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Petrolio: i motivi del rialzo e perché potrebbe tornare a 80 dollari al barile

I prezzi del petrolio continuano la loro corsa dopo aver toccato ieri i massimi da tre anni. Alcuni analisti sostengono che gli effetti dei tagli decisi dall'Opec Plus (i 14 Paesi produttori del cartello più gli altri 10 con in testa la Russia) all'inizio del 2017 stiano cominciando a dispiegare i loro effetti. In realtà, gli osservatori piu' attenti non condividono appieno tale visione. La gerarchia dei motivi che ha fatto tornare i prezzi di Brent e Wti ai livelli di dicembre 2014 vede al primo posto le tensioni geopolitiche. In particolare, quelle con l'Iran stretta tra contrasti interni e internazionali con lo spettro di nuove sanzioni; c'è poi la ripresa economica globale e solo dopo le decisioni prese a Vienna a novembre 2016.

Secondo l'ultimo report della divisione commodity di Citigroup tra i fattori principali che influenzeranno l'andamento delle quotazioni quest'anno c'è proprio l'Iran. Bisognerà capire cosa succederà, quali saranno le prossime mosse del presidente Usa Donald Trump, in ogni caso la sola incertezza sta contribuendo in maniera determinante all'impennata dei prezzi. Nuove sanzioni, spiega il rapporto di Citi, porrebbero il problema per Teheran di dislocare "almeno 500.000 barili al giorno delle esportazioni di greggio, specialmente quelle dirette in Corea e in Giappone e in alcuni paesi europei". Tale eventualità per la banca d'affari vale 5 dollari in più per il barile.

Ci sono poi le debolezze di cinque produttori Opec – Iran, Iraq, Libia, Nigeria e Venezuela – le cui interruzioni nelle forniture quest'anno potrebbero aumentare rispetto al 2017 quando 'costarono' 2 milioni di barili al giorno. L'instabilità politica ed economica interna di questi paesi, stima Citi, potrebbero togliere dal mercato fino a 3 milioni di barili al giorno. "Se ciò si verificasse nel 2018, e in particolare nella prima metà dell'anno, il petrolio sarebbe molto probabilmente scambiato tra i 70 e gli 80 al barile", evidenzia la banca d'affari americana.

Il ministro dell'Energia degli Emirati Arabi Uniti, Suhail Mohammed Al Mazrouei, che è anche il presidente dell'Opec, ha affermato che "il riequilibrio prosegue, tutti i fattori sono positivi e saremo in grado di realizzare l'equilibrio entro la fine del 2018". Il ministro, parlando alla Cnbc araba, ha precisato che gli stock di petrolio hanno continuato a diminuire, ma che "occorre ancora ridurre le eccedenze di 100 milioni di barili". Secondo il ministro l'accordo Opec e non Opec va applicato e prolungato per tutto il 2018.

Bisognerà vedere se tutti la penseranno così i primi di giugno quando i 24 paesi dell'Opec Plus si rivedranno per un aggiornamento sulla situazione del mercato petrolifero. Soprattutto se si sarà realizzata la previsione di Citigroup e il prezzo del greggio sarà arrivato a 80 dollari al barile. 

Agi News

Gas, parte per gli Usa primo carico Gnl da maxi progetto Yamal Lng

Andrà agli Stati Uniti il primo carico di gas naturale liquefatto (Gnl) proveniente dal maxi progetto Yamal Lng, nella regione autonoma di Yamal-Nenets, oltre il circolo polare artico, voluto dalla società privata russa Novatek. Lo scrivono il quotidiano Kommersant e la testata specializzata Lng World News.

Secondo i dati del portale Marine Traffic, la nave cisterna Gaselys, della compagnia francese Engie, sta trasportando un carico di Gnl russo dal terminal britannico di Isle of Grain verso Boston, per la precisione verso il rigassificatore di Everett. La Gaselys è arrivata a Isle of Grain subito dopo la prima consegna di Gnl effettuata dall'impianto Yamal Lng e che già era stato dichiarato sarebbe stato riesportato. L'acquirente del primo carico da Yamal Lng è stata la filiale britannica della malese Petronas, la Petronas UK Limited.

Kommersant riferisce che il gas dalla Russia è stato trasportato sulla 'Christophe de Margerie', la prima nave rompighiaccio per il trasporto di Gnl al mondo, costruita appositamente per servire l'impianto Yamal Lng. Engie è stata poi l'acquirente finale. Secondo Marine Traffic, la nave cisterna arriverà a Boston il 22 gennaio.

L'aumento della richiesta di Gnl negli Stati Uniti è dovuto, secondo i media specializzati, all'ondata di gelo che ha colpito la costa orientale del paese. A causa di queste condizioni, i prezzi del gas negli Usa sono pù' alti di quelli sul mercato asiatico, a cui principalmente sarebbe diretto il gas prodotto da Yamal Lng. Secondo i dati della dogana statunitense, il carico della Gaselys sarà il primo lotto d'importazione ad arrivare al terminal di Everett dal 2014.

Novatek ha lanciato la prima linea dell'impianto Yamal Lng a inizio dicembre. Il volume della prima spedizione ammontava a 170.000 metri cubi di gas. Il numero uno di Novatek, Leonid Mikhelson, aveva ipotizzato che le prime spedizioni sarebbero state destinate alla Cina.

