dichiara il ministro Giorgetti. 

Si tratta di un servizio pubblico e gratuito per tutti i cittadini che una volta iscritti negli elenchi del registro non potranno più essere contattati dall’operatore di telemarketing, a meno che quest’ultimo non abbia ottenuto specifico consenso all’utilizzo dei dati successivamente alla data di iscrizione oppure nell’ambito di un contratto in essere o cessato da non più di trenta giorni. 

Il provvedimento, che ha recepito nel corso del suo iter normativo i pareri e le osservazioni espressi da tutte le istituzioni e amministrazioni coinvolte, diventerà operativo con decreto del Presidente della Repubblica e la successiva pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

In seguito il Ministero dello Sviluppo economico avvierà anche una campagna informativa rivolta a tutti i cittadini per far conoscere le procedure di attivazione dello strumento.


Via libera dal Cdm alla riforma contro il telemarketing selvaggio

Yamamay contro Speranza: “Pronti alla class action per difendere i centri commerciali”

AGI – Aver rinviato la riapertura nei weekend dei centri commerciali fino a metà giugno è una scelta “inaccettabile”, “priva di logica” che “mette a rischio migliaia di posti di lavoro”. Lo afferma Gianluigi Cimmino, ceo di Yamamay, secondo cui “la decisione di non riaprire sembra derivare da una chiara visione ideologica da parte del ministro Speranza senza alcun fondamento scientifico.”

“Come imprenditore – prosegue Cimmino – ho deciso di rivolgermi direttamente al Presidente del Consiglio Mario Draghi che stimo e sostengo: lunedì si impegni affinché si decida per le riaperture, dando la possibilità di tornare a lavorare anche a tutta la categoria della distribuzione”.

“La pazienza – conclude Cimmino – è finita. Abbiamo fatto enormi sacrifici per difendere migliaia di posti di lavoro. Ci aspettiamo di poter riaprire in sicurezza, ma, se così non fosse, siamo pronti alla lotta e avvieremo una class action con tutti coloro che sono stati penalizzati da questa scelta“.


Yamamay contro Speranza: “Pronti alla class action per difendere i centri commerciali”

Aziende italiane pronte a  produrre il vaccino contro il Covid in 4-6 mesi  

AGI – Le aziende italiane sono pronte a produrre il vaccino contro il Coronavirus in 4-6 mesi. E’ quanto è emerso nel nuovo incontro al Mise con le case farmaceutiche, dove è stata ribadita la volontà di partecipare al progetto europeo per il rafforzamento della produzione di vaccini. 

Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha verificato la disponibilità di alcune aziende a produrre i bulk, ossia il principio attivo e gli altri componenti del vaccino anti Covid, perché già dotate, o in grado di farlo a breve, dei necessari bioreattori e fermentatori. 

La produzione potrà avvenire a conclusione dell’iter autorizzativo da parte delle autorità competenti, in un tempo stimato di 4/6 mesi.

È stato anche appurato che ci sono le condizioni immediate per avviare la fase dell’infialamento e finitura. Sono già pronte a partire molte aziende. 

All’incontro è stato dato mandato dal ministro ai diversi rappresentanti competenti di procedere all’individuazione di contoterzisti in grado di produrre vaccini entro autunno del 2021.

Il ministro ha confermato la volontà del governo di realizzare in Italia un polo per la ricerca di farmaci e vaccini con investimenti pubblici e privati.

Durante l’incontro, a cui hanno partecipato il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, il direttore generale Enrica Giorgetti, il direttore centro studi Carlo Riccini,  il presidente dell’Aifa Giorgio Palù, il commissario per l’emergenza Paolo Figliuolo e il sottosegretario alla presidenza Franco Gabrielli, si è deciso infine di mantenere il massimo riserbo sulle aziende che saranno coinvolte nel processo di verifica in corso.(AGI)
 


Aziende italiane pronte a  produrre il vaccino contro il Covid in 4-6 mesi  

La rivolta dei tassisti londinesi contro Uber

AGI – Migliaia di tassisti londinesi intendono citare in giudizio Uber per danni sostenendo che la compagnia di ride-hailing ha operato illegalmente. L’azione legale di gruppo potrebbe, in caso di successo, colpire la società per milioni di sterline.

