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Wall Street chiude positiva. Male Apple e Facebook, GameStop crolla (-43%) 

AGI – Wall Street chiude positiva. Il Dow Jones guadagna lo 0,99% a 30.603 punti base, lo Standard&Poors lo 0,91% a 3.784 punti, il Nasdaq lo 0,50% a 13.337 punti.

A beneficiare dei rialzi a Wall Street sono stati soprattutto i titoli finanziari, guidati da banche, assicurazioni, spinti soprattutto dai dati sul Pil Usa che avanza del 4% congiunturale nel quarto trimestre, dopo il balzo del 33,4% del terzo, che fa seguito a un crollo del 31,4% nel secondo trimestre. Ma alcuni economisti continuano a sostenere che gli effetti negativi della pandemia sull’economia si vedranno con maggiore evidenza dopo il primo trimestre dell’anno.

Il Nasdaq cresce meno degli altri indici, appesantito dal crollo di Apple (-3,5%) nonostante il record nella trimestrale di ieri e da Facebook (-2,71%). I media americani hanno riportato in mattinata che Menlo Park sarebbe in procinto di portare Cupertino in tribunale per pratiche anticoncorrenziali legate all’Apple Store. Boom a sorpresa di Twitter invece, che chiude in rialzo del 7% dopo che gli analisti si attendono buoni risultati in trimestrali e l’acquisizione della newsletter Revue.

Male Tesla, che perde il 3,32% dopo l’ultima trimestrale, in cui ha chiuso il suo primo anno con ricavi su tutti i dodici mesi, ma gli investitori temono che non riuscirà a mantenere i ritmi di consegne necessari a far crescere ulteriormente i ricavi.

GameStop chiude in forte calo dopo i guadagni delle ultime settimane spinti dal coro di acquisti coordinati su un forum di Reddit. Il titolo lascia sul terreno il 43,18% a 150 dollari. Oggi alcune grosse società di trading hanno annunciato che non avrebbero più venduto azioni della catena di videogiochi a causa dell'”elevata volatilità” del titolo.

Anche il titolo di BlackBerry, tra quelli presi di mira dal forum di Reddit nel gioco rialzista, ha perso il 41,47% dopo i forti rialzi delle scorse settimane. Anche su questo titolo le società di trading hanno deciso per lo stop alle vendite. Stessa storia per Nokia, che ha perso il 28,17% dopo i forti rialzi delle ultime settimane.


Wall Street chiude positiva. Male Apple e Facebook, GameStop crolla (-43%) 

A Milano chiude 95% alberghi, perdite fino a 5 milioni al giorno

Turisti non ce ne sono, professionisti in viaggio d’affari pochissimi, il pericolo del contagio da coronavirus è alto. E Milano chiude, gli albergatori hanno già deciso, senza aspettare le indicazioni del Governo.

“Noi stiamo chiudendo autonomamente. Qualcuno rimarrà aperto perché ci sarà pur sempre una minima esigenza di ospitalità. Su 400 alberghi entro questo fine settimana ne resteranno aperti al massimo 20. Che significa che sulle 35.000 camere disponibili in città, ce ne saranno al massimo 1.000”. Maurizio Naro, presidente Federalberghi Milano Lodi Monza Brianza, racconta all’AGI come sta reagendo il settore all’emergenza sanitaria e fa un primo ‘tragico’ bilancio delle perdite, che arrivano a superare i 5 milioni al giorno, con il 95% di saracinesche giù. 

“Il conto è presto fatto – spiega – tenendo conto del numero di camere su Milano, di un’occupazione media annua della città del 70%, a un prezzo medio di 120-130 euro: per ogni giorno di chiusura si perdono oltre 3 milioni di euro, questo conteggiando solo le camere senza pensare ai servizi, come bar, ristoranti e sale riunioni”. Se poi consideriamo che c’erano delle fiere importanti in questo periodo i numeri lievitano, quasi raddoppiano. “Per esempio con il Salone del Mobile il prezzo medio annuo delle camere in città, sale a 180 euro al giorno, e aumenta anche la percentuale di occupazione: che vuol dire che la perdita nel mese di aprile è sopra ai 5 milioni al giorno”.

Un fatturato in caduta libera per almeno due mesi, affossato dal covid-19. Tenendo conto di tutte queste circostanze, fiere, mostre e i mille eventi che animano Milano con l’arrivo della primavera “Avevamo fatto un calcolo – continua Maurizio Naro – dal quale risulta che da marzo ad aprile si perdevano circa 300 milioni di fatturato, di sole camere”.

E il punto è che non si sa quando finirà. “Si spera che a maggio si possa uscire dal tunnel” aggiunge fiducioso.

