Morning bell: gli effetti del G20 sui mercati

AGI – Tracciare un bilancio complessivo del G20 di Bali rischia di essere più difficile del previsto. Di certo il vertice dei 20 Paesi più industrializzati del mondo (in rappresentanza del 60% della popolazione mondiale e dell’80% del Pil mondiale) si è chiuso con alcune rassicurazioni sul fronte delle tensioni geopolitiche.

La prima è inserita nella dichiarazione finale del G20, dove i leader hanno deplorato “nei termini più forti” l’aggressione della Russia in Ucraina. Nel testo si legge infatti che “la maggior parte dei Paesi ha condannato con forza la guerra in Ucraina sottolineando che sta causando immense sofferenze umane e sta esacerbando le fragilità esistenti nell’economia globale”.

La seconda arrivata dalla Nato, dopo che per una manciata di ore il mondo si è sentito sull’orlo di una terza guerra mondiale. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato infatti che in merito ai missili caduto in territorio polacco “è in corso un’indagine e dobbiamo attenderne l’esito. Ma non abbiamo alcuna indicazione che sia stato il risultato di un attacco deliberato. E non abbiamo alcuna indicazione che la Russia stia preparando azioni militari offensive contro la Nato”. “La nostra analisi preliminare suggerisce che l’incidente sia stato probabilmente causato da un missile di difesa aerea ucraino lanciato per difendere il territorio ucraino dagli attacchi dei missili russi”, ha spiegato.

La sorpresa americana

Sul fronte macroeconomico uno dei dati più rilevanti della settimana resta il fatto che in Usa i prezzi alla produzione a ottobre sono cresciuti meno delle attese, registrando un aumento dello 0,2% su base mensile a fronte di un atteso +0,4%, e una crescita dell’8% su base annua rispetto al +8,3% stimato.

Un dato che ha rafforzato quello della settimana scorsa che ha mostrato un rallentamento dei prezzi al consumo e che fa ben sperare gli analisti circa un cambio di passo da parte della Fed, alle prese da tempo ormai con una politica di rialzo dei tassi particolarmente aggressiva.

Occhi puntati a maggior ragione quindi sull’intervento del ‘falco’ della Fed, James Bullard, in programma alle 14 (ora italiana) di giovedì. La speranza è di poter intravedere nel suo intervento un atteggiamento più morbido e accomodante nonostante domenica scorsa il governatore della Federal Reserve Christopher Waller abbia giudicato la reazione del mercato ai dati sull’inflazione eccessiva lasciando intuire che la banca centrale Usa probabilmente rallenterà il ritmo dei rialzi dei tassi, ma che “c’è ancora molta strada da fare”.

Ottimisti, ma non troppo

I timori restano, insomma, e lo dimostra la chiusura in negativo di mercoledì di Wall Street che ha registrato il calo del Dow Jones dello 0,11%, del Nasdaq dell’1,54% e dell’S&P 500 dello 0,82%.

Per quanto riguarda la Bce c’è grande attenzione per il discorso della presidente Christine Lagarde in programma venerdì alle 9.30. Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce, ha dichiarato che “le stime ci dicono che la recessione nell’area dell’euro è un fatto ormai probabile tra l’ultimo trimestre di questo anno e il primo del prossimo”.

Quanto alla politica monetaria, “muovendo da tassi molto bassi ha dovuto e forse dovrà ancora fare un intervento per normalizzare i tassi. Ogni ulteriore adeguamento dovrà essere ponderato di volta in volta. Negli Stati Uniti – ha aggiunto – vi siano state dichiarazioni di esponenti importanti che dicono che adesso dobbiamo ragionare sulla velocità. È probabile si debba fare nuovi passi per normalizzare la politica monetaria ma tenendo conto di quello che è stato già fatto”.

Intanto prosegue e accelera la corsa dell’inflazione nel Regno Unito. A ottobre i prezzi al consumo nel Regno Unito sono balzati all’11,1% dal 10,1% di settembre, ben oltre le previsioni del 10,7%. Si tratta del tasso più alto dall’ottobre 1981, con la principale pressione al rialzo che arriva dall’impennata dei prezzi del gas e dell’elettricità.

Gli aumenti dei prezzi, più rapidi del previsto, sono un nuovo colpo per le famiglie britanniche, alle prese con il forte aumento del costo della vita, alla vigilia della presentazione del bilancio che dovrebbe segnare il ritorno dell’austerità nel Paese. La settimana si chiuderà infine, venerdì a mercati chiusi, con la pronuncia dell’agenzia di rating Fitch che, ad ottobre, ha lanciato un monito sui conti italiani.


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