Yamal Lng è un progetto operato dal consorzio composto da Novatek (50,1%), dalla francese Total (20%), dai cinesi di Cnpc (20%) e Fondo di investimento Silk Road (9,9%) e sfrutta il gas estratto da uno dei piu' grandi giacimenti al mondo, quello del campo di Sud Tambey, nella penisola di Yamal. La Christophe de Margerie è la prima imbarcazione di una flotta che in totale conterà 15 rompighiaccio per Gnl della stessa classe (Arc7) e grazie alle quali Yamal Lng mira a esportare 16,5 milioni di tonnellate (Mtpa) di Gnl.

Il progetto prevede tre fasi di lancio da 5,5 Mtpa ogni anno a partire dal 2017, fino al 2019. Le navi sfrutteranno la rotta artica per arrivare in Asia ed Europa 365 giorni l'anno, aprendo di fatto un nuovo canale per l'esportazione del gas siberiano. Novatek prevede circa 230 spedizioni all'anno. Anche grazie allo scioglimento dei ghiacci, trasportare gas lungo la calotta artica riduce i tempi di navigazione verso i mercati della regione Asia-Pacifico, con cui è stato sottoscritto circa il 96% dei contratti di fornitura a lungo termine. Si passa dai 32 giorni, che si impiegano oggi attraverso il canale di Suez, a 18 giorni.

Agi News

“L’iPhone crea dipendenza, evitatelo”. La lettera-denuncia di due investitori Apple 

Jana Partners e Calstrs, il fondo pensioni degli insegnanti della California, due investitori di Apple, hanno scritto alla compagnia affinché introduca più tutele contro il rischio per i bambini di assuefazione o disturbi mentali per un uso eccessivo degli iPhone. Secondo i due investitori potrebbero esserci "effetti collaterali negativi indesiderati" nell'utilizzo degli smartphone da parte di bambini e adolescenti e pertanto invitano Apple a svolgere ricerche su questo argomento e introdurre limiti di tempo e sui contenuti degli iPhone usati dai bambini.

"C'è la chiara esigenza da parte di Apple – si legge nella lettera inviata alla società – di offrire ai genitori più opzioni e strumenti per aiutarli a capire se i giovani consumatori stiano usando i dispositivi nel modo ottimale". "Affrontare questo tema – aggiungono i due investitori – consentirà di rafforzare il valore a lungo termine degli azionisti".

Secondo quanto scrive il Corriere della sera, tra le proposte dei due fondi figurerebbero:

  • la creazione di un comitato di esperti, che includa specialisti dello sviluppo dei bambini;
  • la condivisione delle informazioni di Apple con i ricercatori;
  • e l’aumento di software che permetta ai genitori più opzioni per la protezione della salute dei loro bambini, visto che esistono ormai numerosi studi che dimostrano come l’uso eccessivo di smartphone e social media ha un impatto negativo sulla salute fisica e mentale dei giovani.

Le nuove tecnologie sono una distrazione in classe, diminuiscono la capacità degli studenti di concentrarsi sui compiti e possono aumentare il rischio di depressione e suicidio, ricordano i due fondi.

Bloomberg, secondo quanto riporta Repubblica, aggiunge come il problema giovani-tecnologia sia sempre più sentito a livello globale. "Ha fatto notizia la scelta francese di bandire gli smartphone dalle scuole, mentre il co-fondatore di Android – Andy Rubin – ha in programma di sviluppare l'intelligenza artificiale in modo da garantire ai telefoni di compiere le azioni routinarie senza busogno di essere fisicamente impugnati. Al momento, annota l'agenzia finanziaria, Apple ha come restrizione la funzione "Ask to Buy", che si limita a chiedere il permesso per effettuare acquisti".

Per altro, nella lettera dei fondi si cita uno studio della University of Alberta secondo il quale i due terzi degli insegnanti sentiti in un sondaggio dicono che il numero degli studenti distratti dalle tecnologie in aula sta salendo e ben il 75% dice che le abilità "tradizionali" degli alunni stanno sfumando. Da quando le tecnologie "personali" sono entrati in aula, il 90% dei professori vede una crescita delle difficoltà emotive e sociali dei ragazzi.

All'inizio di dicembre anche Facebook ha affrontato questo tema, lanciando sul mercato Usa Messanger Kids, una app rivolta agli 800 milioni di utenti della sua applicazione di messaggistica, la quale consente di scambiare messaggi sin da piccoli, ma sotto il controllo dei genitori.

L'obiettivo di Facebook è quello di sfruttare il business dell'utilizzo dei social network da parte dei più piccoli, ma tutelando la fascia di età tra i 6 e i 12 anni. Questa fascia di età ha recentemente destato forti preoccupazioni a causa dei video clone dei cartoni animati, in versione violenta diffusi in Rete, specie su YouTube. Per ora Messenger Kids verrà installata in prova per alcuni gruppi di utenti su iPhone e iPad (Apple iOS), per mandare messaggi e fare videochat, ma sarà presto inclusa tra le app di Google e Amazon (Android).

Agi News

Sacchetti biodegradabili per la spesa: 8 punti fermi 

Il primo gennaio del 2018 è entrato in vigore l’obbligo per gli italiani di usare esclusivamente sacchetti biodegradabili per pesare le merci sfuse nei supermercati, e questa mossa non è piaciuta molti. Alcuni accusano il governo di aver inventato una tassa nascosta a danno delle famiglie, altri di aver fatto un regalo ad aziende che producono buste di plastica e che sarebbero vicine al Pd. Per fare chiarezza, ecco alcune cose che è bene sapere:

1) Approvata ad agosto, la legge dispone il bando dei sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri utilizzati per imbustare frutta, verdura, carne, pesce e affettati, che sono così sostituiti da buste monouso biodegradabili e compostabili. Si tratta dei cosiddetti ‘sacchetti ortofrutta’ che usiamo per la pesatura delle merci nei supermercati.

