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Il nuovo business negli Usa si chiama marijuana, ma è italiana l’erba più richiesta

Se è vero che uno dei compiti dei fondi di venture capital è cercare mercati vergini, ma ad alto potenziale, investendo in aziende capace di conquistarli, forse vale la pena tenere d'occhio quello che sta succedendo in questi anni negli Usa. 

Dagli ncc alle canne, il salto di Benchmark Capital

Benchmark Capital è uno di questi fondi. Ed è considerato uno dei più affidabili, avendo scommesso con successo in Uber, Snapchat, Dropbox e la rete di coworking più grande al mondo, WeWork, prima che lo facessero molti altri. Il 23 maggio invece ha ufficializzato un nuovo tipo di investimento, con un nuovo fondo. Ha scommesso in Hound Labs, una startup di Oakland che ha prodotto un vaporizzatore per aspirare marijuana a scopo terapeutico: 8 milioni. 

Da 13 a 200 milioni di finanziamenti

Ma è solo dell’ultimo di una serie di investimenti che in questi anni hanno caratterizzato il nascente mercato della cannabis. Nuovo, diventato legale da due anni in alcuni stati degli Usa, e che ha potenzialità di crescita enormi. I finanziamenti in queste aziende sono esplosi dal 2014. Si è passati da 13 a 200 milioni solo negli States.

Lo stesso sta succedendo in Israele, che con gli Usa sono la nazione modello per il mercato del capitale di ventura. Un indicatore chiaro per il mercato, che scommette sulla progressiva liberalizzazione della cannabis aprendo di volta in volta nuovi mercati. Negli Usa, come nel resto del mondo. 

Entro il 2021 la cannabis sarà un mercato da 22,6 miliardi

Ad oggi nel mondo si calcolano 807 startup che si occupano in qualche modo di cannabis. Produzione, commercializzazione, consumo, uso terapeutico, ricreativo. Non solo. Varietà, modi di consumo, nuovi trend potrebbero diventare ulteriori mercati. Sulle aziende che se ne occupano ci hanno puntato gli occhi 1.027 investitori a caccia di buoni affari. Le vendite di marijuana legale negli Usa ha toccato i 4 miliardi di dollari di giro d’affari con utili per le aziende che si calcola possano toccare i 22,6 miliardi nel 2021. 

Non è un caso quindi che i ‘capitali di ventura’ cerchino di accaparrarsi ora una buona fetta della torta. Un altro esempio? Eaze, una startup californiana che consegna marijuana a domicilio ha raccolto 13 milioni di dollari da due fondi di venture. Dove è possibile acquistarla, la cannabis negli Usa si ordina come le pizze su JustEat. 

Un affare anche per le casse dello stato. Come succede in Colorado: la legalizzazione della cannabis ha portato in tasse 200 milioni di dollari nel 2016, il doppio rispetto all’anno precedente, e quattro volte in più rispetto al 2014, quando sono stati legalizzati uso e vendita. Mentre il giro d'affari lo scorso anno è schizzato a un miliardo. Oggi in Colorado si vendono più cannabinoidi che alcolici. Una rivoluzione del business, sì, ma a pensarci anche culturale. 

L'esempio dell'Italia, con l'erba 'più famosa al mondo'

In Italia? Beh la situazione normativa non è quella degli Usa e da noi il consumo di cannabis è illegale. Però una società bolognese che produce marijuana ha scovato una normativa e elaborato una strategia di marketing che le ha permesso di fiorire in Italia.

Ha parlato per prima di ‘principio attivo al di sotto dei limiti di legge’. Lo scrive La Stampa che ha intervistato il suo fondatore, Felice Giraudo, 83 anni. Lui produce erba legale. E' light, per questo molto richiesta. Non ha un effetto psicotropo, insomma non sballa, ma è ricca di cannabinoidi “sostanze psicoattive usate per le loro qualità terapeutiche”. Questo ha consentito alla sua azienda (si chiama EasyJoint) di avere un ‘boom’ di richieste, che fatica a soddisfare. A conferma che il mercato c’è. Anche in Italia. E che, se vogliamo, i venture americani ci hanno visto bene. Negli Usa, un po’ meno da queste parti. 

Agi News

Bitcoin vola a prezzi record e in Cina diventa un business

Roma – Il prezzo del bitcoin vola e oggi ha toccato quota 870 dollari, il livello più alto degli ultimi tre anni, dal grande tracollo del febbraio 2014. Il più grande produttore di bitcoin al mondo è la Cina, dove si concentra il 50% di questa criptovaluta (valuta virtuale che si ottiene con un processo chiamato 'mining' e si spende attraverso l'impiego di sofisticati software). Si è parlato spesso di una passione per i bitcoin, quella cinese, nata perché rappresenterebbero un modo per aggirare i limiti sull’esportazione di capitale. Cristiano Esclapon, presidente di Cryptoclub, in un’intervista a Agi China smentisce questo luogo comune sostenendo che la maggior parte dei cinesi che operano in bitcoin, infatti, lo fa per business. 
 
