Tag Archive: calerà

Il Pil italiano crescerà del 6% quest’anno e il debito calerà al 153,5%

AGI – Una crescita del 6%, a fronte del +4,5% stimato in primavera, un deficit in calo al 9,4% e un debito che scende al 153,5% del Pil. E’ la nuova fotografia dei conti scattata dalla Nota di aggiornamento al Def approvata dal Consiglio dei ministri in cui il governo si impegna ad avviare la prima fase della riforma dell’Irpef e degli ammortizzatori sociali e a mettere a regime l’assegno unico universale per i figli.

La crescita del Pil prevista nello scenario programmatico è pari al 4,7% nel 2022, al 2,8% nel 2023 e all’1,9% nel 2024. E l’esecutivo conta “di raggiungere il livello di Pil trimestrale precrisi entro la metà del prossimo anno”.

Franco, politica resta espansiva nei prossimi due anni

“L’intonazione della politica di bilancio rimane espansiva nei prossimi due anni e poi diventa gradualmente più focalizzata sulla riduzione del rapporto debito/Pil”, scrive il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nella premessa della Nadef sottolineando che “la completa realizzazione del Pnrr resta la grande scommessa per i prossimi anni, in un contesto mondiale che è forse il più complesso ed articolato della storia recente. È una scommessa – osserva Franco – che l’Italia può vincere con la coesione interna, il buon governo e un forte radicamento europeo”.

Uno spazio di manovra da 22 miliardi

Il nuovo quadro macro economico apre la strada alla legge di bilancio che potrà contare su uno spazio di manovra da circa 22 miliardi, risorse liberate grazie all’extra deficit 2022, ovvero alla differenza tra l’indebitamento a livello tendenziale – a politiche invariate – che secondo le stime del governo si ridurrà al 4,4% nel 2022 a fronte di un indebitamento programmatico fissato al 5,6% del Pil per l’anno prossimo. Fondi che potranno essere impiegati per finanziare una lunga lista di nuovi interventi: il rafforzamento del sistema sanitario nazionale, i rinnovi dei contratti pubblici, il rifinanziamento del Fondo di Garanzia per le Pmi e del superbonus e delle politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente, tra cui le missioni di pace.

Il deficit torna sotto il 10%

Il deficit torna così sotto il 10%, riducendosi rispetto alle previsioni di primavera. L’indebitamento netto nel 2021 si attesterà al 9,4% a fronte dell’11,8 per cento stimato nel Def di aprile.  L’obiettivo di deficit per il 2022 scende dal 5,9% del Pil al 5,6% e anche i deficit previsti per i due anni successivi sono inferiori a quelli prospettati nel Def

Il debito a livello precrisi entro il 2030

Il debito scenderà al 153,5% (nelle stime di primavera sfiorava il 160%) quest’anno al 146,1% nel 2024. Da quel momento in poi, spiega Franco, “la politica di bilancio dovrà essere maggiormente orientata alla riduzione del disavanzo strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil al livello precrisi (134,3 per cento) entro il 2030”.

20 ddl collegati alla manovra 

Sono 20 i disegni di legge collegati alla manovra indicati nella Nadef. Tra questi figurano, la delega per la riforma fiscale, la legge annuale sulla concorrenza ma non il salario minimo. Ieri al termine della cabina di regia era emersa l’ipotesi di un collegato ad hoc sul tema. Tra i vari provvedimenti anche la legge quadro per le disabilità, il ddl di revisione del Testo Unico dell’ordinamento degli enti locali, la delega per la riforma della giustizia tributaria, il ddl di riordino del settore dei giochi, la revisione organica degli incentivi alle imprese e potenziamento, razionalizzazione, semplificazione del sistema degli incentivi alle imprese del Mezzogiorno. E ancora il ddl per lo sviluppo delle filiere e per favorire l’aggregazione tra imprese, quello per la revisione del codice della proprietà industriale), e un provvedimento per l’aggiornamento e il riordino della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma anche la delega in materia di spettacolo e il ddl con le misure di attuazione del Patto per la salute 2019-2021 e per il potenziamento dell’assistenza territoriale.


Il Pil italiano crescerà del 6% quest’anno e il debito calerà al 153,5%

Per Confindustria il Pil nel 2020 calerà del del 10%. “Siamo indietro di 23 anni”

AGI – La crisi da Covid-19 per l’Italia ha avuto una contrazione in termini di Pil che porta il Paese indietro di 23 anni. Una vera e propria ‘tempesta perfetta’ causata in marzo-aprile da un doppio shock di domanda e offerta che ha prodotto effetti dirompenti sull’economia italiana.