La decisione, che è parte di una campagna pianificata quest’anno dai conducenti dei classici taxi neri londinesi, si basa sull’affermazione secondo la quale Uber non avrebbe seguito le regole del noleggio privato tra il 2012 e il 2018.

Uber ha dichiarato per tutta risposta che “opera legalmente a Londra e queste accuse sono completamente infondate. Siamo orgogliosi di servire questa grande città e i 45mila conducenti di Londra che si affidano alla nostra app per opportunità di guadagno”.

L’azione legale sarà lanciata dallo studio legale Mishcon de Reya. La RGL Management, che si occupa di questo tipo di contenziosi e che pure sta lavorando con i tassisti per portare avanti il caso, ha dichiarato che finora hanno aderito più di 4.000 tassisti.

Ci sarebbero inoltre circa 5.200 ulteriori registrazioni in fase di elaborazione, con centinaia di richieste al giorno, ha aggiunto RGL Management.

L’azienda punta a quota 30 mila conducenti idonei. Un guidatore a tempo pieno, con riferimento a quei sei anni, potrebbe richiedere circa 25 mila sterline (circa 28mila euro) in guadagni persi, ha chiarito Rgl. I partecipanti mirano a portare il caso all’Alta Corte di giustizia entro il primo trimestre del 2022.  


La rivolta dei tassisti londinesi contro Uber

La Germania si muove per prima (e fa una legge) contro “lo strapotere” dei giganti del web

La Germania ha varato una legge bipartisan sulla concorrenza per frenare lo strapotere sui mercati dei giganti di internet, a partire da Amazon, Apple, Google e Facebook. L’emendamento alla legge sulla concorrenza è stato deciso con una maggioranza più ampia della coalizione di Cdu e Spe che governa e anche i verdi hanno votato sì. La modifica della normativa antitrust entra in vigore subito.

“La concorrenza deve essere protetta, qui si tratta proprio di una legge fondamentale, di una ‘costituzione’ per la nostra economia sociale di mercato per il digitale”. Così Falko Mohrs, deputato socialdemocratico ha spiegato il senso della legge, il cui obiettivo è quello di tenere a bada i cosiddetti ‘Gafa’, ovvero Google, Apple, Facebook e Amazon. “Vediamo la tendenza di creare monopoli, una concentrazione di potere dei grandi nei mercati digitali, e’ un processo sempre più veloce”, ha dichiarato Mohrs, secondo il quale con la nuova legge la Germania può “contrastare il comportamento improprio di aziende digitali che hanno un peso eccessivo sul mercato”.

Come? Due le misure immediate: l’Antitrust tedesca (Bundeskartellamt) avrà più poteri d’indagine nei confronti delle aziende e potrà controllare meglio le fusioni sul mercato digitale e per rendere più veloce i processi l’unica e ultima istanza sarà della Corte federale di giustizia di Karlsruhe (Bundesgerichtshof). Il governo tedesco spiega che tra l’altro in futuro si potrà vietare alle aziende digitali di trattare sulle proprie piattaforme le offerte di altri concorrenti peggiori delle proprie.

La nuova legge, secondo il portavoce di politica economica della Cdu, Joachim Pfeiffer, è “il progetto più importante della legislatura” ed è unica in Europa, “si tratta di un lavoro pionieristico”. Il governo tedesco vuole accompagnare e portare avanti i tentativi dell’Europa di creare un quadro normativo europeo, con il ‘Digital Markets Act’, una proposta di legge portata avanti dalla zarina dell’Antitrust Ue, Margrethe Vestager e dal capo del digitale Ue, Thierry Breton, che stabilisce un elenco di cose da fare e da non fare, nonché una serie di pesanti sanzioni per i giganti di Internet.

Tra queste: che le aziende con oltre 45 milioni di utenti dell’Ue diventino “gatekeeper” digitali, rendendole soggette a normative più rigorose. Inoltre, le imprese potrebbero essere multate fino al 10% del loro fatturato annuo per violazione delle regole di concorrenza; potrebbe anche essere richiesto di vendere una delle loro attività o parti di essa (inclusi diritti o marchi); le piattaforme che rifiutano di conformarsi e “mettono in pericolo la vita e la sicurezza delle persone” potrebbero avere il loro servizio temporaneamente sospeso “come ultima risorsa”.

