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Nel 2022 il Pil italiano cresciuto oltre le stime del Governo

AGI – Nel 2022 il Pil italiano è cresciuto del 3,9%, mentre il Governo prevedeva nella Nadef il 3,7%. La notizia arriva dall’Istat che segnala anche che per quest’anno la crescita acquisita è dello 0,4%. Mentre nel quarto trimestre la stima è -0,1%, ma arriva a +1,7% su base annuale. 

Dopo sette trimestri consecutivi di crescita, l’economia italiana registra una lieve flessione congiunturale, mentre dal lato tendenziale continua, a ritmi meno sostenuti rispetto ai trimestri precedenti, il suo sviluppo. La stima preliminare che ha, come sempre, natura provvisoria, riflette dal lato dell’offerta una contrazione dei settori dell’agricoltura e dell’industria, e una lieve crescita nel comparto dei servizi.

Buone notizie sul fronte del lavoro a dicembre gli occupati sono 37mila in più, e nel 2022 sono +334. La disoccupazione resta stabile al 8,8%. 

Anche il Fondo Monetario Internazionale migliora le stime di crescita per l’Italia e rivede il Pil a +0,6 nel 2023 e a +0,9% nel 2024. 


Nel 2022 il Pil italiano cresciuto oltre le stime del Governo

Nel 2022 il caro-bollette è costato agli italiani 91,5 miliardi

AGI – Nel 2022 il caro bollette ha comportato un incremento dei costi per famiglie e imprese stimato in 91,5 miliardi di euro rispetto all’anno precedente. Lo calcola l’Ufficio studi della Cgia, secondo il quale le spese per l’energia elettrica sono aumentate del 109,5%, provocando un extra-costo pari a 58,9 miliardi, mentre quelle del metano sono cresciute del 126,4%, “alleggerendo” il portafoglio degli italiani di 32,6 miliardi.

“La stangata” ha colpito più le imprese che le famiglie: se le prime hanno pagato 61,4 miliardi in più, le seconde, invece, hanno sostenuto un costo ulteriore di 30 miliardi di euro.

A livello geografico, è il Nord-Est l’area più interessata dagli aumenti: rispetto al 2021 la stima degli extra-costi per energia elettrica e gas è salita del 118,1 per cento. Seguono il Nord-Ovest con il +116,6 per cento, il Centro con il +113,6 per cento e il Mezzogiorno con il +109,9 per cento.

A livello regionale, invece, il rincaro più importante ha interessato l’Emilia Romagna (+119,2 per cento), il Friuli Venezia Giulia (+119 per cento) e il Trentino Alto Adige (+118,3 per cento). In termini assoluti, ovviamente, le più penalizzate sono state le regioni più popolate e maggiormente interessate dalla presenza delle attività economiche, come la Lombardia (+20,8 miliardi), l’Emilia Romagna (+10,2 miliardi) e il Veneto (+10 miliardi di euro).

Allo stesso tempo, però, l’incremento del gettito riscosso è stato molto importante per la cessa pubbliche. Nei primi 11 mesi del 2022, infatti, le entrate tributarie erariali sono aumentate di 44,5 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Questo risultato è riconducibile a tre fattori: agli effetti del “decreto Rilancio” e del “decreto Agosto” – che tra il 2020 e il 2021 avevano disposto proroghe, sospensioni, ecc. – e, in particolar modo, agli incrementi dei prezzi al consumo che hanno spinto all’insù il gettito dell’Iva.

 


Nel 2022 il caro-bollette è costato agli italiani 91,5 miliardi

Conto salato per il gas nel 2022

AGI – Aumenta la bolletta del gas per le famiglie ancora in tutela. In base all’andamento medio del mercato all’ingrosso italiano nel mese di dicembre e per i consumi dello stesso mese, per la famiglia tipo in tutela si registra una crescita del +23,3% della bolletta, rispetto al mese di novembre. La componente del prezzo del gas a copertura dei costi di approvvigionamento (CMEMm), applicata ai clienti ancora in tutela, viene aggiornata da Arera come media mensile del prezzo sul mercato all’ingrosso italiano (il PSV day ahead) e pubblicata entro i primi 2 giorni lavorativi del mese successivo a quello di riferimento.

Per il mese di dicembre, che nelle prime settimane ha registrato quotazioni gas ancora particolarmente elevate (con punte di circa 135 /MWh) prima delle riduzioni di fine mese, il prezzo della materia prima gas (CMEMm), per i clienti con contratti in condizioni di tutela, è quindi fissato in 116,6 /MWh, pari alla media dei prezzi rilevati quotidianamente durante tutto il mese appena trascorso. Se l’Arera avesse utilizzato il vecchio metodo di aggiornamento della tutela gas (trimestrale ex-ante anziché mensile ex-post) durante tutto l’ultimo trimestre del 2022 si sarebbe applicata una CMEM di oltre 240 /MWh.