2) Verdure sì, mozzarelle no. Come riporta il Sole 24 Ore, la norma si applica esclusivamente alle borse di plastica a parete sottilissima usate per fini di igiene. Questo esclude tutti gli altri tipi di sacchetto di plastica più spessa, come quelli in cui si mettono le mozzarelle o il pane, che possono essere omaggio e non devono essere biodegradabili.

3) Dal primo gennaio quindi “Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati”. L’obbligo nasce dall’esigenza di rendere il consumatore consapevole del costo e delle conseguenze nell’abuso degli imballaggi.

4) Secondo le prime rilevazioni compiute dall’Osservatorio di categoria, il prezzo dei sacchetti oscilla tra 1 e 3 centesimi di euro, e in Italia se ne consumano ogni anno tra i nove e i dieci miliardi. Se si considera che le famiglie italiane effettuano in media 139 spese l’anno (dall'analisi GFK-Eurisko presentati a Marca 2017), il costo complessivo per ciascuna famiglia sarà compreso tra i 4,17 euro e i 12,51 euro l’anno.

5) La legge, a differenza di quanto è stato detto, non è stata imposta dall’Europa. La direttiva comunitaria prescrive esclusivamente che le buste della spesa siano a pagamento. Più precisamente, la direttiva 2015/720 stabilisce che “Gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron (i sacchetti ortofrutta, ndr) fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi”. Quindi l’Italia ha deciso autonomamente di imporre l’obbligo.

6) Portare le buste da casa è possibile, come ha spiegato Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della salute: “Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti. Il riutilizzo dei sacchetti determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche”. Naturalmente spetta al titolare dell’esercizio commerciale “la facoltà di verificare l’idoneità dei sacchetti monouso introdotti”.

7) I negozianti non possono continuare a fornire sacchetti del vecchio tipo, utilizzando la scusa che “si devono finire le scorte”. Come ha spiegato a Eco delle Città Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, “La questione delle scorte non esiste. Questa legge è stata notificata a Bruxelles a novembre dell’anno scorso. Ed è stata discussa in Parlamento nella primavera 2016. È un anno e mezzo che si conoscono perfettamente le tempistiche dell’entrata in vigore della legge”.

8) All’indomani dell’entrata in vigore della legge è diventata virale l’ipotesi secondo la quale la norma fosse stata creata per fare un regalino alla Novamont, azienda leader nella produzione del materiale utilizzato per la produzione dei sacchetti e ritenuta ‘in area’ Pd e vicina al segretario del partito Matteo Renzi. Al centro del fuoco di fila di alcuni quotidiani e di una ‘catena di Sant’Antonio’ girata sui social network, la figura dell’amministratore delegato di Novamont, Catia Bastioli, che sei anni fa è stata invitata a parlare alla Leopolda. In realtà la Novamont non produce sacchetti, ma solo la materia prima. L’intera filiera conta centocinquanta aziende, che sicuramente trarranno vantaggio dalla legge, ma non è una ragione sufficiente per parlare di ‘regalie’.

Un fact checking: “Ma alla fine, l'azienda Novamont produce sacchetti bio o no?”

Agi News

Così gli e-sport potranno aprire le porte della Cina a Google

Gli e-sport in Usa e Asia hanno generato un giro di affari di 463 milioni nel 2016, di 696 milioni nel 2017 e, secondo il report annuale di Newzoo (la mappa più autorevole dei numeri degli e-sport), la previsione è che si possa arrivare a 1,5 miliardi. Ci sono sponsor come Intel,  Samsung, MasterCard e Coca Cola che nel 2016 hanno speso circa 320 milioni per finanziare e mettere i loro nomi sulle casacche delle squadre nei tornei. Non solo gaming, l’attività di giocare ai videogame da fine ottobre per il Comitato Olimpico è uno sport a tutti gli effetti.

È questo il quadro su cui si muove Chushou, piattaforma di Mobile Game in live-stream, che ha chiuso un round serie D e su cui ha investito anche Google. Chushou ha sviluppato una una piattaforma online in cui gli utenti possono trasmettere in streaming i loro giochi per cellulari. 

Live streaming. Chushou ha sviluppato una piattaforma cinese che offre ai giocatori Mobile un modo per trasmettere in streaming i giochi che si stanno riproducendo in quel momento. In questo modo altri possono guardare ciò che si sta facendo e come si sta giocando, con la possibilità di chattare con altri utenti.

I numeri. L’azienda ha dichiarato di avere 8 milioni di streamer, 250.000 live stream al giorno, 100 mila giocatori e vanta la comunità online di Mobile Game più attiva in Cina. ”Chushou ha costruito una piattaforma impressionante, con una base in rapida crescita di creatori di contenuti e consumatori e piani di espansione intelligenti” ha dichiarato Frank Lin, che supervisiona lo sviluppo aziendale di Google nell'Asia settentrionale.

Perché Big G investe in Chushou. Per Google l’investimento in Chushou è la possibilità di aprire nuove strade per la Cina, dove il suo motore di ricerca è bloccato dal 2012, per la startup basata a Pechino il tentativo di espandersi Oltreoceano. Nel 2015, Google aveva partecipato al round di Mobvoi, startup cinese di intelligenza artificiale. Tasselli di una strategia di conquista del mercato, in cui rientrano anche lo sviluppo di un laboratorio di intelligenza artificiale in Cina e la presenza, il mese scorso, dell'amministratore delegato di Google Sundar Pichai alla Cyberspace Administration of China.

