Economia

Tria presenta denuncia alla Procura per la diffusione della bozza della lettera all’Ue

“Lunedì il generale Fabrizio Carrarini, vice-capo di gabinetto del ministro e responsabile della sicurezza cibernetica, depositerà alla Procura della Repubblica in nome e per conto del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, una denuncia per divulgazione di atti secretati e violazione di segreto d’ufficio”: lo si legge in una nota del Mef.

“La decisione – aggiunge la nota – fa seguito alla diffusione a mezzo stampa di una bozza di lettera del ministro in risposta alle richieste di spiegazioni da parte della Commissione europea circa l’evoluzione del debito italiano nel 2018”. 

Agi

Ecco la lettera con cui Bruxelles dà 48 ore all’Italia per giustificare il deficit

La Commissione europea dà due giorni di tempo al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per rispondere alla lettera che sarà inviata oggi per chiedere informazioni sul mancato rispetto della regola del debito nel 2018. Secondo quanto si apprende a Bruxelles, al governo italiano viene chiesto di rispondere entro venerdì sera per consentire alla Commissione di prendere la decisione sull’adozione del rapporto sul debito, che costituisce il primo passo verso la procedura per deficit eccessivo, mercoledì 5 giugno.

Nella lettera, che siamo in grado di anticipare, la Commissione dovrebbe contestare all’Italia il mandato rispetto nel 2018 della regola del debito e degli impegni sul deficit strutturali sulla base dei dati definitivi certificati da Eurostat.    

Il fatto che la valutazione sia effettuata su dati definitivi costituisce un elemento aggravante rispetto allo scorso novembre, quando la Commissione aveva minacciato una procedura per deficit eccessivo sulla base di semplici previsioni. Nella lettera non dovrebbero essere contenute raccomandazioni su una correzione dei conti pubblici. La richiesta implicita di una manovra correttiva per evitare la procedura per deficit eccessivo dovrebbe arrivare il 5 giugno.

Agi

Quanto stanno guadagnando i Comuni con la tassa di soggiorno

Quei 2 o 3 euro a notte, che a volte salgono fino a 7, che tocca aggiungere (il più delle volte in contanti) al momento del check-out dall’albergo si chiama imposta di soggiorno. Una tassa che colpisce tutti, sia che si viaggi per lavoro che per piacere. Sia che si soggiorni nella più spartana delle camere, sia che si decida di soggiornare nella suite di un 5 stelle. Non accade proprio in tutta Italia, ma la probabilità di imbattervisi è piuttosto alta: si paga in poco più di mille comuni (il 13% del totale), ma che insieme raccolgono il 75% delle presenze complessive nelle strutture ricettive. Comprende quindi ovviamente tutte le principali città, oltre alle più note località di mare e montagna.

Un gettito da capogiro: 600 milioni di euro ogni anno

Insomma, all’imposta di soggiorno non si sfugge né che si vada per musei a Roma, né al mare a Riccione e neppure in montagna a Cortina d’Ampezzo o a vedere i mosaici di Piazza Armerina, in provincia di Enna. E il gettito d’imposta che va a rimpolpare le casse comunali aumenta ogni anno, con stime da capogiro per il 2019: quest’anno ballano 600 milioni di euro, secondo quanto riferito da Federalberghi. “Sono 997 i comuni italiani che applicano l’imposta di soggiorno e altri 23 la tassa di sbarco”, spiega il presidente della federazione Bernabò Bocca, per un totale quindi di 1.020 località.

Gli ultimi dati certi risalgono al 2017. In testa, in ogni senso, c’è Roma: è la più cara (ora si spendono 7 euro a notte a testa per una camera in un hotel a 5 stelle), e naturalmente anche la più redditizia. Due anni fa il Campidoglio si era visto recapitare 130 milioni di euro.

Staccatissima c’era Milano, che incassava poco più di 45 milioni ogni dodici mesi, seguita da Firenze (33 milioni), Venezia (31) e Rimini (oltre 7 milioni e mezzo) che facevano meglio di città come Napoli, Torino e Bologna. Ma visto che i dati riferiti sono del 2017, quando il totale incassato dai comuni italiani era di 470 milioni, ora che le proiezioni parlano di 600 milioni forse i revisori dei conti comunali potranno allargare ancora un po’ il sorriso.

