Perché Moody’s ci ha tagliato il rating

Giornata di passione sul fronte del debito sovrano. Mentre lo spread va in altalena, sfondando quota 340 punti per poi ripiegare sulla scia dei toni concilianti del commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici, Bankitalia lancia l'allarme sulla fuga di capitali dall'Italia, con sempre più investitori stranieri che vendono i nostri titoli di Stato. Ma la tegola più dura arriva in serata, con Moody's – una delle tre grandi agenzie di rating (le società che valutano l'affidabilità degli emettitori di titoli di debito, siano essi aziende o Stati) 7- che abbassa di un gradino la valutazione sull'Italia a Baa3, appena un gradino sopra i livelli considerati speculativi, ovvero "spazzatura". Si attendono lunedì le reazioni dei mercati. L'abbassamento del rating fa scattare, spesso automaticamente, ingenti ordini di vendita da parte di numerosi investitori. Ciò significa che le tensioni finanziarie intorno al nostro debito potrebbero aumentare ulteriormente nei prossimi giorni. 

Quali sono le ragioni del declassamento, secondo Moody's?

  • Il deficit è stato alzato oltre le previsioni

Moody's punta il dito su "un indebolimento della politica fiscale con un deficit di bilancio più alto per i prossimi anni rispetto a quanto l'agenzia aveva assunto in precedenza". Il debito pubblico italiano, spiega, "si stabilizzerà in rapporto al Pil intorno all'attuale 130% nei prossimi anni piuttosto che iniziare la fase discendente come era atteso. Inoltre il trend del debito pubblico è soggetto alla debolezza delle prospettive economiche che potrebbe alla fine comportare un ulteriore aumento del debito stesso dal già elevato livello attuale. L'agenzia parla poi di "implicazioni negative per la crescita italiana nel medio periodo per lo stop ai piani di riforme economiche e fiscali".

  • Gli stimoli non faranno crescere abbastanza il Pil

Secondo Moody's "lo stimolo fiscale" contenuto nella manovra "fornirà un impulso alla crescita più limitato rispetto a quanto ipotizza il governo". Dopo un temporaneo aumento della crescita dovuto alla politica fiscale espansiva, l'agenzia di rating si aspetta che il Pil torni a un livello attorno all'1%. 

  • Non c'è un'agenda di riforme coerente

A parere di Moody's, i programmi di politica fiscale ed economica del governo "non comprendono un'agenda coerente di riforme che spinga, in modo sostenuto, la crescita dell'Italia attualmente inferiore ai propri partner". 

L'outlook (cioè il giudizio sulle prospettive future) rimane però stabile. Secondo Moody's, l'Italia "mostra ancora importanti punti di forza del credito che bilanciano l'indebolimento delle prospettive fiscali". Tali punti di forza "comprendono un'economia molto ampia e diversificata, una solida posizione estera con avanzi delle partite correnti e una posizione di investimento internazionale pressoché equilibrata. Le famiglie italiane hanno inoltre un alto livello di ricchezza e un importante cuscinetto contro gli shock futuri oltre a rappresentare una potenziale fonte di finanziamento per il governo".

L'economia rallenta e gli investitori esteri riducono il portafoglio di titoli italiani, emerge poi dal Bollettino economico della Banca d'Italia, secondo il quale nel terzo trimestre dell'anno il Pil è cresciuto di appena lo 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti dello 0,1%. Per via Nazionale, "l'attivita' avrebbe segnato un incremento nei servizi, mentre sarebbe rimasta stazionaria nell'industria in senso stretto. Il valore aggiunto delle costruzioni avrebbe proseguito a espandersi a un ritmo moderato".

L'allarme di Bankitalia

Ma il dato più preoccupante è un altro: secondo Bankitalia, nei primi otto mesi del 2018 "gli investitori non residenti hanno ridotto le loro consistenze di titoli di portafoglio italiani di 42,8 miliardi: i disinvestimenti hanno riguardato soprattutto i titoli pubblici (24,9 miliardi) e le obbligazioni bancarie (12,4 miliardi)". Gli acquisti di titoli pubblici italiani effettuati da non residenti nel periodo tra gennaio e aprile (41,7 miliardi) sono stati piu' che compensati dalle vendite registrate in maggio e in giugno (57,9 miliardi nei due mesi), in concomitanza con le tensioni sui mercati finanziari del nostro Paese", si legge nel Bollettino. "A luglio e agosto gli investitori esteri hanno venduto titoli del debito sovrano complessivamente per 8,7 miliardi".

Limitatamente al solo agosto, gli investitori esteri hanno venduto titoli di portafoglio italiani – tra titoli di Stato e obbligazioni bancarie – per 17,8 miliardi (di cui 17,4 mld di titoli pubblici). Tra maggio e giugno, in occasione dell'insediamento del nuovo governo giallo-verde, il 'sell off' di titoli di Stato italiano era stato massiccio, pari a 58 miliardi di euro, mentre a luglio gli investitori esteri erano tornati in attivo di oltre 8 miliardi di euro. Ad agosto pero' la forte volatilita' dello spread ha spinto nuovamente gli investitori esteri alla fuga, un segnale pericoloso per un paese che ha un debito pubblico di 2.342 miliardi di euro e che ogni anno deve raccogliere almeno 400 miliardi di euro sui mercati per finanziarsi. Inoltre occorre anche tener presente che gli investitori esteri, sebbene, in calo, detengono ancora il 26% del nostro debito pubblico.

Agi News