 

Agi News

società quotate investitori stranieri

Non si ferma l'avanzata degli investitori esteri in Italia: più della metà delle aziende quotate è stabilmente in mano agli stranieri. Lo sottolinea un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo cui oltre il 41% delle quote delle società per azioni made in Italy è posseduto da famiglie, mentre sui listini della borsa finanziaria dominano gli azionisti internazionali, titolari di oltre il 51% delle spa quotate. In mano alle banche, l'8% delle società per azioni, quota che si avvicina al 10% se si limita l'analisi alle sole aziende quotate. Allo Stato, il 5,13% delle imprese e il 3,65% delle quotate.

"L'impoverimento dei nostri capitali favorisce l'ingresso degli stranieri"

"È uno degli effetti della crisi: l'impoverimento dei nostri capitali ha favorito l'acquisto delle aziende da parte di colossi esteri – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara – L'ingresso degli stranieri nel mercato finanziario italiano, che nonostante tutto ha valori importanti e in crescita, non è necessariamente un fattore negativo. Dipende, però, dalle intenzioni: se si tratta di investimenti di lungo periodo va bene, mentre se le operazioni sono dettate dalla speculazione, allora c'è da preoccuparsi".

Lo studio dell'associazione, basato su dati della Banca d'Italia aggiornati al primo semestre 2017, rivela che è in mano alle famiglie il 41,68% delle società per azioni rispetto al 43,13% del 2016. Gli stranieri sono passati dal 23,73% al 24,38%, le imprese dal 14,20% al 16,55%, le banche dall'11,14% all'8,34%, lo Stato da 5,23% al 5,13%, le assicurazioni e i fondi pensione dal 2,03% al 2,83%; quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (stabili allo 0,66%) e agli enti di previdenza (dallo 0,26% allo 0,44%).

Chi vince e chi perde

Complessivamente, il valore delle società per azioni è cresciuto, dal primo semestre del 2016 al primo semestre del 2017, dell'1,65%, con una impennata di 32,8 miliardi, salendo dai 1.985,4 miliardi dello scorso anno ai 2.018,2 miliardi di quest'anno. Bilancio negativo per le famiglie, che hanno perso valore per 15.07 miliardi (-1,76%) da 856,2 miliardi a 841,1 miliardi, per le banche, che hanno perso valore per 52,7 miliardi (-23,87%) da 221,08 miliardi a 168,3 miliardi, per lo Stato centrale, che ha perso valore per 217 milioni (-0,21%) da 103,7 miliardi a 103,5 miliardi. Sorridono, invece, gli investitori stranieri, le cui quote sono salite di 28,08 miliardi (+6,05%) da 463,9 miliardi a 492,03 miliardi, le imprese, che hanno 51,9 miliardi in più (+18,43%) da 281 miliardi a 333,9 miliardi, le assicurazioni e i fondi pensione che registrano "plusvalenze" per 16,9 miliardi (+42,06%) da 40,7 miliardi a 57,1 miliardi. Variazione positiva anche per le quote delle amministrazioni locali, salite di 296 milioni (+2,27%) da 13,01 miliardi a 13,3 miliardi, e per quelle degli enti di previdenza, cresciute di 3,6 miliardi (+70,29%) da 5,1 miliardi a 8,7 miliardi. 

Per quanto riguarda le società per azioni presenti a Piazza Affari, il valore complessivo è cresciuto di 45,6 miliardi (+9,70%), dai 470,02 miliardi del 2016 ai 515,6 miliardi del 2017. Il primato nell'azionariato spetta agli investitori esteri detentori del 51,27% delle quote, in aumento rispetto al 50,60% del 2016. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 22,77% (era il 18,98%), le famiglie col 10,77% (era il 12,27%), le banche col 9,76% (era il 10,21%), lo Stato col 3,65% (era il 4,05%), le assicurazioni e i fondi pensione con l'1,03% (era il 3,21%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (dallo 0,59% allo 9,64%) e agli enti di previdenza (dallo 0,09% allo 0,11%).

Gli azionisti esteri hanno "guadagnato" 26,5 miliardi (+11,15%) da 237,8 miliardi a 264,3 miliardi, le imprese hanno 28,2 miliardi in piu' (+31,62%) da 89,2 miliardi a 117,4 miliardi, mentre le famiglie hanno perso 2,1 miliardi (-3,67%) da 57,6 miliardi a 55,5 miliardi. Bilancio positivo, poi, per le banche con un aumento delle quote di spa quotate pari a 2,3 miliardi (+4,79%) da 48,01 miliardi a 50,3 miliardi; giù le quote di assicurazioni e fondi pensione di 9,7 miliardi (-64,89%) da 15,07 miliardi a 5,2 miliardi. Le quote in mano allo Stato centrale sono calate di 216 milioni (-1,14%); variazione positiva per quelle delle amministrazioni locali, salite di 508 milioni (+18,30%) da 2,7 miliardi a 3,2 miliardi, e per quelle degli enti di previdenza, salite di 180 milioni (+44,33%) da 406 milioni a 586 milioni. 

Agi News

Il Black Friday di Amazon farà fallire i saldi invernali? 

