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Gli hotel cercano di salvarsi trasformandosi in spazi per lo smart working

Salvare gli alberghi convertendo le stanza in spazi di lavoro temporaneo. È la soluzione che  DayBreakhotels.com, la start up nata nel 2014 per rendere disponibili anche di giorno stanze e servizi di hotel di lusso, ha trovato per coniugare le esigenze dello smart working e l’emergenza coronavirus che ha messo in ginocchio l’hotellerie

Il mondo degli hotel è in una crisi senza precedenti che solo in Italia ha evidenziato perdite di 100 milioni di euro al mese – come ha riferito il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli – con molte strutture rimaste chiuse e con le altre che ancora fanno fatica a ripartire. Per far fronte a questa crisi e aiutare lavoratori e aziende a rispettare le nuove norme anti-Covid, DayBreakHotels.com ha deciso di rivoluzionare di nuovo il ruolo dell’hotel, trasformandolo in un luogo di lavoro agile.

Anziché lavorare da casa, le persone potranno ricreare il loro ambiente lavorativo in una lussuosa stanza d’hotel: camera con scrivania e wi-fi, zone business per riunioni e conference call, senza dimenticare gli standard di igiene e rispetto di protocolli di sanificazione, con la possibilità di fare un break sfruttando i servizi degli hotel, come palestra, piscina, giardini e ristoranti. Le strutture affiliate sono più di 5.000 in Italia e nel mondo. 

Le camere e gli appartamenti sono prenotabili per lo smart working per 1 giorno (offerte da 49 euro con orario dalle 8 alle 20), 1 settimana lavorativa (offerte da 199 euro per 5 giorni) o anche 1 mese. 
“La sfida è rivoluzionare il concetto dell’hotel, rendendolo uno spazio liquido in grado di trasformarsi in ciò di cui il cliente ha bisogno e sfruttando così tutto ciò che queste strutture hanno da offrire: pensiamo a piscine, sale meeting, spa e ristoranti per a una clientela più ampia che non va in hotel solo per pernottare – dice Simon Botto, CEO di DayBreakHotels.com – Oggi la nostra visione ci permette di aiutare sia le strutture partner, per alcune delle quali siamo attualmente il principale canale distributivo, sia le molte società con cui collaboriamo, interessate ad offrire ai loro dipendenti la possibilità di usare i nostri hotel per il loro smart-working. Innovare generando nuovo valore e assecondando i bisogni nascenti degli hotel e dei clienti è sempre stato il nostro obiettivo e lo è oggi più che mai”. 

Agi

Perché i giovani che cercano lavoro hanno perso convinzione

Il lavoro è ancora centrale nell'orizzonte 'identitario' e di senso dei giovani in Italia ma oltre otto su dieci vivono la ricerca di un'occupazione con sfiducia e per oltre 6 su dieci rappresenta la fine di un sogno. Inoltre, quasi il 50% attribuisce la colpa dell'elevata disoccupazione allo spostamento dell'età pensionabile. Questi i principali risultati del rapporto di ricerca "Il lavoro consapevole", realizzato dal Censis in collaborazione con Jobsinaction e Assolavoro.

Il lavoro rimane saldamente al centro dell'interesse dei giovani, sfatando così alcune interpretazioni che ne intravedono la progressiva relativizzazione nell'universo progettuale delle giovani generazioni. Molto elevate le percentuali di coloro che dichiarano di seguire il dibattito sul tema, quali che siano le sue forme e comunque venga veicolato (88,6% del totale).

  • Un lavoro in linea con le aspirazioni soggettive viene messo al primo posto tra i fattori in grado di determinare la felicità individuale.
  • Il "lavoro negato", ossia la disoccupazione protratta nel tempo, viene indicata come la più importante delle ingiustizie sociali (30,1% delle risposte), superiore per gravità ai divari di reddito (24,5%), di accesso alla casa (18,3%) e ai servizi di base come la sanità o la scuola (17,4%).
  • Non a caso, mentre è diffusa la convinzione che le istituzioni dovrebbero mettere in campo tutte le risorse e tutta la progettualità possibile per garantire un lavoro a tutti (79,5%), l'opzione di un reddito di cittadinanza ottiene molti meno consensi (17,4%).

