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Per Bankitalia il contante costa agli esercenti più delle carte

AGI – La Banca d’Italia avverte che le norme contenute nella legge di bilancio sull’innalzamento del tetto per l’utilizzo del contante e sulla rimozione delle multe per gli esercenti che non consentono di utilizzare il Pos fino a 60 euro rischiano di entrare in contrasto con la modernità proposta dal Pnrr e di non favorire la lotta all’evasione fiscale e all’economia sommersa. Così come alcune misure di tregua fiscale. Nella deposizione alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato, Fabrizio Balassone, capo del servizio struttura economica del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, ha analizzato la legge di bilancio evidenziandone le criticità riscontrate e i punti di forza.

“Le norme in materia di pagamenti in contante e l’introduzione di misure che riducono gli oneri tributari per i contribuenti non in regola rischiano di entrare in contrasto con la spinta alla modernizzazione che anima il Pnrr e con l’esigenza di ridurre l’evasione fiscale”, ha spiegato il dirigente di Bankitalia.

“I pagamenti elettronici riducono l’evasione”

Balassone ha ricordato: “Il tetto sul contante rappresenta un ostacolo per la criminalità e l’evasione. Degli studi degli ultimi anni suggeriscono che soglie più alte favoriscono l’economia sommersa. C’è inoltre evidenza che l’uso dei pagamenti elettronici, grazie al loro tracciamento, riduce l’evasione fiscale”. La manovra prevede, invece, l’innalzamento a partire dal 1 gennaio 2023 da mille a cinquemila euro del limite per l’utilizzo nei pagamenti.

Il dirigente di Palazzo Koch ha specificato inolte che il contante “ha dei costi legati alla sicurezza, visto i furti a cui è soggetto”, segnalando che le statistiche su dati 2016 elaborate da Bankitalia riportavano come “per gli esercenti il costo per il contante è stato superiore a quello delle transazioni digitali con carta di credito o di debito”.

 Bankitalia osserva inoltre come una serie di misure fiscali contenute nella legge di bilancio presenti “aspetti critici più volte segnalati in riferimento a misure analoghe”. Perché, secondo Balassone, “la discrepanza di trattamento fiscale tra dipendenti e lavoratori autonomi, e tra questi quelli sottoposti a regime forfetario, risulta accresciuta”.

Quanto all’estensione della flat tax, il dirigente di Bankitalia ha specificato: “In un periodo di inflazione elevata la coesistenza di un regime a tassa piatta e uno soggetto a progressività comporta una ulteriore penalizzazione per chi è soggetto al secondo”.

Una manovra con una “impostazione prudente”

Al netto dei rilievi, la banca centrale valuta che “vista l’elevata incertezza del quadro economico e gli spazi di bilancio limitati”, l’impostazione scelta dal governo per il documento di programmazione di bilancio “appare prudente”. La congiuntura nel Paese “ha mostrato sinora una tenuta”, con un andamento “ancora favorevole degli investimenti”. Gli inndicatori più recenti, però, ha sottolineato Balassone, “indicano un rallentamento del trimestre in corso. E il quadro macroeconomico delineato nel documento di programmazione sostanzialmente non si discosta da questo scenario”.

Resta ferma un’altra raccomandazione sul deficit. “Dato il livello alto del debito pubblico – ha concluso il dirigente – l’incertezza sulle prospettive economiche ed il livello alto dei tassi di interese, l’obiettivo della riduzione del rapporto debito/Pil nel triennio è una scelta necessaria”.

Non si placa dunque la discussione sulle due misure in materia di utilizzo del contante, tra le più dibattute tra quelle contenute del documento di programmazione. Ieri la premier Giorgia Meloni ha sostenuto che più abbassi il tetto al contante più favorisci l’evasione”. Mentre sul Pos ha aggiunto: “La soglia può essere meno di 60 euro”.

Le critiche delle opposizioni

Ma le opposizioni replicano che le norme vanno stralciate. “Oggi anche la Banca d’Italia, dopo la Corte dei conti e Confindustria, boccia la manovra. Viene cancellato il reddito di cittadinanza e viene introdotta l’evasione di cittadinanza”, ha detto il leader M5s Giuseppe Conte.