Ma a parte l’enorme danno economico, prende piede anche un’altra preoccupazione. Con le strade deserte e i negozi chiusi aumenta il rischio criminalità, e che vengano saccheggiati proprio gli hotel, ricchi di televisori, computer e suppellettili di lusso. Il presidente Federalberghi Milano, Naro anticipa che è pronta “una richiesta ufficiale affinché ci sia un presidio costante delle forze dell’ordine sul territorio. Tutti i bar e i ristoranti, così come i negozi, avevano anche una funzione di presidio con le loro vetrine accese e un andirivieni di gente”. Adesso, a luci spente e saracinesche abbassate “temiamo- conclude –  che, soprattutto in zone meno trafficate, ci possano essere atti di vandalismo e furti”. 

Agi

Borse europee in profondo rosso, spread chiude a oltre 285 punti

Chiusura in netto calo per le Borse europee che dopo un’apertura negativa accentuano le loro perdite in chiusura, sulla scia dei timori per i segnali negativi provenienti dall’Italia, dopo che oggi Bruxelles ha confermato il ribasso delle sue stime sulla crescita del Pil dell’Eurozona e ha previsto per il Paese che nel 2019 il Pil salirà solo dello 0,2%, il minimo da 5 anni. 

Lo spread è schizzato a 285 punti. Londra, che prima era in controtendenza, ha invertito la rotta anche sui timori per la Brexit e ha perso l’1,11% con l’Ftse 100 a 7.093,58 punti. Il Ftse Mib di Milano ha ceduto il 2,59% a 19.478 punti, il Dax di Francoforte a 23.489,62 punti il 2,67% e il Cac 40 di Parigi ha lasciato sul terreno l’1,84% a 4.985,56 punti.

Tornando allo spread, il differenziale ha toccato il top da metà dicembre, dai 269 punti della chiusura di ieri. Il rendimento del decennale è avanzato fino al 2,966%. 

Agi

Petrolio chiude in forte rialzo, +8,7% a New York sopra 46 dollari

Chiusura in forte rialzo per il petrolio a New York. Al Nymex il Wti guadagna l'8,7%, il più forte rialzo da novembre 2016, a quota 46,22 dollari.  I prezzi del petrolio Usa rimbalzano, dopo essere scesi ai minimi dal 2017, per il timore di un rallentamento dell'economia globale e quindi di un indebolimento della domanda.

Agi News

Wall Street: chiude in forte calo per il caso Huawei, DJ -2,2%, Nasdaq -3,1%

Wall Street ha chiuso in calo, con gli investitori preoccupati per le tensioni commerciali con la Cina, alla luce anche delle nuove informazioni sul caso Huawei. Il Dow Jones ha perso il 2,2% a 24.388,34 punti, il Nasdaq ha segnato -3,1% a 6.968,48 punti mentre l'S&P 500 ha ceduto il 2,3% a 2.633,42.

Le forti perdite hanno segnato la fine della peggiore settimana per la borsa americana da marzo. Sulla direttrice finanziaria di Huawei, Meng Wanzhou, pende un'incriminazione per frode negli Stati Uniti, i quali hanno fatto richiesta di estradizione. Meng è accusata di "cospirazione per truffare diverse istituzioni finanziarie" e rischia, in caso di condanna, una pena a oltre 30 anni di prigione. La donna, figlia del fondatore della Huawei, è sospettata di avere mentito alle banche per aggirare le sanzioni americane contro l'Iran.

Agi News

Elon Musk ce l’ha fatta. Tesla chiude il bilancio in utile

Elon Musk, questa volta, ha rispettato le promesse. Quando, ad agosto, aveva confermato che il terzo trimestre di Tesla sarebbe stato in utile, in pochi gli avevano creduto. Invece ce l'ha fatta. La borsa lo premia, con un rialzo a doppia cifra. Molte le buone notizie: vendite della Model 3, prospettive per il quarto trimestre, casse più piene. Resta però l'incognita debito.

Terzo utile della storia

Tesla ha chiuso il terzo trimestre con un utile netto di 311,5 milioni di dollari, contro il rosso di 619,38 milioni dello scorso anno. È la terza volta nella storia che la casa automobilistica chiude in positivo. L'ultima volta era stato nel settembre 2016, anche se con numeri dieci volte più piccoli. Dopo due anni “sotto zero”, Tesla riemerge con quello che è di gran lunga il miglior trimestre della sua storia e sorprende i mercati, che non credevano a una rimonta così repentina: alla fine di giugno il passivo era ancora di 717 milioni. Meglio del previsto anche il fatturato: 6,82 miliardi di dollari, più che raddoppiato rispetto a un anno fa e oltre i 6,1 miliardi previsti dagli analisti. Il comparto automotive (Tesla vende anche sistemi elettrici di ricarica) ha incassato poco più di 6 miliardi, l'82% in più dello scorso trimestre e il 158% in più rispetto a un anno fa. Adesso Tesla è attesa alla conferma. Secondo gli osservatori più critici, Musk avrebbe accelerato per rispettare le sue promesse, senza però avere la capacità di mantenere lo stesso ritmo nei prossimi trimestri. Il ceo ha però confermato che Tesla chiuderà in utile anche il periodo che va da ottobre a dicembre.