 
Signor Esclapon, oggi il più grande produttore di bitcoin è la Cina, dove si concentra il 50% delle attività di mining. Qual è l’identikit del cinese che compra bitcoin?
 “Da un lato, vi sono probabilmente cinesi che investono nella criptomoneta per aggirare i vincoli sull’export di capitale, ma sono in minoranza, altrimenti il prezzo del bitcoin sarebbe schizzato ben oltre questi prezzi a causa della domanda. La maggior parte di coloro che investono in bitcoin lo vedono come un vero e proprio business”.
 
Quindi dietro all'aumento del prezzo della moneta non c'è la spinta di investitori cinesi alla ricerca di un mezzo per aggirare le restrizioni sui movimenti di capitali all'estero?
“Non sarebbe saggio per i cinesi usare il bitcoin per esportare il capitale: verrebbero immediatamente intercettati. La criptomoneta, infatti, è anonima ma tracciabile come dimostra il sito Blockchain.info dove sono disponibili le informazioni in tempo reale su tutte le transazioni effettuate, incluso il portafoglio di provenienza e quello di destinazione, oltre alla quantità. Anche se non è pubblico il nome di chi ha effettuato il pagamento per garantire il diritto alla privacy, in caso di attività illegale le forze dell’ordine possono utilizzare il bitcoin come strumento di indagine, come nel caso del sito Silk Road, mercato online delle droghe, chiuso dall’FBI nell’ottobre del 2013". 
 
Perché in Cina si fa business con i bitcoin?
"Per guadagnare acquistando e vendendo bitcoin, bisogna vivere in un Paese dove l’elettricità costa poco perché in eccesso. Bisogna essere competitivi sul prezzo dell’energia. Gli altri due fattori da considerare sono l’ammortamento macchinari (Miner, computer necessari per l’operazione di verifica della correttezza di un’operazione, ndr) e il costo del raffreddamento dei medesimi. Vivere vicino alla fabbrica che produce il macchinario  – e la più famosa si chiama Miner S9 e viene prodotta in Cina – è quindi un altro elemento di vantaggio, perché si riduce il costo dell’ammortamento. La Cina ha una grande potenza di calcolo, ma i cinesi non vogliono dominare troppo il 'mining': ciò inciderebbe in maniera negativa sul bitcoin. La valuta virtuale potrebbe essere in futuro la company che regola gran parte dei pagamenti mondiali. Ciascun paese dovrebbe iniziare a comprare la moneta digitale del futuro”.

 
Facciamo un passo indietro. Il picco di oggi, 870 dollari, seppur lontano dal record del 4 dicembre 2013 (1147 dollari) è il valore massimo raggiunto dal bitcoin dalla grande crisi del febbraio 2014. A cosa è dovuto?
"Si tratta soprattutto di un rialzo strutturale. Dobbiamo considerare la natura anti-inflazionistica della criptomoneta la cui circolazione è limitata a priori. L’offerta del bitcoin, che viene scambiata online e che non ha una banca centrale alle spalle, ogni 4 anni si dimezza e il prezzo è tendenzialmente sempre in crescita. A stabilirlo è il protocollo pubblicato il 31 ottobre del 2008, secondo il quale il massimo numero di bitcoin che potranno essere messi in circolazione nel tempo è di 21 milioni. Per questa moneta è impossibile pensare a una quotazione stabile soprattutto perché si basa sullo scambio di utenti.  Nel corso del rialzo strutturale ci sono ovviamente alti e bassi: se i picchi sono troppo anticipati rischiano di causare brusche discese, come accaduto nel 2015. Nel frattempo, il guadagno in bitcoin ai miner si è dimezzato da 25 a 12,5. In altre parole, le prospettive del prezzo del bitcoin non possono che essere costantemente al rialzo da oggi al 2040, quando il sistema finirà. La domanda degli analisti è solo se questa crescita sta anticipando troppo o se è in ritardo". 

 
Non è possibile usare i bitcoin per fare speculazione. A cosa si deve il successo della moneta virtuale?
"Gran parte dei bitcoin non sono oggi in circolazione, ma sono fermi da anni perché usati dagli investitori come bene rifugio. Le monete che vengono vendute rappresentano una capitalizzazione bassa. E quindi, non adatte a grandi movimenti di capitale da un paese a un altro. Il bitcoin come strumento di transazione cross-border è invece utile in situazioni di emergenza. Pensiamo al Venezuela, dove una cattiva politica monetaria e il ritiro delle banconote hanno lasciato un Paese allo sbando, con l’inflazione che galoppa al 1.660%. Qui alcuni imprenditori continuano a svolgere attività di business proprio grazie al bitcoin. La criptovaluta, inoltre, in altri Paesi sopperisce all’assenza di un sistema bancario come nel caso di molti stati africani".
 