Anche il senatore Pd Antonio Misiani ha incalzato il governo: “Dopo la Corte dei Conti anche la Banca d’Italia boccia le norme della legge di bilancio su Pos e contanti. Giustamente. Favoriscono l’evasione, complicano la vita ai tanti italiani che usano la moneta elettronica e mettono a rischio il Pnrr. Il governo le tolga di mezzo”. 


Per Bankitalia il contante costa agli esercenti più delle carte

Da Bankitalia ai Palazzi, una lunga tradizione

AGI – Quando lo Stato ha bisogno di un “tecnico” è alla Banca d’Italia che si volge immediatamente lo sguardo. Nei periodi di crisi della storia repubblicana è stata via Nazionale, a più riprese, a fornire competenze tecniche e umane per ridare stabilità al Paese. Dalle sue fila sono usciti due presidenti della Repubblica, due capi del Governo, oltre a uno folto stuolo di ministri e sottosegretari. Insomma, quando le carte si incartano, è pescando negli uffici dell’istituto centrale che spesso giunge la soluzione per superare veti incrociati, antipatie parallele e blocchi ideologici. E se in queste ore torna a circolare il nome dell’ex governatore Mario Draghi per la successione a Giuseppe Conte non c’è da restare sorpresi. 

Luigi Einaudi, il primo presidente eletto dal parlamento

L’abitudine nasce sin dagli albori della Repubblica, quando è Luigi Einaudi a traslocare da Palazzo Koch al Quirinale, come primo capo dello Stato eletto dal Parlamento italiano, secondo in ordine di tempo dopo il mandato provvisorio di Enrico De Nicola. È il 12 maggio 1948 e c’è una nazione da ricostruire e riconciliare. Liberale e federalista, al termine dei suoi 7 anni di mandato, lascia in eredità un Paese pronto per cominciare il suo balzo economico.

Carlo Azeglio Ciampi, da Palazzo Chigi al Colle

Il secondo governatore a salire sul Colle più alto è Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. In politica, a Palazzo Chigi, era stato chiamato a forza 6 anni prima, in uno dei momenti piu’ drammatici della storia recente, tra inchieste giudiziarie, delegittimazione del Parlamento e dei partiti, attentati di mafia e rischi di destabilizzazione della lira. Sostenuto da una maggioranza trasversale composta da Dc, Pds, Psi, Pri, Pli, Psdi, Alleanza democratica e Verdi, il governo Ciampi, nei suoi 377 giorni di vita, riesce a salvare il Paese dalla bancarotta, anche attraverso un accordo con le parti sociali, e a far approvare una nuova legge elettorale.

Lamberto Dini, da ministro di Berlusconi a suo successore

Ma alla Banca d’Italia guarda anche Silvio Berlusconi alla sua prima esperienza di governo. è il maggio 1994 quando nomina il direttore generale di via Nazionale, Lamberto Dini, ministro del Tesoro. Otto mesi dopo, pero’, l’uscita della lega di Umberto Bossi dalla maggioranza ribalta il tavolo. Berlusconi è costretto a dimettersi e proprio Dini, il 17 gennaio 1995, gli succede a Palazzo Chigi per portare a termine la riforma delle pensioni e rimettere ordine nei conti pubblici italiani, in perenne bilico sul filo del crack. Ci resta fino al 18 maggio 1996.

Guido Carli, la firma del trattato di Maastricht 

Se si parla di passaggi da Bankitalia al governo non puo’ poi non tornare in mente il nome di Guido Carli, governatore dal 1960 al 1975. Il motivo delle sue dimissioni non è mai stato chiarito ma nel 1976 è di nuovo in pista come presidente di Confindustria. Il 26 giugno 1983 viene eletto senatore nelle file della Democrazia cristiana, ruolo in cui viene confermato il 14 giugno 1987. Dal 22 luglio 1989 al 24 aprile 1992 è ministro del Tesoro in due governi guidati da Giulio Andreotti ed è in questa veste che negozia e firma, il 7 febbraio 1992, il Trattato di Maastricht, costitutivo dell’Unione monetaria europea. –

Saccomanni, Savona e Masera 

Ma la lista non finisce qui. Nell’elenco dei principali ‘civil servant’ con le stimmate di palazzo Koch, figura anche Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia tra il 2013 e il 2014 e direttore generale della Banca d’Italia dal 2 ottobre 2006 al 28 aprile 2013. O un nome come quello di Paolo Savona, attuale presidente della Consob, ma anche ministro dell’Industria dal 29 aprile 1993 al 19 aprile 1994 e a capo del dicastero per gli Affari europei dal giugno 2018 al marzo 2019. Senza dimenticare Rainer Masera, ministro del Bilancio nel governo Dini, dopo essere stato capo del Servizio studi e direttore centrale della Ricerca economica di via Nazionale dal 1975 al 1988. 