Come funziona la tassa di soggiorno

La tassa non è obbligatoria, è bene ribadirlo. Ogni comune, insomma, può decidere di introdurla oppure no. Stesso discorso per l’importo: oggi c’è massima libertà decisionale, purché si rispetti il tetto di 5 euro a notte (7 per Roma).

Se pensate che l’imposta di soggiorno sia un’invenzione recente, suggerita da spending review e dalle più recenti difficoltà economiche, vi sbagliate. A livello normativo, infatti, l’obolo dei viaggiatori fece la sua prima comparsa più di un secolo fa. Introdotto con la legge n. 863 dell’11 dicembre 1910, rimase in vigore per quasi tutto il Novecento, venendo abolito solo in occasione dei Mondiali di calcio ospitati in Italia nel 1990 (Decreto Legge 2 marzo 1989, n. 66).

A reintrodurla è stato il D.Lgs. del 14 marzo 2011, n. 23 che, all’articolo 4, stabilisce il diretto dei “capoluoghi di provincia, alle unioni di comuni  nonché  ai comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte” di istituire la tassa, per un massimo di 5 euro a notte.

I relativi ricavi, si legge nel decreto, devono essere “destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli  a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”.

Le critiche: dove vanno a finire i soldi? E AirBnb che fa?

Non a tutti piace la tassa di soggiorno: se alcuni viaggiatori sorvolano, magari spinti dal relax guadagnato nei giorni di vacanza, Federalberghi attacca: “La tassa viene introdotta quasi sempre senza concertare la destinazione del gettito e senza rendere conto del suo effettivo utilizzo – le parole di Bocca – Qualcuno racconta la storiella dell’imposta di scopo, destinata a finanziare azioni in favore del turismo. In realtà è una tassa sul turismo, il cui unico fine sembra essere quello di tappare i buchi dei bilanci comunali”.

Senza considerare il tema degli affitti brevi tra privati, ad esempio su piattaforme come AirBnb. “È un far west – sostiene il presidente di Federalberghi – La legge ha stabilito che i portali devono riscuotere l’imposta di soggiorno dovuta dai turisti che prenotano e pagano attraverso le piattaforme, ma Airbnb assolve a tale obbligo solo in 18 comuni su 997. Per di più queste amministrazioni, allettate dalla prospettiva di nuovi introiti, si sono rese disponibili a sottoscrivere un accordo capestro, accettando un sistema di rendicontazione sostanzialmente forfettario, che non consente un controllo analitico e induce a domandarsi se non si configurino gli estremi di un danno erariale”.

Agi

La questione dell’aumento dell’Iva e la posizione del ministro Tria

Il segretario del Pd Nicola Zingaretti, parlando il 21 maggio a Pozzuoli – dove chiuderà la campagna per le elezioni europee – ha dichiarato che “Lega e 5 Stelle hanno paura di dire la verità agli Italiani. C’è uno che la dice, ed è il ministro Tria, che ha già detto che aumenterà l’Iva”.

È un’esagerazione, ma con alcuni elementi di verità. Andiamo a vedere i dettagli.

La posizione di Tria sull’Iva

Dell’aumento dell’Iva si discute ormai da settimane. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria si è già espresso più volte sul tema: l’ultima volta ad Agorà, su Rai3, il 21 maggio.

“Secondo me è meglio avere più imposte indirette, in altri termini Iva, e meno Irpef”, ha dichiarato (1h 02m 35s) Tria, premettendo però che si tratta di una sua “posizione scientifica” su come debba essere composto il prelievo fiscale, e che questa è una questione diversa rispetto a quanto farà il governo.

La futura condotta del governo, sempre secondo Tria, è scritta chiaramente nel Def, approvato dal governo e dal Parlamento.

Cosa c’è scritto nel Def​

Come abbiamo verificato in passato, è vero che nel Def sia previsto che nel 2020 e nel 2021 l’Iva aumenterà, così come le accise sui carburanti. In particolare, è stabilito un aumento dell’Iva agevolata dal 10% al 13% nel 2020 e dell’Iva ordinaria dal 22% al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021.

Il governo ha approvato il Def il 9 aprile.

La risoluzione approvata dal Parlamento

Qualche settimana fa, il Parlamento ha preso posizione sulla questione con una risoluzione. Il 18 aprile il Parlamento ha approvato una risoluzione, che accompagna il Def, in cui si chiede al governo di “conseguire i saldi programmatici di finanza pubblica in termini di indebitamento netto rispetto al Pil, nonché il rapporto programmatico tra debito e Pil, nei termini e nel periodo di riferimento indicati nel Def”.