 
Conoscere il mondo dei bitcoin in 5 punti
  1. Come e quando sono stati introdotti. I bitcoin circolano solo su Internet secondo regole prestabilite da un gruppo di persone, che agiscono in base al protocollo di Satoshi Nakamoto, che nel 2008 ha ideato la criptovaluta (uscita ufficialmente il 3 gennaio 2009: la prima cosa che è stata comprata in bitcoin è stata una pizza per il valore di 20 milioni di euro). La valuta è distribuita come un software da installare in un certo numero di computer per poter poi operare da remoto. La diffusione dei bitcoin è stata rapida e legata a motivi finanziari e ideologici. Si pensava di poter creare una metaeconomia virtuale in cui le banche sarebbero risultate obsolete perché avrebbero permesso transizioni finanziarie tra cittadini senza alcun intermediario.
  2. Definizioni. Per alcuni si chiama moneta virtuale. Per altri, valuta matematica. L’agenzia delle entrate, ad esempio, ha stabilito che in quanto valuta, il bitcoin non è soggetta a iva ma le aziende devono portarla in bilancio. Per altri ancora, come Cristiano Esclapon, il bitcoin è come l’oro: “Non è una moneta, è una commodity”. Anzi: “Il bitcoin è una company”. Una società, dunque, che ha aumento di capitale già deliberato. Diversamente da una commodity come l’oro, ad esempio, che non ha una quantità certa e definita, del bitcoin sappiamo che l’estrazione si esaurirà nel 2040. Di più: la company ha una capitalizzazione, che si calcola moltiplicando il numero di bitcoin emessi con il suo prezzo. Oggi la capitalizzazione ammonta a 12,8 miliardi di dollari. Un’altra caratteristica che rende il bitcoin simile a una società, oltre agli aumenti di capitale progressivi nel tempo, è che svolge delle funzioni ben precise: quella di sigillo di operazioni digitali, attraverso il ledger (registro)  distribuito della blockchain; e la funzione di sistema di pagamento. “Pensiamo alla Visa: allo stesso modo, il bitcoin è una company offre un sistema di pagamento”. Considerare il bitcoin una società avrebbe anche dei vantaggi fiscali.
  3. Come funziona il sistema Bitcoin. Bisogna partire di ‘miner’ e ‘wallet’. Per Miner si intende uno o più computer messi a disposizione del P2P (rete di condivisione di file o, nel caso, di bitcoin) per l’operazione di verifica della correttezza di un’operazione. Per Wallet, invece, si intende il programma che permette di entrare nella rete Bitcoin e contiene indirizzi e chiavi per effettuare le transazioni economiche, cosa che fa del wallet una banca personale per bitcoin. Possono essere installati sullo smartphone per piccoli pagamenti con QR Code e possono essere un servizio web o un software. Per usare i bitcoin è necessario avere una chiave di decrittazione, che si può ottenere nei wallet. Proprio questo è il passaggio più delicato perché è in questi frangenti che si possono intromettere gli hacker che possono rubare i codici. Per poter spendere i bitcoin è necessario avere una chiave personale che porta all’indirizzo presso il quale è possibile effettuare una transazione. Gli indirizzi sono sequenze alfanumeriche della lunghezza di circa 30 caratteri e ogni transazione viene archiviata in un apposito registro denominato “block chain”, utile a verificare che l’intera procedura sia andata a buon fine e che il valore transitato sia stato effettivamente posseduto prima e depositato poi. Se qualcuno vuole spedire o ricebere bitcoin, è necessario che chiave e indirizzo collimino. Ovviamente perché ci sia una compravendita bisogna che le due chiavi e i due indirizzi si conoscano. Il peer-to-peer, a questo punto, consente la transazione economica e la registra.
  4. I fattori che determinano il prezzo del bitcoin. Il prezzo del bitcoin è frutto della domanda e dell’offerta. Ma anche del costo dell’estrazione, in gergo mining: e se questo costo sale oltre il valore del bitcoin, o esso scende al di sotto del costo dell’ estrazione, i miner perdono interesse e si riduce così la potenza di calcolo. Come spiega all'Agi Escalpon, “i wallet che detengono i bitcoin stanno crescendo. Più sale l’adozione del bitcoin, più ne aumenta la domanda. L’elemento più importante è che il protocollo resta stabile: non c’è bisogno di banca centrale, le regole sono chiare e trasparenti .E soprattutto, non cambiano”.
  5. Come funziona la 'Blockchain'. L’ingranaggio che regola il sistema del bitcoin è semplice. La quantità del bitcoin distribuita in base al protocollo, a un certo punto si dimezza: ogni tot di numero di blocchi, che vengono nominati ogni 10 minuti, hanno un tempo di dimezzamento di 4 anni. L’ultimo dimezzamento c’è stato il 9 luglio 2016. Il prossimo, è previsto per il 2 luglio 2020. Ogni due settimane il sistema  aggiusta la difficoltà del problema matematico da risolvere. All’interno di ogni blocco che si viene a creare, vengono sigillate le transazioni. Si tratta di pagamenti o contratti per i quali i miner si fanno in genere pagare una commissione. Una volta risolto il problema matematico, il miner riceve 12,5 bitcoin, oltre alle commissioni. Esiste un unico caso in cui il bitcoin potrebbe non salire, ovvero quando la commissione per la soluzione del problema matematico è molto elevata. Se invece la parcella è bassa, il valore del bitcoin deve salire perché il suo guadagno viene dimezzato o ridotto. I blocchi vengono costruiti per proteggere le transazioni. La sicurezza della criptovaluta, infatti, viene messa a repentaglio se qualcuno ha più del 51% della potenza di calcolo, e potrebbe manipolare il registro digitale. Per salvaguardare il sistema, quando i pool si avvicinano al 51%, la potenza di calcolo del viene ridotta. E nessuno vuole correre questo rischio perché ciò toglierebbe valore al bitcoin. In tal senso, si tratta della commodity digitale più sicura al mondo: l’unico rischio è questo. 
Per approfondire:

Agi News

Forum euro-mediterraneo, no business senza sviluppo

Milano – Il bacino del Mediterraneo come “baricentro” di un nuovo modello di cooperazione tra l’Unione europea e l’Africa che fornisca opportunità di business ma porti anche “sviluppo” e “stabilita’” nei Paesi della sponda Sud. Se ne è discusso al Forum euro-mediterraneo, organizzato col patrocinio del Parlamento europeo e dal Ppe, al Palazzo delle stelline, a Milano. “Non c’è energia affidabile e competitiva se non c’è sviluppo”, ha sostenuto Dario Speranza, vicepresidente Affari istituzionali di Eni. “Lavorare in Africa per l’Africa è un naturale contributo” alla gestione dei “fenomeni migratori e alla stabilita’ dell’area”, ha proseguito Speranza discutendo con esperti e rappresentanti di società energetiche nel workshop organizzato dall’europarlamentare di Forza Italia, Stefano Maullu. Sulle sponde Sud del Mediterraneo vi sarà una “crescita della popolazione di 60 milioni di persone al 2040 e di circa l’80% dei consumi di energia” rispetto alla situazione attuale, ha spiegato poi Speranza. L’Egitto, in particolare, con il giacimento Zohr potrà fare “da catalizzatore di sviluppo di tutto il gas del Mediterraneo orientale nell’ottica di un hub del gas che può andare a vantaggio anche della diversificazione degli approvvigionamenti in Europa“.

Maullu, Italia nodo fondamentale per i trasporti

“Energia per noi è geopolitica”, ha detto dal canto suo Nicola Melchiotti, capo Affari e regolamenti europei di Enel. “Energia è anche e soprattutto sviluppo. La domanda energetica nel Nord del mondo, Europa e Usa, è stabile o in calo”, mentre “nel Sud del mondo è in crescita”. La “grande” sfida o business, ha sostenuto, è “dare accesso energetico a quel miliardo e 400 milioni di persone che non hanno accesso all’energia”. Si tratta di gente, ha spiegato, che vive in “Paesi emergenti o in via di sviluppo”, spesso in villaggi isolati dove non sara’ possibile costruire infrastrutture elettriche ma occorre organizzare “micro o mini investimenti”. A questo proposito, Melchiotti ha illustrato l’esempio del progetto avviato da Enel di formazione all’assemblaggio di pannelli solari, rivolto ad anziane di tutto il mondo.

Valeria Palmisano, responsabile relazioni istituzionali Ue di Edison, ha illustrato la presenza del gruppo in Algeria, Egitto e Grecia, oltre che nel Mediterraneo orientale, in particolare Israele. “L’abbondanza energetica della regione apre opportunità per l’Italia e l’Europa – ha sostenuto – non è necessariamente vero che pace e stabilità sono una conditio sine qua non per gli investimenti”. Servono, ha continuato, “modelli energetici sostenibili che riescano a accompagnare queste prospettive di crescita di questi Paesi, e uscire dalla logica del paternalismo energetico”. (AGI)

Agi News