Il momento della ricerca attiva di un'occupazione viene fatto coincidere con una fase depressiva della vita dei giovani, o comunque di forte preoccupazione. Condivide questa tesi l'82,9% degli intervistati e il 66,2% parla della "fine di un sogno".

La determinazione più importante della laurea

Pochi sono i giovani che pensano possa essere vissuta con entusiasmo per la prospettiva di un'autonomia economica dalla famiglia di origine. In ogni caso, la "porta stretta" per trovare un lavoro viene individuata nella disponibilità a "far fatica" (67,9%), nella forte determinazione individuale (66%), e nell'aggiornamento continuo delle proprie competenze (60,3%).

Meno importanti vengono invece considerati sia il diploma di laurea (28,3%) che le competenze specialistiche in determinati settori (33,6%). In pratica, si riscontra una notevole presa d'atto della rilevanza delle competenze trasversali ("soft skills"), quelle qualità personali e quegli atteggiamenti verso il lavoro che possono risultare efficaci durante il percorso di ricerca o di primo contatto e che comunque le aziende mostrano di apprezzare. I giovani hanno consapevolezza di come il lavoro sia cambiato, sia per la presenza di quote importanti di giovani disoccupati, sia per la "frammentazione" dei percorsi lavorativi.

Elevata la disponibilità dei giovani disoccupati – e in parte anche degli inattivi – a valutare con interesse offerte di lavoro anche se a carattere discontinuo, a tempo, intermittente. L'89,9% accetterebbe un lavoro non inerente ai propri studi; l'83,5% accetterebbe lavori estemporanei o discontinui; il 69,1% accetterebbe lavori pesanti. Notevole anche la disponibilità a coinvolgersi in percorsi di formazione/qualificazione professionale (77,7%). Sono tanti, tra i giovani che lavorano, quelli che ammettono il totale disallineamento tra le competenze scolastico-formative di cui dispongono e il tipo di lavoro che svolgono (il 26,9% del totale).

I motivi della disoccupazione

I giovani italiani hanno pochi dubbi sulle cause dell'elevata disoccupazione: le maggior parte delle colpe sono al di fuori del loro perimetro di responsabilità.

  • Il primo motivo che individuano è lo spostamento dell'età pensionabile (46,3% delle risposte).
  • Il secondo motivo è il mancato funzionamento dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta (38,8%).

Inoltre i giovani sottolineano la rilevanza delle politiche attive per il lavoro, pur non conoscendo esattamente il funzionamento. Nella "ricetta" per affrontare il problema i giovani inseriscono ai primi posti due ingredienti molto diversi tra loro:

  • da un lato il sostegno alle vocazioni imprenditoriali attraverso il finanziamento delle start up innovative (34,6%)
  • dall'altro una auspicata ripresa del turn-over nel pubblico impiego (32,9%).

"Inserire giovani nelle aziende del digitale"

"La restituzione di fiducia in chi cerca un'occupazione per la prima volta o in chi si trova nella condizione di doversi ricollocare è un atto dovuto e un dovere istituzionale" ha dichiarato la senatrice Annamaria Parente, capogruppo Pd in Commissione Lavoro e promotrice di Jobsinaction. Parente nel corso del suo intervento ha lanciato poi due proposte: "Jobsinaction nei prossimi mesi si impegnerà in una campagna di diffusione e divulgazione su tutto il territorio nazionale con l'obiettivo di promuovere le nuove politiche attive per il lavoro, per far fronte a quanto emerso nell'indagine". Infine Parente ha invitato il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli, a "costituire di concerto con il Ministero del Lavoro, un progetto, che coinvolga anche gli enti e le associazioni di categoria, dedicato all'ingresso al lavoro dei giovani nelle aziende del digitale". 

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