Ennesimo flop per i saldi invernali. Lo prevede il Codacons, che sta monitorando la propensione degli italiani alla spesa durante i prossimi sconti di fine stagione, in partenza in tutto il paese il prossimo 5 gennaio. Ancora una volta le vendite durante i saldi faranno registrare una contrazione, spiega l'associazione, con un budget medio nazionale che scenderà a 168 euro a famiglia, in calo del 4% rispetto agli sconti di fine stagione del 2017. Le famiglie infatti non prevedono di effettuare grandi acquisti durante gli sconti né dedicheranno significativi budget di spesa ai saldi, al punto che solo il 40% degli italiani conta di approfittare delle vendite di fine stagione per fare qualche acquisto nei negozi.

"Il flop dei saldi è da attribuire a diversi fattori – spiega il presidente Carlo Rienzi – far partire gli sconti a ridosso delle festività natalizie e di Capodanno è una scelta suicida, perché i portafogli degli italiani risultano già svuotati dalle spese per regali, pranzi e cenoni; quest'anno poi ad influire è anche l'effetto 'Black Friday' che, grazie ai suoi 4 giorni di sconti speciali nei negozi, ha portato molti consumatori ad anticipare acquisti che avrebbero magari fatto durante i saldi. Infine a decretare la morte delle vendite di fine stagione troviamo il commercio online il quale, grazie a promozioni valide tutto l'anno, attira un numero sempre crescente di cittadini". 

Dieci consigli per evitare fregature

Infine, come ogni anno il Codacons diffonde il decalogo con i 10 consigli d'oro per evitare fregature durante i saldi e fare acquisti in tutta sicurezza:

  1. Conservare sempre lo scontrino: non è vero che i capi in svendita non si possono cambiare. Il negoziante è obbligato a sostituire l'articolo difettoso anche se dichiara che i capi in saldo non si possono cambiare. Se il cambio non è possibile, ad esempio perché il prodotto è finito, avete diritto alla restituzione dei soldi (non ad un buono). Si hanno due mesi di tempo, non 7 o 8 giorni, per denunciare il difetto.
  2. Le vendite devono essere realmente di fine stagione: la merce posta in vendita sotto la voce "Saldo" deve essere l'avanzo di quella della stagione che sta finendo e non fondi di magazzino. Stare alla larga da quei negozi che avevano gli scaffali semivuoti poco prima dei saldi e che poi si sono magicamente riempiti dei più svariati articoli. È improbabile, per non dire impossibile, che a fine stagione il negozio sia provvisto, per ogni tipo di prodotto, di tutte le taglie e colori.
  3. Girare. Nei giorni che precedono i saldi andare nei negozi a cercare quello che interessa, segnandone il prezzo; si può così verificare l'effettività dello sconto praticato ed andare a colpo sicuro, evitando inutili code. Non fermarsi mai al primo negozio che propone sconti ma confrontare i prezzi con quelli esposti in altri esercizi. 
  4. Consigli per gli acquisti. Cercare di avere le idee chiare sulle spese da fare prima di entrare in negozio: così si è meno influenzabili dal negoziante e si corre meno il rischio di tornare a casa colmi di cose, magari anche a buon prezzo, ma delle quali non si aveva alcun bisogno. Valutare la bontà dell'articolo guardando l'etichetta che descrive la composizione del capo d'abbigliamento (le fibre naturali ad esempio costano di più delle sintetiche). Pagare un prezzo alto non significa comprare un prodotto di qualità. Diffidare dei marchi molto simili a quelli noti.
  5. Diffidare degli sconti superiori al 50%, spesso nascondono merce non proprio nuova, o prezzi vecchi falsi (si gonfia il prezzo vecchio così da aumentare la percentuale di sconto ed invogliare maggiormente all'acquisto). Un commerciante, salvo nell'Alta moda, non può avere, infatti, ricarichi così alti e dovrebbe vendere sottocosto.
  6. Servirsi preferibilmente nei negozi di fiducia o acquistare merce della quale si conosce già il prezzo o la qualità in modo da poter valutare liberamente e autonomamente la convenienza dell'acquisto.
  7. Negozi e vetrine. Non acquistare nei negozi che non espongono il cartellino che indica il vecchio prezzo, quello nuovo ed il valore percentuale dello sconto applicato. Il prezzo deve essere inoltre esposto in modo chiaro e ben leggibile. Controllare che fra la merce in saldo non ce ne sia di nuova a prezzo pieno. La merce in saldo deve essere separata in modo chiaro dalla "nuova". Diffidare delle vetrine coperte da manifesti che non vi consentono di vedere la merce.
  8. Prova dei capi: non c'è l'obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante. Il consiglio è di diffidare dei capi di abbigliamento che possono essere solo guardati.
  9. Pagamenti. Nei negozi che espongono in vetrina l'adesivo della carta di credito o del bancomat, il commerciante è obbligato ad accettare queste forme di pagamento anche per i saldi, senza oneri aggiuntivi.
  10. Fregature. Se pensate di avere preso una fregatura rivolgetevi al Codacons, oppure chiamate i vigili urbani. 

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Quanto (e per cosa) spenderanno gli italiani per il cenone?

Per il cenone di fine anno saranno destinati alla tavola 88 euro in media a famiglia, con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno. È quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè in vista del Capodanno, per il quale si prevede che quasi due italiani su tre (64%) consumeranno nelle case, proprie o di parenti e amici, il cenone di fine anno mentre gli altri si divideranno tra ristoranti, trattorie, pizzerie, pub e agriturismi. Lo spumante si conferma come il prodotto immancabile per nove italiani su dieci (90%), ma è sorprendentemente seguito a ruota dalle lenticchie, presenti nell'86% dei menu che beneficiano delle tendenze salutistiche, della solidarietà con le aree terremotate dove vengono coltivate e forse anche perché sono chiamate a portar fortuna secondo antiche credenze.