E ancora: le aziende dovranno informare l’Ue prima di eventuali fusioni o acquisizioni pianificate; alcuni tipi di dati devono essere condivisi con le autorità di regolamentazione e i concorrenti; le aziende che favoriscono i propri servizi potrebbero essere bandite; le piattaforme devono essere maggiormente responsabili dei contenuti illegali, inquietanti o fuorvianti.

La legge tedesca anticipa quella europea e prevede che ogni anno il Bundestag sia informato con un rapporto ufficiale sulle sue applicazioni. Le esperienze tedesche con la nuova legge saranno poi comunicate alle istituzioni Ue e agli Stati membri. Berlino si prepara dunque a fare da apripista a Bruxelles.

 


La Germania si muove per prima (e fa una legge) contro “lo strapotere” dei giganti del web

Blackrock voterà contro i cda che non fanno progressi sul clima

Blackrock, la più grande società d’investimento del mondo, è pronta a votare contro i consigli di amministrazione delle società di cui è azionista “se non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità e non predisporranno linee guida e piani aziendali ad essa connessi”.

Lo ha scritto l’ad del gruppo, Larry Fink, a conclusione di una lettera pubblicata oggi sul sito dell’azienda. “Riteniamo che quando una società non affronta efficacemente un problema materiale, i suoi amministratori debbano essere ritenuti responsabili”, ha spiegato; “laddove riteniamo che le società e i consigli di amministrazione non stiano producendo informative efficaci sulla sostenibilità o non stiano implementando procedure per la gestione di questi problemi, considereremo i membri del consiglio di amministrazione responsabili”. 

I rischi collegati al cambiamento climatico cambieranno per sempre il mondo della finanza, osserva il numero uno di Blackrock. “Il cambiamento climatico è divenuto per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell’elaborare le strategie di lungo periodo”, ha sottolineato

“Lo scorso settembre, quando milioni di persone si sono riversate per le strade per richiedere un intervento in merito al cambiamento climatico, molte di loro hanno evidenziato l’impatto significativo e duraturo che questo fenomeno avrà sulla crescita e sulla prosperità economica, un rischio che i mercati fino ad oggi sono stati più lenti a recepire”.

“Ma – prosegue la lettera di Fink – la consapevolezza sta cambiando rapidamente e credo che siamo sull’orlo di una completa trasformazione della finanza. I dati sui rischi climatici obbligano gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna”.

Per questo “sempre più gli investitori sono costretti a confrontarsi con questi interrogativi e sempre più si rendono conto che rischio climatico significa rischio d’investimento. In effetti, i cambiamenti climatici sono quasi invariabilmente la prima problematica che i clienti, in tutto il mondo, ci pongono innanzi. Questi interrogativi stanno comportando una profonda rivalutazione del rischio e del valore degli asset. E poiché i mercati dei capitali anticipano il rischio futuro, registreremo i cambiamenti nell’allocazione di capitali più rapidamente rispetto a quelli nel clima. In un futuro vicino – prima di quanto anticipato da molti – avrà luogo una significativa riallocazione del capitale“, prevede l’ad di Blackrock.

Agi

La mappa delle proteste contro la manovra

Il gennaio 2019 si preannuncia come un mese di mobilitazioni contro la manovra. Molte categorie sono già scese in campo e altre sono sul piede di guerra per i provvedimenti contenuti nella legge di bilancio che si appresta ad avere il via libera definitivo della Camera.

Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo hanno annunciato l'apertura di una stagione di mobilitazione e di lotta nelle categorie e sui territori che culminerà con una grande manifestazione nazionale unitaria a gennaio (anche se ancora non è stata stabilita una data) contro un provvedimento che "condanna il Paese al declino e alla definitiva rottura del suo tessuto sociale e produttivo". Furlan al congresso generale del sindacato di via Po ha definito il 2019 "un anno caldo" senza risposte da parte dell'esecutivo.

Il Pd protesta stamattina davanti a Montecitorio, mentre il 12 gennaio sarà nelle piazze e nelle strade di tutto il Paese per spiegare nel merito la "follia di questa manovra che farà danni gravi al futuro dell'Italia". I pensionati scendono in campo oggi nelle piazze e prefetture di tutto il Paese contro il taglio della rivalutazione delle pensioni. La Pubblica amministrazione è in mobilitazione per lo slittamento al 15 novembre 2019 delle assunzioni nelle amministrazioni centrali. Infine i medici sciopereranno due giorni: il 25 gennaio e il mese successivo in una data da stabilirsi. Ieri, intanto, hanno già manifestato gli Ncc definendo incostituzionale il decreto "imposto" dal governo e chiedendo "l'intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella". Tra le tante proteste ad esprimere soddisfazione invece i balneari per la proroga per i prossimi 15 anni delle concessioni demaniali marittime in atto e in scadenza il 31 dicembre 2020. Si evita così la messa la bando nel 2020 degli stabilimenti come previsto dalla direttiva Bolkestein. 