Cioè – come avevamo sintetizzato qui – di portare nel 2020 il deficit/Pil dal 2,4% previsto quest’anno al 2,1% – non solo al di sotto del tetto del 3%, ma anche in calo rispetto all’anno in corso – e di far scendere il rapporto debito/Pil dal 132,6% previsto quest’anno al 131,3% nel 2020.

Il secondo punto della risoluzione approvata dal Parlamento chiede però al governo anche di “adottare misure per il disinnesco delle clausole di salvaguardia fiscali del 2020″. Per farlo, come avevamo visto, sarebbero necessari 23,1 miliardi (per disattivare poi la clausola relativa al 2021 servirebbero quasi 30 miliardi).

I punti seguenti della risoluzione parlamentare prevedono la flat tax, il no alla patrimoniale, la spending review, più assunzioni nella ricerca, più risorse per il trasporto locale, più assistenza per i disabili e altro ancora.

Vista anche la crescita vicina allo zero del Pil prevista per il 2019, sembra difficile che il governo possa fare tutto.

Un indizio

Su quanto sia indispensabile l’aumento dell’Iva – o una misura che abbia un impatto economico equivalente – abbiamo avuto un forte indizio di recente, quando la Commissione europea ha pubblicato le sue previsioni economiche (molto negative) per l’Italia a inizio maggio.

Allora Tria aveva risposto che le cifre erano sostanzialmente le stesse del Def, con l’unica eccezione del rapporto deficit/Pil nel 2020 (noi avevamo verificato e Tria aveva in effetti detto una cosa corretta). Secondo la Commissione sarebbe schizzato al 3,5%, ben al di sopra del tetto del 3%, e secondo il Def sarebbe invece sceso al 2,1%.

Per giustificare questa differenza Tria aveva spiegato che “la valutazione Ue è fatta sempre a politiche invariate e non a legislazione invariata come la nostra”. La differenza dunque sta nel fatto che la Commissione Ue non ha previsto l’aumento dell’Iva, mentre il governo sì.

Ancora Tria aveva poi ricordato che “nel Def, approvato dal Governo e dal Parlamento, si chiede di mantenere fermi, aumento dell’Iva o no, gli obiettivi di deficit pubblico”.

Insomma, come aveva già dichiarato in audizione parlamentare ad aprile, Tria ritiene che “in attesa di definire, nei prossimi mesi, misure alternative” l’aumento dell’Iva sia confermato per il 2020.

I limiti non violabili

Come abbiamo visto, Tria ha una sua posizione scientifica” favorevole a spostare la tassazione dai redditi ai consumi. Ma al di là di questo, al momento la legge dello Stato italiano prevede che l’Iva nel 2020 e nel 2021 – insieme alle accise sui carburanti – aumenterà.

Il governo può ovviamente trovare soluzioni alternative ma questo, come ha ricordato spesso il ministro dell’Economia, non può significare che vengano violati i parametri europei su debito e deficit.

Questo, ha spiegato Tria sempre nell’intervista con Agorà, non tanto per evitare sanzioni dell’Unione europea, ma per evitare la reazione negativa dei mercati. “Il problema – sostiene Tria (min. 55.320) – è che deficit significa che qualcuno sia disposto a prestarci del denaro, e sia disposto a prestarlo a un tasso d’interesse sostenibile (…). È inutile pensare di fare un deficit di 2 o 3 miliardi in più quando poi per fare questo dovremmo pagare interessi aggiuntivi di 2 o 3 miliardi”.

Insomma, messo in chiaro che il rapporto deficit/Pil deve rispettare i vincoli europei per evitare che i mercati puniscano l’Italia, secondo Tria (min. 57.20) spetta alla politica decidere quali sono le priorità di spesa e si vedrà con la prossima legge di bilancio come evitare l’aumento dell’Iva.

Non potendo attingere dal deficit le strade sono fondamentalmente due: aumentare altre tasse o tagliare le spese.

Conclusione

Zingaretti semplifica la posizione del ministro Tria. Quest’ultimo infatti non ha mai dato per scontato e inevitabile l’aumento dell’Iva.

È vero che però abbia ammesso che a legislazione vigente è previsto, che toccherà alla politica indicare strade alternative e che queste strade non potranno in nessun caso passare da un aumento del deficit che violi le regole europee e allarmi i mercati.