Il metodo adottato dall’Autorità ha consentito, invece, di applicare una CMEMm di 78 /MWh in ottobre e di 91,2/MWh in novembre. Malgrado questi risparmi, tuttavia, in termini di effetti finali, la spesa gas per la famiglia tipo nell’anno scorrevole (gennaio-dicembre 2022) è di circa 1.866 euro, +64,8% rispetto al 2021. Si ricorda che, come previsto dalla ‘Legge Bilancio’, per il I trimestre 2023 Arera ha già azzerato gli oneri generali di sistema anche per il gas. Confermata anche la componente negativa UG2 per i consumi gas fino a 5.000 smc/anno e la riduzione Iva sul gas al 5%.


Conto salato per il gas nel 2022

Promotor: “Le prospettive del mercato dell’auto per il 2022 rimarranno sfavorevoli”

AGI – Per il 2022 le prospettive per il mercato dell’auto rimarranno decisamente sfavorevoli “perché la pandemia morde più di quello che si pensasse e perché la crisi dei microchip sembra destinata a non trovare soluzioni in tempi brevi”: lo dichiara Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, commentando un 2021 ‘da dimenticare’ per il mercato aeuropeo dell’auto (25,5% sul 2019), con le vendite di auto ancora molto lontane dai livelli pre-apandemia.

Oggi la difussione dei dati definitivi  da parte di Acea sull’andamento delle vendite di autovetture nel 2021 in Europa Occidentale (UE+Efta+UK), ricorda il centro studi bolognese, ha fatto emergere un quadro fortemente negativo.

L’impatto del coronavirus sul mercato dell’auto dell’Europa Occidentale è stato  “devastate e, dopo il crollo del 2020 in cui la pandemia aveva prodotto lockdown molto pesanti, nel 2021 non vi è stato nessun recupero, anzi, le immatricolazioni hanno fatto registrare un nuovo calo sul 2020″. 

Il mancato recupero del 2021 è dovuto in parte anche alle difficoltà di reperimento di componenti essenziali per la fabbricazione di autoveicoli, come i microchip.

Al crollo della domanda generato dalla pandemia e dagli effetti che ha determinato sul piano economico e sociale si sono aggiunti, quindi, anche problemi di fornitura in quanto la carenza di microchip ha causato fermate produttive in molte fabbriche di automobili.

La crisi ha colpito tutti i mercati nazionali dell’area che nel 2021, rispetto al 2019, sono tutti in calo con la sola eccezione di quelli, molto piccoli, di Islanda e Norvegia. Non si sono certo salvati i cinque maggiori mercati, cioè quelli di Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna che assorbono il 70% delle immatricolazioni dell’area.

Il risultato peggiore lo ha fatto registrare la Spagna che nel 2021 rispetto al 2019 accusa un calo del 31,7%, seguita a ruota dal Regno Unito (-28,7%), dalla Germania (-27,3%), dalla Francia (-25,1%) e dall’Italia (-23,9%).

“Il risultato lievemente meno negativo del nostro paese – spiega Promotor – è dovuto al fatto che, sia pure con molti limiti, abbiamo varato un sistema di incentivi che alla prova dei fatti si è rivelato più efficace dei sostegni adottati negli altri paesi. Va anche segnalato che nella maggior parte dei mercati dell’Europa Occidentale vi è una sensibile crescita della quota delle auto elettriche. Ovunque si segnala però l’assoluta necessità di interventi pubblici per sviluppare le infrastrutture di ricarica, la cui carenza è attualmente la principale remora all’affermarsi della mobilità elettrica”.

 


Promotor: “Le prospettive del mercato dell’auto per il 2022 rimarranno sfavorevoli”

La platea coinvolta da Quota 102 e Quota 104 tra il 2022 e il 2023

AGI – “Quota 102 e 104, tra il 2022 e il 2023, coinvolgerebbe solo 10 mila persone circa. Lo rileva un’analisi dell’osservatorio Previdenza della Fondazione Di Vittorio e della Cgil nazionale. Una stima che è stata ricavata proiettando nel prossimo biennio i dati relativi a chi ha usufruito finora di Quota 100 e assumendo i nuovi vincoli anagrafici previsti dalla nuova norma: 64 e 66 anni.

“Dai nostri studi – afferma Ezio Cigna, responsabile Previdenza pubblica della Cgil nazionale – sarebbero 8.524 le persone coinvolte nel 2022 e 1.924 nel 2023, visto che molti dei soggetti che potrebbero perfezionare ‘Quota 102’ nel 2022 e ‘Quota 104’ nel 2023 hanno già il maturato il requisito di ‘Quota 100’ al 31 dicembre 2021”.