Ecco nel dettaglio il calendario e le motivazioni delle proteste:

Manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil a gennaio

Cgil, Cisl e Uil, hanno definito la legge di Bilancio "sbagliata, miope, recessiva, taglia ulteriormente su crescita e sviluppo, lavoro e pensioni, coesione e investimenti produttivi, negando al Paese, e in particolare alle sue aree più deboli, una prospettiva di rilancio economico e sociale" . Inoltre il maxiemendamento "per le modalità della sua approvazione, rappresenta una grave lesione alla democrazia parlamentare" e "le risorse per gli investimenti – già limitate – sono drasticamente ridotte, bloccando così gli interventi in infrastrutture materiali e sociali – a partire da sanità e istruzione – necessaria leva per la creazione di lavoro, la crescita e la coesione sociale territoriale".

"Si fa cassa con il taglio dell'adeguamento all'inflazione per le pensioni sopra i 1.522 euro lordi al mese, il blocco delle assunzioni nella Pa fino a novembre e le risorse – insufficienti – per il rinnovo dei contratti pubblici", proseguono le tre sigle, "nessuna risposta sugli ammortizzatori e neppure sul versante fiscale per lavoratori e pensionati dove invece si sceglie di introdurre la flat tax e nuovi condoni. Una legge di bilancio che colloca per il 2020 e 2021 sulle spalle degli italiani un debito di oltre 50 miliardi in virtù delle clausole di salvaguardia, vincolando così anche per il futuro qualunque spazio per interventi espansivi che facciano ripartire il paese".

Pensionati in piazza in tutta Italia 

I sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil sono scesi in piazza in tutta Italia dal 28 dicembre per protestare contro la decisione del governo di tagliare la rivalutazione delle pensioni. Si prevede la revisione del sistema di indicizzazione degli assegni a partire da quelli da 1.500 euro riducendone così il potere d'acquisto. "Il governo – hanno affermato i segretari generali di Spi, Fnp e Uilp Ivan Pedretti, Gigi Bonfanti e Romano Bellissima – usa i pensionati italiani come un bancomat. È una decisione scellerata e insopportabile, ancora una volta si mettono le mani nelle tasche di chi ha lavorato duramente per una vita".

I sindacati PA contro il rinvio delle assunzioni

Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa hanno definito il rinvio delle assunzioni per le amministrazioni centrali al 15 novembre 2019 "un segnale grave che ancora una volta penalizza la Pubblica amministrazione. Il governo ha costruito la sua propaganda proprio sulle assunzioni e ora fa marcia indietro". "Il governo nel corso di questi mesi – hanno affermato i sindacati – ha fatto molta propaganda sulle assunzioni nella pubblica amministrazione e ora, a dispetto di un ddl che ha voluto chiamare 'concretezza', fa un passo indietro negando se stesso".

Il 12 gennaio il Pd nelle piazze italiane

"Domani alla Camera ci sarà il voto finale sulla legge di stabilità. Noi saremo ovviamente in Aula per fare opposizione a una manovra indecente, fatta da un governo indecente", ha scritto su Facebook Matteo Orfini, presidente del Pd. "Questa volta però vi chiediamo di dare battaglia insieme e di venire davanti alla Camera. Per testimoniare con la vostra presenza che c'è un'Italia che combatte e che non si arrende alle peggiori destre al governo del paese. Vi aspettiamo, sabato mattina alle 11 a Montecitorio. Il 12 gennaio il Pd sarà invece nelle piazze e nelle strade di tutto il Paese "per spiegare nel merito la follia di questa manovra che farà danni gravi al futuro dell'Italia". 