Il Centro Studi Confindustria stima un profondo calo del Pil italiano del -10% nel 2020 e un recupero parziale del +4,8% nel 2021. Uno scenario che non include per l’anno prossimo gli effetti della manovra che varerà il Governo e le risorse europee previste dal Recovery fund.

Una ripresa che comunque avverrà – e gradualmente – solo a condizione  che la diffusione del virus sia contenuta in modo efficace. Per gli esperti di via dell’Astronomia, nel quarto trimestre del prossimo anno il livello del reddito sarà ancora inferiore di oltre il 3% rispetto a fine 2019 e molto lontano dai massimi di inizio 2008, di circa 8 punti percentuali.

Per l’Italia, l’utilizzo degli strumenti europei, soprattutto il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, costituisce “un bivio cruciale: se si riusciranno a utilizzare in modo appropriato le risorse e a potenziarne l’effetto portando avanti riforme troppo a lungo rimaste ferme, allora si sarà imboccata la strada giusta per risalire la china. Altrimenti, l’Italia rimarrà un Paese in declino, che non sarà in grado di ripagare il suo enorme debito pubblico”.

Per il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, il rapporto del Centro studi Confindustria è “solido e condivisibile sia nella sua parte analitica che nella proposta delle policy” ed è “in sintonia con l’impostazione data dalla Nadef e che intendiamo dare al Recovery Plan”. Gualtieri ha sottolineato come all’Italia serva un “cambio di paradigma”, per “risolvere i suoi problemi infrastrutturali, come il Pil, la produttività e l’occupazione”. (AGI)

Nel 2020 in fumo 410.000 posti di lavoro

Il calo del Pil nel 2020 per effetto del Covid avrà un impatto sull’occupazione non indifferente: calerà dell’1,8%, vale a dire che andranno in fumo 410 mila posti di lavoro solo quest’anno. Nel 2021 con un incompleto recupero del Pil – si legge nel rapporto – la risalita della domanda risulterà tuttavia insufficiente e il numero degli occupati sarà comunque in calo dell’1% (-230 mila persone). 

Nei primi due trimestri del 2020 il monte ore annuo lavorate è calato del 15,1%.  Ciò è dovuto soprattutto – spiega il Csc – al calo di ore pro-capite (-13,5%), mentre le persone occupate sono scese dell’1,5%, un dato contenuto in primo luogo per il massiccio ricorso alla cassa integrazione che il governo ha reso disponibile in deroga. E la tenuta occupazionale dei prossimi mesi “è garantita dall’estensione della cassa integrazione a condizioni favorevoli fino a fine anno” e “dal contemporaneo blocco dei licenziamenti”.

È infatti il “ricorso importante a strumenti come la Cig” a limitare l’impatto dell’emergenza coronavirus, con una diminuzione degli Ula – il dato che indica il numero di unità equivalenti a posti di lavoro a tempo pieno – del 10,2 percento, pari a 2 milioni e 450 mila unità. Secondo gli economisti nel 2021 la domanda di lavoro tornerà a salire, ma meno del Pil (+4% le ‘Ula’), non riuscendo quindi a evitare un ulteriore calo degli occupati.

Recovery bivio cruciale, serve cambio paradigma 

L’utilizzo degli strumenti europei come il Next generation Eu per l’Italia è un “bivio cruciale: se si riusciranno a utilizzare in modo appropriato le risorse e a potenziarne l’effetto”, “allora si sarà imboccata la strada per risalire la china. Altrimenti l’Italia rimarrà un Paese in declino che non sarà in grado di ripagare il suo enorme debito pubblico”. Nel rapporto il Csc si evidenzia come per risollevare l’economia italiana dopo decenni di bassa crescita, “serve un cambio di paradigma per accrescere strutturalmente il potenziale di espansione dell’economia italiana”.

Occorre inoltre “rivedere le modalità con cui vengono tradotte in norme le decisioni pubbliche, la pubblica amministrazione, innalzare la qualità dei servizi pubblici e far si che questi siano offerti in tempi certi e brevi, innalzare gli investimenti pubblici, determinanti per la costruzione di capitale fisico, umano e di conoscenza in grado di aumentare la produttività, puntando su infrastrutture tradizionali, ricerca, digitalizzazione, formazione di capitale umano e sostenibilità ambientate per colmare i divari territoriali”. 

Agi