Aggiornamenti su cassa e debito

Balza in avanti anche il flusso di cassa: è positivo, per la prima volta dal 2016, per 881 milioni di dollari. In pratica Tesla ha intascato più liquidità di quanto non ne abbia sborsata. Ed è un segnale positivo per gli investitori. Il maggiore timore non era tanto il rosso nell'ultima riga di bilancio quanto l'emorragia di capitale (-740 milioni lo scorso trimestre). La cassa era (e in parte è) ritenuta insufficiente da diversi analisti se confrontata con i progetti di espansione del gruppo (dalla fabbrica in Cina all'impennata della produzione della Model 3). Questi 881 milioni sono (a seconda delle visioni più o meno ottimistiche) una svolta o un tampone. Tra luglio e settembre, comunque, la compagnia ha smesso di bruciare cassa e si ritrova con circa 3 miliardi di dollari liquidi. Sicuramente un passo avanti.

Abbastanza per stare tranquilli? No. Prima di tutto perché in parte sono soldi dei clienti: Tesla ha 906 milioni di depositi. Sono quelli che gli automobilisti hanno sborsato per prenotare le vetture e che la compagnia potrebbe dover restituire in caso di cancellazione. Per questo motivo, la società ha voluto sottolineare che “delle 455.000 prenotazioni registrate nell'agosto 2017, meno del 20% è stata cancellata”. Come a dire: ci stanno aspettando nonostante i ritardi e ci sono poche probabilità che quei soldi debbano spostarsi (se non in parte) da dove sono. Escludendo i depositi, i liquidi cui il gruppo può attingere liberamente arrivano quindi a circa 2 miliardi. Non ancora un livello di sicurezza, visto che Tesla deve ancora fare i conti con una montagna di debito. Tracciarlo, tra bond e prestiti di vari enti, non è semplice. Ci ha provato Reuters. Nel brevissimo termine, Tesla non preoccupa. Ma da qui a un anno deve rimborsare circa 2,2 miliardi. Che diventano 8,2 miliardi entro l'agosto 2025. Cifre sopportabili solo se Tesla manterrà tassi di crescita elevati come quelli di questo trimestre.

Le vendite della Model 3

Tesla ha definito il trimestre “storico”. E non solo per l'utile. Tra giugno e settembre, la Model 3 è stata la quinta auto più venduta negli Stati Uniti ma la prima per fatturato generato. È stata, in altre parole, quella che ha incassato di più. Merito anche di un passaggio molto rapida dalla fabbrica al garage dei clienti: un paio di settimane, contro i quasi 50 giorni di Mercedes e Lexus. “La Model 3 – si legge in una nota – sta attraendo clienti sia dei brand premium che non-premium”. Che poi è l'obiettivo del modello: trasformare Tesla in un marchio (anche) di massa. Nell'ultima settimana del trimestre, le Model 3 prodotte sono state 5300. La media dell'intero periodo è di 4300 ogni sette giorni, per un totale di 56.065 unità consegnate (oltre due terzi del totale). Ridotti anche i costi, soprattutto grazie a un calo del 30% delle ore di lavoro necessarie per completare una Model 3. Il risultato è un incremento dei margini, con quello operativo al 20%.

L'importanza di quota 35.000

La sfida della Model 3 continua. La battaglia principale riguarda la capacità di produrne e venderne a 35.000 dollari (il prezzo annunciato in fase di lancio). Oggi Tesla è riuscita a scendere a 46.000 dollari. L'ulteriore ribasso è già stato promesso nel 2019, ma non ci sono ancora tempi certi. Sarà un elemento deciso per diverse ragioni. Prima di tutto perché 35.000 dollari aprono a un mercato di fascia media che Tesla non ha ancora esplorato. Secondo: le vendite delle versioni più costose sono sostenute anche dagli incentivi per le vetture elettriche. Arrivare a 35.000 significherebbe reggere anche senza questo “doping” finanziario (che dipende dalle scelte degli Stati). Terzo: il prezzo sarà importante per sfondare in Europa, dove il mercato delle “premium di media taglia” (il segmento della Model 3) è il doppio di quello americano.Quota 35.000 ha quindi diversi vantaggi, ma un grosso difetto: a oggi non garantisce gli stessi margini. Serve quindi venderne tante (perché da ogni unità si ricava meno) e ridurre i costi di produzione senza incidere sulla qualità.