 

Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it

Agi

Huawei continuerà a fornire aggiornamenti sicurezza e servizi sui suoi smartphone 

Huawei “ha apportato un contributo sostanziale allo sviluppo e alla crescita di Android in tutto il mondo” e “continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti gli smartphone e tablet Huawei e Honor esistenti, sia quelli già venduti che ancora disponibili in tutto il mondo”. Il colosso cinese risponde così con un comunicato alla sospensione da parte di Google della licenza Android del produttore cinese dopo le limitazioni imposte dal governo statunitense.

“Come uno dei principali partner globali di Android – sottolinea Huawei – abbiamo lavorato a stretto contatto con la loro piattaforma open source per sviluppare un ecosistema che ha avvantaggiato sia gli utenti che l’industria”. E conclude: “Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile al fine di fornire la migliore esperienza a tutti gli utenti a livello globale”. 

Agi

Tria cerca di dissipare i dubbi europei sull’economia italiana

“C’è un Def approvato da governo e Parlamento” e “il governo sta lavorando per attuare quello che c’e’ scritto nel Def”. E quel documento è stato approvato in Consiglio dei ministri anche da Matteo Salvini.

Giovanni Tria arriva a Bruxelles alla riunione dell’Eurogruppo preceduto dalle parole di fuoco del ministro dell’Interno che minaccia di ‘stracciare’ le regole su debito e deficit e dalle tensioni che soffiano sullo spread, e prova a rassicurare i partner europei preoccupati per la tenuta dei conti dell’Italia.

Il debito sarà quello previsto dal Def e Salvini lo ha votato, è il messaggio che il ministro dell’Economia porta al tavolo dei 19 per disinnescare le parole esplosive del capo della Lega.

“Campagna elettorale”

Quello che conta sono i documenti e gli impegni del governo sul debito e deficit sono scritti nero su bianco nel documento di economia e finanza.  
“In campagna elettorale i mercati finanziari sono un po’ in fibrillazione ma bisogna attenersi ai documenti”, ripete Tria, lasciando intendere che altro sono i proclami elettoralistici, altro gli impegni sottoscritti.

Tria bolla come ‘boutade da campagna elettorale’ l’ennesima ipotesi di uscita dell’Italia dalla zona euro e assesta un’altra stoccata al vicepremier quando i giornalisti chiedono se dopo il 26 maggio cambierà tutto come promette il ministro dell’Interno: “La Commissione resterà la stessa, per un po’”. 
L’esame dell’esecutivo all’Italia arriverà a giugno, dopo che la Commissione presenterà il suo ‘Country Report‘ per i vari Paesi. Le premesse non sono buone: le ultime previsioni di primavera hanno dipinto un quadro a tinte molto fosche dei fondamentali macro del Paese.

Dal Pil previsto in calo allo 0,1% nel 2019 al balzo del debito all’impennata del deficit oltre il 3% in caso di mancato aumento dell’Iva. E l’appello dei ministri delle Finanze dell’Eurozona che chiedono all’Italia il rispetto delle regole non lascia presagire molto di buono: dal tedesco Olaf Scholz al francese Bruno Le Maire al commissario Pierre Moscovici (il debito italiano al 140% del Pil? “Il 130% è già molto”, dice il responsabile Ue degli Affari economici) fino ai ‘piccoli’ danesi e lussemburghesi, la richiesta a Roma di tenere a posto i cordoni della borsa è unanime. 

Ma la bordata più pesante arriva dall’austriaco Hartwig Loeger che già alla vigilia dell’Eurogruppo, in una intervista aveva detto che l’Italia rischia di diventare ‘la nuova Grecia’, rilanciando le parole del cancelliere austriaco Sebastian Kurz. “Il collega dovrebbe pensare prima di parlare”, replica Tria. Ma Loeger incalza, “Tria dovrebbe trasmettere questo messaggio di saggezza a Salvini”, invece “ha ceduto”. L’Austria, ripete Loeger, chiederà alla Commissione questa volta di non fare sconti all’Italia e rimetterà sul tavolo la richiesta di sanzioni per chi non rispetta le regole.

Agi

Un robot italiano minaccia di mandare a casa migliaia di magazzinieri di Amazon

Un robot al posto del personale per preparare i pacchi di Amazon. Come anticipato da Reuters, il colosso dell’ecommerce ha iniziato ad utilizzare un macchinario prodotto dall’italiana Cmc di Città di Castello, in Umbria, in grado di fare i pacchi da spedire in maniera fino cinque volte più veloce rispetto ad un dipendente: 600-700 un’ora.

