Privacy, la spina nel fianco di Facebook è questo avvocato austriaco di 30 anni

Max Schrems è un legale austriaco, 30enne, che da sette anni punta il dito contro Facebook. Schrems sta portando avanti una battaglia contro il network di Mark Zuckerberg per violazione dei diritti sulla protezione dei dati degli utenti. Il giovane Max si è ritrovato quasi per caso a fare il Davide contro Golia. Tutto è iniziato quando appena 23enne, decise di fare un semestre di studio per la laurea all'università di Santa Clara, nel bel mezzo della Silicon Valley, e, mosso dalla curiosità su come Facebook proteggeva i dati degli utenti, ha focalizzato la sua tesi proprio sul tema del rispetto della privacy da parte del social nel Vecchio continente.

Indagando per la tesi, Max ha scoperto che la società di Zuckerberg era a conoscenza di tantissime informazioni private degli utenti, che non scomparivano neppure con la cancellazione dal social network. In particolare, Schrems è rimasto scioccato nell'apprendere che il social network aveva accumulato 1.200 pagine sul suo conto, rastrellando tutti i suoi Like e ogni messaggio privato che avesse mai inviato.

Dopo la tesi l'avvocato ha presentato 22 denunce contro Facebook, sostenendo che il gruppo operava in aperta violazione della legge europea sulla protezione dei dati, minando il diritto fondamentale alla privacy. Già nel 2011, Schrems sosteneva che Facebook era un "monopolio" e che per contrastarla occorreva un'attenzione particolare da parte dei regolatori. Poi ha messo in piedi il gruppo "Europe versus Facebook", aprendo nei Tribunali di mezza Europa lo scontro contro Facebook, accrescendo via via la sua fama e diventando per il gruppo di Zuckerberg una specie di incubo.

Ovviamente l'affaire Facebook-Cambridge Analytica, che ha visto salire a 87 milioni i profili di utenti Facebook violati e manipolati, ha contribuito a rafforzare la fama di Schrems. Nell'agosto 2014 ben 25 mila utenti si sono affidati al lui, per intentare una class action contro il gigante Usa. La Corte Suprema austriaca interpellata sulla possibilità di intentare una class action a Facebook, ha chiesto alla Corte di Giustizia Ue un parere, per sapere se la magistratura austriaca avesse competenza sull'argomento. E lo scorso dicembre la Corte del Lussemburgo ha fatto sapere che l'avvocato trentenne di Salisburgo può rivolgersi a un tribunale austriaco per fare causa a Facebook Irlanda, ma solo a titolo personale e non per contro di altri soggetti e cioè non tramite una class action.

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Schrems non è però tipo da perdersi d'animo. Ora ha lanciato None of Your Business, un'organizzazione non-profit che ha l'obiettivo di sfidare più aziende con azioni legali sulla privacy, autorizzate dalla minaccia di nuove multe più pesanti in base alla legislazione che entrerà in vigore in Europa a maggio. Intervistato dal Financial Times, Schrems si è messo a ridere quando gli hanno chiesto se con le sue cause intendesse fare la morale a Facebook.

"No, non la penso così", ha risposto, spiegando che i Tribunali non servono per dare lezioni di morale, ma possono limitare la capacità delle grandi aziende di manipolare le nostre vite private e possono incrinare la convinzione tipica di quelli come Facebook che "noi siamo della Silicon Valley e sappiamo cosa è giusto per tutti gli altrì. Il modo con cui Cambridge Analytica ha violato i dati degli utenti Facebook non lo sorprende. "Ora dicono che è una hack – spiega al Ft – sette anni fa la chiamavano configurazione. Se fin da allora avessero seguito la legge, non saremmo a questo punto".

Già nel 2015 Facebook ha limitato l'accesso ai dati da parte degli sviluppatori e, a seguito delle ultime rivelazioni, ha promesso ulteriori miglioramenti in difesa della privacy. Ma secondo Schrems non basta, perchè il problema è nell'enorme quantità di dati posseduti da Facebook. "Cambridge Analytica – osserva – è un reparto per bambini rispetto a quello che è realmente fa Facebook", "il vero problema – ribadisce – è quello della privacy".

Cosa cambierà con la nuova legge sulla privacy

La legge sulla privacy in Europa sta per subire un cambiamento decisivo. Il regolamento generale sulla protezione dei dati entrerà in vigore il 25 maggio, armando i regolatori della possibilità di imporre multe extra-large, che potranno superare i 20 milioni di dollari, o arrivare fino al 4% del fatturato globale, che per Facebook significherebbe sanzioni superiori agli di 1,5 miliardi di dollari. Inoltre, la nuova normativa consentirà azioni legali sul modello delle class action, cioè permetterà ai consumatori di unirsi per proteggere il loro diritto alla privacy. Una class action, rileva Schrems, potrebbe rivelarsi mortale anche per un colosso come Facebook: "Se 50 milioni di persone le facessero causa per 2.000 dollari ciascuna, l'effetto sarebbe letale" perchè l'azienda dovrebbe far fronte a un risarcimento danni di cica 100 miliardi di dollari.

"Anche per Facebook – dice l'avvocato – questa sarebbe una quantità di soldi semplicemente folle". E anche per questo ora Facebook "sta esaminando più da vicino i dati che sta raccogliendo". In passato Schrems ha sempre avuto difficoltà a pagare gli avvocati e a far fronte alle spese legali nella sua battaglia contro Facebook: la creazione di None of Your Business, punta proprio a superare questa impasse e a rendere più facile in futuro avviare le cause giudiziarie collettive a protezione della privacy.

Parte del problema, osserva Schrems, è che le questioni legali riguardanti la privacy e i termini di servizio delle aziende in proposito sono spesso incomprensibili per una persona di media cultura. "Come può un utente lavorare per 10 ore al giorno, poi tornare a casa e capire come funziona l'algoritmo di Facebook? Non lo capisco io che me ne occupo da sette anni".

Come emerge dall'intervista al Ft, Schrems non è un tipo anti-tech: usa ancora Facebook e impiega molte emoji su Twitter. Per la sua campagna anti-Facebook ha adottato un'app che aiuta gli utenti a richiedere i propri dati da Facebook. Inoltre, ha appena tre anni in meno di Mark Zuckerberg, il fondatore del social network. A parte questo però c'è ben poco che lo avvicina al capo di Facebook. Zuckerberg è pieno di soldi ed è convinto che connettere le persone su un social network globale diffonda la democrazia. Schrems invece è cresciuto a Salisburgo e forse queste sue radici mitteleuropee lo rendono così sensibile alla privacy. Inoltre non è per niente ricco, ha due appartamenti, uno in cui vive e un altro che affitta e col quale integra il suo reddito.

Finora, conclude, "sono stato l'unico europeo che ha cercato di far rispettare i suoi diritti con Facebook. Ma se dimostro che un'azione del genere può essere eseguita da uno studente dal suo ufficio di casa, allora tutti potranno capire quanto sia assurda questa realtà" e fare causa sulla privacy ad aziende come Facebook diventerà una cosa normale. 

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