Oltre gli Stati Uniti

Tesla ha affermato che inizierà a raccogliere le prenotazioni in Europa alla fine di quest'anno per portare la Model 3 su strada all'inizio del prossimo anno. Un calendario che vale anche per la Cina, dove la casa di Elon Musk ha deciso di “accelerare” la costruzione della sua fabbrica cinese. L'obiettivo è portare in Asia “parte della produzione durante il 2019” per poi costruire una rete sempre più stretta e ampia con fornitori cinesi. Non si tratta di una delocalizzazione, spiega Tesla, perché l'impianto produttivo servirà “solo clienti locali”. Oltre gli Stati Uniti c'è quindi una nuova partita, con le case automobilistiche tradizionali sempre più attrezzata anche sull'elettrico. Senza dimenticare le giuste proporzioni. Negli ultimi 12 mesi Tesla ha venduto 154.200 vetture. Eppure la società di Elon Musk ha una capitalizzazione superiore a quella di Ford e poco sotto quella di GM, che nello stesso periodo hanno venduto rispettivamente 1,89 milioni e 2,17 milioni vetture solo negli Usa. È chiaro quindi che il valore delle azioni dipende dalle aspettative future. Deluderle sarebbe molto rischioso.

Agi News

Together Price chiude il suo primo round (630 mila euro) con il fondo spagnolo Samaipata

Together Price, startup di sharing economy nel portafoglio di LVenture che ha sviluppato una piattaforma per condividere abbonamenti a servizi digitali e relative spese, ha chiuso un aumento di capitale (il primo) da 630 mila euro guidato da Samaipata Ventures, fondo internazionale con base a Madrid, cui hanno partecipato LVenture Group e alcuni business angel di Angel Partner Group. La startup di Marco Taddei (CEO), Sabrina Taddei (Chief Marketing Officer) e Luca Ugolini (Chief Financial Officer) è operativa dal 2016 e dichiara una base clienti di 140 mila utenti.

Per Samaipata Ventures è il primo investimento in una startup italiana, come ha sottolineato il founder José del Barrio, imprenditore con alle spalle una exit milionaria (è stato co-founder e CEO de La Nevera Roja, venduta nel 2015 a Rocket Internet per 125 milioni di euro).

"L'economia collaborativa arriverà a tutti i servizi digitali"

"Together Price – ha detto – è il nostro primo investimento in un'azienda italiana e ne siamo incredibilmente orgogliosi. L'economia collaborativa sta arrivando a tutti i tipi di servizi digitali e siamo entusiasti di vedere come Together Price aiuterà i fornitori di servizi ad acquisire sempre più utenti legali e qualificati attraverso la condivisione di piani nei prossimi anni”. Dopo la chiusura del percorso di accelerazione in LUISS Enlabs e un fundraising da 450 mila euro, il team di Together Price ha partecipato a febbraio 2018 al 4YFN di Barcellona, appuntamento internazionale dedicato alle startup, ed è stato scelto da Samaipata Ventures per una pitch session di 5 minuti.

“Questo – spiegano dal team – è stato l'evento che ha segnato la nascita del rapporto con Samaipata, dopo un mese da quella presentazione abbiamo fatto la prima di una lunga serie di skype call che si sono intensificate di settimana in settimana fino ad arrivare alla firma dell'accordo di investimento. Il nostro obiettivo principale è iniziare l'espansione dei mercati internazionali partendo dall'Europa, dove Samaipata sta raccogliendo grandi risultati in pochi anni”.

Il fondo spagnolo che ha investito nella startup italiana

Samaipata Ventures, fondata nel 2015, conta un portafoglio di 13 investimenti, una exit (Foodchéri, venduta alla francese Sodexo a gennaio scorso) e round Series B cumulati per oltre 70 milioni di euro (tra cui il round di Spotahome, quello di Ontruck e di 21Buttons).

Soddisfazione per la chiusura del round è stata espressa anche da Luigi Capello, CEO di LVenture Group. “Questa operazione – ha spiegato – che vede un importante attore europeo del Venture Capital investire per la prima volta in una startup italiana, ci rende particolarmente soddisfatti e conferma il grande lavoro svolto dal nostro team, che ha contribuito alla nascita di Together Price e continua a sostenerla nel suo percorso di crescita”.

 

Agi News