Amazon starebbe pensando di installare due di queste macchine in decine di suoi magazzini, licenziando almeno 24 persone in ciascun deposito. Ciò comporterebbe, stima Reuters, oltre 1.300 tagli in 55 centri Usa, con l’obiettivo di recuperare il costo dei robot (pari ad oltre un milione ciascuno) in meno di due anni.

“Forse un titolo diverso sarebbe stato meglio… Amazon sta testando tecnologie che fanno pacchi più piccoli con meno spreco di cartone. E per tutti coloro che temono per la perdita di posti, la nostra principale questione è quella di trovare sufficiente personale in grado di svolgere il lavoro che abbiamo e che stiamo creando”, ha assicurato via Twitter il vice presidente per le operazione del gigante di Seattle, Dave Clark, gettando acqua sui timori dei tagli ma solo dopo aver annunciato l’avvio di un programma di esodo incentivato per i dipendenti della logistica. Amazon offre 10.000 dollari per andare via ai dipendenti che vogliono mettersi in proprio nel settore delle spedizioni.

“Stiamo testando questa nuova tecnologia con l’obiettivo di incrementare la sicurezza, accelerare i tempi di consegna e migliorare l’efficienza di tutta la nostra rete. Abbiamo intenzione di reinvestire quanto risparmiato in nuovi servizi per i clienti, così che possano continuare ad essere creati posti di lavoro”, è stato spiegato da un portavoce di Amazon che ha così confermato il processo di automazione per preparare i pacchi.

Il robot prodotto dall’italiana Cmc si chiama “CartonWrap”. È un sistema di packaging automatico pensato proprio “per rispondere alle esigenze delle società di spedizione”, spiega il gruppo sul suo sito web, come quelle dell’ecommerce, che hanno bisogno di preparare pacchi da spedire di dimensioni diverse.

Gli articoli da imballare vengono posizionati su un nastro trasportatore, scansionati dal robot che li impacchetta. Basta applicare le etichette necessarie e la merce è pronta per partire. “Siamo un team di 200 persone con base a Città di Castello”, “siamo dove serve ai nostri clienti”, dice Cmc che è guidata da Francesco Ponti come Ceo dal 2011.

 

 

 

Articolo modificato alle 7.30 del 14 maggio: in una precedente versione era scritto che il robot sarebbe stato in grado di creare 600 mila pacchi all’ora. In realtà la capacità è di 600 pacchi. Ci scusiamo per l’errore. 

Agi

Trump ha ordinato l’aumento dei dazi su tutto l’import dalla Cina

Il presidente Donald Trump ha ordinato di alzare le tariffe su praticamente tutti i prodotti importati negli Usa dalla Cina che non sono ancora stati colpiti dalla politica dei dazi. La mossa è stata annunciata a meno di 24 ore dall’aumento delle tariffe dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi importati negli Usa perché non è stato raggiunto un accordo commerciale con Pechino. “Il presidente ha anche ordinato di avviare il processo di aumento delle tariffe essenzialmente su tutte le altre importazioni dalla Cina vengono valutate in circa 300 miliardi”, è stato l’annuncio in una nota del rappresentante al Commercio Usa, Robert Lighthizer.

I dettagli sulle nuove tariffe saranno pubblicati lunedì sul sito del Rappresentante al Commercio Usa, in vista della decisione finale, ha spiegato Lighthizer. Dallo scorso anno, Usa e Cina hanno imposto dazi all’import reciproci per oltre 360 miliardi di dollari, frenando l’export di prodotti a stelle e strisce e con un impatto sulla produzione manifatturiera di entrambi i Paesi. 