La novità di quest'anno è l'arrivo in tavola dei cosiddetti 'superfood' ai quali sono associate specifiche proprietà salutistiche. Più di un italiano su quattro (il 26%) li porterà in tavola con un positiva tendenza a riscoprire quelli della "nonna", dalle noci al farro, dalle visciole alla roveja rispetto a cibi di diventati di gran moda in Italia, dallo zenzero alle bacche di goji, che provengono in gran parte dalla Cina, che è ai vertici per gli allarmi sanitari.

Ostriche e caviale? Meglio il cotechino

Il 62% degli italiani – continua la Coldiretti – assaggerà il salmone arrivato dall'estero, appena l'11% si permetterà le ostriche e la stessa percentuale il caviale, spesso di produzione nazionale, ma predominante è la presenza del pesce locale a partire da vongole e alici per le quali si assiste ad una vera riscossa sulle tavole. Tiene il cotechino nel 69% delle tavole. Si stima che siano serviti 6 milioni di chili di cotechini e zamponi, con una netta preferenza per i primi. Durante le festività di fine anno finisce in tavola circa il 90 per cento del totale della produzione nazionale che è in gran parte certificata come Cotechino e Zampone di Modena Igp, riconoscibili dal caratteristico logo a cerchi concentrici gialli e blu con stelline dell'Unione Europea, ma si rileva anche una apprezzabile richiesta per cotechini e zamponi artigianali, magari acquistati direttamente dagli allevatori, in azienda, nei mercati o nelle botteghe di Campagna Amica, dove la componente di carne italiana è pari al cento per cento. ll rinnovato interesse per questi pregiati prodotti della salumeria "Made in Italy" è accompagnato dalla presenza delle lenticchie. Tra le più note quelle del Castelluccio di Norcia Igp, ma anche quelle inserite nell'elenco delle specialità tradizionali nazionali come le lenticchie di S.Stefano di Sessanio (Abruzzo), di Valle agricola (Campania), di Onano, Rascino e Ventotene (Lazio), Molisane (Molise), di Altamura (Puglia), di Villalba, Leonforte, Ustica e Pantelleria (Sicilia) o umbre quali ad esempio quelle di Colfiorito.

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istat annuario

L'Italia resta uno dei Paesi più vecchi al mondo, dove calano le nascite e aumenta l'aspettativa di vita, i matrimoni sono in ripresa ma i divorzi crescono di più, aumentano i single, con il 31,6% delle famiglie composte da una sola persona. È la fotografia scattata dall'Annuario statistico dell'Istat per il 2016, da cui emerge l'immagine di una nazione variegata e con mille sfaccettature, in cui aumentano gli occupati (+1,3% in un anno per un totale di 22,758 milioni di persone) che restano però al di sotto dei livelli pre-crisi e della media Ue, e in cui la povertà assoluta avanza inesorabile, con 4,7 milioni di persone indigenti, di cui un quarto costituito da minorenni. Un'Italia che continua a dare peso alla cultura, nei musei e a tavola, ma che legge sempre meno (libri e giornali) e in cui calano gli iscritti a scuola. Con la sola eccezione delle primarie, dove ad aumentare sono solo i bambini stranieri.

Calano le nascite, aumenta la speranza di vita 

Nel 2016 continua il calo delle nascite (-12.342 nati), che si attestano a 473.438. Il tasso di fecondità totale nel 2015 scende ancora, a 1,35 figli in media per donna. Nello stesso anno, i decessi, 615.261, diminuiscono di 32.310 rispetto all'anno precedente. Il quoziente di mortalità passa dal 10,7 al 10,1 per mille. La speranza di vita alla nascita (vita media) riprende a crescere e passa da 80,1 a 80,6 anni per gli uomini e da 84,6 a 85,1 per le donne. L'Italia resta uno dei paesi più vecchi al mondo, con 165,3 persone con 65 anni e più ogni cento con meno di 15 anni.

In ripresa i matrimoni, mai i divorzi crescono di più

Nel 2015, i matrimoni passano dai 189.765 dell'anno precedente a 194.377, le separazioni legali da 89.303 a 91.706 e i divorzi da 52.355 a 82.469, anche per effetto dell'introduzione del 'divorzio breve'. Nel volgere di vent'anni, il numero medio di componenti in famiglia è sceso da 2,7 (media 1995-1996) a 2,4 (media 2015-2016). Aumentano le famiglie composte da una sola persona (da 20,5 a 31,6%) e si riducono quelle di cinque o piu' componenti (da 8,1 a 5,4%).

La povertà assoluta cresce fra le famiglie numerose con minori

Nel 2016, le famiglie in condizione di povertà assoluta sono 1,6 milioni, per un totale di 4,7 milioni di individui poveri (il 7,9% dell'intera popolazione). Le famiglie che vedono peggiorare le loro condizioni rispetto all'anno precedente sono quelle numerose, soprattutto coppie con 3 o piu' figli minori (da 18,3% del 2015 a 26,8% del 2016). L'incidenza di povertà assoluta è più elevata fra i minori (12,5%) e raggiunge il suo minimo fra le persone di 65 anni e piu' (3,8%). 