Mobilitazione continua per studenti e ricercatori

Gli studenti e i ricercatori precari di Link-Coordinamento universitario hanno espresso "contrarietà" al maxiemendamento alla manovra e, in particolare, al "congelamento delle assunzioni nelle università e al taglio pesante sul diritto allo studio. Sarà l'ennesimo colpo ad un settore su cui neanche questo governo dimostrerà alcun 'cambiamento'", con "30 milioni di euro in meno per il diritto allo studio e complessivamente 100 milioni in meno per l'università". Il rischio che "le regioni non anticipino i 30 milioni mancanti per coprire tutte le borse di studio, venendo meno la certezza che tali soldi arrivino dallo Stato – scrivono in una nota – metterebbe realmente e seriamente in difficoltà migliaia di studenti, molti dei quali senza il sostegno della borsa non riuscirebbero a proseguire il proprio percorso di studio".

Due giorni di sciopero per i medici

La prima giornata di sciopero, il 25 gennaio, è stata proclamata da Anaao Assomed – Cimo – Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn – Fvm Federazione Veterinari e Medici – Fassid – Cisl Medici – Fesmed -Anpo-Ascoti-Fials Medici – Uil Fpl Coordinamento Nazionale delle Aree Contrattuali Medica, Veterinaria Sanitaria.

La seconda giornata di stop sarà proclamata entro la prima settimana di febbraio dall'Aaroi-Emac (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza Area Critica) che mira a concentrare particolarmente nella seconda data, la protesta dei medici che elettivamente rappresenta. "La protesta – hanno sottolineato i sindacati – si rende necessaria a fronte delle deludenti risposte alle richieste: un finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale 2019 che preveda le risorse indispensabili per garantire i nuovi Lea ai cittadini e per onorare i contratti di lavoro scaduti da 10 anni. È intollerabile mettere in competizione il diritto alla cura dei cittadini e quello ad un dignitoso contratto di lavoro per i professionisti". 

Agi News

Perché i dazi di Trump contro il Canada fanno arrabbiare Theresa May

Theresa May sperava che la Brexit​ avrebbe rafforzato la relazione privilegiata del Regno Unito con lo storico alleato statunitense. 'Britain First' il motto dell'Albione che divorzia da Bruxelles. 'America First', quello del nuovo presidente degli Stati Uniti. Quando si parla di protezionismo, però, dalla comunione di intenti non risulta un'accresciuta sintonia, tutt'altro. Anzi, a Londra e a Washington spirano già venti di guerra commerciale.

Il casus belli è una sentenza del dipartimento di Giustizia che dà ragione al campione nazionale Boeing in una disputa contro la canadese Bombardier, accusata di concorrenza sleale, in quanto venderebbe sotto costo i propri aeromobili sul mercato Usa grazie ai ricchi sussidi incassati in patria. Gli Usa hanno annunciato quindi l'imposizione di dazi doganali del 220% per ogni velivolo di linea Bombardier C Series esportato in Usa. Una decisione che avrebbe un impatto assai pesante sul fatturato di Bombardier e metterebbe quindi a rischio ben 4 mila posti di lavori in Irlanda del Nord, dove il costruttore nordamericano ha un importante polo manifatturiero. May, solitamente riluttante nel criticare Trump, si è detta "amaramente delusa" e ha promesso di lavorare con la compagnia per salvaguardare gli operai, mille dei quali sono impegnati proprio nella costruzione dei C Series, in un impianto di Belfast.

"In serio pericolo" i contratti inglesi di Boeing

Il ruolo del poliziotto cattivo è invece toccato al ministro della Difesa, Michael Fallon, il quale ha avvertito che, se Washington confermerà le misure, Boeing potrà sognarsi i suoi ricchi contratti con l'aeronautica militare britannica (che comprendono, tra le altre, una fornitura di elicotteri Apache e una commessa per nuovi aerei da pattuglia da fornire in dotazione alla guardia costiera). "Questo non è il genere di comportamento che ci aspettiamo da un partner di lungo periodo", ha tuonato Fallon, "questo non è il comportamento che ci aspettiamo da Boeing e potrebbe mettere in serio pericolo i nostri futuri rapporti con Boeing". La minaccia di rappresaglie analoghe è stata sollevata dal governo canadese.

Per May si tratta inoltre di un notevole danno alla propria credibilità politica, già danneggiata dalla confusa trattativa con Bruxelles sulla Brexit e dall'accordo commerciale sfumato con il Giappone. La premier un mese fa si era infatti impegnata in prima persona per chiedere a Trump di bloccare la pratica contro Bombardier al dipartimento di Giustizia. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. È il protezionismo, bellezza.

Agi News