Da Bankitalia ai Palazzi, una lunga tradizione

I chiarimenti di Bankitalia sulla questione dei conti bancari in rosso

AGI  – “La nuova definizione di default non introduce un divieto a consentire sconfinamenti: come già ora, le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono consentire ai clienti utilizzi del conto che comportino uno sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido”. Lo precisa la Banca d’Italia in una nota in cui annuncia che dal 1 gennaio 2021 entra in vigore la nuova definizione di default prevista dal Regolamento europeo relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento.

La nuova definizione di default”, osserva Bankitalia, “non modifica nella sostanza le segnalazioni alla Centrale dei Rischi, utilizzate dagli intermediari nel processo di valutazione del ‘merito di credito’ della clientela. Riguarda esclusivamente il modo con cui le banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali, ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori per le banche e gli intermediari finanziari”.

La nuova definizione di default può tuttavia “avere riflessi sulle relazioni creditizie fra gli intermediari e la loro clientela, la cui gestione, come in tutte le situazioni di default, può comportare l’adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto creditizio”.    

La Banca d’Italia, conclude la nota, “ha inviato una comunicazione al sistema (comunicazione alle banche; comunicazione agli intermediari finanziari e alle capogruppo di gruppi finanziari): agli operatori è richiesto di adoperarsi per assicurare la piena consapevolezza da parte dei clienti sull’entrata in vigore delle nuove regole e sulle conseguenze che possono produrre sulle dinamiche dei rapporti contrattuali”.

Le nuove regole, osserva via Nazionale “sono il frutto di un compromesso negoziale europeo, con posizioni di partenza molto differenti; per l’Italia esse introducono criteri differenti da quelli attualmente utilizzati dalle banche italiane e, per alcuni aspetti, risultano più stringenti; per altri Paesi possono invece risultare più lasche”.

Ciò che non è corretto è affermare che basti uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default. Per la segnalazione, spiega l’istituto centrale, “è necessario che lo sconfinamento superi la “soglia di rilevanza”, cioè che superi contemporaneamente sia la soglia assoluta (100 o 500 euro, a seconda della natura del debitore) sia quella relativa (1% dell’esposizione) e che lo sconfinamento si protragga per oltre 90 giorni consecutivi (in alcuni casi, ad esempio per le amministrazioni pubbliche, 180 giorni)”.    

La possibilità di sconfinare, afferma ancora Bankitalia, non è tuttavia “un diritto del cliente, ma una facoltà concessa dalla banca, che può anche applicare commissioni (la cosiddetta Civ, commissione di istruttoria veloce).

Dal 1 gennaio, come già oggi, le banche potranno continuare a consentire ai clienti utilizzi del conto, anche per il pagamento delle utenze o degli stipendi, che comportino uno sconfinamento. Si tratta tuttavia di una scelta discrezionale della banca, che può consentire oppure rifiutare lo sconfinamento. È quindi importante conoscere bene il contratto stipulato con la propria banca e dialogare con essa”.    

E non è vero neanche che se un debitore è classificato a default sulla base della nuova definizione, è classificato automaticamente anche “a sofferenza” nella Centrale dei Rischi. La definizione di “sofferenze”, infatti, non viene toccata dalle nuove regole europee sul default.

Gli intermediari segnalano un cliente “in sofferenza” solo quando ritengono che abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il suo debito.

“La classificazione”, rileva Palazzo Koch, “presuppone che l’intermediario abbia condotto una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito. Non vi è dunque alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in Cr. Pertanto”, conclude la Banca d’Italia, “non è vero che basta uno sconfinamento o un ritardo nei pagamenti per somme anche solo di 100 euro per dar automaticamente luogo a una segnalazione a sofferenza, con il conseguente rischio di compromettere o rendere più oneroso il futuro accesso al credito del cliente presso l’intero sistema bancario”. 