“In particolare – spiega il dirigente sindacale – nel 2022 potrebbero accedere a ‘Quota 102’ solo le persone con almeno 64 di età, ossia chi è nato dal 1956 al 1958 e con 38 anni di contributi, non un contributo in più altrimenti avrebbero maturato ‘Quota 100’, non un contributo in meno altrimenti non raggiungerebbero il requisito contributivo, essendo ‘Quota 102’ una misura della durata di un solo anno”.

“Nel 2023 – prosegue Cigna – potrebbero utilizzare ‘Quota 104’ esclusivamente le persone che avranno 66 anni di età, cioè nate nel solo 1957 e con 38 anni di contributi, e che non avevano maturato tale requisito nel 2021 così da poter usufruire di ‘Quota 100′”.

Per il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, la proposta di ‘Quota 102 e 104’, se venisse confermata dal Governo, costituirebbe una misura inutile, che non darebbe alcuna risposta. “Il punto principale non è come rendere più graduale l’uscita da ‘Quota 100’, ma come riformare complessivamente il sistema”.

“Da tempo – ricorda Ghiselli – abbiamo presentato unitariamente al Governo la nostra Piattaforma che prevede: una flessibilità in uscita per tutti dopo 62 anni di età o 41 anni di contributi; interventi che tengano conto della specifica condizione delle donne, dei lavoratori disoccupati, discontinui e precoci, dei lavoratori gravosi o usuranti; l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia per i più giovani”.

“È necessario – conclude Ghiselli – che il Governo ci convochi nei prossimi giorni e si dichiari disponibile ad aumentare sensibilmente le risorse previste nella prossima legge di Bilancio per la previdenza, attualmente pari alla cifra ‘simbolica’ di 602 milioni, e avanzi proposte che tengano conto dei contenuti della nostra Piattaforma unitaria”.


La platea coinvolta da Quota 102 e Quota 104 tra il 2022 e il 2023

L’Istat vede la disoccupazione in calo dal 2022, il Pil oltre le aspettative a +4,7% 

AGI – Il 2021 porterà una crescita dell’occupazione del 4,5% di pari passi con quella del Pil che è stimata al 4,7%, uno 0,3% in più rispetto a quanto stimato nel Def: è la previsione dell’Istat che nelle prospettive per l’economia italiana sottolinea che la disoccupazione calerà dal 2022 e che nei prossimi mesi “dovrebbero continuare a prevalere spinte inflattive”. 

L’occupazione

L’evoluzione dell’occupazione,misurata in termini di Ula (Unita’ di lavoro), “sarà in linea con quella del Pil, con una accelerazione nel 2021 (+4,5%) e un aumento nel 2022 (+4,1%)”. L’andamento del tasso di disoccupazione rifletterà invece “la progressiva normalizzazione del mercato del lavoro con un aumento nell’anno corrente (9,8%) e un lieve calo nel 2022 (9,6%)”.

Il Pil

L’Istat prevede “una sostenuta crescita” del Pil italiano sia nel 2021 (+4,7%) sia nel 2022(+4,4%). E’ quanto indica l’Istituto di statistica nelle prospettive per l’economia italiana nel 2021-22, in cui si evidenzia “un consolidamento del processo di ripresa dell’attività economica con una intensità crescente nei prossimi mesi”. Lo scenario, sottolinea, “incorpora gli effetti della progressiva introduzione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Si tratta di numeri migliori rispetto a quanto indicato dal governo nel Def meno di due mesi fa, quando si prevedeva per il 2021 una crescita del 4,5%.

L’inflazione

“Nei prossimi mesi dovrebbero continuare a prevalere spinte inflattive”, sottolinea l’Istat. “Oltre alle tendenze al rialzo che caratterizzano al momento i prezzi nelle fasi a monte della distribuzione finale, alla produzione e soprattutto all’importazione, un contributo determinante sarà fornito dalla ripresa dei costi energetici cui dovrebbe aggiungersi l’apporto inflazionistico proveniente dalla componente dei servizi” spiega l’istituto di statistica.Nella media del 2021, il tasso di variazione del deflatore della spesa delle famiglie è previsto crescere (+1,3%, -0,2% nel 2020) mentre il deflatore del Pil segnerà un incremento più contenuto (+0,9%, 3 decimi in meno rispetto al 2020). Sotto l’ipotesi che le pressioni al rialzo dei prezzi delle materie prime assumano caratteristiche transitorie e che ci sia una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio e del cambio, nel prossimo.

