Il G20 in Giappone non impegnerà gli Usa a fermare la guerra dei dazi

Il G20 di Fukuoka, in Giappone, cede alle pressioni di Washington, e rinuncia a impegnare gli Stati Uniti per una pace nella guerra commerciale che sta destabilizzando l’economia mondiale.

Inaugurata dagli Stati Uniti contro la Cina, la guerra dei dazi è “la principale minaccia” alla crescita globale, ha affermato Christine Lagarde, ma la dichiarazione rilasciata dal direttore del Fondo monetario internazionale ai giornalisti dice ciò che gli sherpa dell’amministrazione Trump hanno voluto fosse eliminato nel comunicato finale del vertice, ancora non ufficiale.

Insieme a questa presa d’atto è stato censurato il riferimento “al riconoscimento della necessità di risolvere le tensioni nel commercio”, pur affermando che esse si sono “intensificate”: gli americani, osservano gli analisti, vogliono evitare di assumersi formalmente responsabilità in grado di contraddire le iniziative in corso contro Pechino.

Così, il comunicato finale ripercorrerà sostanzialmente quello diramato lo scorso dicembre al termine del G20 di Buenos Aires, dove i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali invitarono Washington e Pechino a una tregua di almeno cinque mesi, poi rotta a maggio, quando entrambe le parti hanno cominciato a imporre l’una all’altra aumenti dei dazi.

I ministri del G20, afferma la bozza, “continueranno a lavorare sui rischi in corso e sono pronti a prendere ulteriori azioni”. In realtà, ha chiarito ancora Lagarde, la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina potrebbe “danneggiare” le opportunità di ripresa. “Ci siamo riuniti in un momento di stabilizzazione dell’economia – ha aggiunto Lagarde – ma la rotta è precaria”.

Una convergenza, pur vaga, sembra invece essere stata trovata sulla opportunità di tassare i giganti del web, come Amazon, Google e Facebook. Il G20 si impegna a “raddoppiare” entro la fine del prossimo anno gli impegni per arrivare alla meta. L’idea, secondo le indiscrezioni circolate ieri, e’ di tassare Facebook, Google e altre multinazionali digitali non piu’ sulla presenza fisica, dove si trovano i loro uffici, ma in base a dove registrano le loro entrate.

Agi