Agi

Perché Investire in una IPO – offerta pubblica iniziale

Innanzitutto cos’è un’IPO (offerta pubblica iniziale)? Come funziona l’offerta pubblica iniziale? È importante capire perché le aziende si quotano in Borsa e come è possibile trarre profitti interessanti se si comprende il funzionamento di una IPO.
IPO è un acronimo che in inglese significa Initial Public Offering, che tradotto in italiano vuol dire Offerta Pubblica Iniziale, con essa si definisce quel momento in cui l’azienda decide di quotarsi sul mercato azionario.
Una Offerta Pubblica Iniziale può essere di due tipologie:
OPS, che sta per Offerta Pubblica di Sottoscrizione, momento in cui l’azienda emette nuove azioni sul mercato azionario;
OPV, che sta per Offerta Pubblica di Vendita, che consiste nel momento in cui l’azienda vende alcune delle sue azioni al mercato azionario.
La differenza tra i due tipi di IPO consiste nell’incasso che viene generato dalle azioni per la società.
Per quanto riguarda l’Offerta Pubblica di Sottoscrizione, questa attività comporta un aumento di capitale e flussi di cassa per la società che deve essere quotata in Borsa.
Per quanto riguarda l’Offerta Pubblica di Vendita, questa attività comporta che l’incasso che viene generato non appartiene alla società ma al proprietario, o ai proprietari, e questo avviene perché si verifica un atto di vendita.
Quando viene emessa ina IPO bisogna fare attenzione perché questo può essere un ottimo momento per acquistare le azioni di un’azienda, che ritieni che possa avere successo, in questo caso infatti il prezzo di un’offerta potrebbe essere il più basso di tutta la storia azionaria di un’azienda.
Dunque devi rischiare, essenzialmente, ma meglio non andare oltre i rischi calcolati, quando scegli le offerte. È pur vero che l’unico modo per guadagnare nel trading (Sapienza Finanziaria fornisce interessanti suggerimenti) e correre dei rischi e avere un po’ di fortuna.
Ma attenzione rischiare non vuol dire, rischiare tutto… ma in maniera razionale devi valutare quali sono gli investimenti che vuoi affrontare, non è un gioco d’azzardo, ma devi essere coperto in caso di risultati negativi.
A tal proposito è importante fare attenzione alla valutazione dell’offerta pubblica iniziale (IPO), che la fase più complessa, perché bisogna mettere sulla bilancia il valore dell’impresa e la forchetta di prezzo proposta sul mercato azionario. Per questo motivo vengono attuate varie metodologie di valutazione.
Uno dei metodi più utilizzati è quello reddituale, che effettua una stima dei flussi di cassa futuri e dei redditi operativi. Un altro dei metodi di valutazione è quello patrimoniale, utilizzato in prevalenza per i casi di facile valutazione.
Il metodo di valutazione dei multipli di mercato viene applicato per la comparazione dei multipli di altre società, giù presenti nel mercato azionario e che sono simili a quella presa in analisi, quini viene attuata una valutazione comparativa.
La valutazione non viene fatta solo a valle ma anche a monte, cioè quando si deve decidere il prezzo del titolo da immettere sul mercato, quindi una volta effettuata la valutazione bisogna procedere con l’emissione del Prospetto Informativo, nel quale sono elencati tutti i dettagli dell’offerta, i dati contabili e le prospettive future della società, quindi viene individuata una forchetta di prezzo che sarà utile a stabilire la quotazione del titolo per immetterlo nel mercato azionario e aprire le contrattazioni.
Il giorno in cui viene aperta la contrattazione del titolo il prezzo può salire, per il semplice fatto che il mercato lo reputa basso rispetto al reale valore aziendale, al contrario, potrebbe accadere che il prezzo si diminuisca nonostante sia evidente una grande richiesta, ma queste fluttuazioni saranno normali e possibili fino a quando il mercato non avrà definito il reale valore aziendale.
Le valutazioni sono fondamentali per effettuare azioni proficue, quindi, è vero che “giocare sul sicuro” e sempre puntando su titoli consolidati non permetterà di conoscere il mercato e ottenere rendimenti interessanti, ma è anche vero che la maggiore stabilità favorisce una minore possibilità di incrementare i propri guadagni.

Ue, Tria non sorpreso: previsioni non tengono conto del I trimestre

Non è sorpreso il ministro dell’Economia Giovanni Tria dopo la pubblicazione delle previsioni sul Pil, diffuse dalla Commissione europea. Incontrando la stampa dopo la conferenza “Forum de Paris: Debito sostenibile, una crescita durevole”, svoltasi oggi nella capitale francese, Tria ha detto che le stime di Bruxelles “corrispondono alle previsioni già fatte nel nostro Def, quindi ce l’aspettavamo, mi pare che saranno confermate”.

Il titolare del Mef ha anche spiegato perché, a suo parere, le stime differiscono da quelle del governo italiano. “Sembra ci sia leggermente meno ottimismo per l’anno prossimo ma dal punto di vista delle previsioni, con gli errori di stima, è quasi identico. Tengo anche presente che nelle previsioni della Commissione Ue non si è tenuto conto, perché sono state chiuse prima, dei dati del primo trimestre del Pil italiano che non erano negativi”.

Agi