Cosa trainerà la crescita

Nel 2021, spiega l’Istat, il Pil verrà trainato dalla domanda interna che, al netto delle scorte, contribuirebbe positivamente per 4,6 punti percentuali; la domanda estera netta fornirebbe un limitato apporto positivo (+0,1 punti percentuali) mentre quello delle scorte sarebbe nullo in entrambi gli anni di previsione. “La fase espansiva dell’economia italiana è prevista estendersi anche al 2022 quando, verosimilmente, l’attuazione delle misure previste nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrebbe fornire uno stimolo più intenso” sostiene l’Istat. Nel 2022, il Pil è previsto aumentare (+4,4%) sostenuto ancora dal deciso contributo della domanda interna al netto delle scorte (per 4,5 punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un marginale contributo negativo (per -0,1 punti percentuali).


L’Istat vede la disoccupazione in calo dal 2022, il Pil oltre le aspettative a +4,7% 

Moody’s: il Pil dell’Italia crescerà del 5,6% nel 2021. Si tornerà a livelli pre-crisi nel 2022

AGI – Nel 2021 l’economia dell’Italia crescerà del 5,6% dopo il -9% del 2020. Lo prevede l’agenzia di rating Moody,s, secondo la quale Italia, Francia e Spagna “impiegheranno almeno fino al 2022” per tornare ai livelli pre-crisi. Per l’Europa Moody’s prevede che la economica “sarà lenta, irregolare e fragile”. Nel 2021 il Pil europeo crescerà a +4,6%, dopo una contrazione del 7,7% nel 2020. Solo la Lituania, secondo Moody’s, tornerà ai livelli pre-crisi nel 2021.

Per tutti gli altri Paesi i rischi “rimangono elevati e volti al ribasso”, per gli “sviluppi incerti della pandemia e le potenziali azioni dei governi”, costretti in molti casi a reintrodurre le restrizioni, che manterranno fino ai primi mesi di quest’anno. “Italia e Spagna – rileva Moody’s – sono particolarmente esposte alle restrizioni interne”, perché hanno delle economie molto dipendenti dal settore dei servizi.

In particolare risentiranno del minor afflusso di turisti. Secondo Moody’s, “la domanda di turismo internazionale è improbabile che torni ad avvicinarsi ai livelli precedenti fino a quando un vaccino efficace non sarà largamente in circolazione o non si avrà un trattamento che ridurrà significativamente i decessi”. Inoltre Italia, Francia e Spagna registreranno dei tassi di crescita più elevati nel 2021, ma ciò riflette in gran parte un rimbalzo “meccanico” dopo le notevoli contrazioni dello scorso anno e la loro produzione rimarrà ben al di sotto dei livelli pre-crisi.


Moody’s: il Pil dell’Italia crescerà del 5,6% nel 2021. Si tornerà a livelli pre-crisi nel 2022

Intesa tra Delta e il sindacato piloti, niente licenziamenti fino al 2022

AGI – La compagnia americana Delta, fiaccata dalle difficoltà del traffico aereo generate dalla pandemia, ha raggiunto un accordo con il sindacato che rappresenta i suoi 13.000 piloti al fine di evitare qualsiasi licenziamento fino al 2022. L’accordo deve ancora essere finalizzato e approvato dai membri del sindacato Alpa, ha riferito il direttore delle operazioni, John Laughter, in un messaggio ai dipendenti.

“Contiene diversi elementi che migliorano la qualità della vita consentendo al contempo a Delta di generare risparmi, cosa di cui l’azienda ha bisogno per evitare i licenziamenti, uno dei nostri obiettivi principali sin dall’inizio”, ha spiegato. Più di 40.000 dipendenti della compagnia hanno optato per piani di partenza volontaria, pensionamento anticipato e congedi non retribuiti, che hanno permesso a Delta di evitare di dover ricorrere a licenziamenti.

Secondo il sindacato dei piloti, l’accordo prevede tra l’altro che Delta possa ridurre la spesa per i piloti del 5% al mese. Oltre alle misure sulla qualità della vita, i piloti beneficiano in cambio di una modifica a loro favorevole dei contributi al risparmio previdenziale. Tuttavia, l’intesa scadrà se il governo degli Stati Uniti finirà per approvare un nuovo sostegno finanziario per l’intera industria aerea. Come altre grandi aziende del settore, Delta ha beneficiato fino al 30 settembre di sussidi per un totale di 25 miliardi di dollari per aiutare a pagare i salari.

Da quando i soldi non sono piu’ arrivati, i rappresentanti del settore aereo hanno fatto una campagna a Washington per un’estensione del sostegno finanziario, ma per il momento devono affrontare il blocco delle trattative tra Democratici e Repubblicani. Delta ha nuovamente subito una perdita netta di 5,4 miliardi di dollari nel terzo trimestre, appena inferiore ai 5,7 miliardi registrati nel secondo trimestre quando gran parte della popolazione mondiale e’ stata costretta a rimanere a casa per arginare la diffusione del Covid-19.

Agi