I chiarimenti di Bankitalia sulla questione dei conti bancari in rosso

Dal governatore di Bankitalia un (implicito) messaggio ai partiti

Mantenere l'equilibrio dei conti pubblici senza lasciare dubbi agli investitori, ridurre l'incidenza del debito, proseguire "con decisione sul cammino di riforme". Questo il compito che attende il prossimo esecutivo secondo il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, intervenuto oggi al tradizionale appuntamento del congresso Assiom Forex, la sua prima uscita pubblica dalla riconferma alla guida della banca centrale. Visco ha inoltre confermato uno scenario di crescita dell'1,5% del Pil per il 2018, rassicurato sul "mantenimento di condizioni finanziarie accomodanti" e richiamato le banche a continuare nella riduzione dei crediti deteriorati e del recupero di redditività, "anche con aggregazioni".

"Un aumento del disavanzo non sostituisce le riforme"

"Il consolidamento della ripresa richiede di procedere nello sforzo di riforma dell'economia", ha detto Visco, non si devono "lasciare dubbi agli investitori sulla determinazione del governo a mantenere l'equilibrio dei conti pubblici", non si deve "deviare dal percorso di riforma avviato in questi anni, un percorso da proseguire con decisione". "Non è una questione di vincoli europei – ha insistito – riguarda lo sviluppo equilibrato. Un aumento del disavanzo pubblico non può sostituirsi alle riforme, rischierebbe di essere controproducente, visto che il problema del debito non può essere eluso. Anche senza i vincoli del Patto di stabilità, resta per noi l'esigenza di compiere scelte responsabili". Un appello che ha il sapore di un monito ai partiti perché diano un taglio alle promesse elettorali troppo costose e irrealistiche.

Sul fronte monetario, ha avvertito Visco, "il rischio di deflazione è stato scongiurato, ma rimane arduo spingere al rialzo le attese di inflazione". La Bce continuerà "a perseguire l'obiettivo d'inflazione con pazienza", lo scenario di crescita "presuppone il mantenimento di condizioni finanziarie accomodanti". Non bisogna però temere un futuro rialzo dei tassi se l'Italia avrà fatto quanto necessario: "non è della normalizzazione della politica monetaria che ci si deve preoccupare, ma della credibilità e dell'efficacia delle riforme e del processo di riduzione dell'incidenza del debito sul prodotto".

In Italia, ha sottolineato il governatore, una diminuzione continua e tangibile dell'incidenza del debito sul Pil non deve essere ritardata, la riduzione dei tempi richiede disciplina di bilancio" e, ha ripetuto ancora, "sono essenziali le riforme strutturali volte a innalzare il potenziale di crescita dell'economia". Quanto all'economia, ha aggiunto Visco, "in Italia il Pil ha nettamente accelerato nel 2017, la crescita secondo le prime stime è dell'1,5%, dovrebbe proseguire a un ritmo prossimo all'1,5% nel 2017, resterebbe sopra l'1% anche nel prossimo biennio.

Il monito sui crediti deteriorati

Le imprese italiane sono vitali, le start up sono quadriplicate, sono ora 8000, rispetto al 2014". Non sono mancati inoltre i richiami all'Europa, dove Visco nota una "scarsa fiducia" e un processo di riforma "che stenta ad avanzare", in particolare nella definizione delle regole per la gestione delle crisi bancarie e nel completamento dell'Unione bancaria. Riguardo all'unione politica "l'Italia è chiamata a contribuire con autorevolezza al dibattito, la sua posizione sarà tanto più forte e la sua azione tanto più efficace quanto più sarà continuo e credibile l'impegno a migliorare il potenziale di crescita e ad assicurare la stabilità finanziaria".

Infine il capitolo sulle banche, per le quali "è urgente perseguire la riduzione dei costi e il pieno recupero della redditività anche con operazioni di aggregazione". La redditività nei primi 9 mesi del 2017 "è migliorata ma resta inevitabile una profonda revisione dei modelli di operatività". Quanto agli Npl "è necessaria la riduzione dei crediti deteriorati per ridurre i rischi e i costi dei finanziamenti. Va ottenuta con interventi che tengano conto delle condizioni di partenza, siano sostenibili e non producano effetti prociclici potenzialmente destabilizzanti". E per le Bcc, ha concluso Visco, "la preparazione della costituzione dei gruppi cooperativi va accelerata con il pieno sostegno alle future capogruppo da parte delle affiliate". 

