Sospesi i 126 licenziamenti a La Perla

Tregua d’agosto per la vertenza La Perla: sul tavolo al Mise, la proprietà (gli olandesi di Sapinda) ha accettato la sospensione della procedura di licenziamento per i 126 posti di lavoro, per la durata di 30 giorni, spiegando che si tratta di un primo segnale positivo di apertura al dialogo. Nessuna azione unilaterale verrà intrapresa dall’azienda, si legge in una nota diffusa dalla Regione Emilia Romagna, prima della nuova convocazione del tavolo presso il Mise per la prima metà di settembre.

Si tratta, informano istituzioni e sindacati, di un primo riconoscimento alle giuste richieste delle lavoratrici, in una situazione che rimane complessa ma nella quale almeno si apre uno spiraglio di dialogo e di tempo per trovare una soluzione alla crisi, con un nuovo piano industriale. In questo lasso di tempo, l’azienda e le organizzazioni sindacali “lavoreranno da subito per cercare soluzioni alternative – spiega ancora la Regione – per tutelare l’occupazione e assicurare l’applicazione degli ammortizzatori sociali”. L’obiettivo è “garantire la permanenza della produzione a Bologna e il varo di un piano industriale che possa rilanciare il marchio sui mercati nazionali e internazionali”.

La Perla nasce come laboratorio artigianale nel 1954 dalle mani sapienti e dal talento sartoriale di Ada Masotti, un’abile produttrice di bustier di Bologna. Oggi il brand, si legge sul sito aziendale ” è considerato dalle donne di tutto il mondo un punto di riferimento nell’ambito della luxury lingerie e del beachwear”.

La sospensione dei licenziamenti (il personale è quasi tutto femminile) arriva come una boccata di ossigeno nella calura agostana e viene accolto in maniera positiva dal presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e dai sindacati: “Un primo importante passo per iniziare una trattativa di merito sul futuro della Perla a Bologna”, commenta la Filctem-Cgil di Bologna e la Cgil di Bologna.

“Non possiamo credere – conclude Daniele Piras della Uiltec – che la proprietà voglia togliere dal mercato una realtà troppo competitiva per sopprimerla anziché salvarla. Ora attendiamo dalla controparte un piano industriale degno di questo nome”.

Agi