Italiani più soddisfatti, migliora la percezione economica

Aumenta la soddisfazione degli italiani per la vita nel complesso e migliora anche la percezione per la situazione economica. Sale la quota dei soddisfatti per la situazione economica: cresce la percentuale di persone abbastanza soddisfatte, (dal 44,6 per cento del 2015 al 47,3 per cento del 2016), parallelamente diminuisce sia la quota di coloro che si dichiarano per niente soddisfatti (dal 15,0 per cento del 2015 al 12,9 per cento del 2016) sia quella di chi lo è poco (dal 36,3 per cento al 34,8 per cento). Inoltre dopo il picco registrato nel 2013, nel 2016 la quota di famiglie che giudica la propria situazione economica in peggioramento rispetto all'anno precedente continua a diminuire, a favore di un parallelo aumento della percentuale che considera la situazione invariata. In crescita è anche la quota delle famiglie che la considera migliorata (+1,4 punti percentuali rispetto al 2015).

Partecipazione politica in calo

La partecipazione politica dei cittadini, diretta e indiretta, è da tempo in calo: soltanto il 4,3% delle persone di 14 anni e più ha partecipato a cortei e appena lo 0,8% ha svolto attività gratuita per un partito. Una quota considerevolmente più ampia della popolazione, anch'essa però in calo rispetto al 2015, partecipa in modo indiretto: il 74,1% si informa di politica (il 58,2% almeno una volta a settimana) e il 65,4% ne discute (il 36,7% almeno una volta a settimana). Aumenta, infine, la quota di coloro che non si informano mai di politica, che raggiunge il 24,5%.

Cresce la spesa per consumi delle famiglie

Nel 2016 la spesa media familiare per consumi sfonda il tetto di 2.500 euro e passa da 2.499,37 euro (in valori correnti) del 2015 a 2.524,38 euro nel 2016, registrando un aumento dell'1%, che arriva a +2,2% nei confronti del 2013, anno di minimo. Ciononostante, la spesa media mensile familiare rimane al di sotto dei 2.639,89 euro del 2011. La spesa per generi alimentari e bevande è di 447,96 euro mensili (era 441,50 euro nel 2015); quella per carni, pur restando la componente alimentare più importante, torna a diminuire, mentre aumentano le spese per frutta e vegetali (+3,1%) e soprattutto pesci e prodotti ittici (+9,5%). Rispetto al 2015, diminuisce la quota di famiglie che cercano di limitare la spesa riducendo quantità o qualità dei prodotti alimentari acquistati ma la percentuale è ancora molto elevata. Crescono (+0,9%) le spese per beni e servizi non alimentari, particolarmente rilevanti quelle per la casa.

Carceri più affollate, cresce la percezione del rischio criminalità

L'indice di affollamento nelle carceri è pari a 108,8 (oltre tre punti percentuali in più rispetto al 2015), in controtendenza rispetto all'andamento decrescente degli ultimi anni. I detenuti sono stranieri nel 34,1% dei casi, tossicodipendenti in più di un quarto (25,9%), donne nel 4,2%. Quelli che svolgono un'attività lavorativa sono il 29,7%. Nel 2016, sono stati seguiti dagli uffici di servizio sociale quasi 22mila minorenni. Un quarto di essi è straniero, le ragazze sono il 12,2%.

5 milioni di stranieri residenti, +0,4% sul 2016

Gli stranieri residenti in Italia sono oltre 5 milioni, l'8,3% del totale, con un incremento, rispetto l'anno precedente, dello 0,4% (20.875 unita'), il doppio di quello registrato nel 2016. Di questi il 57,8% risiede al Nord e il 33,8% nel solo Nord-ovest. La maggior parte proviene dall'Unione europea (30,5%), seguono quelli dell'Europa centro-orientale (21%) e dell'Africa settentrionale (12,9%).

Si legge sempre meno, aumentano gli utenti della rete

Nel 2016 torna a diminuire la quota di lettori, più per i quotidiani (-3,2 punti percentuali rispetto al 2015) che per i libri (-1,5 punti percentuali). L'uso del personal computer rimane stabile, mentre la navigazione in Internet, anche giornaliera, coinvolge di anno in anno sempre piu' persone. La spesa destinata dalle famiglie italiane alla cultura e al tempo libero rimane, in percentuale sulla spesa complessiva per consumi, pressoche' invariata (poco meno del 7%).

Solo un teenager su dieci legge i quotidiani

L'abitudine alla lettura dei quotidiani riguarda meno della metà della popolazione (43,9%) ed è prerogativa degli adulti: solo il 12 per cento dei ragazzi fino ai 17 anni ne legge almeno uno a settimana, si sale al 35% tra i 18-24enni, i lettori di quotidiani diventano quasi la meta' della popolazione dei 25-44enni, mentre oltrepassano la metà solo a partire dai 45 anni e raggiungono la quota più alta tra i 60-64enni (57,2%). I giornali sono letti più dagli uomini (il 48,8 contro il 39,3% tra le donne) e dai residenti al Nord.

Un anno record per il turismo

Dal lato dell'offerta ricettiva, nel 2016 operano in Italia 33.163 esercizi alberghieri (-0,1% rispetto al 2015) e 178.443 esercizi extra-alberghieri (+6,4%). Il flusso dei clienti, nel 2016, è di circa 403 milioni di presenze, in aumento del 2,6% rispetto al 2015, con una permanenza media di 3,45 notti. Nell'ambito dei paesi dell'Ue, l'Italia è in terza posizione per numero di presenze totali negli esercizi ricettivi, con un'incidenza di presenze straniere superiore alla media europea (49,5% contro 45,5%)
 

Agi News

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I prossimi giorni si annunciano decisivi per una svolta nella vicenda dell'Ilva di Taranto. Programmata, a partire dal 10 gennaio prossimo, una serie di incontri al Mise tra Am Investco (il nuovo investitore dell'Ilva) e i sindacati per continuare l'approfondimento sul piano industriale e su quello ambientale, adesso il vero nodo da sciogliere riguarda il conflitto aperto da Regione Puglia e Comune di Taranto proprio sul piano ambientale, presentato da Am Investco e approvato con decreto ministeriale (Dpcm) a fine settembre. 