Agi News

Gentiloni indica Visco. I sei anni sotto assedio del numero uno di Bankitalia

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha indicato il nome di Ignazio Visco per la carica di governatore di Bankitalia. Domani il Consiglio superiore di Bankitalia si riunirà alle 8.30. Poi il premier porterà il nome del nuovo Governatore in Cdm per la delibera che verrà sottoposta al Capo dello Stato Sergio Mattarella (Il Sole 24 Ore). Sembra finito quindi il braccio di ferro per la nomina del numero uno di Bankitalia, il cui mandato scadrà il primo novembre. La nomina finale spetta al Presidente della Repubblica, mentre l'organismo di via Nazionale si riunirà domattina per valutare la proposta di Gentiloni (La Repubblica).

Il 'Ciampi boy'

I sei anni di Visco sono stati sei anni sotto assedio. Prima della crisi economica, poi di quella bancaria, infine dei partiti che a gran voce ne hanno chiesto la testa. Non si può dire che il primo mandato da governatore della Banca d'Italia di Ignazio Visco sia stato semplice. Ma lui, da buon 'Ciampi boy' (Il Foglio) ha sempre tenuto la barra dritta e rivendicato con forza il ruolo stabilizzatore svolto da via Nazionale "nonostante i venti contrari". Anche sulle banche. Che "non sono andate a rotoli" sebbene l'Italia abbia vissuto negli ultimi dieci anni "la crisi peggiore della sua storia", come forse neanche in tempo di guerra.
 
È stata Palazzo Koch, nella ricostruzione di Visco, a far emergere il marcio che si annidava nei bilanci di Mps e delle banche venete. Ed è pronto a dimostrarlo, forte di una documentazione di oltre 4.000 pagine, anche davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta presieduta da Pier Ferdinando Casini, cui ha dato immediata disponibilità ad essere ascoltato (Huffington Post).

Sei anni, mai una polemica diretta

Per il resto, in questi sei anni, mai una polemica diretta. Piuttosto il silenzio, come di fronte ai massicci attacchi di questi giorni. Succeduto a un 'monumento' europeo come Mario Draghi, Visco ha sempre scelto la strada dell''understatement'. E quando si è trattato di difendere il proprio ruolo e l'autonomia dell'istituto centrale lo ha fatto con numeri e tabelle, da economista e uomo delle istituzioni qual è. Magari qualche sassolino dalle scarpe se lo potrebbe togliere a conferma certificata, ma non sarebbe nello stile di questo napoletano 'anomalo', che spesso nasconde dietro la freddezza dei dati la sua timidezza caratteriale. D'altronde fa parte del suo 'karma' non essere mai il 'preferito'.

Non lo era di certo nell'ottobre del 2011, quando fu nominato governatore e la battaglia sembrava giocarsi tutta tra l'allora direttore generale della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni, e Lorenzo Bini Smaghi, costretto a lasciare la Bce per far posto a Draghi. Fu un compromesso, la classifica vittoria dell'outsider, quello che lo portò a fare il doppio balzo da vicedirettore generale allo studio da governatore.

Tutta la vita in Bankitalia

Bankitalia, insieme agli studi economici, è stata tutta la sua vita. Classe 1949, Visco è entrato per la prima volta a via Nazionale nel 1972. Dopo un corso di perfezionamento presso la University of Pennsylvania, nel 1974 viene assegnato al Servizio Studi di cui diviene responsabile nel 1990. Tra il 1997 e il 2002 l'unica parentesi extra-Banca, da capo economista dell'Ocse a Parigi. Nel 2004 viene nominato funzionario generale dell'istituto, prima come direttore centrale per le Attivita' estere e, dal 2006, come Direttore centrale per la Ricerca economica. Nel 2008 Draghi, che lo ha sempre stimato tanto da presenziare alle sue ultime 'Considerazioni finali' quasi a benedirne la riconferma, lo promuove vicedirettore generale. Poi, nel 2011, l'inizio del primo mandato da governatore. 

Agi News