I due enti locali, nelle scorse settimane, hanno impugnato con un ricorso al Tar di Lecce proprio il decreto in questione. Non hanno sortito effetto alcuno gli appelli giunti dai sindacati, a partire dai leader confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, e anche e soprattutto dal premier Paolo Gentiloni, dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e dal segretario del Pd, Matteo Renzi, affinché il ricorso sia ritirato.

Sebbene Regione Puglia e Comune di Taranto abbiano ritirato la richiesta di sospensiva relativa al ricorso – in vista della prima udienza al Tar prevista il 9 gennaio – la situazione non si è rasserenata affatto. Anche se il giudizio di merito arriverà nell'arco di alcuni mesi e quindi ci sarebbe il tempo per discutere e trovare un'intesa, il fatto che il ricorso al Tar rimanga comunque in piedi viene visto come un grande ostacolo ai fini della cessione dell'Ilva ad Am Investco, la società formata da Arcelor Mittal, primo produttore mondiale di acciaio, e dal gruppo Marcegaglia. 

La situazione si è poi ulteriormente aggrovigliata dopo che Arcelor Mittal ha scritto al governo e ai commissari dell'Ilva annunciando l'intenzione di rivedere il contratto firmato a giugno perché la situazione nel frattempo è cambiata. Il big della siderurgia si riferisce proprio al ricorso sollevato da Regione Puglia e Comune di Taranto che costituisce una nube sul prosieguo della cessione. Il gigante franco-indiano nel contratto aveva proposto 1,8 miliardi come prezzo di acquisto, 1,1 miliardi di investimenti ambientali e 1,2 miliardi di investimenti industriali.

Braccio di ferro tra governo e Regione

Insieme ai commissari, il Mise sta monitorando la situazione alla luce delle nuove richieste di Arcelor Mittal e ha già fatto sapere al governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, che il Dpcm impugnato non si può cambiare. Il governatore pugliese conferma il ricorso al Tar e dice che per farlo decadere basta cambiare il Dpcm e l'oggetto del contendere verrà meno automaticamente. Il Mise risponde evidenziando come serva un iter lungo e complesso per arrivare a un nuovo decreto. E questo, comportando tempi non brevi, farebbe saltare anche tutta la procedura di cessione avviata e in questi mesi al vaglio della Commissione Europea.

L'Antitrust di Bruxelles deve infatti validare la cessione dell'Ilva perché l'aggiudicazione ad Am Investco sia effettiva. In alternativa ad un nuovo Dpcm, ci sarebbe la strada di un protocollo aggiuntivo al decreto del presidente del Consiglio. Ed è quello che propone il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che ha scritto in tal senso al Mise evidenziando i punti che sono ritenuti prioritari dal Comune di Taranto per togliere anche il ricorso al Tar. Tra queste priorità, ci sono l'introduzione della Valutazione integrata del danno sanitario e ambientale e la salvaguardia dell'indotto siderurgico locale. Ma oltre al protocollo aggiuntivo, ci potrebbe anche essere un "addendum": una sorta di appendice, al Dpcm stesso come giorni fa ha proposto la Fiom Cgil.
Si vedrà in questi giorni, trascorso il Natale, quale possa essere la strada migliore per sbloccare lo stallo, superare la strettoria del ricorso, rasserenare il clima ed evitare che Arcelor Mittal vada verso il disimpegno o ponga condizioni che portano ad una revisione del contratto.

La preoccupazione dei sindacati

I sindacati, confederali e metalmeccanici, sono allarmati per la situazione. Continuano a chiedere al governatore di Puglia e al sindaco di Taranto di revocare il ricorso ai giudici amministrativi. Marco Bentivogli, leader Fim Cisl, annuncia una mobilitazione dei lavoratori sotto le sedi della Regione Puglia e del Comune di Taranto. Bentivogli e gli altri esponenti sindacali non hanno per niente accettato le affermazioni di Emiliano secondo il quale i sindacati "sono soli in questa battaglia" e che dalla parte degli enti locali pugliesi "c'è un grande sindacato dell'Ilva come l'Usb". Per smentire sul punto Emiliano, i sindacati hanno infatti tirato fuori i dati di novembre scorso degli iscritti ai sindacati tra i lavoratori dell'Ilva di Taranto ed emerge che la Uilm è prima con oltre 3500 iscritti, la Fim seconda con circa 1900, terza la Fiom con un migliaio e ultimo proprio l'Usb con 900 circa.

Vigile sulla situazione della città di Taranto in questo momento particolare è anche la Chiesa di Taranto. Per la messa della Natività e per quella del Natale appena trascorso, l'arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, aveva disposto che in tutte le chiese dell'Arcidiocesi, nella parte della messa riservata alle intenzioni dei fedeli, ci sia una specifica preghiera dove si chiede che prevalga il bene comune, che le autorità ritrovino la concordia e che si data soluzione ai problemi della salute, dell'ambiente e del lavoro.

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